L’Astronomia dalla preistoria a Tolomeo


 
Nessuno sa con esattezza quando i nostri antenati hanno iniziato ad osservare con spirito critico il cielo stellato. Sappiamo che gli uomini preistorici erano acuti osservatori della natura che li circondava e le stelle non potevano eludere la loro curiosità. Avevano colonizzato l'intero pianeta scalando montagne, attraversando foreste impenetrabili, deserti infuocati e sconfinati oceani, ma non erano mai riusciti ad avere un contatto diretto con il cielo stellato. Avevano capito l'importanza del Sole, sfruttavano la luce lunare per muoversi di notte, sapevano che le nuvole erano portatrici di pioggia, neve, grandine, vento e fulmini, ma le stelle parevano immutabili, nonostante vi accadessero fenomeni strani e misteriosi.  I nostri antenati erano succubi della natura e delle sue variazioni stagionali. Non si rendevano ancora conto che le stagioni si ripetevano ciclicamente ma credevano che arrivassero in base ai capricci delle loro divinità.
Il nostro cervello cerca sempre di ordinare tutto ciò che vede e quando si osservano le stelle la nostra mente traccia delle ipotetiche linee che le congiungono, dando loro una forma che ci sia famigliare. I nostri antenati fecero altrettanto, disegnando in cielo quelle figure che noi oggi chiamiamo costellazioni (per esempio quelle del Toro o dello Scorpione, molto appariscenti ed antichissime). Con il passare delle notti s’accorsero che le costellazioni sorgevano, culminavano o tramontavano in particolari momenti delle stagioni e si convinsero che le stelle erano le messaggere delle intenzioni delle loro divinità. Talvolta capitava che a determinati fenomeni celesti si abbinassero eventi naturali più o meno drammatici.

Per esempio, nell’antico Egitto i sacerdoti egiziani sapevano che la comparsa sull’orizzonte est della stella Sirio coincideva con l’arrivo delle piene del Nilo, il fiume a cui dovevano la loro sopravvivenza e dal quale dovevano difendersi per il pericolo delle inondazioni. Grazie al loro calendario sapevano già quando le piene si sarebbero verificate, ma si servivano ancora della stella, delle condizioni meteorologiche e di altri fattori per prevedere se la stagione in arrivo, e non solo quella, fosse benevola.

Bisogna poi aggiungere il misterioso moto dei pianeti, dal greco planes = erranti, stelle che si muovevano molto rapidamente tra le altre e che misteriosamente invertivano il loro movimento per un certo tempo, per poi ritornare nella direzione originaria (oggi gli astronomi chiamiamo questo movimento “moto retrogrado”). Congiunzioni ravvicinate dei pianeti tra loro o con la Luna, passaggi di comete, scie di meteore ed eclissi solari o lunari sono fenomeni che catturano l’attenzione ancora oggi, ma ai tempi se questi fenomeni accadevano in concomitanza con importanti eventi come battaglie, nascite o morti di sovrani ed altro ancora, erano interpretati come messaggi delle divinità agli uomini. Per esempio in Cina le eclissi di Sole terrorizzavano la popolazione e gli imperatori cinesi pretendevano calendari precisi che le prevedessero.

La “traduzione” di questi messaggi fece nascere quella che oggi è chiamata Astrologia, che fino ai tempi di Galileo Galilei sarà un tutt’uno con l'Astronomia.
Le testimonianze archeologiche non sono numerose ma in alcuni casi sono quantomeno appariscenti. Simboli che potrebbero intendersi come il Sole o la Luna sono presenti nelle pitture e nei graffiti preistorici; memorabile è il sito di Stonehenge, in Inghilterra, luogo dove si seguiva il moto del Sole e della Luna dal 5000 a.c.. Le grandi civiltà del passato sono quelle ci hanno lasciato le testimonianze più evidenti. In Egitto, in Mesopotamia, in Cina e nell’America centrale si sviluppano i primi calendari e ciò significa che il succedersi delle stagioni era diventato un dato di fatto, ma rimaneva il mistero del moto retrogrado dei pianeti e d’altri fenomeni celesti. Chi invece imparò a fare un uso pratico dell'astronomia furono i popoli di navigatori come i Fenici, che circumnavigarono l’Africa e sembra che abbiano visitato la Groenlandia e l’Islanda,  ed i Polinesiani, che colonizzarono l’Oceano Pacifico sulle loro fragili piroghe.

Ogni civiltà antica ha dato il suo contributo all’evoluzione dell’Astronomia, ma i greci, liberi dai legami religiosi ed astrologici, fecero scoperte notevoli. Ecco in ordine cronologico un breve elenco di alcuni di questi filosofi e delle loro scoperte od intuizioni:


Talete di Mileto, vissuto tra il 624 ed il 546 a.c., riteneva che la Terra fosse piatta e che galleggiasse su un oceano. Riuscì a prevedere l’eclisse di Sole del 585, che pose termine ad una guerra in corso tra Lidi e Medi.

La terra secondo Talete


Pitagora, vissuto tra il 570 ed il 490 a.c., riteneva che la Terra fosse sferica e studiò il moto dei pianeti.

Anassagora, vissuto tra il 499 ed il 428 a.c., riteneva che il Sole fosse una pietra infuocata, che la Luna fosse simile alla Terra e non piatta.

Empedocle di Agrigento, vissuto tra il 490 ed il 450 a.c., riteneva che la luce avesse una velocità finita.

Democrito, vissuto tra il 460 ed il 370 a.c., riteneva che la Via Lattea fosse composta da una moltitudine di stelle e pose le basi della teoria atomica.

Eudosso di Cnido, vissuto tra il 408 ed il 355 a.c., riteneva che l’universo era composto da sfere concentriche ruotanti una nell’altra.

 


Eraclide Pontico, vissuto tra il 388 ed il 315 a.c., riteneva che la Terra ruotava su sé stessa e che i pianeti Marte e Venere ruotavano attorno al Sole.

L'universo secondo Eraclide L'universo secondo Eraclide


Aristotele, vissuto tra il 384 ed il 322 a.c., confermerà la sfericità della Terra osservando che le costellazioni si trovavano ad altezze diverse sull’orizzonte a seconda delle località da cui erano osservate. Sarà anche il fondatore di un pensiero filosofico che durerà circa due millenni.

Parmenide di Elea, vissuto tra il 350 ed il 300 a.c., riteneva che le stelle fossero fatte di fuoco, che la Terra fosse sferica e che galleggiava nel vuoto, in funzione di una sua equidistanza dalle sfere che componevano l’universo.

Aristarco di Samo, vissuto tra il 310 ed il 230 a.c., riteneva che il Sole fosse il centro dell’universo e che tutti i pianeti, Terra compresa, gli orbitassero intorno. Effettuò un calcolo approssimativo delle distanze Terra-Luna e Terra-Sole.

Timocari, nel 280 a.c., fece diverse misurazioni di posizione delle stelle, in particolare Spica.

Eratostene, vissuto tra il 276 ed il 196 a.c., effettuò la prima misurazione precisa della circonferenza terrestre.

Eratostene misura la circonferenza terrestre

I suoi calcoli sulla circonferenza della terra trassero spunto dall'osservazione che Siene aveva, a mezzogiorno del solstizio estivo, il sole allo zenit, e che pertanto non proiettava alcuna ombra (Siene si trova sul Tropico del Cancro). Ad Alessandria egli notò che nello stesso giorno e alla stessa ora i raggi solari avevano un'inclinazione di 7° rispetto allo zenit. Conoscendo la distanza fra Siene e Alessandria riuscì quindi a calcolare trigonometricamente sia la distanza dal sole sia la circonferenza della terra.

 

Eratostene misurò inoltre l'inclinazione dell'eclittica (dell'asse terrestre), e creò un catalogo (oggi perduto) contenente la descrizione di 675 stelle fisse.

 

Ipparco di Nicea, vissuto tra il 190 ed il 125 a.c., approfittando delle osservazioni del Timocari poté disegnare la prima mappa del cielo stellato, cosa che gli fece scoprire la precessione degli equinozi e l’inclinazione dell’eclittica.  Introdusse l'uso delle coordinate geografiche, latitudine e longitudine; catalogò, valutò e calcolò lo splendore di circa 1000 stelle. E' stato il primo che ha calcolato con sufficiente precisione la distanza Terra-Luna. Fornì inoltre una misura dell'anno tropico con un'approssimazione che ancora oggi si può ritenere valida.


Plutarco, vissuto tra il 46 ed il 120, scrittore, in una sua opera sosteneva che la Luna aveva lo stesso aspetto della Terra, come previsto da Anassagora.

Claudio Tolomeo, vissuto dal 87 al 170, approfittando del suo posto alla leggendaria biblioteca d’Alessandria d’Egitto, dove poteva radunare tutte le conoscenze astronomiche d’ogni popolo sottomesso all’impero romano, poté nella sua opera,

il sistema tolemaico

l’Almagesto, sostenere che la Terra era il centro dell’universo, che tutti i pianeti, il Sole e la Luna orbitavano attorno alla Terra e che le stelle erano tutte alla stessa distanza dalla Terra, sebbene infinita. Riteneva che l’universo fosse l’immagine matematica della divinità, infatti, il Sole era l’immagine della purezza divina, la Luna ricordava all’uomo che egli “brillava di luce riflessa”, il complicato moto epicicloidale che i pianeti compivano attorno alla Terra rappresentava la complessità mentre la distanza delle stelle rappresentava l’infinità. Questo era il primo modello dell’universo fondato su basi geometriche chiamato Sistema Tolemaico. Permetteva di calcolare in anticipo la posizione degli astri, ma aveva un punto debole. Il pianeta Marte non rientrava mai nei calcoli teorici e gli astronomi, alla fine dei loro calcoli, non facevano altro che sostituire alla posizione calcolata quella reale. Per oltre un millennio questo sistema fu accettato da tutti gli astronomi sostenendo che Marte rappresentava l'imprevedibilità della divinità.

Il millennio di vuoto ha motivazioni storiche. Con l’arrivo del cristianesimo, la teoria tolemaica, la filosofia aristotelica e d’alcuni pensatori antichi, per la loro apparente concordanza con la visione dell’universo ricavata dalla Bibbia, testo che non poteva essere messo in discussione nemmeno nella sua interpretazione, diventano "La Scienza" ufficiale occidentale. Nel periodo di decadenza che segue la caduta dell’impero romano, nacque la convinzione che i pensatori antichi conoscessero tutte le verità del mondo e che poco restasse da scoprire. Qualsiasi evento, celeste e non, doveva rientrare nelle teorie a costo d’inventare soluzioni complicatissime, altrimenti era ignorato. L’esempio lo fornisce una supernova esplosa nella costellazione del Toro nel 1054; fu vista dagli astronomi mussulmani, cinesi, dai popoli del Pacifico e da quelli del nord America, ma in Europa nessuno la vide. E’ improbabile che nessuno potesse vederla, perché era visibile anche in pieno giorno, più probabile invece che gli studiosi del tempo abbiano cercato nella Bibbia e nei testi antichi se era menzionata la nascita di nuove stelle, ma non trovarono nulla e forti dell’idea aristotelica che l’universo fosse immutabile, giunsero alla conclusione che quell’astro fosse da ignorare. Se poi qualcuno avesse chiesto loro cosa fosse quella luce, non sappiamo quale risposta otteneva.
Molti testi antichi erano comunque andati distrutti o furono censurati dalla Chiesa, ma erano conservati anche o solo nel mondo Mussulmano e saranno le traduzioni arabe che, arrivate in Europa con le crociate, daranno all’occidente nuovi punti di vista sul mondo.


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