A un modello combinatorio non meno complicato allude l'indice delle Città invisibili. [...] proponiamo (..) un grafico che ci sembra abbia il pregio sia della
fedeltà sia dell'evidenza immediata. Si tratta di una scacchiera sghemba e digradante, con caselle quadrate
ciascuna delle quali corrisponde a uno fra i cinquantacinque paragrafi. Le caselle dimezzate, ossia i
rettangoli sugli orli, indicano i diciotto brani - di natura prevalentemente dialogica - che fungono in ogni
capitolo da introduzione e da conclusione: nove microcornici, stampate nel libro in corsivo e qui tratteggiate.
Se percorriamo lo schema come in una normale lettura (riga dopo riga, da sinistra a destra), ricaviamo una
sequenza che è quella suggerita dal susseguirsi progressivo delle pagine; se lo percorriamo invece dall'alto in
basso, e poi da sinistra a destra (trascurando le cornici), ritroviamo incolonnati in bell'ordine i paragrafi che
compongono le undici rubriche.
Avanziamo l'ipotesi che un reticolo uguale a quello raffigurato nel nostro diagramma sia stato tracciato su un
foglio da Calvino quando era ormai prossimo a completare Le città invisibili (...) e ci sembra assai probabile che abbia collocato su un piano figure
o contrassegni equivalenti alle sue città come se disponesse di «vecchie cartoline illustrate» […] Al
gioco degli scacchi, alla logica combinatoria da cui è regolato, al “vuoto” e al “pieno” dei «tasselli», rinvia
d'altronde l'ottava microcornice:
Kublai era un attento giocatore di scacchi; seguendo i gesti di Marco osservava che certi pezzi implicavano
o escludevano la vicinanza d’altri pezzi e si spostavano secondo certe linee […] Kublai era arrivato
all’operazione estrema: la conquista definitiva, di cui i multiformi tesori dell'impero non erano che involucri
illusori, si riduceva a un tassello di legno piallato: il nulla...
[…] Allora Marco Polo parlò: - La tua scacchiera, sire, è un intarsio di due legni: ebano e acero. Il tassello
sul quale si fissa il tuo sguardo illuminato fu tagliato in uno strato del tronco che crebbe in un anno di
siccità: vedi come si dispongono le fibre? […] La quantità di cose che si potevano leggere in un pezzetto di
legno liscio e vuoto sommergeva Kublai
La struttura del libro sottende un gusto per la precisione e un furor mathematicus davvero degni di chi
fu, come Calvino, un socio onorario dell’Oulipo, un amico di Queneau, di Perec, di Roubaud ... Se dividiamo
infatti il grafico in tre fasce orizzontali, scopriamo che i paragrafi inclusi nei due capitoli d’apertura
compongono una matrice triangolare inferiore, quelli inclusi nei due capitoli ultimi una matrice triangolare
superiore; e nel mezzo s’incunea una losanga, sempre d’ordine 5x5.
Questa tripartizione implicita, a un tempo lampante e dissimulata, ha un riscontro puntuale a livello
tematico, come si può subito evincere da una lettura anche rapida - dei corsivi. Ecco, nella prima fascia,
svilupparsi un Leitmotiv intensamente autoriflessivo: Marco Polo e Kublai Kan s'interrogano circa la
possibilità di contrapporre, allo «sfacelo senza fine né forma» d'una realtà storica incancrenita, un discorso
coerente, un «disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti»; ma devono ammettere che ogni sforzo
di astrazione simbolica, qualora assuma pretese totalizzanti, rischia di trasformare lo stesso soggetto pensante
in un «emblema tra gli emblemi» (perciò il piacere della conversazione diminuisce, e il veneziano e
l'imperatore restano alla fine immobili e silenziosi). Ecco, nella seconda, un susseguirsi più fitto di colloqui,
continuamente interrotti e ripresi, aventi per oggetto privilegiato i meccanismi del conoscere (conclusione
provvisoria: se si condivide l'idea secondo la quale l'«essere» non sarebbe nient'altro che «essere percepito»,
si cade in paradossi teorici irresolubili e in atteggiamenti politici reazionari). Ecco, nella terza, le grandi
metafore complementari della scacchiera e dell'atlante (la conclusione definitiva, d'intonazione
straordinariamente concitata, suona a esaltazione di un empirismo ponderato, prudente ma tutt'altro che
arrendevole).
Se badiamo alla disposizione delle colonne, e al collocarsi in climax delle città in ciascuna di esse,
possiamo notare che anche sotto questo rispetto i rapporti di continuità sono giustificati da ragioni di
contenuto, che gli accostamenti «esterni» coincidono con relazioni sostanziali, con nessi «d'affinità o di
contrasto» (CI 23). Così, ad esempio, accanto a «Le città e la memoria» stanno «Le città e il desiderio»,
accanto a «Le città continue» , «Le città nascoste»: la memoria prende infatti forma dal desiderio, e
viceversa, come più volte segnalato nel testo; la ricerca di ciò che è nascosto muove dalla visione raggelante
di un mondo ridotto a «zuppa» di periferie, a un immenso «slabbrato circondario». Si consideri, inoltre,
come l'unica rubrica completamente inscritta nella fascia mediana del diagramma (al centro della losanga)
funga a buon diritto da cerniera fra altre due matrici triangolari, parzialmente sovrapposte. Già Carlo Ossola
ha rilevato che «Le città e gli occhi» s'accampano quale «luogo eponimo» di ogni specularità, di «ogni
inscindibile duplicità»: Valdrada ha una gemella nel proprio riflesso lacustre, Zemrude assume aspetti
opposti secondo che la si contempli «di sotto in su» o con lo sguardo rivolto verso il basso, Bauci (alta su
trampoli che s'elevano sopra le nubi) proietta al suolo un'ombra traforata, Fillide è il posto dove si rincorre
«ciò che non si trova fuori degli occhi ma dentro», Moriana «non ha spessore, consiste solo in un dritto e in
un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono staccarsi né
guardarsi» (CI 59, 72, 83, 98, 111).
Ma forse, più che d'insistere su peculiari rispondenze, vale la pena di sottolineare che il reticolo è non a caso
digradante sia in direzione orizzontale sia in direzione verticale: esso non fa che restituirci visivamente il
senso di un discorso complessivo che s'ispira al metodo matematico dell'«esaustione» (anticamente insegnato
da Eudosso di Cnido e modernamente applicato nel cosiddetto calcolo integrale). Calvino scarta via via -
come insufficienti - varie ipotesi conoscitive e classificatorie, procedendo di negazione in negazione e di
approssimazione in approssimazione.
C. Milanini, Arte combinatoria e geografia mentale: Il castello dei destini incrociati e Le città
Invisibili, in C. MILANINI, L’utopia discontinua. Saggio su Calvino, Garzanti, 1990,