«La città è sempre a tua disposizione come una gigantesca memoria collettiva, come un’enciclopedia da consultare » (Italo Calvino)
Tale specularità trova del resto il proprio fuoco nell'asse di simmetria centrale f1 - f5 [v. schema 2 ]che congiunge e si estende dal primo all'ultimo apparire della stessa fisica matrice di ogni prospettiva: lo sguardo delle Città e gli occhi - e non è forse questo il modo discreto di Calvino di suggerire una propria «école du regard»? -; così che, bipartito da questa ideale ipotenusa, il quadro si divide in altri due triangoli (e tutto il parallelogramma in quattro speculari ed equivalenti triangoli quinari). Lungo tale asse di simmetria i vertici estremi, f1 e f5, divengono i luoghi eponimi dunque di ogni «immagine speculare», di ogni inscindibile duplicità:
Non esiste o avviene cosa nell'una Valdrada che l'altra Valdrada non ripeta, perché la città fu costruita in
modo che ogni suo punto fosse riflesso dal suo specchio [...]. Gli abitanti di Valdrada sanno che tutti i loro atti
sono insieme quell'atto e la sua immagine speculare, cui appartiene la speciale dignità delle immagini, e questa
loro coscienza vieta di abbandonarsi per un solo istante al caso e all’oblio. (1)
Se non è al suo primo viaggio l’uomo sa già che le città come questa hanno un rovescio […]. Da una parte
all’altra la città sembra continui in prospettiva moltiplicando il suo repertorio d’immagine: invece non ha spessore,
consiste solo in un dritto e in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di là, che non possono
staccarsi né guardarsi. (2)
E naturalmente, fulcro di ogni simmetria e di ogni specularità, al centro esatto del racconto (28° infatti tra le città descritte) e della matrice geometrica che inscrive le « città invisibili », ecco apparire, in f3, Bauci, città eponima di ogni «città invisibile» se appunto «Dopo aver marciato sette giorni attraverso boscaglie, chi va a Bauci non riesce a vederla ed è arrivato». (3) Essa è il centro invisibile del «quadrato magico», ma anche il punto vuoto, il gran tao che s'apre alla fine del viaggio verso l'interno:
Tre ipotesi si dànno sugli abitanti di Bauci: che odino la Terra; che la rispettino al punto d'evitare ogni contatto; che la amino com'era prima di loro e con cannocchiali e telescopi puntati in giù non si stanchino di passarla in rassegna, foglia a foglia, sasso a sasso, formica per formica, contemplando affascinati la propria assenza. (4)
Eppure è lì che convergono le strade: «I tuoi passi rincorrono ciò che non si trova fuori degli occhi ma
dentro», (5) di un impero che «cominci a crescere al di dentro», (6)«quello scomodo diaframma» che è la persona, la maschera storica, infine
« contemplando affascinati la propria assenza»: ma lì dimora l’origine, « il principio di ciò che si muove
nell’universo è lo spazio del niente, attorno all’assenza si costruisce ciò che c’è». (7)
Bauci, mitico nome: nello straordinario repertorio di archeologia e utopia (8) che è la nomenclatura delle
Città invisibili, catalogo universale99 di mitologia (Aglaura, Berenice, Cloe, Fillide, Pentesilea, Pirra) e
geografia (Venezia e Costantinopoli, Lubecca e Urbino, Los Angeles e Kyoto, San Francisco, New York,
Parigi), di Bibbia e classicità (Bersabea, Zamira, Ipazia), di letteratura e musica (Sofronia, Despina, Clarice e
Smeraldina), al centro dimora Bauci, come al centro delle Metamorfosi (VIII, 611-721) l'aveva collocato
Ovidio, storia di fedeltà e di pietas, sublimata dal divino ospite – mentre il diluvio copre il resto, empio, dei
villaggi - in tempio, architettura perenne della quale Filemone e Bauci saranno, sino all'ultima metamorfosi,
custodi e sacerdoti. Per questo, forse, « chi va a Bauci non riesce a vederla», sicut scriptum est: dedit illis
Deus […] oculos ut non videant.
1: Le città e gli occhi. 1. Non diversa la prospettiva de Le città e gli occhi.2, ove «della Zemrude d’in sù senti parlare soprattutto da chi se la ricorda affondando nella Zemrude d’in giù»
2: Le città e gli occhi.5,
3: Le città e gli occhi.3,
4: Le città e gli occhi.3,
5: Le città e gli occhi. 4,
6: cornice IX
7: Così si concluderà egualmente il Castello dei destini incrociati
8: «L'atlante dei Gran Kan contiene ancore le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora
scoperte o fondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la città del Sole, Oceana, Tamoè, Armonia, New-Lamark,
Icaria» (Le città invisibili cit., ‘cornice’ finale - XVIII -).
C. OSSOLA, L’invisibile e il suo ‘dove’: “geografia interiore” di Italo Calvino, in “Lettere
italiane”, XXXIX (1987), I, pp. 242-48