Dai nostri inviati
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Voci, rumori,
"boatos". E qualche onesto, innocente e gustoso pettegolezzo sul
mondo dei giornali. Intendiamoci subito: i malintenzionati che vogliono
offrire al Barbiere non saporite notizie, ma perfide insinuazioni, saranno
fermamente respinti. Chi ha qualcosa di interessante da raccontare e' invece
il benvenuto. Manda dunque le tue notizie al |
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Pierluigi Magnaschi questa volta si è arrabbiato
davvero e ha telefonato a Lucia Annunziata per
"invitarla" a non fare campagna acquisti nella sua redazione. Il
nodo della questione sta nel fatto che E.Biscom, che sta formando la
nuova agenzia on line con Associated Press (Ap.Biscom), avrebbe contattato
alcuni giornalisti dell'ANSA con consolidata esperienza professionale, tra
cui Paolo Modestini e Pierluigi Franco della redazione economica. La
risposta non si è fatta attendere e il direttore della maggiore agenzia di
stampa italiana ha ricordato alla sua collega che l'ANSA è una società che fa
capo ai più importanti editori, se ne
traggano dunque le conseguenze. Italo Cucci e’ il nuovo
direttore del Corriere dello Sport e Giancarlo
Mazzuca, 56 anni, e’ il nuovo direttore del Quotidiano Nazionale
del gruppo Riffeser. Per Italo Cucci e’ un ritorno ai vecchi amori del
giornalismo sportivo. Il suo insediamento al Corriere dello Sport e’ previsto
per il 2 gennaio. Cambiamenti in vista nell’immediato al quotidiano sportivo?
“Mi guardero’ intorno, come fanno tuti i direttori appena arrivati. Del resto
non c’e’ realta’ che io conosca meglio del Corriere dello Sport”, ha
dichiarato Cucci al Barbiere. “Con l’occasione vorrei
ringraziare anche il Barbiere della Sera che in qualche modo mi ha portato
fortuna”. Perbacco!. Grazie Italo e in bocca al lupo per il nuovo
lavoro. Ragazzi, con molta probabilità questa settimana non si sciopera. A sorpresa, il presidente della Fieg, Mario Ciancio Sanfilippo, ha contattato Paolo Serventi Longhi e i vertici della Federazione nazionale della stampa, per comunicare che gli editori rinunciano a una delle loro più ingombranti richieste: che capiservizi e redattori capi siano reclutati con contratto a termine. Prima di
contattare la Fnsi, Ciancio ha fatto un giro di consultazioni fra gli
editori: e a tutti i grandi, a quanto sembra, di questa pretesa portata
avanti con ostinazione dal capodelegazione Fieg Alberto Donati (anche in un'intervista al Barbiere) non
gliene frega proprio niente. Naturalmente, questo dei contratti a termine
era solo uno degli scogli sulla via del contratto, anche se fra i più importanti:
Fieg e Fnsi si rivedranno nelle prossime ore , e vedremo cos'ha in mente la
Fieg sul resto della trattativa, prima di poter sperare in una firma in tempi
brevi. Ma uno o tutti e tre gli scioperi proclamati, si attueranno solo in
caso di un clamoroso voltafaccia degli editori. In 24 ore sapremo
tutto. Una modesta proposta ai lettori: monitorare, cioè leggere con attenzione, quello che i giornalisti andranno scrivendo via via che si avvicinano le elezioni, e dunque l’era Berlusconi. Se ne scoprirebbero delle belle: in primis che la grandezza di certi grandi giornalisti consiste “nel mettere il proprio indubbio talento al servizio del vincitore di turno”. Nella
fattispecie, il Cavaliere. La proposta dell’Osservatorio l’ha avanzata
– dalle colonne del Corriere della Sera - PieroOstellino, che
di quel giornale fu direttore e che oggi ne è uno dei principali
commentatori. Liberale lo è sempre stato e di “Cose viste e pensate”, come s’intitolava
un suo libro, ne ha tante, alle spalle. Hai scritto: “Una cosa mi ha francamente scandalizzato, in questi giorni: constatare che è già partita la corsa a saltare sul carro del vincitore, da parte di intellettuali e giornalisti. Calma, ragazzi. Un po’ di pazienza, se non di decenza, non farebbe male”. Con chi ce l’hai? "L’attitudine
tipica della classe giornalistica nostrana è quella di mantenere molto alto
il proprio prezzo nei confronti del mondo politico e conquistarne il favore
solo quando si è sicuro che una parte di questo ha sicuramente vinto o sta
per vincere. Bene, questo era il prologo. Ora fuori i nomi. "No, nomi non ne faccio, ma ve ne potete accorgere da soli, nel corso di questa campagna elettorale, non fosse altro perché questa che sto cercando di descriverti è una costante storica, della categoria: è già successo con il passaggio dal fascismo alla democrazia, con il ’68, con la Dc prima e il Pci poi, con il Psi negli anni Ottanta e, ieri, con Mani Pulite. Succederà domani con Berlusconi. Per anni lo hanno definito come un uomo e un politico rozzo, volgare, incapace, magari anche mafioso, ora è diverso. Esimi colleghi, specialmente quelli che sono o si definiscono “di sinistra” stanno già cambiando e sempre più cambieranno idea: in fondo, non è così male, ma che bravo, e via di questo passo. D’altra parte, mica smetteranno di colpo di fare l’opposizione, macché: continueranno a farla, solo che molto blandamente, per finta". Si vabbe’, Ostellino, pero’ siamo alle solite. Non si possono muovere accuse generiche, senza nomi e fatti concreti. "No, guarda, non insistere. Di colleghi defunti non parlo, degli attuali ci si renderà conto da soli. Pensa solo, però, tanto per fare l’esempio storico preciso, a tutti quei colleghi che si professavano uomini del socialismo autonomista, di De Martino o di Nenni e poi, quando arrivò alla ribalta Craxi, che non gli piaceva, hanno continuato a dire: “No, noi restiamo fedeli al vecchio Psi, dunque ci alleiamo con i comunisti, col Pci”. Non voglio difendere Craxi, per carità, voglio solo dire che, allora, attaccare Craxi andava di moda, rendeva, e allora giù a menare fendenti contro Bettino l’arrogante. E, per farne un altro, di esempio, te la ricordi l’esaltazione ai limiti della venerazione dei giornalisti di sinistra italiana per Antonio Di Pietro, un’esaltazione smisurata, senza senso, una follia che ha portato un demagogo populista come lui a farsi eleggere nel rosso collegio del Mugello e loro giù tutti a dire “E’ un vero democratico, un eroe!”. Io lo scrissi subito che era un abominio candidarlo in nome della sinistra, che lui l’avrebbe tradita, ma loro niente, erano così entusiasti che stesse sfasciando Dc e Psi che non ci vedevano per la felicità. Ma successe lo stesso nel secondo dopoguerra, quando non si trovava un democristiano a pagarlo oro: erano tutti repubblicani, liberali, socialisti democratici, mai nessuno che accettasse di dirsi davvero della Dc. Come poi, negli anni Settanta, si sentivano tutti “molto vicini” a studenti e operai…" Stai descrivendo una corte di servi sciocchi del potere. Tutto qui il giornalismo italiano? "Io direi così. Una volta esistevano i comunisti, i democristiani, i liberali, quelli veri intendo, oggi invece esistono solo persone (e colleghi, nella fattispecie) “che gravitano nell’area dell’opportunismo”: il loro straordinario talento consiste nel mettersi al servizio sempre e solo di se stessa, usando di volta in volta Tizio, Caio, il Paese stesso e le sue vicende, tutto solo al fine di aumentare gloria e potere personale". Spietato. "Naturalmente si possono fare anche esempi virtuosi. Per esempio, Alberto Ronchey, uomo di grandissima coerenza, ed Enzo Bettiza, un vero liberale, ma anche uno come Renato Mieli, comunista da giovane, ma che poi è uscito dal Pci. Il resto dei giornalisti, invece, specialmente quelli della “pseudo-sinistra”, ora che la vittoria di Berlusconi è alle porte, s’avvicina molto di più alla categoria che le dicevo, quella dei finti moralisti, dei finti progressisti, dei finti integerrimi, che in realtà gravitano nell’unica area che riconoscono come propria, quella dell’opportunismo, e scelta che sono capacissimi di giustificare, di volta in volta, in quanto sostengono che le loro scelte sono dettate da quello che chiedono i loro lettori, “la gente”, i cittadini. Io, invece, sono sempre stato anticomunista e antifascista non per convenienza, ma perché da sempre sono un liberale e penso – come avrebbe detto George Orwell – che “Non bisogna dire alla gente ciò che alla gente piace sentirsi dire”. Ecco, tutto qui. Ciao. Grazie. Ora siamo un po’ piu’ depressi di prima. Ambrogio, servitore di Don Bartolo
Paolo
Panerai
sbarca nell'etere. L'editore del gruppo Class ha acquistato
un'emittente radiofonica milanese: "Radio Classica" che
trasmette sui 94 mhz. Da via Burigozzo si fa sapere che questa radio è solo
un embrione del nuovo circuito radiofonico nazionale la cui partenza è
prevista per gennaio. E sui 94 mhz oltre alla musica classica saranno
anche trasmessi notiziari economici-finanziari in tempo reale. Una radio che
mira quindi a tentare di contrastare il monopolio di "Radio24"
l'emittente legata al "Sole 24Ore". E' arrivato a Civitavecchia in peschereccio, come per rivivere un'impresa garibaldina. Ha compiuto l'intera traversata piazzato a prua, lo sguardo fisso verso l'orizzonte, le braccia allargate fra due cime, a mo' di polena umana. Non solo a Caprera, ma in tutta la Maddalena il Conte d'Almaviva era diventato ormai una presenza imbarazzante. Leggete questa mail che ci ha spedito il sindaco dell'isola, il diessino Dario Bigliardi. "Cari amici del Barbiere, vi scrivo attraverso il mio segretario, perché ho troppi anni sul groppone per riconvertirmi a Internet. Il Consiglio comunale, riunito in seduta straordinaria, ha deliberato all'unanimità lo stanziamento di lire 300 mila per il rimpatrio via aeromobile del vostro amato Conte d'Almaviva. Ma quando ci siamo presentati con l'assegno, il nobile ha rifiutato sdegnosamente, preferendo il motopeschereccio d'alto mare dei fratelli Porcu, in partenza per Civitavecchia. Simpatico, questo vostro collaboratore, ma anche un po' difficile da gestire. Dopo aver pernottato svariate notti all'addiaccio nell'isola di Caprera, si è trasferito all'Hotel Miralonga della Maddalena. In cinque giorni ha presentato altrettante petizioni al sottoscritto su argomenti diversi e un progetto per completare il depuratore fognario. Ma la tensione è salita al massimo quando una sera, davanti alla porta del ristorante Sottovento, famoso per il pesce, si è incontrato con il consigliere dell'opposizione Gianni Manziello che si accompagnava con una bella signora. Il Conte d'Almaviva ha ceduto il passo e Manziello ha fatto entrare per prima la signora. "Ma come, un po' di bon ton - ha protestato il Conte - Non sa che nei locali pubblici deve entrare prima il cavaliere?" Manziello, che era già reduce da una giornata difficile, ha avuto un travaso di bile. Così, il giorno dopo si è raggiunto l'accordo "bipartisan" per pagare l'aereo al Conte. Con l'occasione auguro a tutti voi un buon Natale. E trovateli, questi soldi della sottoscrizione!". Appena
arrivata la notizia dell'imminente sbarco, Rosina e don Basilio
si sono precipitati al porto di Civitavecchia. Il Conte è apparso subito in
ottima forma. Ha seppellito il
suo rancore verso i clienti della Bottega e ha una gran voglia
di ricominciare. Se mi fanno usare il marchio ti assumo, se me lo proibiscono ti licenzio. A radio Rtl 102.5 Network abbiamo appena assistito a una brutale applicazione di quella che con sottile eufemismo siamo soliti chiamare “flessibilità del lavoro”. All’improvviso, in tutta Italia, sono state decise 155 assunzioni per giornalisti e tecnici. Altrettanto repentinamente, nell’arco di un annetto, sono sfumate, con relativa lettera di licenziamento. Come se fossero un’illusione ottica, un miraggio della Fata Morgana, un pesce d’aprile. La storia è questa. Nel 1998 i fratelli Suraci di Vibo Valentia, potenti proprietari di Rtl 102.5, hanno l’idea di creare dei circuiti regionali per la loro radio, che ha i quartieri generali a Milano: anche perché la pubblicità scoppia e non sanno bene come e dove collocarla. Cederanno il marchio Rtl in franchising, ad una radio per ogni regione, come fa Benetton per i suoi negozi. E nascerà, così, una specie di Rai privata e capillare: il circuito areale di Rtl 102.5. Detto fatto.
Ecco sorgere un Areale in Piemonte, Rtl 102.5 Torino, uno in Toscana,
Rtl 102.5 Firenze, e poi Bologna, Palermo, Bari, Napoli, Venezia
(in realtà con sede a Verona) Roma, Milano, con una puntatina persino a
Campione d’Italia. In tutto, dieci-dodici radio, ciascuna delle
quali porta il nome della città capoluogo ma in realtà copre l’ambito
regionale. Lo fa il governo con un decreto legge del 30 gennaio 1999, convertito in legge il 29 marzo dello stesso anno. Con questa, lo Stato impone il divieto di usare il marchio nazionale per le emittenti locali, così da non danneggiare le altre radio. Poco più di un anno impiegato a fare ricorsi contro la legge e, dopo la sconfitta, a partire da luglio del 2000 e per l’intero autunno, sono fioccate le lettere di licenziamento: in tutta Italia, come detto, ben 155. D’altra parte le dodici aziende in questione sono tutte con meno di 15 dipendenti, e non hanno vincoli di sorta, visto che lo Statuto dei lavoratori si estende alle aziende che superano quella soglia di dipendenti. Non sono soltanto giornalisti che devono levare le tende, ma anche tecnici: tutti assunti non con il contratto nazionale riconosciuto dalla Federazione della stampa e delle Fieg, ma con quello per radio-tele reporter. Nasce e termina violentemente, così, anche un’esperienza, per chi l’ha vissuta, di libertà e di autonomia, senza condizionamenti politici sui notiziari. Le lettere di licenziamento sono secche e non lasciano scampo. Citano i riferimenti legislativi e si concludono poi con un “Le comunichiamo l’impossibilità di un suo conveniente utilizzo in altre attività”. E’ il network locale ad emetterle, ma se poi contatti i responsabili, ti dirottano tutti alla radio nazionale, “Parlate con Milano, le decisioni sono state prese da loro”. Questa, per esempio, è la risposta che ti senti dare da Giovanni Torre, presidente (peraltro dimissionario) di Newmedia, la società che usava il marchio “Rtl 102.5 Firenze”. Qui sono rimasti 2 giornalisti e 2 tecnici, da 5 giornalisti, 6 tecnici, 15 collaboratori esterni e 5 speaker che si contavano fino a qualche mese fa. Le lettere di licenziamento, però, sono state firmate da Newmedia. Si può fare qualcosa? Se lo sono chiesti la settimana scorsa i sindacati Cgil-Cisl-Uil, la Federazione nazionale della stampa (che è intervenuta nella vertenza anche se quei contratti non erano rigorosamente giornalistici) e i rappresentanti di Rtl 102,5, che si sono incontrati al ministero del Lavoro con il sottosegretario Ornella Piloni e con quello alle Telecomunicazioni Vincenzo Vita. Anzitutto si
è deciso di scattare una fotografia esatta dei licenziamenti a metà dicembre
2.000. I risultati sono stati confortanti perché molti network locali hanno
nel frattempo riassunto i colleghi mandati via: così, si è appena saputo che
su 155 che avevano perso il lavoro, il problema in realtà riguarda oggi meno
di 40 colleghi fra tecnici e giornalisti, e fra di essi quelli di Firenze e
di Bologna. Ci sarà un altro incontro. Forza Vita, datti da fare,
spremiti le meningi, trova una soluzione. Giorni
di passione per Vittorio Feltri. Il direttore di "Libero"
sta tentando di incassare il sì di Alessandro Profumo. L'amministratore
delegato di Unicredit dovrebbe infatti partecipare con una quota
nell'aumento di capitale (12 miliardi) del giornale di via
Merano. Un ingresso - previsto all'assemblea del 21 dicembre - che
consentirebbe al direttore bergamasco di superare l'impasse provocata
dall'uscita di Urbano Cairo che ha rinunciato all'opzione di acquisto.
E anche per i redattori del quotidiano - che veleggia a quota 40-42mila copie
- sarebbe un segno più che positivo.
La
notizia sui quotidiani dell'Abruzzo è stata nascosta: poche righe e
senza far nomi ma con tanta voglia di nasconderla. Infatti si parla dell'Ordine
dei Giornalisti dell'Abruzzo che sta vivendo uno dei suoi
momenti peggiori. Parliamo dell'ammanco di 340 milioni di lire
che si è verificato nel bilancio dell'ente. A suo tempo cinque consiglieri
dell'ordine si erano dimessi e avevano chiesto l'intervento della magistratura.
Mesi di indagini poi un processo. Sul banco degli imputati è finito Gianfranco
Volpe presidente dimissionario dell'ordine abruzzese. Volpe
accusato di falso e peculato ha patteggiato la pena di venti mesi. A
dirigere l'ordine è ora il calabrese Rosario Ocera già
presidente della commissione ricorsi del consiglio nazionale che entro 90
giorni dovrà indire nuove elezioni. Oh,
caro Enrico, come mai da queste parti? Ovvero?
Scusa
Enrico, pero’ non e’ frequente vedere in Tv o leggere sui giornali
un’intervista di quelle davvero cazzute a un politico. Che almeno uno dei tre giorni di sciopero proclamati dalla Fnsi cada la prossima settimana è del tutto scontato: non occorre infiltrare i nostri 007 a Corso Vittorio, nella sede romana della Federstampa, per averne la conferma. Un notevole margine di fantasia avvolge invece le nuove "proposte indecenti" che alcuni direttori dei giornali faranno ai loro redattori per convincerli a non scioperare. Andrea
Riffeser,
per evitare la giornata del silenzio del 12 dicembre, è arrivato ad offrire
ai giornalisti della Nazione e del Resto del Carlino 1 milione di "una
tantum" e 500 mila lire d'aumento. Si sa del
tentativo di seduzione di Giulio Anselmi, direttore
dell'Espresso: fate i bravi e vi diamo lo stesso il premio di produttività,
anche se non abbiamo raggiunto il pareggio del bilancio: anche qui, eroiche
pernacchie. Più "border line" è la posizione dei redattori del
"Sole 24 ore", o almeno del loro cdr: che il giornale esca, ma senza
pubblicità e trattenendoci i soldi della giornata, da devolvere a un fondo
della Fnsi. La quale, però, ha risposto: no grazie. Anche Marcello Sorgi
ha provato a evitare lo sciopero. Niente soldi però, ma solo una
"mozione degli affetti". Ragazzi, La Stampa in alcune parti del
Piemonte ha il fiato corto, e la concorrenza del Giornale si fa sentire
eccome: mettetevi una mano sulla coscienza. Se la sono messa, i redattori di
quel giornale. Decidendo di scioperare. Il
vice direttore dell'Ansa Luigi Vianello passa con il
grado di condirettore all'agenzia di stampa del Sole 24 Ore, Radiocor
con decorrenza 15 Gennaio 2001. Incaricato negli ultimi anni di seguire le
attivita' "new media" dell'Ansa (per la verita' non
eccezionali), Vianello si e' per lunghi anni occupato di economia. Nota la
sua amicizia di lunga data con il direttore del Sole 24 ore Ernesto Auci.
Da qualche tempo, nella redazione di Radio Capital, la radio del gruppo Espresso diretta da Vittorio Zucconi e guidata da Rossana Giorgetti, sono apparse due webcam fissate ai piloni che tengono in piedi il controsoffitto della redazione. L'idea era quella che le due camere trasmettessero sul sito Internet di Radio Capital le immagini della redazione al lavoro. Negli ultimi giorni tuttavia, benche' la redazione avesse acconsentito in passato all'installazione delle webcam, a piu' di un redattore e' venuto un dubbio: non e' che che in questo modo si potra' controllare ogni movimento dei giornalisti e dei collaboratori, sempre sorvegliati dal nuovo occhio elettronico? Per un po' le
webcam sono rimaste li' senza dar segno di vita. Poi, la scorsa settimana, qualcuno
ha avuto l'idea di piazzare davanti a una di esse un cartello con su scritto
"lavori in corso". Nel giro di pochi minuti sono arrivati i tecnici
di Radio Capital per rimuovere il cartello, segno che qualcuno,
a un indirizzo internet sconosciuto alla redazione, osservava discretamente i
locali dell'ufficio. La cosa ha provocato un certo malumore. Non e' infatti
piacevole pensare che, mentre lavori o ti metti le dita nel naso, qualcuno
sia sempre in grado di osservarti anche a distanza. Il comitato di redazione
della radio ha deciso di esaminare la questione per fare chiarezza
sull'uso delle webcam.
trani movimenti a Cremona. Il bisettimanale "la Nuova Cronaca" - che si è appena trasferito in una sede più ampia - starebbe per trasformarsi in quotidiano. A dirigere l'operazione MarioSilla. Il nuovo giornale riprenderà una testata storica del giornalismo locale "la Gazzetta di Cremona". Una decisione quella di Silla presa dopo la rottura con Alberto Donati che sta per sbarcare sotto il Torrazzo con un quotidiano finanziato da un gruppo di piccoli imprenditori tra i quali ci sarebbero Arturo De Filippi, Giorgio Belometti e Gianfranco Colace. L'uscita del
quotidiano di Silla è prevista per i primi di gennaio in modo di battere
sul tempo l'iniziativa del vice presidente della Fieg che,
secondo rumors, starebbe incontrando qualche difficoltà. Il neodirettore, Piero
Piccioli, non riesce, infatti, ad ingaggiare redattori locali: finora
ha incassato diversi "no, grazie" motivati sia dallo stipendio ai
minimi sindacali sia dai problemi legati alla pubblicità che sarebbe affidata
ad una piccola agenzia locale legata al vicedirettore della "Voce"
CristianaMainardi. Poi c'è Silla che sta arruolando nuovi redattori.
Ma c'è anche un piccolo giallo: un sito internet cremonese ha diffuso alcune
notizie riservate sul quotidiano di Donati. Notizie spedite via email da
"Agrquotidiana" l'agenzia del gruppo. Ottenendo come
risultato quello di aprire la caccia al redattore infedele nella sede romana
dell'agenzia di stampa ma soprattutto di far conoscere le intenzioni di
Donati ai suoi concorrenti. Per un attimo ci siamo un po’ disorientati. Un cliente di passaggio ci ha spifferato di una cena organizzata a casa di Fabrizio Rondolino il 5 dicembre, ospite d’onore l’avvocato Giuseppe Consolo, esponente del centro destra romano (Alleanza nazionale) e grande elettore di Francesco Storace alla presidenza della Regione Lazio, per festeggiare la prossima campagna elettorale di Consolo medesimo che si candidera’ nelle liste di An. Oddio, ci siamo detti, possibile mai che l’ex portavoce di Massimo D’Alema inauguri la campagna elettorale di un adepto di Gianfranco Fini?. "Ma
no", ha spiegato Rondolino al Barbiere, "non era una
cena elettorale, ma una cena e basta, organizzata da mia moglie che ha voluto
invitare solo donne. Una cena per un amico. Consolo, appunto. Se devo fare
campagna elettorale per qualcuno la faccio per Rutelli. Non so chi
mette in giro queste voci. Non stanno in piedi". Ciao
Arturo, abbiamo letto che con il tuo quotidiano, l’Opinione,
hai organizzato un convegno dei giornalisti del centro destra... L'hanno visto, finalmente. Eravamo un po' tutti in pensiero per il Conte. A Caprera, l'isola scelta per smaltire la rabbia della sottoscrizione fallita, non c'è un buco per dormire, di questi tempi: gli unici letti sono quelli del Centro velico, che però risulta chiuso da una quindicina di giorni. Un cliente sardo della bottega, accanito radioamatore, ha intercettato questo messaggio fonico che volentieri mettiamo in rete. "Da Forestale Caprera a comando Follonica, da Caprera a comando nel continente, mi sentite? Sono la guardia Contu Ettore e vi riferisco quanto segue. Questa mattina, aprendo il portone della casermetta, ho fatto un salto di paura, che a momenti mi pigliava un infarto. Da una tenda canadese, montata proprio qui davanti, è uscito un uomo con la barba lunga e gli occhi spiritati: indossava un poncho sopra una Fred Perry rossa manica lunga e non aveva propriamente uno di quegli aliti che, come si dice, gli spunta un fiore in bocca. "Chi
siete?" gli ho chiesto. Detto questo, ha fatto dietrofront ed è sparito. Sono rientrato e ho preso il binocolo, decidendo di seguirlo, a debita distanza. E' sceso fino al Centro velico, che poi da noi disterà sì e no 500 metri. L'ho sentito
gridare: "Aprite, aprite, debosciati! Adesso è il momento di fare
scuola. Avete paura del freddo? Il maestrale non vi si addice? Aprite, ho
detto!" Peccato.
Pare che quest’anno il bonus legato alla produttivita’ previsto nel
contratto integrativo dei redattori dell’Espresso, sia destinato a
saltare. Giovedi’ 30 Novembre, il direttore dell’Espresso Giulio Anselmi
ha convocato il comitato di redazione del settimanale di via Po e ha
esposto una proposta dell’azienda. Il pareggio di bilancio non e’
lontano, mancano poche centinaia di milioni, ha spiegato Anselmi, ma
uno sciopero proprio adesso, con il giornale che scoppia di pubblicita’, lo
metterebbe a rischio. Allora, facciamo cosi’, ha proposto
Anselmi: voi non scioperate e il giornale esce. Se poi manca ancora qualche
lira al punto di pareggio, fa niente: il bonus di fine anno ve lo danno
comunque, me ne faccio garante io. Portata in assemblea, la proposta non e’
piaciuta ed e’ stata quindi bocciata. Cosi’, L’Espresso ha
aderito allo sciopero proclamato dalla Federazione della Stampa.
Rosanna
Santoro
e’ la giornalista di giudiziaria che prendera’ il posto di Fiorenza Sarzanini
(passata al Corriere della Sera) al Messaggero. Triestina, grintosa e
appassionata cacciatrice di scoop, ex collaboratrice dell’Europeo, dell’Espresso
e di Porta a Porta, Rosanna Santoro e’ stata gia’
assunta dal quotidiano di via del Tritone. Alla collega Santoro le congratulazioni
del Barbiere della Sera e auguri di buon lavoro. Vediamo di capirci qualcosa. Abbiamo ricevuto negli ultimi giorni diverse mail a proposito del nuovo concorsone Rai. Pubblichiamo le mail in uno spazio apposito perche’ abbiamo l’impressione che su questo concorso si scatenera’ un bel po’ di rumore. Nel frattempo proviamo a fare un po’ di chiarezza per coloro che sono direttamente interessati alla competizione. Il concorso (l’ultimo risale al 1992) serve alla Rai per reintegrare numerosi giornalisti andati in pensione o che hanno abbandonato l’azienda per vari motivi. Nell’immediato (si fa per dire, si parla infatti di un triennio) vengono messi a bando 50 assunzioni per giornalisti professionisti "disoccupati o inoccupati (leggi ‘precari’), con laurea". In realta' si tratta di 30 posti a concorso, poiche' 20 assunzioni avverranno pescando dalla "lista ponte" di cui parliamo piu' sotto. Tenuto conto che oggi i precari della Rai sono circa 400, come si vede non e’ un gran che. Del resto nessuno pensa che la Rai debba assumere 400 giornalisti. Per la maggioranza di essi si continuera’ quindi con la politica dei contratti a termine. Per cio’ che riguarda i precari, sono previste due fattispecie. Per chi puo’ vantare almeno 200 giorni di lavoro alla Rai, non c’e’ l’obbligo della laurea. Per gli altri si’. Le prove d’esame consisteranno in un quizzone (di quelli con risposte a scelta che si fanno per l’esame di guida) e alcune prove pratiche. Una conduzione, la realizzazione e la lettura di un servizio giornalistico e, infine, un colloquio professionale con una commissione. La commissione sara’ composta cosi’: un commissario per ogni testata giornalistica (Tg1- Tg2 - Tg3 - Tgsport - Televideo - Rainews24), piu’ due rappresentanti della Rai Corporate. Non ci sara’ l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti. Per coloro (sempre tra i precari Rai) che hanno lavorato in azienda per piu’ di 500 giorni, si fara’ a meno del quizzone. Chi desidera
partecipare deve anche indicare la sede in cui vuole essere assunto. Le domande
vanno presentate entro il 15 febbraio 2001. Attenzione pero’ che
esiste anche una cosidetta "Lista Ponte", di 20
nominativi. Venti giornalisti scelti tra i precari Rai con maggiore
anzianita’ (oltre 1000 giorni lavorati in Rai). Questi colleghi andranno a
occupare i posti vacanti e che hanno bisogno di urgente copertura. Loro non
faranno il concorso. Il
segretario della Cgil Sergio Cofferati e il direttore dell'Ansa
Pierluigi Magnaschi si sono incontrati ieri mattina in tutta riservatezza
per risolvere i contrasti nati negli ultimi giorni, di cui il Barbiere
della Sera ha dato conto. Il colloquio, per quel poco che e' dato
sapere, si e' concluso positivamente. Insomma, pare che abbiano fatto pace.
Finche' dura, fa verdura.
E’
iniziata la settimana circense dei quotidiani italiani. Oggi a Roma il "Corriere
della Sera" esibisce il suo "doppio dorso", con
tante pagine in più di cronaca, sport e spettacoli. Lo leggeremo assieme a
voi. A Napoli, invece, da domani "Il Mattino"
apparirà in formato Bagonghi: 35 per 50 centimetri. Più
piccolo, ma più grasso: invece delle attuali 48 pagine si arriverà
sino a un massimo di 56. La nuova veste è stata presentata ieri dal
direttore Paolo Gambescia e dal responsabile amministrativo Massimo
Garzilli, il quale ha confermato la nuova strategia del gruppo Caltagirone:
abbassare il prezzo di vendita, anzi regalare il giornale, se possibile. Da
gennaio verrà distribuito gratis, a Roma, il nuovo quotidiano "Leggo
Roma", al quale farà seguito "Leggo Napoli" e
"Leggo Milano", tutti diffusi nelle stazioni delle Ferrovie
dello Stato. Caro Diario, Emilio Fede ha finito di girare per l'Italia per presentare il nuovo libro "La foglia di fico", portandosi sempre dietro un paio di giornalisti del tg4. A questa squadra e’ toccato di realizzare ogni volta un servizione da mandare in onda l’indomani, con grande soddisfazione della Mondadori e del gruppo Finivest, oltre che di Fede medesimo. Meno male. Il direttore sara’ piu’ presente e tornano in redazione anche i giornalisti del seguito. Si ricomincia a lavorare. Ma questa storia del libro del direttore mi fa venire in mente altri servizi che Fede ha promosso e caldeggiato negli ultimi mesi. Spesso si appassiona a fatti che in qualche modo lo riguardano. Non pensare male, caro diario, si tratta spesso di argomenti validi e interessanti. Prendiamo Capri, per esempio. Ne abbiamo parlato un sacco di volte al Tg4. Il direttore conosce bene i problemi dell’isola, dato che ha una casa proprio li’. Non capisco bene perche’ nell’ultimo periodo abbiamo picchiato un bel po’ sul sindaco dell’isola senza risparmiare sui mezzzi: inviati, elicotteri, le troupes migliori. Una volta il clima era diverso. Si facevano un sacco di interviste a personaggi capresi: il titolare dell’albergo importante frequentato dagli amici di Fede, il titolare del centro estetico frequentato dai familiari di Fede, i personaggi capresi amici del direttore. Tutto interessante e folcloristico. Ma non credere, caro diario, abbiamo anche combattuto battaglie civili. In estate per esempio abbiamo armato un gran can can perche’ fosse meglio organizzato il servizio sanitario nelle isole minori. Poi la battaglia si e’ spenta quando l’aeronautica ha concesso l’uso di uno spazio militare per il decollo e l’atterraggio degli elicotteri civili. Finalmente possono atterrare a Capri anche gli elicotteri del soccorso sanitario e anche quelli della linea che trasporta Fede dall’aereoporto di Capodichino a Capri. Insomma, sono tutti contenti e cio’ e’ bene. Ci occupiamo spesso anche di Montecarlo, caro diario. Forse siamo l’unico telegiornale al mondo che segue cosi’ tanto le vicende del principato. Del resto, si sa, Fede e’ un abituale frequentatore del casino’ e di una suite all’hotel de Paris. Poi seguiamo anche con attenzione i problemi della salute: disturbi senili, macchie della pelle, trattamenti chirurgici estetici e virus misteriosi. Medici famosi vengono spesso invitati a pronunciarsi su questi problemi. A me pare che in realta’ siano illustri sconosciuti che diventano famosi dagli schermi del Tg4. Ma probabilmente ho torto. Nel novero delle nostre battaglie va ricordata quella contro l’ex ministro della sanita’ Rosi Bindi. Poi Fede e la Bindi hanno fatto pace. Tanto che la Bindi non ha esitato a occuparsi di un intervento di soccorso sanitario per una nipotina di Fede, Cortina. Un soccorso dovuto, naturalmente, ci mancherebbe, ma che ha cementato una ritrovata stima reciproca. Arcinoto anche il sostegno che il TG4 ha dato e continua a dare alle proteste contro Malpensa. Una battaglia civile sostenuta da centinaia di cittadini, tra i quali la famiglia di una delle figlie di Fede che possiede una tenuta nella zona delle Groane, proprio sotto una delle rotte di decollo e atterraggio per Malpensa. Nella stessa zona in cui ci sono proteste per una discarica regionale, proteste che il TG4 ha sempre puntualmente registrato attraverso numerosi servizi di inviati. Caro Diario,
sono contento di lavorare qui. C’e’ una battaglia al giorno da
combattere e finalmente riesco a dare un senso al mio lavoro.
Caro
Barbiere, sapevi che giovedì scorso Mentana in una lezione all'Ifg
di Milano ha dato in anteprima la notizia che Giordano sarebbe
andato a dirigere Studio Aperto, a quel punto 2 studentesse
sono uscite dall'aula e hanno dato la notizia a Ansa e Agi.
Complimenti
per lo scoop. Vorremmo assumere le due malcapitate.
Continua
l'esodo da "il Giornale". Dopo l'uscita di MarioGiordano
(neodirettore di "Studio Aperto"), di Goffredode Marchis
e di Giovanni Pons (passati a "Repubblica"),
si registrano due nuove defezioni: quella di Umberto Zappelloni
e di FaustoBrambilla. Entrambi sono stati assunti in via Solferino.
Il primo al "Corriere della Sera" si occuperà di formula uno
come inviato e il secondo - che in via Negri era caporedattore delle pagine
'i fatti del giorno' - gestirà con analogo ruolo il dorsolombardo del
quotidiano diretto da FerruccioDe Bortoli. Ma nel giornale di
casa Berlusconi c'è un'altra uscita eccellente: il 31 dicembre Mario
Cervi lascia la direzione del quotidiano. Una decisione, quella
dell'ex numero due di Indro Montanelli, presa da tempo. E così è
iniziata la corsa alla sostituzione: per la poltrona più alta de "il
Giornale" si parla di un duello tra MaurizioBelpietro e PaoloGuzzanti.
Al perdente potrebbe andare, secondo voci di corridoio, la direzione de
"il Tempo" di Roma, dove si attende l'arrivo del nuovo
direttore per un rilancio della testata. Ma nell'entourage di Belpietro c'è
anche chi sostiene che all'ex delfino di VittorioFeltri sarebbe
interessato nientepopodimenoche FrancescoCaltagirone.
"Paese
Sera. Là dove c'era il giornale, ora c'è un garage". Così secondo il
sommario de "L'Espresso" del 30 novembre. Ma a pagina 74 -
sorpresa - del ghiotto articolo dedicato al quotidiano della sinistra che fu
nemmeno un rigo. Di sinistra solo la foto del senatore diessino Giovanni
Pellegrino che gioca con i cani nella casa di campagna. Foto che
accompagna un servizio (di CristinaMariotti) sul presidente della
commissione Stragi. Solo sette giorni dopo, nel numero del 7 dicembre,
il lettore del settimanale diretto da GiulioAnselmi, ha potuto
scorrere (a pagina 86) i ricordi di GuidoQuaranta sui giornalisti
transitati in quasi mezzo secolo in via dei Taurini, dove aveva sede
"Paese Sera". E dove il palazzetto farà posto ad una
autorimessa. Era un bel po’ che a Repubblica non si vedeva uno scazzo cosi’violento. Protagonisti del match, il corrispondente da Berlino Andrea Tarquini e il capostruttura di cronaca Riccardo Luna. Ecco cosa e’ successo. Il 26 novembre scorso Tarquini spedisce al giornale una serie di servizi da Berlino, uno per gli esteri, una notizia per gli spettacoli, frattaglie vare, e infine un’intervista a Cohn Bendit per la Cronaca, richiesta dal caporedattore centrale Gregorio Botta. Tarquini concorda l’intervista con Riccardo Luna: un’ottantina di righe. Tarquini, verso le 20,00, ne spedisce 95 (secondo il suo computer), o 101 (secondo il computer centrale della redazione. E cosi’ Riccardo Luna si trova a dover tagliare il pezzo nell’orario di chiusura, peraltro anticipato, per il giornale della domenica. Passano tre ore e Luna chiama Berlino per fare un memorabile cazziatone a Tarquini, contestandogli di non aver rispettato le misure concordate. Sono i classici scazzi da stress, diciamolo subito, perche’ la materia del contendere e’ tutto sommato irrilevante. Qualche riga in piu’ o in meno. Fatto sta che Luna strapazza Tarquini che ci rimane male e scrive una lunga lettera di protesta indirizzata a tutti quelli che a Repubblica contano un po’, da Ezio Mauro in giu’, contestando a Riccardo Luna di aver usato un tono "non degno di un dirigente di Repubblica, bensi’ piu’ consono a un caporale di un gendarmeria centroamericana". Che sberla, ragazzi. Nella sua lunga lettera, Tarquini ricorda il suo background professionale, tra guerre del Golfo, nelle Falkland, golpe in Polonia, crollo del blocco sovietico, guerre balcaniche, elezioni americane varie e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. E conclude: "Cosi’ non va, carissimi colleghi e dirigenti...". Per affermare infine: "Si e’ verificata una grave mancanza all’obbligo deontologico della correttezza nei rapporti professionali che mi costringe a esigere delle formali scuse. Io sono un tipo calmissimo, non mi arrabbio mai e affronto tutto con tranquillita’ buddista. Ma talvolta e’ necessario porre limiti e paletti. Non mi piacciono gli sputi in faccia. Viene da chiedersi: sono in eccesso solo le righe del colloquio con Cohn Bendit o anche i galloni di qualche giovane collega?". Tarquini invita poi Luna a prendersi cura dei suoi(eventuali) problemi di stress, con relativa copertura Casagit. A incazzatura, incazzatura e mezza. E cosi’ Riccardo Luna risponde per le rime facendo presente a Tarquini che lui forse e’ un po’ "over reactive", cioe’, per i mortali, che si incazza un po’ troppo facilmente e che lui, Luna, non ha usato toni da caserma messicana. Attenzione, perche’ qui si innesta una dotta disquisizione. Tarquini infatti corregge nuovamente il collega. "Non ho detto ‘caserma messicana’". L’esercito messicano infatti, fa presente il corrispondente da Berlino, e’ addestrato negli Stati Uniti, nelle accademie militari francesi e spagnole e quindi sta attraversando una fase di rapida modernizzazione. Io, spiega Tarquini, mi riferivo piuttosto alla polizia rurale del Guatemala o del Salvador. Roba da farsela sotto dalle risate. Quanto all’ "over reactive", afferma Tarquini sempre piu’ imbestialito, attenzione che siamo a un passo dagli avvocati... Come andra’ a
finire? Tarquini e’ in attesa di scuse formali. Luna, non
sappiamo. Se noi del Barbiere potessimo permetterci di intervenire
diremmo: ragazzi, fare i giornali e’ duro. Sono incomprensioni che capitano.
Andatevi a bere una birra insieme e tanti saluti. Paghiamo noi. Dopo di che,
se, come pare, esistono problemi di superlavoro e di organizzazione, se ne
potra' discutere un po' piu' rilassati. L'amara
battuta era circolata nei giorni scorsi, in assemblea di redazione: "Il
Messaggero è come il Grande Fratello: ogni settimana qualcuno abbandona
la Casa". Soltanto che a lasciare la Casa, stavolta, è un pezzo
da Novanta: Rita Pinci, vicedirettore del giornale di via del Tritone.
Mercoledì ha annunciato la sua decisione all'editore, FrancescoGaetanoCaltagirone,
e ieri ha consegnato a PaoloGraldi la lettera di dimissioni. Andrà a
Milano a raggiungere Pietro Calabrese: sarà una manager del
gruppo Rcs, mantenendo la qulifica di vicedirettore, e opererà nel settore
New Media, che dovrà mettere in rete il fuutro portale Hdp. Umberto Bossi ora ha paura di Jorg Haider. O forse, piu’ semplicemente, Silvio Berlusconi, nel suo nuovo look bipartisan, ha convinto il leader leghista a darsi una calmata in vista delle elezioni, per evitare brutte figure e ulteriori polemiche. Sentite questa. Il capo servizio della cultura e spettacoli del quotidiano La Padania, Leonardo Facco, 36 anni, ha una casa editrice, che si chiama, appunto, Leonardo Facco Editore. Facco, giovane attivo e intraprendente, e’ un liberista convinto, fedele seguace del professor SergioRicossa. Sono settimane che Leonardo sta lavorando all’organizzazione di un convegno in programma a dicembre (di cui diamo notizia in sala stampa) intitolato "Europa, l’ultimo leviatano", al quale parteciperanno molti accademici, politici, giornalisti e intellettuali della destra liberista e "euroscettica". Giorni fa, sulla Stampa, esce un articoletto in cui si annuncia la partecipazione al convegno di Jorg Haider il leader politico della Carinzia che tante discussioni ha sollevato in Europa con le sue posizioni xenofobe di destra estrema. L’articolo non passa inosservato alla Padania e qualcuno fa una telefonata al segretario della Lega lombarda Roberto Calderoli. "Guarda che Facco vuole invitare Haider. Non e’ che ci troviamo con un’altra polemica antileghista tra i piedi?". Calderoli telefona immediatamente a Facco contestandogli di mettere a repentaglio l’immagine pubblica della Lega. I leghisti hanno paura oggi di apparire una forza politica xenofoba mentre ci sia avvia alle elezioni. Facco risponde piu’ o meno: "Io lavoro alla Padania ma non ho la tessera della Lega Nord e quindi, con la mia casa editrice, faccio quello che mi pare. Buongiorno". Facile dirlo. Interviene Umberto Bossi che convoca uno dei suoi uomini di fiducia all’interno del giornale per spiegargli che Facco rischia di combinare un guaio politico. E poi Berlusconi chi lo sente? Va a finire che Leonardo incontra l’amministratore- editore della Padania Ludovico Gilberti e ha con lui un colloquio un tantino teso. A Gilberti (e poi al Barbiere della Sera che lo ha interpellato) Facco spiega a muso duro: "Io sono un uomo libero e non potete impedirmi di invitare chi voglio ai miei convegni. Anzi, visto che le mie iniziative non vi piacciono, sapete che c’e’? io mi metto in aspettativa per sei mesi". Aspettativa concessa su due piedi. La Padania
e’ cosi’ orfana, improvvisamente, del responsabile del servizio cultura e
spettacoli. Chissa’ cosa ne pensa il direttore GiuseppeBaiocchi.
Forse Baiocchi non e’ poi cosi’ preoccupato. Anzi. I suoi rapporti
con Facco non sono infatti dei migliori. Il giovane editore fa parte del
comitato di redazione che ha votato dure mozioni di sfiducia nei
confronti di Baiocchi. Non solo. Mesi fa Baiocchi aveva
proposto a Facco la nomina a caporedattore e Facco ha
rifiutato. Un rifiuto che al direttore non e’ piaciuto neanche un po’. Forse
se l’e’ legata al dito. Pensieri
e parole clonate, al gruppo Riffeser. Il direttore del Resto del
Carlino Marco Leonelli, e quello di QN, Quotidiano nazionale, Il Resto
del Carlino, la Nazione, Il Giorno, Italo Cucci, hanno inviato ai
rispettivi giornalisti, per motivare la decisione di fare i crumiri durante i
due giorni di sciopero, due lettere assolutamente identiche: frasi, punti,
virgole, capoversi e "i migliori saluti" finali. Delle due l'una: o Leonelli e Cucci hanno straordinarie doti telepatiche, tanto da pensare e scrivere le stesse cose, oppure hanno più semplicemente messo la loro firma su un prestampato, come si fa alla Rai, quando ti chiedono la dichiarazione di scarico delle responsabilità, o dappertutto, quando si dà il proprio assenso all'uso dei dati personali. Vediamola tutta, questa lettera-fotocopia in cui si dà uno sbeffeggiante battesimo a un nuovo tipo di lotta: lo "sciopero virtuale". "A tutti i giornalisti del Resto del Carlino" ("A tutti i giornalisti della Polipress"). Apprendo che, nell'ambito delle trattative per il rinnovo del contratto, sono stati proclamati due giorni di sciopero per il 29 e 30 novembre 2000. Nel prendere atto dell'iniziativa assunta in sede sindacale, e senza voler minimamente interferire nel merito della stessa, per parte mia non posso non considerarne le pericolose ricadute negative sulle vendite del nostro quotidiano, tenuto conto delle difficoltà che caratterizzano il settore della carta stampata e del fatto che nostri agguerriti concorrenti, come altre volte, saranno sicuramente in edicola. In
considerazione dei possibili riflessi negativi, attuali e futuri, di
un'assenza, anche limitata nel tempo, della nostra testata dalle edicole, ho
maturato, sentito l'Editore, la decisione di non interrompere le
pubblicazioni del nostro giornale. D'accordo con
l'Editore intendo proporre ai collaboratori una forma di "sciopero
virtuale", così caratterizzato: Sul contenuto
della lettera, al di là della clonazione, qui a bottega ci siamo fatti
un'idea: dare i soldi in beneficenza, pur di contrastare l'iniziativa
sindacale dei giornalisti italiani, è forse ancora peggio che non scioperare
dichiarando apertamente di volerci guadagnare sopra. Quando si dice "la
carità pelosa". Il direttore del Gazzettino di Venezia, Giulio Giustiniani, ha ricevuto un "avvertimento" dall’Ordine regionale dell’Emilia Romagna. La contestazione: aver firmato sul Gazzettino, con uno pseudonimo, numerosi articoli che altro non erano che collage redazionali di take Ansa. Sul quotidiano di Giulio Giustiniani sono infatti apparsi nei mesi molti articoli (circa 300) firmati da uno straordinario giornalista, Carlo Lienzi, in grado di firmare corrispondenze da CintoCaomaggiore come da Buenos Aires. E’ una cosa che si fa, nei giornali, figuriamoci. Ma il Cdr ha segnalato all’Ordine l’eccessivo sfruttamento del bravo e fantomatico collega Lienzi e l’Ordine ha deciso di intervenire con una dura ramanzina a Giustiniani, che, interpellato dal Barbiere, ha risposto cosi’: "Ho sempre dato alla redazione ordine di approfondire i lanci Ansa per arricchirli di notizie e confezionare cosi’ servizi piu’ completi. Non sempre questo e’ stato fatto. L’Ordine mi
ha dato atto del fatto che non posso certo controllare tutto il giornale fino
all’ultima riga, ma al tempo stesso mi ha invitato a fare piu attenzione.
Cioe’: devo fare attenzione a qualcosa che non sono in grado di controllare
del tutto. Mi sembra un po’ una contraddizione, ma ne prendo atto".
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