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Il registratore
Un posto di rilievo nella vita del giornalista,
soprattutto di quello dagenzia, è rivestito dal
registratore.
Si tratta di una curiosa macchinetta che in teoria
dovrebbe registrare e riprodurre le voci degli
intervistati, munita di un vistoso adesivo col nome della
testata.
In realtà loggetto funziona perfettamente
solo nelle prove in redazione, mentre in corso dopera
o sincastra il nastro o si scaricano le pile o
parte autonomamente il tasto pause e lo
strumento si blocca. Nessuno da tempo si fida del
registratore e quindi, contemporaneamente, prende
appunti.
E notorio che i giornalisti hanno
una grafia simile a quella dei medici e spesso si
rivolgono al farmacista di fiducia chiedendogli di
decifrare quanto scritto. Altro passatempo molto in voga
nella categoria è la ricerca di penne e carta, ma
soprattutto del portacenere.
Luogo comune vuole che un vero cronista picchietti a
macchina o computer con la cicca pendente dal labbro.
Nulla di più falso. In virtù di una
sordida campagna stampa volta a disincentivare luso
della nicotina, a furia di scrivere che il fumo fa male,
più di qualche collega si è autoconvinto e ha smesso.
Ciò ha portato a una frattura insanabile e a spaccature
allinterno degli stessi Cdr, al punto che lOrdine
sta pensando ad iscrizioni diversificate tra
professionisti tabagisti e virtuosi, dando la precedenza,
nelle liste di disoccupazione, ai mangiatori di mentine.
Allo stato attuale in ogni testata, anche quella che
occupa due persone, esiste la stanza dei fumatori e
quella dei non fumatori. Due mondi che non solo non sincontrano,
ma in perenne conflitto tra loro.
1) Non fumatori: il giornalista virtuoso
è, come sempre, un pentito. E come tutti i pentiti
persona di cui diffidare. Si tratta in genere di
quarantenne reduce da un check up Casagit che ha
fortemente minato il suo equilibrio psichico, solo
perché il colesterolo è alle stelle e con la pressione
se mette in bocca acqua e un cucchiaino di caffè-
può autoprodurre un espresso senza bisogno di andare al
bar.
Sotto lincubo di infarto e ictus la persona in
questione, indipendentemente dal sesso, acquista una
bicicletta e saccorge subito che solo il tentativo
di salirci produce affanno. Dalla mattina alla sera getta
le sigarette e acquista Tir di caramelle.
Senza rendersene conto entra in una
spirale di cui non può essere cosciente, altamente
dannosa per la sua salute: ingrassa e più ingrassa più
pedala. Lo stress fisico si assomma a quello nervoso,
trasformando quello che era pur sempre un collega in un
salutista hitleriano (persone che amano i fiori, la
musica e gli animali, ma sterminano i bambini).
Lincomunicabilità con chi lo
riporta al passato si manifesta nella richiesta di venir
trasferito di scrivania, magari al fianco della collega
incinta che, sebbene primipara attempata, si ostina a
voler restare al suo posto fino allultimo, con
grave danno per la categoria dei disoccupati. La loro
stanza, tra riviste sulla maternità, piantine
ossigenanti e caramelle sembra la nursery di un asilo
nido tedesco.
Provocatoriamente i due lasciano la porta aperta, senza
alcuna vergogna per lo stato in cui versano. Lodore
di pino mugo misto a vaniglia e la musica soft che
spandono nel corridoio è il chiaro segnale di qualcosa
di grave che si sta per abbattere sullintera
redazione. E così è.
Alla prima riunione di redazione i due,
solidali, impongono lastinenza agli altri. Prima
con gesti di evidente fastidio, poi esplicitamente. Non
bisognerebbe cedere, ma anche i giornalisti hanno un
cuore.
Le richieste di un ciccione a rischio dinfarto e in
cura e di una ingrassata che per almeno un anno non si
vedrà più vengono accolte, anche perché, con la scusa
della sigaretta, è possibile abbandonare la riunione di
redazione prima del tempo.
Nessuno pensa che il sostituto della futura mamma sarà,
molto probabilmente, un giovane cresciuto divorando
servizi contro il fumo passivo
Espandendosi come
piovre -con laiuto di scellerati controlli medici
previsti dal contratto che portano alla scoperta di
patologie devastanti in individui che, se solo non
dovessero lavorare, starebbero benone- i non fumatori
aumentano di numero e pretese.
Quando un ordine di servizio inviterà i fumatori a tener
chiusa la porta della stanza è arrivato il momento di
licenziarsi e trovare un lavoro onesto, tipo spacciare
droga o gestire un bordello per minorenni.
2) Fumatori: non fosse per le campagne
denigratorie di cui sono vittime e a cui, con
particolare sadismo, sono costretti a partecipare, magari
con ampi servizi sui centri oncologici cittadini-
sarebbero delle persone rilassate e felici.
Il cinismo e la perfidia di una società
ipocrita che mette al bando lultimo piacere di un
giornalista (in alcuni casi anche lunico) li
segrega in stanze bunker, li condanna a respirare non
solo il proprio fumo, ma anche quello dei colleghi.
Certo, le loro dita gialle di catrame e bruciacchiate
possono fare impressione, ma sarmonizzano
perfettamente con i buchi da bronze su cravatta, golf,
camicia.
Né mancano i vantaggi: il fumatore
incallito può esibire baffi e barba biondo cenere
naturale anche in là con gli anni. Quanto ai denti, neri
e smozzicati, la presa di posizione della Casagit di non
rimborsare più di una pulizia del tartaro allanno
è servita a dimostrare solo la meschinità dellente.
Un vero giornalista tabagista, infatti, non va dal
dentista, così come evita i medici.
Convinto che di qualcosa si deve pur morire, affronta il
proprio destino con impavida consapevolezza. Accende una
sigaretta ad ogni nuovo capoverso, e, nella nebbia
profonda della sua cella, descrive sapiente ogni
minuscolo particolare dellefferato delitto. Meglio
morire di fumo che affettati da una banda di giovani
criminali al termine di uno stupro anale di massa. E
questione di alta filosofia.
La conclusione di un capitolo sugli strumenti essenziali
per la pratica giornalistica spetta ai tre elementi
fondamentali che hanno portato un ragazzo pieno di buoni
sentimenti, intelligente e brillante a deviare su una
strada ardua e piena di insidie: la busta paga, i
rimborsi missione e le ferie.
Busta paga e rimborso missione sono
semplici fogli di carta riempiti di cifre, espressione
delle incredibili capacità di sintesi tra discipline
umanistiche e scientifiche di un giornalista. La
differenza tra i due è che il primo viene letto, il
secondo compilato. Entrambi sono comunque oggetto di
studi approfonditi.
La busta paga, al momento della
consegna, viene aperta con circospezione. Ognuno cerca di
sbirciare almeno il netto dei colleghi e tutti si rendono
subito conto che non è possibile andare avanti
così. Comincia il conto delle domeniche e feste
lavorate, la voce che più incide sul totale.
Ognuno giura che è arrivato il momento di chiarire una
volta per tutte col capo che non è possibile che il
vicino di scrivania se le becchi sempre lui. Pensandola
tutti allo stesso modo qualcosa che non va ci deve
essere, ma non cè tempo per appurarlo. Locchio
di falco del giornalista cade infatti sulla voce
trattenute.
Quella che infastidisce di più è la Fnsi,
poche lire, ma è una questione di principio, soprattutto
nella stagione di rinnovo del contratto e peggio ancora
dopo. Il colpo di grazia lo dà comunque la rata del
mutuo per la casa.
La casa è una delle croci storiche del
giornalismo italiano. Premesso che ai giornalisti, in
teoria, una casa non serve a nulla, dal momento che
bivaccano in redazione, per una pura questione di
principio ogni giornalista che dio ha messo in terra
prima o poi si autoconvince a comprarne una.
La colpa è da imputarsi allInpgi, che subdolamente
offre tassi interessanti: un po come fanno i
supermercati con le raccolte bollini, spendi un sacco di
soldi in prodotti inutili, ma alla fine ti porti a casa
uno scaldavivande. Il giornalista non ha bisogno di un
tetto, ma gli dispiace sprecare loccasione di un
mutuo a interessi quasi zero.
Arriva dunque prima o poi il fatidico giorno in cui
cadere nel tranello. Lappartamento in questione è
dislocato in zona informazione e ha lincommensurabile
pregio di essere vicino a quello di un collega con cui
poter dividere le spese di trasporto verso lufficio.
Prendilo, così la mattina andiamo con una macchina
sola suggerisce sordido il futuro vicino di casa,
che per incastrarlo ben bene comincia a magnificare il
quartiere e a prospettare grigliate primaverili nel
giardinetto condominiale. E la fine per tutti.
Quando un giornalista compra una casa e
per giunta la ristruttura, è bene prendere ferie fino al
giorno del trasloco. In redazione non si farà altro che
parlare di idraulici ladri, piastrellisti criminali e
geometri incompetenti. Le cifre si sprecano, pare dessere
alla borsa di New York, tra prezzi di sanitari al rialzo
e interruttori al ribasso.
Dopo vari mesi di intoppi, evitato da tutti, arriva
finalmente il giorno in cui il malcapitato in questione
prende ferie per trasferirsi ufficialmente nella nuova
abitazione.
Promette ai colleghi che lhanno sopportato una cena
dinaugurazione, che tutti accettano di buon grado,
coscienti che non si farà mai.
Dissanguato anche dagli autotrasportatori, di quella casa
il giornalista rinverdirà i fasti mensilmente con le
trattenute in busta paga, bestemmiando allindirizzo
della carogna che lha convinto a comprarla e, nel
contempo, cercando viscidamente di intortare nellacquisto
di unabitazione il neoassunto. Sè
liberato lappartamento del quinto piano. Prendilo,
così la mattina andiamo con una macchina sola.
La busta paga che più disgusta il
giornalista è quella natalizia, ma il colpo di grazia
viene da quella di gennaio. In teoria, prima di Natale,
dovrebbe esserci un raddoppio degli emolumenti: in
pratica locchio cade solo sul raddoppio delle
trattenute.
Sperperati i sudati guadagni in autogratificazioni
essenziali (un masterizzatore, una cinepresa digitale, un
cellulare da polso, un orologio collegato via satellite
ai fusi orari degli States, ecc.) per più di un mese non
beccherà una lira, ma si cullerà nel sogno di un Natale
lavorativo pagato profumatamente o di un Capodanno
milionario in redazione. Niente di più falso. Il mese in
questione dura quaranta giorni e i conguagli fiscali del
nuovo anno annullano qualsiasi beneficio.
In realtà il mondo dellinformazione
riserva alcuni interessanti privilegi, dai buoni pasto
alla sanità, dallingresso ufficiosamente gratuito
in qualsiasi teatro fino ai rimborsi per aggiornamento
professionale e borse di studio per i figli.
Qualcuno arriva addirittura ad avere lauto in
omaggio. Ma se un giornalista vuole mantenere il proprio
decoro è costretto a fare i salti mortali. E lunica
rete di protezione sono i rimborsi missione.
Abbiamo già accennato alla fatica richiesta dalla
raccolta scontrini ogniqualvolta un giornalista si trovi
fuori sede. Più difficile ancora è stendere una
richiesta di rimborso quando il cronista viene mandato
con la propria macchina dallaltro capo della
città.
Intanto perché bisogna dimostrare che la macchina, per
una deviazione imprevista, ha percorso una distanza di
due chilometri in linea daria in venti chilometri.
Poi perché lammortamento del mezzo ha un suo
valore, anche se si tratta del catorcio di servizio.
Da tempo alcuni editori particolarmente avari
preferiscono rimborsare i trasferimenti in taxi, con
conseguenti tensioni tra i lavoratori delle due
categorie, tassisti e giornalisti.
In questo contesto, per tagliare ogni
possibilità di fraintendimenti economici, alcune
testate, solitamente gestite in cooperativa, hanno
risolto il problema alla radice: pagano stipendi e
rimborsi quando è possibile.
E scientificamente
provato che un giornalista che riceve a giugno la busta
paga di gennaio è contento di poter saldare, almeno
parzialmente, i debiti con le banche e, sollevato,
finisce persino per essere grato allazienda che gli
ha permesso di risolvere i pressanti problemi contingenti.
Ultima dolente nota sono le ferie. A
differenza di quanto accade in un qualunque altro posto
di lavoro, in un giornale nessuno si sognerebbe mai di
incastrare le proprie ferie tra Natale e Capodanno, tra
Pasquetta, il 25 aprile e il 1° maggio o a Ferragosto e
al 1° novembre. Se è previsto siano lavorativi. Le
famiglie dei giornalisti sanno che lassenza del
congiunto per motivi di lavoro a Natale ha una profonda
valenza religiosa o meglio un valore sacro.
A primavera il lavoro nelle testate rallenta per
permettere a tutti la stesura del piano ferie. Se per
ipotesi un comando kamikaze intendesse far saltare per
aria il presidente degli Stati Uniti è pregato di farlo
dopo la consegna del piano ferie, altrimenti la notizia
finisce nelle brevi dal mondo. E siccome ai
terroristi, anche kamikaze, piace finire sui giornali è
meglio che sappiano che la stagione non è quella
opportuna.
Il primo a compilare il piano ferie è il
redattore capo. Dopo un accurato studio su
dove si va questanno e previa lettura
approfondita di riviste sul turismo sceglie lultima
settimana di luglio e le prime due di agosto, in modo da
essere presente a Ferragosto. Presa questa prima e
inderogabile decisione, passa ad analizzare la situazione
contrattuale.
Gli scioperi solitamente si collocano in campagna
elettorale, ottimo periodo per ritemprarsi senza
salassare la busta paga o passare per crumiri. Rimane la
settimana bianca che, con un sapiente gioco dincastro
tra corte perse e ferie residue può
diventare anche due, compatibilmente alla presenza o
assenza di neve.
Dopo settimane di lotte allultimo sangue e sfide ad
armi bianche perché cè sempre la collega
che a scuole chiuse non sa dove ficcare i figli o il
collega che, occupandosi di turismo, ha ricevuto
casualmente in omaggio una vacanza di tre settimane in unisola
sperduta del Pacifico- il piano ferie si può dire
concluso.
A parte alcuni casi singolari, imputabili al rispetto per
le abitudini degli anziani, non verrà rispettato e dal
giorno successivo si apriranno le contrattazioni.
Alla Panini, editrice esperta nel
settore, è allo studio un sistema di figurine da
scambiare. Se ti do la mia corta giovedì e
mercoledì prossimo, mi dai uno dei tuoi giorni di ferie,
in modo che poi comunque mi faccio la domenica? La
domenica, notoriamente, vale doppio.
La struttura operativa di un organo dinformazione
Come si compone una redazione
Cè sempre una data precisa che ricorda il
giorno in cui un signore, in genere benestante, decide dinvestire
per creare e vendere un prodotto dellinformazione
su supporto cartaceo o audiovisivo.
Cè anche un motivo, sebbene non
sempre comprensibile o quanto meno incomprensibile se si
pensa al prodotto. Cè anche un preciso istante in
cui il signore in questione, meglio noto come editore,
decide di affidare il suo investimento a un direttore,
che a sua volta nomina un suo sostituto, il
vicedirettore, e un coordinatore dellattività
lavorativa, il redattore capo.
Questultimo è più o meno quello che nellesercito
si chiama caporalmaggiore e a cui lambiente
militare ha dedicato la simpatica canzoncina Caporalmaggior,
caporalmaggior fammi una
.
Dal redattore capo
dipendono i vari caposervizio, responsabili dei numerosi
settori dinteresse dellopera di ingegno
collettivo. Sono loro che coordinano lattività dei
redattori e dei collaboratori.
A completamento dellorganizzazione di una
testata cè la segreteria di redazione
unico ufficio realmente informato su quanto accade
non solo nel mondo, ma anche nel giornale-, un archivio
cartaceo e fotografico, gli uffici amministrativi e
contabili, leconomato (dove si provvede a ordinare
bicchieri di carta, caffè e qualche volta anche penne),
i settori vendite, diffusione, pubblicità e marketing. E
soprattutto un centralino che spesso funge anche da
portineria, fonte inesauribile di notizie sulla vita del
giornale.
Per comodità desposizione,
sezioniamo quello che è un corpus unico, una redazione,
nelle figure che la compongono.
1) Direttore. Il direttore di una
testata è per definizione un uomo, se non bello,
interessante. Nei rarissimi casi di direttrice il
concetto è lo stesso. E se non fosse così non si
capirebbe perché tutti fanno a gara per accaparrarsi un
direttore a cena o invitarlo ai talk show.
Il direttore è spiritoso. Il direttore
scrive benissimo, anche se non lo fa spesso per non
suscitare invidia nei dipendenti. Il direttore è alla
mano, nel senso che si lascia dare del tu. Insomma il
direttore è il migliore o almeno il migliore dei
direttori possibili finché rimane tale, dal momento che
i direttori passano e solo i giornalisti restano.
Il giorno successivo alla sua (buon)uscita dalla testata
il direttore diventa uno dei peggiori criminali dellinformazione,
un sordido approfittatore di grazie muliebri, avvinazzato
e semianalfabeta.
La dipartita del troglodita è
anticipata dalle telefonate dei colleghi del quotidiano
che si appresta ad accoglierlo e a cui si risponde, con
una speciale forma di sadismo anale, elencando una per
una tutte le malefatte dellinfame a partire dal
primo scoop archiviato per arrivare a piccanti
particolari sessuali. Solo nella nuova testata il
direttore tornerà ad essere un uomo interessante,
amabile, intelligente e, al limite, anche molto bello.
Esistono varie tipologie di direttori. Cè
ad esempio il direttore- direttore, molto apprezzato
soprattutto dalle agenzie. Vive di, a, da, in, con, su,
per, tra, fra la notizia e quindi è presente venticinque
ore su ventiquattro in redazione.
Delega al suo vice solo
il compito di decidere la marca di caffè da acquistare e
parte del piano ferie e ai collaboratori i comunicati
stampa ben scritti.
Per il resto controlla ogni articolo con la lente dingrandimento
e, in caso di buca, dopo un primo goffo
tentativo di suicidio, propone un massacro di massa con laranciata.
Quando cè ciccia si sigilla nella sua
stanza per dar vita a un pezzo memorabile che entrerà
negli annali del giornalismo mondiale. Se lo si asseconda
può anche succedere che faccia tutto da solo, titoli
compresi: in tal caso è essenziale lodarlo molto,
fingendo ammirata partecipazione per unopera di
ingegno singola, che però pare collettiva.
Più articolate sono le categorie di
direttori politicamente schierati. A sinistra è facile
trovare quello che trascorre il suo tempo nei locali più
in vista della città con il presidente di Assindustria,
per poi concludere la serata con un Black Jack a casa di
una contessa della nobiltà papalina.
A destra sincappa in pericolosi borgatari capaci di
rivitalizzare una bettola periferica suonando con la
chitarra e larmonica a bocca O bella ciao.
Al centro ci sono morigerati padri di famiglia
felicemente sposati e apertamente schierati contro laborto,
assidui frequentatori dei viali di circonvallazione, con
la scusa dei motivi di servizio.
2) Vicedirettore. Facsimile del
direttore, ma un tono più sotto.
3) Redattore capo. Facsimile del
vicedirettore, ma un tono più sotto. Parafrasando Woody
Allen, si potrebbe dire che chi non ha voglia di far
nulla nella vita fa il giornalista e chi non ha voglia di
fare nemmeno quello fa il redattore capo.
4) Capo servizio. Mentre direttore e
vice hanno sempre le valige pronte e il redattore capo è
figura sfuggente, il caposervizio è un vero e proprio
giornalista, così come labbiamo più o meno
raccontato finora.
Con una particolarità: il caposervizio
si fa carico di coordinare il lavoro del suo settore- sia
esteri, cronaca, cultura e quantaltro- anche a
parità di trattamento economico. Questa curiosa
caratteristica è stata oggetto di studi da parte di
celebri psichiatri. Le ricerche si stanno sviluppando
lungo due filoni differenti.
Per la psichiatria classica, i neuroni del caposervizio
producono una speciale sostanza che inibisce il sistema
immunitario, stimolando lattività onirica. In
pratica il paziente nutre ambizioni di carriera, pur
sapendo che è impossibile e dannoso per il suo
equilibrio psicofisico.
I laboratori di una multinazionale farmaceutica stanno
mettendo a punto uno speciale psicofarmaco in grado di
invertire il processo e tra un paio danni si
presuppone che, al pari dei giornalisti, scompariranno
anche i caposervizio.
Per gli psichiatri democratici, il caposervizio non è un
malato, ma un soggetto da reinserire nel tessuto sociale
del giornale, evitando ogni forma di emarginazione e
compiti onerosi, come dire a ciascuno dei propri
collaboratori cosa dovrebbe fare.
Lideale sarebbe la costituzione allinterno di
ogni testata di servizi- famiglia (esteri- famiglia,
cronache- famiglia, ecc.) dove tutti a turno settimanale
gestiscono lorganizzazione del settore o, in
alternativa, il trattamento sanitario obbligatorio.
Prevalga una teoria o laltra, sta
di fatto che il rapporto ambizioni- realtà manda in
crisi non solo i caposervizio, ma anche i redattori
semplici. Ci vogliono infatti molti anni di cure per
convincere un giornalista che fare carriera non è
questione di bravura o di raccomandazioni, ma il frutto
di una particolare congiunzione astrale nel tema natale.
Accade così che la depressione sia sempre in agguato e
che il 50% dei pazienti distesi sul lettino di ogni
analista sia iscritto allOrdine dei giornalisti.
Chi non ha il coraggio di affrontare un lungo viaggio nei
meandri della propria psiche, si affida ai più classici
psicofarmaci.
In alcune redazioni si è provveduto a mettere, a fianco
della macchina del caffè e delle bibite, un dispenser
con le principali pillole e gocce in commercio, dallEn,
al Valium, al Lexotan, per evitare che a qualcuno possa
sopraggiungere una crisi da astinenza proprio in chiusura
di giornale.
5) Manovalanza. Del lavoro delle
manovalanze abbiamo già dettagliatamente parlato. Come
in ogni cantiere che si rispetti, a fianco degli operai
specializzati e contrattualizzati nel nostro caso i
redattori- ci sono i lavoratori al nero, impiegati per
quelle attività che nessuno vuole fare. Nel mondo dellinformazione
si chiamano collaboratori, termine politically correct
free lance.
Il free lance è un professionista o un
pubblicista disoccupato a vita che si ostina a rifiutare
un lavoro onesto e remunerativo, come ad esempio viado
sulla tangenziale, pur di pensarsi giornalista.
Muccioli
prima e Don Mazzi poi avevano provato a costituire delle
comunità per disintossicare i free lance, ma la Fieg ha
bloccato i finanziamenti.
I free lance, anche se non pare, sono indispensabili
nella vita di qualsiasi testata, come gli extracomunitari
lo sono per i latifondisti del sud o gli industriali del
nord- est.
La giornata di un free lance inizia al
mattino presto con una visita alle banche, di cui è
affezionato cliente. Spiegato al funzionario che è
assolutamente impossibile che non sia ancora arrivato il
bonifico milionario e che deve trattarsi di un tragico
errore da verificare quando sarà aperta lamministrazione
del giornale -, convince o meglio tenta di convincere il
bancario a pagare ugualmente la bolletta del telefono,
con unelasticità di cassa oltre al fido di pochi
giorni.
Vada bene o no, passa a trovare qualche parente ottime
le vecchie zie zitelle e senza altri eredi, ma anche la
madre pensionata è un punto di riferimento affettivo da
frequentare assiduamente- e, fingendosi indignato per il
mancato arrivo del bonifico milionario, riesce a scucire
almeno i soldi del telefono e un pentolino con un po
di salsa di pomodoro.
A parte i familiari stretti, di solito i free lance hanno
una vita sociale molto elitaria. Evitano accuratamente
amici di nuova e vecchia data, perché devono loro un
sacco di soldi, spiegando allanziana madre che
purtroppo il loro evidente successo in campo
giornalistico ha attirato invidie immotivate.
Verso le undici sono sul campo di battaglia ossia
presenziano a tutti quegli eventi che nessuno, nemmeno il
fattorino, ha voglia di seguire. Un collaboratore può
passare senza fare una piega da un convegno su Le
iniezioni intramuscolari nella farmacopea mediterranea
(dove, relatrice deccezione, è una cugina delleditore)
a una conferenza stampa del Circolo del tricot
diretto dalla mamma di un redattore.
Al quinto evento di vitale importanza,
mangiucchiando un panino, comincia il giro delle
telefonate, equamente suddivise tra quelle dirette alle
amministrazioni e quelle ai fortunati colleghi
contrattualizzati. Entrambe sordidamente untuose.
Alla responsabile collaboratori chiede
umilmente di controllare se, per ipotesi e se non crea
troppo disturbo, magari forse lazienda potrebbe
provvedere, in via del tutto eccezionale, a saldare
almeno le spettanze di due anni fa.
Inizia una pietosa pantomima da cui il
free lance si salva solo perché non ha una lira. Limpiegata,
infatti, dopo essersi dimostrata comprensiva e attenta,
spiega con dovizia di particolari le difficoltà
economiche in cui versa leditore, dopo il secondo
divorzio e il minuscolo scandaletto a seguito, che lha
messo in ginocchio con la Finanza.
Annuncia che molto probabilmente a fine mese è possibile
che la Tributaria sblocchi i fidi, ma confessa di non
sapere come fare al ventisette con le paghe dei
contrattualizzati.
Poi alza il tiro: Si figuri, se
potessi le farei avere anche tutto subito
ma pensi
anche (e spara il nome di una mitica firma del
giornalismo italiano) sta aspettando da 15 giorni ben tre
milioni. Il free lance sbianca, vuoi perché messo
sullo stesso piano del più grande dei grandi,
sia per paura di perdere la collaborazione.
Così facendo gli sfugge che i tre milioni al divino sono
il rimborso per un intervento di dieci righe. Non potendo
contribuire personalmente a risollevare le sorti dellazienda,
promette di farsi vivo più avanti, sempre con la
speranza di non disturbare.
Di tuttaltro tono le conversazioni telefoniche coi
colleghi contrattualizzati, che sovente conosce solo via
cavo.
Se il free in questione è femmina, il
rapporto, iniziato sotto una buona stella, continuerà
così fino alla visita alla redazione, quando il
giornalista scoprirà che dietro alla voce suadente di
una spiritosa fanciulla cè un manico di scopa
piatto e baffuto o una cicciona spelata.
Se il collaboratore è maschio verrà
sfruttato, ma rispettato in virtù di una
solidarietà di genere che le donne ignorano. In entrambi
i casi il free deve vendere le notizie in suo possesso,
possibilmente a più testate, garantendo lautenticità
e originalità dei pezzi.
I norcini friulani, particolarmente sapienti nellutilizzo
di tutte le parti del maiale ammazzato, stanno
organizzando dei corsi di giornalismo per free lance. La
tecnica è simile: si prende una notizia e, una volta
venduto ai quotidiani quanto serve allattualità,
la si sviscera per i settimanali. Quello che resta va ai
mensili specializzati.
Un free lance è in grado di scrivere sullo stesso
argomento anche dieci notizie tutte diverse nella forma,
ma identiche nella sostanza. Per venderle ha fatto di
tutto: attaccato esasperanti bottoni telefonici,
lusingato il collega sostenendo che erano anni che
nessuno mai era stato in grado di descrivere Berlusconi
con lacume e lintelligenza dimostrato nel
pezzo pubblicato sullultimo numero, spiegato nei
minimi particolari la fondamentale importanza che riveste
il ritrovamento nella stazione di Forlì di cinque
clandestini bulgari alla luce dei nuovi sviluppi del
centro daccoglienza Caritas della cittadina.
Il free sa tutto della vita familiare di tutti i suoi
interlocutori, scadenza date importanti, colleziona
articoli altrui fondamentali.
Il collaboratore lavora come può. Di
solito gli basta un telefono, un computer e Internet (da
cui, vantando incredibili doti di hacker, si collega alle
agenzie). Supplisce alla mancanza di mazzetta con unora
di navigazione dalle due alle tre del pomeriggio, prima
di mettersi a scrivere.
Entro le 21 ha prodotto almeno sette o otto pezzi
sugli argomenti più disparati e li ha anche inviati. Se
è bravo ha rispettato gli ordini ossia misure e tempi di
consegna. Se è inesperto telefonerà in chiusura di
giornale, chiedendo se larticolo è piaciuto e
cercando conferme.
Ma un free così non ha lunga vita, al pari di quelli
che, aperto il giornale e letto un curioso pezzo a
propria firma, si fan vivi per protestare per le
modifiche apportate.
Per non parlare di coloro che
entrano in crisi solo perché il servizio non esce o esce
con sei mesi di ritardo, quando ormai anche lEco di
Medjugorjie ha esaurito largomento.
Un vero free non fa domande. Un vero
free non ha pretese. Un vero free va avanti e tiene duro.
Se per ipotesi la zia zitella muore lasciandolo erede,
approfitterà di uninsperata ricchezza per andare a
proprie spese, senza assicurazione, in Afghanistan a
intervistare le mogli dei Talebani sulle violenze
sessuali in famiglia e, al ritorno (se ci sarà un
ritorno), tenterà invano di vendere il servizio a un
noto settimanale, sentendosi rispondere che è già stato
fatto. Ripiegherà su un pezzo di colore sulla moda a
Kabul per Mani di fata.
Dopo una cena frugale il collaboratore, se non è
costretto da un quotidiano locale a seguire lo spettacolo
amatoriale in dialetto del nipote della portinaia della
testata, segue gli spettacoli televisivi delle emittenti
di provincia per cogliere gli umori di aspiranti
assessori alla nettezza urbana del Comune e nel contempo
legge i libri degli autori esordienti del suo quartiere,
navigando in Internet alla ricerca di siti singolari.
Verso le due o le tre di notte, dopo la rassegna stampa,
mentre sta tentando di portare a termine un servizio sul
tesoro di Milosevic basato sulle pezze dappoggio
degli estratti conto intestati allex leader serbo,
ottenute, con semplice richiesta verbale, dal cassiere
della banca- crolla addormentato sul computer.
E sogna. Sogna un posto fisso in una
redazione di giornale. Sogna di poter sbattere il
telefono in faccia a quei rompiballe di collaboratori.
Sogna che è il 27 e che sulla sua scrivania plana una
busta paga, dove Inpgi e Casagit sono già incluse.
Sogna la prima bolletta telefonica con una cifra a soli
tre zeri e un direttore che lo chiama per chiedergli se,
per piacere e in via del tutto eccezionale, è disposto a
raccontare, tutto spesato, cosa si prova in un mese di
vacanza a Tonga.
Sogna di essere fermato per strada,
ma lei non è
?, sogna la voce dellonorevole
che, supplice, gli chiede unintervista, senza che
la segretaria (per inciso quella stronza che fa da
filtro) ne sappia nulla.
Free lance e redattori, è evidente, fanno parte di due
facce di una stessa medaglia. Da un lato chi immagina il
posto fisso come unoasi di libertà, dallaltra
chi immagina loasi di libertà come un posto fisso,
ma senza colleghi.
Non sanno, poverini, che senza le
organizzazioni di categoria rischiano, al pari dei
giornalisti delle testate multimediali, di finire nel
grande crogiuolo del giornalismo del futuro.
CONCLUSIONI
Come si diventa
giornalistI
Giornalisti non si diventa, si nasce.
Potrà sembrare banale, ma non lo è. Molti si sentono
chiamati, ma pochi finiscono per essere realmente gli
eletti. Non basta saper scrivere. Se sai scrivere e pensi
che qualcuno ti legga, non sei un giornalista, ma uno
scrittore o, peggio ancora, un poeta.
Buona fortuna, ma non fai per noi. Tuttal più ti
recensiamo domani. O forse sei curioso, ti piace guardare
il mondo che ti circonda, indagare, cercare di capire? Ti
consigliamo larruolamento in Polizia, a meno che tu
non preferisca la carriera opposta, quella del guardone.
Ma tu magari sei sempre aggiornato, leggi, tinformi.
LUniversità deve pur esistere per qualcosa, fai un
bel concorso. Oppure sei di quelli che coltivano rapporti
umani. Lascia perdere, ne abbiamo visti tanti provare e
fallire miseramente. Se vuoi realizzarti iscriviti a unassociazione
di volontariato e dà libero sfogo alla tua natura.
Ma può succedere che tu sappia scrivere,
non necessariamente bene, e che non timporti nulla
che qualcuno ti legga. Che tu sia curioso, dotato di un
certo fiuto per le situazioni, che il mondo e le persone
che ti circondano tinteressi, anche perché con una
distaccata gestione della realtà pensi di riuscire a
tirar su due lire e a ritagliarti un piccolo spazio di
potere.
Caro amico, benvenuto tra noi. A te
abbiamo dedicato questo manuale, svelando i segreti di
una professione tra le più antiche del mondo. A te,
giornalista nato, che vuoi battere con noi la strada,
riserviamo gli ultimi consigli.
Per diventare seri professionisti ci sono due
possibilità.
La prima, impraticabile, è lassunzione
in un giornale. Scordatelo. E un vecchio trucco che
non funziona più. Se non hai avuto la fortuna di farti
assumere come praticante dal manifesto, salvo
poi salutare i compagni allo scadere dei diciotto mesi e
passare alle principali testate nazionali, lunica
possibilità è il praticantato dufficio.
Raccogli con cura tutti gli articoli e i relativi
pagamenti (anche 500 lire bastano): dopo il primo
tagliando (pubblicista), intensifica la tua attività e
attendi pazientemente unondata di prepensionamenti.
A quel punto porta tutto allOrdine dei giornalisti
della tua Regione: per pareggiare i conti dellInpgi
qualcosa ti riconoscono, fai lesame e diventi
professionista.
Oppure iscriviti a qualche scuola di giornalismo,
lavora gratis duramente nelle testate convenzionate e
segui il piano di studi. Lesame ti spetta di
diritto. In un modo o nellaltro riuscirai a
diventare un professionista, che comunque è sempre
meglio che lavorare. Tanto un lavoro non lo troverai
ugualmente, ma farai parte della grande famiglia di
lavoratori del futuro, i free lance. Una prospettiva
decisamente allettante.
In verità può anche succedere che tu abbia una zia
funzionaria di partito. In tal caso non ti servono
consigli. Sarà la zia a farti assumere dallorgano
dinformazione, ovviamente.
Ma non farti illusioni: se anche ti viene riconosciuto il
praticantato e ti dicono che sei lì per fare
informazione, se anche fai lesame e lo superi, in
realtà sei solo una pedina per un finanziamento. Lo
capirai solo quando e se ti capiterà di scrivere un
articolo vero per un vero giornale. Ed è probabile che,
piangendo, tu ritorni dalla zia chiedendole un posto daddetto
stampa di un onorevole. Che comunque è sempre meglio che
lavorare.
Noi non vogliamo scoraggiarti, ma farti
prendere coscienza della realtà. Sentire la vocazione al
giornalismo è missione e passione. In senso ecumenico.
Praticantato vero o dufficio, volontariato
universitario o pratica da dattilografo, verrà il giorno
in cui comprerai un manuale e ti getterai nello studio,
matto e disperatissimo, in previsione dellesame. Ascoltaci, ti prego, caro futuro collega,
ascoltaci.
Noi sappiamo che la prima cosa che ti viene in mente è
cercare un collega dellOrdine che ti presenti alla
Commissione.
Non lo fare. Ogni sessione vanta
centinaia di candidati, ogni commissario altrettante
centinaia di raccomandati. Siccome sono uomini faticano a
tenere a mente i nomi di tutti, è più semplice
promuovere tout court e evitare così gaffes, magari con
amici di vecchia data.
Sii dignitoso, fidati di te stesso e delle tue capacità.
In virtù della presenza dei grafici e dei fotografi
condannati inspiegabilmente alle tue stesse prove
scritte- qualsiasi testo tu produca sarà valutato in
modo positivo.
Concentrati piuttosto sulluso della macchina da
scrivere, anzi cerca di procurartene una in tempo da
antiquari e rigattieri della tua città. Non
sottovalutare le insidie del nastro, la fatica di un
ritorno a capo, limpossibilità di un controllo
automatico delle battute. Allenati.
Quanto ai test, non preoccuparti: sei
libero di andare quando vuoi in bagno, ammesso e non
concesso che la ressa di persone che vi colloquia
amabilmente consenta laccesso. Parla con i tuoi
compagni di strada, avendo cura di scegliere quello che a
istinto ti sembra più preparato. E comunque confronta le
risposte. Superati brillantemente gli scritti hai tempo
per preparare lorale.
Scegli, per la tesina, un argomento noto a te solo, tipo
La situazione politica del Gimzebikstan del Sud.
Il tuo relatore ti chiederà il nome della capitale del
Gimzebikstan del Sud e plaudirà alla risposta
(Karabaul).
Non strafare, attendi che ti chieda domanda
trabocchetto- quello della capitale del Gimzebikstan del
Nord. Basta rispondere Babarum e sarai immediatamente
dirottato ai magistrati, con ampi cenni di consenso.
Adesso ascolta bene: devi mandare a
memoria i compiti del Presidente della Repubblica,
conoscere la differenza tra un Gip e un Gup e qual è il
nome dellEnte che è organo di consulenza delle
Camere e del Governo in materia sociale ed economica,
quanti membri ha e come sono suddivisi tra esperti e
rappresentanti di categoria.
Non puoi consultare nulla, né rispondere Non lo
so, ma so dove reperire i dati. Se sbagli sei
fregato, ma se ti viene in mente Cnel, 80, 1
presidente, 20 esperti e 59 rappresentanti nessuno
ti chiede se ti fermi o raddoppi, ti stringono la mano e
te ne torni a casa col tesserino di giornalista in tasca.
Dal Deuteronomio 7, 7-8: Non
già per essere voi più numerosi di ogni altro popolo,
chil Signore vha prediletti e prescelti,
poiché voi siete il meno numeroso di tutti i popoli. Ma
per lamore del Signore verso di voi, Egli vi trasse
con mano potente. E ti liberò da quella che per te era
schiavitù da lavoro mettendoti nelle mani di un Editore
(per alcuni filologi cè un dEgitto,
che non figura nella versione apocrifa fin qui
utilizzata).
Rispose Isaia 44,8: Non vimpaurite,
non vi spaventate. Già da lungo tempo te lo feci udire e
lo annunciai e voi siete i miei testimoni: cè
dunque un Editore fuori di me? Non cè potente chio
non conosca".
Questo manuale non è dunque solo per te, giornalista
nato, che hai superato o stai per superare lesame.
E per tutte quelle persone iscritte a un Ordine e
che, nonostante tutto, anche dopo decine di anni di
onesta professione faticano a prendersi troppo sul serio.
Ossia per me, qualche amico o, forse, lettore del
Barbiere della Sera. Soprattutto per lo sponsor che lha
generosamente pagato. Lunico che può anche sullEditore.
FINE
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pubblicato
-Il Manuale del buon
giornalista-
Copyright 2001 Chiar.mo Prof. C. Magrìt - Il Barbiere
della Sera
(Riproduzione riservata)
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