IL SETTECENTO

La famiglia de' Marini

Gli Spinola, per mancanza di eredi maschi e per difficoltà economiche, unirono il loro destino a quello dei de' Marini, già marchesi di Genzano, provenienti da Genova, dove esercitavano ricchi commerci. L'incontro avvenne nei primi anni del 1700, con il matrimonio tra Giacomo de' Marini e Donna Ippolita Maria Spinola, nipote di colei che acquistò il feudo di Striano. Il nuovo marchese si fece costruire un palazzo nella località conosciuta come Tavernapenta, cosi detta perché vicino al Canale sorgevano una bottega e un forno che avevano per insegna una penta (tacchino) o un altro dipinto (penta): un pulcinella? La taverna era situata lungo la strada che, costeggiando il Canale Sarno, portava a Palma, a Scafati, a Torre Annunziata. La denominazione latinizzata di Tavernapenta appare nel primo battesimo amministratovi da Don Domenico Sparano, cappellano curato della Parrocchia di San Severino di Striano, il 2 gennaio 1709; a ricevere il battesimo fu Giustina Di Lauro, di Agnello e di Maddalena Speranza, la madrina fu Beatrice Di Prisco e l'ostetrica Teresa Catapano, tutti abitanti a Tabierna Picta. La costruzione del palazzo diede nuova importanza al luogo, tant'è vero che, nel volgere di pochi anni, a fianco del tradizionale toponimo, Tavernapenta, compare in alcune cartine quello di Poggio Marino. II nome fu ricavato dalla combinazione della parola Poggio e del nome Marino. Il Poggio in latino Podio, era un basamento dove i de' Marini usavano salire per montare a cavallo; esso si trovava nei pressi delle scuderie del palazzo. Le scuderie sorgevano di fianco al palazzo, nel luogo detto ancora oggi "stallone" (grande stalla), nel posto dove ora ha sede il cinema Diana. Il nome Podio Marino appare per la prima volta nell'atto di battesimo redatto il 26‑2‑1719 dal rettore e parroco di Striano, don Nicola Mura; il battezzato fu Fortunato, Giovanni Sorrentino, di Gaetano e di Maria Pellegrino, la madrina fu Ippolita Di Martino.


Palazzo "de Marinis", oggi sede della Scuola Media Statale "E. De Filippo"

 

I primi documenti civili che fanno menzione di Poggio Marino sono alcuni atti amministrativi del Regno di Napoli. Uno del 6‑7‑1734 registrava la morte della principessa di Striano Ippolita Maria Spinola e l'intestazione del feudo al figlio Stefano de' Marini, l'altro è tratto dal catasto generale della terra di Striano, redatto nel 1748 e contiene l'elenco dei possedimenti del principe. Questi documenti testimoniano l'effettiva estensione del feudo di Striano, che arrivava fin sul Vesuvio, comprendeva Poggiomarino, parte di Terzigno, San Giuseppe Vesuviano, Boscoreale. Nel 1760, con istrumento del 17 febbraio, per notar Ferrini, il principe di Striano acquistò, dalla famiglia Piccolomini, il feudo di Boscoreale, per ducati 201.200; questo feudo era legato a quello di Scafati e di Valle (odierna Pompei). (Mons. Nicola Ilardi ‑Historiografia di Torre Annunziata ‑ Edizione Enne Due ‑ Torre Annunziata). Bisognerà attendere il 1797 perché Poggiomarino sia eletta Parrocchia con completa autonomia da Striano; proprio in quell'anno veniva conferito il primo titolo di parroco a don Gennaro Calvanese. Accanto al palazzo del Principe sorsero altre costruzioni che avevano lo scopo di ospitare la servitù, contenere le derrate rimesse dai coloni. 1 popolani, fino ad allora, per soddisfare le proprie esigenze di culto erano costretti a recarsi a Striano, ma i signori de' Marini edificarono una cappella di fianco al palazzo, dedicandola a S. Antonio di Padova e fecero si che dal comune vicino venisse un sacerdote ad amministrare i sacramenti; la cappella, che veniva anche chiamata "del principe", fu venduta in epoca recente dalla curia ad un privato e da questi inesorabilmente abbattuta per edificarvi una nuova costruzione. Il tenore di vita dei nuovi signori diede la spinta ad un consistente aumento di popolazione; infatti nel 1738 si contarono 106 famiglie e circa 746 abitanti, rispetto ai circa 1017 di Striano. La rapida crescita della popolazione rese insufficiente l'esercizio del culto nella cappella del principe e per questo don Stefano donò il suolo per edificare una chiesa grande. La costruzione iniziò nel 1742, nel sito dove sorge l'attuale chiesa di Sant'Antonio di Padova. La chiesa e il palazzo furono distrutti dai tedeschi, durante l'ultima guerra, e mentre l'edificio di culto è stato rapidamente ricostruito, del palazzo e degli altri complessi non restano che alcune testimonianze fotografiche. Il più celebre esponente della famiglia fu anche il più sfortunato. Si chiamava don Filippo, detto anche Filippetto Era nato il 2 maggio 1778 da Giovanni Andrea e da Elisabetta Caracciolo. Fu l'ultimo erede maschio della famiglia. Nel 1799 fu tra i protagonisti della Repubblica Partenopea, alla quale si era accostato tramite i suoi amici, i fratelli Riario dei Marchesi di Corleto. Filippetto Marino pagò con la vita la sua adesione agli ideali di libertà. Il suo arresto avvenne il 13 giugno a Napoli e dopo la detenzione nell'isola di S. Stefano, ebbe un rapido processo e il 2 ottobre fu giustiziato. Di lui non resta quasi niente nella memoria dei contemporanei e anche l'intitolazione della sede del 1 circolo didattico in via Roma è caduta nel dimenticatoio.