L'OTTOCENTO
Dopo
lo sfortunato episodio della Repubblica napoletana ci fu il ritorno a Napoli
dei Francesi, prima con Giuseppe Bonaparte (1768‑1844), fratello di
Napoleone e poi con Gioacchino Murat (1767‑1815), cognato
dell'imperatore. In questo periodo furono abolite le investiture e le
giurisdizioni speciali, in pratica scomparvero i privilegi feudali ed
ecclesiastici e sorsero i Comuni. Poggiomarino fu costituita in Comune
autonomo 1'8‑12‑1806 e ad essa fu aggregata Striano che in quel
momento contava meno abitanti. Il primo sindaco provvisorio fu Pasquale de
Blasio, ma nel 1810 si ebbero regolari elezioni in cui fu eletto sindaco
Francesco Miranda. La disponibilità di nuove terre da coltivare attirò
subito l'abbondante manodopera esistente nel regno napoletano. Le fortune
dei prezzi della terra e dei prodotti agricoli furono i principali fattori
del rapido e costante incremento di popolazione (vedi tabella):
ANNO POPOLAZIONE RESIDENTE
1738
746
1806
2.000
1861
3.467
1871
3.893
1881
4.347
Tuttavia
la mancanza di vie di comunicazione, durata fino alla fine del 1600,
produsse un certo isolamento del borgo e ne impeci una crescita più
intensa. Le lotte contadine e l'emergere della borghesia sulla nobiltà portò
alla creazione di nuove leggi sulla proprietà; da questi nuovi equilibri
nacque una nuova organizzazione dello Stato che portò al Comune moderno. La
legge 2‑6‑1806 e quella del 20‑5‑1806, emanate da
Giuseppe Bonaparte e da Gioacchino Murat, abolirono i privilegi feudali, cioè
cancellarono controlli, imposte, diritti che impedivano il pieno possesso
della proprietà terriera, che così si concentrò nelle mani del nuovo ceto
borghese. I moti del 1820 e 1848 e lo sbarco dei Mille (1860), riaccesero le
speranze contadine che ripresero le occupazioni delle terre. Ma i
garibaldini non capirono queste sollevazioni e le spensero con feroci
repressioni a Bronte (Sicilia), a Matera e Lagonegro (Basilicata). La rabbia
contadina prese la tradizionale via del brigantaggio, anche per ribellarsi
alla coscrizione obbligatoria e alle tasse imposte dai nuovi governanti.
Anche stavolta la repressione non si fece attendere. Le rivolte contadine ed
il brigantaggio diedero il pretesto allo stato sabaudo per una vera e
propria guerra di riconquista del meridione. Il territorio tra il canale e
il Sarno ha avuto sempre una vocazione verso le colture seminativo irrigue,
a carattere intensivo (pomodori, cavoli, patate, legumi, ecc.), perché qui
la terra è più ricca d'acqua. I prodotti hanno subito qualche variazione,
ad esempio la coltivazione del grano è quasi completamente scomparsa,
lasciando il posto al più redditizio pomodoro. Nel territorio tra il canale
e il Vesuvio si coltivava la vite, ma ora il nocciolo la fa da padrone. I
frutteti di susine, pesche, cachi, albicocche si sono rarefatti. Lo storico
Vittorio Glejeses attribuisce a Poggiomarino l'appellativo di "orto
delle fabbriche", forse in virtù di questa varia produzione
ortofrutticola che serviva alle industrie alimentari per la trasformazione e
la conservazione. L'agglomerato urbano di Poggiomarino ebbe uno sviluppo
irregolare. Dapprima si costruirono case ai bordi della strada che
costeggiava il canale conte di Sarno (questa era l'unica via di collegamento
con i centri a sud e a nord del paese); poi in prossimità dei fondi
coltivati sorsero case sparse e a cortina. Caratteristiche della civiltà
contadina si conservano ancora molte rase rurali formate con stanze quadrate
(caratteristico cubo mediterraneo), spesso intercomunicanti, di 2 o 3 vani,
allineati lungo la strada, con una o più porte di ingresso. Ne sono un
esempio via Roma, via S. Francesco, via Cangianielli (via Sambuci), via
Sorrentino, via Vittorio Emanuele, via Nuova San Marzano, viale Manzoni, che
presentano ancora i caratteristici portoni (alcuni di questi recano ancora
impresso l'anno di costruzione 1799 ‑ 1806 ‑ 1810 ‑ 1860)
i quali immettono sulle cortine, ripetendo all'interno il motivo simmetrico
della facciata. La fine dell'800 fa registrare un miglioramento delle vie di
comunicazione con la realizzazione della ferrovia Circumvesuviana. In questo
periodo è stato varato qualche tentativo industriale, nel campo della pasta
e delle conserve, con risultati non molto soddisfacenti. Le uniche fabbriche
che hanno avuta una certa importanza sono Palazzolo e Finaldi nelle conserve
e Alterio nell'industria pastaia. Ormai questi impianti industriali sono
archeologia perché è dalla fine degli anni '50, inizi '60, che hanno
smesso di lavorare. In particolare il Mulino Alterio si conserva in maniera
ancora apprezzabile, mentre il complesso Palazzolo e Finaldi sono stati
smembrati per altri usi di piccolo artigianato.