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Testi e immagini: David Donnini Struttura della pellicola b/n.
Supponiamo di tagliare con le forbici una pellicola b/n e di osservare al microscopio il sottile spessore del taglio. L'immagine che ci apparirà è qualcosa di simile alla fig. 1, nella quale possiamo osservare che la pellicola ha una struttura stratificata. In alto compare un finissimo strato protettivo, perfettamente trasparente. Al di sotto troviamo uno strato più spesso, si tratta di gelatina, dentro la quale sono distribuiti casualmente tanti piccoli granuli di una sostanza bianca: è un sale, il Cloruro di Argento, la cui formula chimica è AgCl. E' questa la parte della pellicola sensibile alla luce (fotosensibile), non grazie alla gelatina, che fa semplicemente da collante per tenere uniti i granuli di Cloruro d'Argento, ma grazie al sale d'Argento che è, lo possiamo dire a pieno titolo, il protagonista numero uno della magia fotografica. Al di sotto ancora troviamo la parte inerte della pellicola, uno strato di plastica sintetica, che però consente alla pellicola di essere resistente e di poter essere fabbricata in lunghi rotoli o in grandi lastre piane. E infine, sotto tutti gli altri, troviamo il cosiddetto strato antiriflesso, creato affinché la luce che attraversa la pellicola non subisca delle riflessioni fra i suoi strati determinando così degli indesiderati aloni che sciuperebbero l'immagine fotografica. La pellicola, come tutti sanno, deve sempre essere trattata al buio più completo, tranne nell'istante dello scatto, fintantoché non sarà stata sviluppata e fissata. Solo allora potremo maneggiarla tranquillamente alla luce ed osservarla in trasparenza. Durante lo scatto.
Che cosa succede durante lo scatto? Come sappiamo l'immagine, che penetra nella macchina attraverso l'obiettivo e, grazie alla breve apertura dell'otturatore, va a colpire la pellicola, è formata da parti più luminose e parti più scure. In pratica possiamo dire che, durante il tempo di esposizione, la pellicola non viene colpita uniformemente da una luce uguale in tutti i punti. Al contrario, alcuni granuli di Cloruro d'Argento saranno colpiti da molta luce, corrispondente alle parti più chiare dell'immagine, altri non saranno colpiti affatto, in corrispondenza delle parti più scure dell'immagine. Nella fig. 2 possiamo notare che degli otto granuli solo tre sono colpiti dalla luce. Si dice che essi vengono impressionati. In realtà ciò non fa nascere alcuna immagine visibile sulla pellicola e, se noi estraessimo la pellicola dalla macchina, oltre a commettere l'imperdonabile sbaglio di rovinarla del tutto (attenzione alla colossale gaffe che alcuni, ogni tanto, sembrano non riuscire proprio ad evitare), potremmo constatare che la luce, impressionando la pellicola, non determina alcuna immagine visibile. Eppure qualcosa è successo nei cristallini di AgCl, ma si tratta di qualcosa che riguarda la loro struttura atomica e che non può essere osservata nemmeno col microscopio elettronico. Si dice allora che, sulla pellicola impressionata, esiste solo una immagine latente. Il trattamento della pellicola. Per far nascere una immagine visibile sulla pellicola e per poterla successivamente ammirare ad occhio nudo, in piena luce, è necessario sottoporre la pellicola ad un trattamento chimico, detto processo di sviluppo, mediante sostanze liquide (bagni), suddiviso in diverse fasi:
1 - sviluppo che sono le tre fasi fondamentalo del processo di sviluppo, a cui seguono necessariamente queste altre fasi secondarie:
4 - lavaggio La pellicola non può assolutamente mai vedere la luce prima che sia completata la fase 3, il fissaggio. Se questo accadesse, otterremmo una pellicola completamente nera, come il carbone, senza traccia di immagini. In tal caso si dice che la pellicola è bruciata. Durante lo sviluppo.
Che cosa succede durante lo sviluppo? La pellicola, al buio completo, viene immersa nel bagno di sviluppo, ovverosia in un liquido detto rivelatore: Esso agisce come mostrato in fig. 3. Quei granuli di AgCl che erano stati colpiti dalla luce (attenzione: soltanto quelli!), subiscono una scissione: il Cloro (Cl) si stacca dall'Argento (Ag). Nella pellicola, al posto di granuli bianchi di Cloruro di Argento, rimangono granuli neri di semplice Argento; il Cloro se ne è andato, sciogliendosi nel bagno. E' necessario avere ben chiaro un concetto: questo fatto si verifica solo per i granuli che avevano preso luce, quelli impressionati, che adesso sono diventati neri. Gli altri, invece, non subiscono alcuna trasformazione, in essi il Cloro rimane attaccato all'Argento, ed essi rimangono lì, bianchi com'erano sempre stati. E' chiaro che se una parte della pellicola è diventata nera, mentre altre parti sono rimaste bianche, adesso esiste un'immagine visibile, ma la pellicola è ancora fotosensibile e noi non dobbiamo esporla alla luce, se non vogliamo che si bruci. Durante l'arresto. La fase successiva è l'arresto. In pratica la pellicola viene trattata con un bagno di acido acetico diluito in acqua che arresta il processo di sviluppo, ovverosia interrompe il fenomeno dell'annerimento delle parti che erano state precedentemente colpite dalla luce. Questa fase è breve ed è seguita immediatamente dal fissaggio. Durante il fissaggio.
Che cosa succede durante il fissaggio? In questa fase la pellicola viene trattata con un bagno acido contenente alcuni sali di zolfo la cui azione è quella di sciogliere i cristalli bianchi di Cloruro d'Argento che ancora si trovavano nella pellicola, essi vengono letteralmente portati via e nella pellicola rimangono solo i granuli neri di Argento. In questo modo si neutralizza la fotosensibilità della pellicola. In pratica il bagno di fissaggio si esegue proprio perché la pellicola perda ogni sensibilità alla luce e diventi del tutto inerte. Ecco perché abbiamo detto che dopo il fissaggio la pellicola può essere esposta alla luce, perché da quel momento in poi essa non è più impressionabile e può essere tranquillamente guardata per la valutare la qualità delle immagini presenti sui vari fotogrammi. Adesso riassumiamo sinteticamente alcuni concetti fondamentali:
a - durante lo scatto non si forma alcuna immagine visibile, si parla semplicemente di una immagine latente, Le fasi secondarie del trattamento. A questo punto la pellicola deve essere sottoposta ad un lavaggio, per rimuovere da essa le sostanze chimiche del fissaggio. Il lavaggio si esegue con semplice acqua corrente o, meglio ancora, con acqua distillata. In seguito si tratta la pellicola con un liquido detto antigoccia, il cui scopo è quello di evitare che, durante l'essiccazione, aderiscano alla pellicola delle gocce d'acqua che, asciugandosi, potrebbero lasciare delle macchie di calcare. L'asciugatura si esegue stendendo la pellicola in luogo non umido, nel quale sia assente la polvere. Infatti mentre la pellicola si asciuga la gelatina è appiccicosa come una colla e i peluzzi dei vestiti o i bruscoli che volteggiano negli ambienti polverosi possono aderire alla pellicola e rimanere incollati ad essa, rovinandola completamente. L'ultima fase è l'archiviazione. Il prodotto più importante del lavoro fotografico è la pellicola sviluppata, non le stampe che da essa si possono ricavare. Infatti se le stampe si sciupano per qualche motivo basterà semplicemente rifarle, ma quando si sciupa il negativo l'immagine fotografica è definitivamente perduta. In genere il profano e il principiante tendono a considerare poco la pellicola e molto, al contrario, la stampa. Spesso i negativi vengono perduti perché a nessuno importa di loro. Improvvisamente diventano importanti quando la stampa si rovina o si smarrisce ma, ahimé, i negativi non si trovano più, o sono ridotti in condizioni pietose, e non si possono più riprodurre le immagini che essi conservavano. Ecco perché il fotografo custodisce gelosamente tutti i negativi che ha scattato nella sua vita, archiviandoli opportunamente in quei quaderni in cui la pellicola rimane: 1 - distesa su un piano e non arrotolata su sé stessa, Ogni qual volta il fotografo maneggerà la pellicola la toccherà, possibilmente, con guanti appositi che evitano il contatto col grasso delle dita, senza mai mettere le dita sui fotogrammi ma solo di taglio sui bordi della pellicola stessa, senza mai appoggiare la pellicola di piatto sul tavolo, ma solo sulle pagine di carta velina del quaderno. Egli non soffierà mai col proprio fiato sulla pellicola per rimuovere la polvere, ma solo con l'apposita pompettina di gomma. Dovendo rimuovere macchie e patacche dal negativo si limiterà a lavarlo con acqua distillata e liquido antigoccia. Comportarsi diversamente da così significa essere dei fotografi grezzi ed ignoranti che non sanno fare il proprio lavoro. |