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Ricerche speleologiche tra Grem e AreraNei primi decenni del secolo era nato un nuovo tipo di interesse nei confronti del sottosuolo delle montagne bergamasche. Stavolta non erano motivazioni economiche, bensì scientifiche e sportive a spingere alcuni speleologi all’interno di cavità naturali che in molti casi intersecavano le gallerie scavate dall’uomo. In diverse occasioni, finché le miniere furono attive, i minatori collaborarono alle ricerche di questi appassionati, pur considerandoli forse non del tutto sani di mente. Alcuni notevoli ritrovamenti di grotte poterono realizzarsi negli anni ‘60 solo grazie alla possibilità di penetrare nella montagna tramite i sistemi di miniera. Purtroppo molti degli abissi incontrati dai minatori furono invece riempiti con i detriti degli scavi e resteranno per sempre sconosciuti. Le condizioni idrogeologiche che avevano creato gli accumuli di minerali erano le stesse che, nelle ere successive, avrebbero favorito lo sviluppo di grossi sistemi carsici sotterranei; non a caso la maggior parte delle grotte più importanti della provincia è concentrata in aree di interesse minerario. Oramai le attività estrattive sono solo un ricordo, invece le ricerche speleologiche vanno avanti con determinazione e tutti gli indizi possono rivelarsi utili alle indagini. L’attenta analisi delle cartografie minerarie e delle relazioni geologiche, risalenti in molti casi al secolo scorso, ha fruttato la recente scoperta di una lunga serie di importanti abissi naturali sui monti Grem e Arera. Si spera di raggiungere, tramite qualcuna di queste nuove cavità, il grosso sistema carsico che alimenta la sorgente Nossana, il risultato sarebbe di eccezionale importanza scientifica. Indipendentemente dall’esito finale di questa ambiziosa sfida, gli speleologi sono appagati dalla bellezza degli ambienti trovati finora, fuori dal comune se confrontata alla media degli abissi alpini del nord Italia. Le concrezioni calcitiche sono rappresentate in tutte le loro forme: stalattiti, stalagmiti, colonne, ma anche cristalli di calcite e aragonite dalle forme eccentriche, coralline, oltre a molte pisoliti, o perle di grotta, di una rotondità perfetta, veri capolavori della natura. Anche gli spazi percorribili sono spettacolari: ampi saloni e vertiginosi pozzi profondi oltre cento metri, corsi d’acqua dalla portata estremamente variabile. L’attività esplorativa prosegue tuttora intensamente: grazie alla collaborazione tra speleologi di diversi gruppi vengono topografate tutte le diramazioni che vengono man mano ritrovate grazie ad arrampicate e disostruzioni di passaggi stretti, inseguendo ed interpretando le correnti d’aria. Decine e decine di chiodi ad espansione vengono infissi nella roccia permettendo di fissare centinaia di metri di corda cui appendersi per superare impressionanti baratri, un vero pianeta oscuro in cui vagare senza poter prevedere cosa si troverà dietro la prossima svolta delle pareti. Si tenta anche di trovare nelle zone alte dell’Arera nuovi ingressi di grotte che potrebbero collegarsi a quelle già note, incrementandone il dislivello complessivo. Si prospetta soprattutto su questa montagna una campagna di ricerche che potrebbe protrarsi anche per parecchi anni. |
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