CATERINA DI RUSSIA
21.4.1729 – 5.11.1796


I genitori di Caterina, Cristiano Augusto e Giovanna di Holstein – Gottorp, erano principi di un piccolo stato di lingua tedesca a nord della Prussia (Principato di Anhalt – Zerbst). La coppia ebbe tre figli: Sofia, Guglielmo e Federico. I maschi erano l’oggetto esclusivo delle cure materne, in particolare Guglielmo che aveva una gambina atrofizzata e non cresceva normalmente. In una casa in cui dominava la religiosità luterana e un rigido senso del dovere, la governante Babette rappresentò la razionalità e il buon senso. La fragilità ossea era evidentemente una caratteristica ereditaria, poiché anche Sofia all’età di sette anni in seguito ad una caduta provocata da un accesso di tosse, riportò una grave deviazione della colonna vertebrale, che tornò a posto grazie ad un busto. Sofia fin da piccola apparve eccentrica, individualista e manifestò subito un forte spirito di contraddizione, in particolare contestava il suo insegnante di religione che faceva del suo meglio per inculcare alla bambina i concetti di male, peccato e un profondo senso di pessimismo. 

La consapevolezza di non essere amata dalla madre, il risentimento nei confronti di Guglielmo, fratello storpio e viziato, gli insegnamenti deprimenti del suo religioso padre spirituale e la consapevolezza di non essere bella, crearono in Sofia una grande tensione nervosa. 

Crescendo Sofia andava sempre più evidenziando le sue doti di intelligenza e la piacevole personalità, mentre Guglielmo diventava sempre più debole e malato fino a che morì. Sofia aveva 14 anni quando si recò con la famiglia a Jever dove incontrò una donna che avrebbe ricordato per tutta la vita: la contessa di Bentinck, bella, esuberante, generosa, intelligente e colta, ma soprattutto anticonformista. Era sposata ma viveva indipendentemente dal marito, aveva una relazione con un’altra donna, aveva un figlio di tre anni avuto da un servitore. Il suo comportamento libero che faceva della contessa una donna contenta di sé e delle sue scelte diventò per Sofia un modello di vita. 

In Russia dopo la morte di Anna Ivanovna imperatrice, il trono era passato alla cugina Elisabetta, figlia minore di Pietro il Grande. Elisabetta è nata fuori dal matrimonio dalla sua seconda moglie. Quando il trono passò ad un lontano parente del padre, il piccolo Ivan VI, Elisabetta attraverso un colpo di stato, lo destituì e lo imprigionò. Si era poi unita in matrimonio morganatico con il bellissimo Aleksej Razumovskij anteponendo la sua felicità al dovere di successione. Avrebbe perciò lasciato il trono al nipote Pietro, ma Pietro si era rivelato una delusione, era debole come una ragazzina, aveva una salute malferma e un carattere bizzarro, disprezzava la cultura russa e continuava a parlare tedesco e ostentava indifferenza verso la chiesa. Ad Elisabetta non piaceva. Elisabetta sceglie Sofia come moglie del nipote. Dopo un interminabile viaggio Sofia e la madre Giovanna giunsero a S. Pietroburgo, città fatta costruire da Pietro il Grande. Sofia era stata scelta dall’imperatrice Elisabetta perché non era bella dato che la sua vanità non poteva sopportare di avere vicino a sé donne avvenenti. Dal canto suo Pietro era un ragazzo magro, immaturo fisicamente, con il torace sottile e i muscoli poco sviluppati e nessuna predisposizione per gli affari di stato. Le difficoltà di adattamento al nuovo clima e alla vita imperiale dove a corte l’ignoranza regnava sovrana, la fatica di imparare il russo, la prospettiva di convertirsi alla religione ortodossa e l’immaginarsi sposata con l’imberbe Pietro fecero ammalare Sofia. 

Strettamente seguita da Elisabetta le viene dato il nome di Ekaterina Alekseevna. Pietro violento e bevitore, come se non bastasse si ammalò di vaiolo cui sopravvisse ma rimase con il volto deturpato. Nonostante ciò con il tempo Sofia riuscì a conquistarsi la fiducia di Pietro. Pare che non ci fossero rapporti sessuali tra la coppia reale, anzi il merito incoraggiava la corte alla moglie fatta da Sergej Saltykov. Nel 1752 Caterina concepì un figlio che era certamente figlio di Sergej, ma abortì. Finalmente partorì un maschietto di nome Paolo che fu subito tolto alla madre. Sola e triste Caterina cominciò a leggere, Voltaire era il suo scrittore preferito, ma anche Tacito e Montesquieu. Queste letture la rafforzarono, aumentò la sua sicurezza e cominciò ad attaccare i favoriti di Elisabetta e ad appoggiare i suoi rivali, anche in politica. Così mentre Pietro scivolava verso una ebbra impotenza, Caterina sembrava l’erede naturale al trono. Imparò a parlare molto bene il russo e a conoscere bene l’impero. Del resto non occorre biasimare Pietro, prigioniero di palazzo, tiranneggiato da una zia che non lo stimava, legato ad una moglie che non poteva amare (aveva una relazione con Elisaveta, la più brutta tra le dame di compagnia di Caterin), capo di un regno che non sentiva suo, tutto ciò lo aveva reso quasi folle.

Quando Elisabetta si ammalò occorse pensare alla successione, infatti c’era il pericolo che Ivan VI venisse rimesso sul trono da avversari politici, e che Elisaveta strumentalizzasse l’amante per arrivismo, e per questo Caterina agì con molta astuzia ingraziandosi le persone giuste. Ebbe una bambina da Poniatowski, Anna che morì prematuramente. Poi ebbe come amante un bellissimo guerriero venticinquenne, Orlov. Alla morte di Elisabetta Pietro III fu il nuovo imperatore, ma commise degli errori grossolani: ordinò di cessare le ostilità contro la Prussia verso la quale simpatizzava. Ogni metro di territorio prussiano, conquistato a prezzi altissimi, veniva così sacrificato al capriccio del nuovo imperatore. Cambiò inoltre le divise dei soldati con le tuniche blu dei prussiani nemici, aprì le prigioni di stato. Con l’amante scoppiavano anche in pubblico dei feroci litigi, Elisaveta lo accusava di essere impotente: la questione della successione occupava i pensieri di Pietro che sapeva bene che Paolo non era suo figlio. Pietro voleva a tutti i costi separarsi da Caterina, ma aveva bisogno di un erede e se non poteva diventare padre avrebbe dovuto nominare Paolo come suo successore. 

Al diffuso malcontento del popolo e dei soldati si aggiunse la confisca delle terre della chiesa. Ordinò ai preti di tagliarsi la barba e di usare la divisa dei pastori luterani e ordinò di togliere dalle chiese tutte le icone. Non poteva esserci affronto peggiore in quanto le icone rappresentavano il cuore pulsante della religione ortodossa. Caterina, appoggiata dai militari, organizzò una grandiosa sollevazione popolare e prese il potere nel 1762. Nessuno contrastò la caduta del regime, anche perché era legittimato dalla Chiesa. Pietro si arrese e firmò l’abdicazione. Poco dopo fu trovato morto strangolato, ufficialmente ucciso per un litigio con una guardia. Caterina trovò una situazione fiscale disastrosa, i pagamenti dei soldati erano in arretrato, carestie e inondazioni. Divise il Senato in dipartimenti con competenze diverse e pretese dalle commissioni rapporti dettagliati (la sua effige personale era l’ape con la scritta"l’utilità") Introdusse in Russia le correnti più innovative di pensiero modellandole si quelle di Voltaire con cui era in corrispondenza. Mise assieme una delle collezioni d’arte più importanti del mondo conservata a l’ermitage (Palazzo d’Inverno). Ricompensava generosamente i suoi collaboratori. Ebbe numerosissimi amanti. Sconfisse i Turchi scatenando un delirio nazionalistico. Paolo cresceva minuto ed esile e andava sempre meno d’accordo con la madre. Fu fatto sposare con Guglielmina nel 1773 A 50 anni aveva strabiliato il mondo occidentale. Con le sue conquiste militari, le leggi emanate, la promozione delle arti, guida illuminata di un popolo arretrato. I moralisti spettegolavano per la sua libera vita sentimentale. Maria Teresa d’Austria era una grande moralizzatrice. Giorgio III re d’Inghilterra idem. Per la guerra in Crimea prese contatti con il figlio correggente di M. Teresa d’Austria, Giuseppe II. Entrambi liberali, instaurarono un rapporto di amicizia e di stima fino a firmare un accordo nel 1871. Il suo ambizioso progetto era la conquista dell’impero ottomano. L’amato levriero Tom Anderson le tenne compagnia per 16 anni. Nel 1798 l’Europa era in fermento con Guglielmo II re di Prussia. Morì per un ictus il 5 nov. 1796.

  
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