05 Giugno 2001
 
 
  HOME PRIMA PAGINA
Sos Arese: salviamo la nostra fabbrica
Dopo anni, Fim, Fiom e Uilm si parlano con Cobas e Flmu
MANUELA CARTOSIO - MILANO

Non succedeva da anni. All'Alfa Romeo di Arese, da qualche settimana, si fanno riunioni ed assemblee unitarie. Fim, Fiom, Uilm da una parte e Slai Cobas e Flmu dall'altra hanno ripreso a parlarsi. Dire che la guerra è finita è prematuro; di certo è stato raggiunto un armistizio, se si tiene conto che ad Arese la consuetudine consolidata era quella dei separati in casa, della perenne rissa tra il cane confederale e il gatto di base. A stimolare il riavvicinamento il fatto nuovo accaduto lo scorso dicembre: l'acquisto per 400 miliardi di tutta l'area dell'Alfa di Arese, sia la parte dismessa sia quella ancora usata dalla Fiat, da parte della finanziaria Estate Sei. Dietro la finanziaria, una cordata di imprenditori bresciani guidata da Riccardo Conti (neo parlamentare della Casa delle libertà). Estate Sei ha ceduto il pacchetto di maggioranza al colosso Usa Aig-Lincoln (assicurazioni e immobili) che intende realizzare un maxi polo logistico sull'area dismessa. I capannoni ancora in attività restano alla Segefar, controllata da Estate Sei, che li ha affittati con contratto rinnovabile di sei anni alla Fiat. Una campana a morto per uno stabilimento dove, dopo 14 anni di cura dimagrante Fiat, l'occupazione - in gran parte terziarizzata - è scesa a 3.800 addetti, si assemblano giornalmente 140 Vamia (la multipla a metano) e si producono una settantina di motori a 6 cilindri.
"Che la Fiat voglia chiudere baracca e burattini è ormai evidente a tutti", dice Renzo Canavesi, dello Slai Cobas (30% dei voti alle ultime elezioni delle Rsu), mentre le reali intenzioni della nuova proprietà sono tutte da verificare. Per ora il bresciano Conti fa propaganda. E' chiaro, comunque, che siamo alla stretta finale. "Errori, chi più chi meno, in passato ne abbiamo fatti tutti", ammette Canavesi. Ora non è il momento di rivangare, "l'unica carta che ci resta da giocare è quella di una piattaforma unitaria, sostenuta da tutti i lavoratori e da tutte le sigle sindacali presenti in Alfa, rivolta sia alla Fiat che alla nuova proprietà dell'area". La piattaforma è appunto l'oggetto degli incontri di questi giorni. Al testo - redatto da Fim, Fiom e Uilm - Cobas e Flmu hanno proposto "limature e aggiustamenti". Il problema vero non sembrano essere le eventuali modifiche, ma la disponibilità reale dei confederali a fare una vertenza unitaria. Maria Sciancati, responsabile di zona della Fiom (che con il 36% è il primo sondacato all'Alfa), pur caldeggiandolo lascia intendere che non è cosa fatta: "Abbiamo ancora bisogno di discutere al nostro interno".
"Se ce la faremo a rimettere insieme i cocci", afferma Pierluigi Sostaro dell'Flmu (11%), "non sarà per un improvviso innamoramento, sarà un matrimonio obbligato". Non considera "un atto volontaristico", "una speranza rituale" la richiesta che ad Arese si continuiono a produrre automobili: "Il marchio Alfa Romeo è legato storicamente a questa fabbrica, chiuderla potrebbe avere contraccolpi negativi indesiderati per la Fiat e per Gm". Quanto al misterioso polo logistico american-bresciano, l'ambientalista Sostaro la pensa così: "Qualsiasi cosa facciano, non deve aggiungere traffico. L'area è vincolata a uso industriale è deve essere industria in senso stretto. Questa è la mia opionione personale".
Maurizio Zipponi, segretario della Fiom lombarda, ammette senza perifrasi che, se le cose restano così, Arese è destinata a chiudere. "Si può impedire che la deriva segua il suo corso, solo se tutti i lavoratori e tutte le organizzazioni sindacali presenti all'Alfa costruiscono una piattaforma comune per riaprire il conflitto con la Fiat". Se qualcuno, per vicende del passato, lo impedirà, "si assumerà la responsabilità di mettere la parola fine a quella che resta comunque la fabbrica più grande dell'area milanese. Il rischio adombrato è che qualcuno dei confederali faccia da sponda alle obiezioni che la Fiat sicuramente solleverà sulla composizione unitaria della delegazione titolata a trattare. "Noi dobbiamo tenere fermi tre punti", riassume Zipponi. "Alla Fiat chiediamo nuovi investimenti e nuove produzioni. Ai padroni dell'area chiediamo buona occupazione, a tempo indeterminato e dentro i contratti nazionali. La terza cosa tocca a noi farla: sindacalizzare i lavoratori terziarizzati e pretendere un'unica rappresentanza di sito per tutte le aziende oparanti nell'area di Arese".

PRECEDENTE INIZIO SUCCESSIVO HOME INDICE