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Sabato 30 Giugno 2001

Bertinotti cavalca la protesta
Il G8 occasione per costruire il partito dei movimenti

ROMA
PER noi il frontismo è finito. Abbiamo già dato. Non siamo una vecchia formazione "piccista". Siamo una nuova formazione comunista che guarda al popolo di Seattle, ai metalmeccanici in lotta, ai comitati ambientalisti». Così parlava Fausto Bertinotti nel pieno della campagna elettorale. Era la dichiarazione programmatica: rottura con una tradizione e apertura al nuovo. Ora Rifondazione è arrivata all’appuntamento. E’ in prima fila nell’organizzazione del contro-G8 per giocarsi una scommessa difficile e per certi versi rischiosa. E così, all’incontro dell’altro giorno con il governo, dietro e dentro il Genoa Social Forum, s’è improvvisamente visto il partito di Bertinotti.
Il portavoce Vittorio Agnoletto è già la plastica rappresentazione di questa duplice anima: uomo di partito, essendo stato candidato di Rifondazione alle ultime elezioni come capolista nelle Marche e in Liguria, ma anche di associazione, avendo condotto con la Lila una strenua battaglia sull’Aids. Accanto a lui c’era Peppe De Cristofaro, che è il segretario dei giovani di Rifondazione. Ma c’erano anche la giornalista Anna Pizzo, del mensile Carta, e il sindacalista Luciano Muhlbauer, dei Cobas, oppure la giovanissima Chiara Cassurino, delle cosiddette «tute bianche». Tutte figure molto vicine al partito di Bertinotti. E d’altra parte non sarà un caso se il quotidiano di partito ha lanciato una nuovissima campagna promozionale - «La lettura che fa bene al movimento» - con foto ripresa a Göteborg il 16 giugno. Oppure se Salvatore Cannavò, vicedirettore di «Liberazione», sia l’addetto stampa di Attac-Italia, l’associazione che vuole rendere stabile l’alleanza anti-globalizzazione.
«Noi - dice Graziella Mascia, coordinatrice della segreteria - mandammo dei compagni già a Seattle. I nostri dirigenti non sono mai mancati agli appuntamenti. A Porto Alegre, in Brasile, io personalmente ho partecipato al gruppo ristretto sugli enti locali che ha redatto la piattaforma che poi è stata fatta propria da tutto il movimento. Ci impegniamo anche nell’organizzazione. I treni li stiamo facendo unitari assieme ai centri sociali da tutt’Italia. Solo a Bologna ci negano le prenotazioni». Aggiunge Giovanni Russo Spena: «Lavoriamo all’interno di questo forum con la nostra autonomia di partito. Puntiamo anzi a una costituente dei movimenti, non solo e non più marxisti, che sia propedeutica alla nascita della sinistra plurale».
Più movimenti, meno partito. Diceva già Armando Cossutta, un passo prima della scissione: «Rifondazione rischia di diventare un grande centro sociale». Il vecchio bolscevico non poteva digerire la svolta che Bertinotti stava dando al partito. «Con l’avvicinarsi dell’appuntamento di Genova - dice ancora Russo Spena - le cose hanno preso a correre. Sta nascendo un blocco sociale più complessivo. Chiaro che noi restiamo un partito. E che quindi siamo un po’ più organizzati. Ma riusciamo così a fare da mediatori tra soggetti lontani».
Uno che ci sta mettendo l’anima è Peppe De Cristofaro, segretario dei Giovani Comunisti. E’ la Fgci di Rifondazione. «Quest’anno non mi sono perso un appuntamento: Praga, Ventimiglia, Porto Alegre, Messico, Napoli». Sul difficile e sempre tormentato rapporto tra movimenti e partito, De Cristofaro ha le idee chiare: «Per una organizzazione giovanile come noi, in passato, è sempre stato difficile essere legittimati nei percorsi di movimenti. Questa volta siamo interamente dentro perché il partito ha fatto una scelta strategica già da tempo. Il nostro impegno è tentare la saldatura tra i soggetti esistenti e quelli nuovi. Se ci riusciremo, sarà fantastico. E’ la nostra risposta alla crisi della sinistra».
A proposito di sinistra. L’Ulivo è molto distante dal movimento, eccetto i Verdi. Racconta Paolo Cento: «Grazia Francescato era l’unica segretaria di un partito presente a Seattle. Vorrà pur dire qualcosa». E Vittorio Agnoletto ha firmato un editoriale sul mensile «Carta» molto polemico con i Ds: «Ci sorge il dubbio che qualcuno pensi (speri) che una conclusione delle giornate di Genova segnate da gravi incidenti possa portare alla sconfitta del movimento e a una critica di massa al governo, consentendo a una ipotetica sinistra moderata e liberista di raccogliere cocci e onori». I «gravi incidenti» sono però il fantasma contro cui potrebbe infrangersi la strategia di Bertinotti. Lui stesso, si racconta, ha intimato un aut-aut alle tute bianche perché la «disubbidienza civile» a Genova non oltrepassi il segno.

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