ARESE — Si è concluso ieri sera il presidio di protesta (nella
foto) dei lavoratori dell'Alfa Romeo di Arese, davanti alla portineria
del Craa (consorzio reindustrializzazione Alfa Arese). Come annunciato
hanno stretto i denti, acceso un grande falò, attrezzati con bevande
calde e piatti di spaghetti, e presidiato i cancelli per tutta la
notte. «Siamo molto soddisfatti, contavamo sulla presenza di una
quindicina di lavoratori, invece eravamo in 50 — spiega Renzo
Canavesi, dello Slai Cobas — speriamo che ai nuovi proprietari delle
aree sia arrivato il nostro messaggio, qualche disagio lo abbiamo
creato, qui sono rimasti fuori almeno 400 camion. La settimana
prossima decideremo con tutti i sindacati se ripetere il blocco della
portineria».
Una cosa è certa: se dopo l'incontro dell'11 febbraio con i «nuovi
padroni», le parti sociali non raggiungeranno un accordo, le tute blu
torneranno a manifestare e bloccare i cancelli, con tanto di roulotte,
giorno e notte, per intere settimane. «Quello che vogliamo loro lo
sanno da tempo — spiega Vincenzo Lilliù, del sindacato di base —
nell'area dell'Alfa si devono continuare a produrre auto, nell'area
già dismessa ci devono essere lavori qualificati, non in mezzo ai
rifiuti in condizioni di lavoro disumane. Questa reindustrializzazione
non ci piace». Ieri mattina il numero di manifestanti è salito,
quasi 300 operai che fino a sera, a turni, hanno bloccato il cancello.
C'erano i cassintegrati con la busta paga di dicembre in mano,
«guardate ho preso 600 euro, come faccio a vivere?», spiega
un'operaia, madre di due figli. C'erano gli operai della meccanica che
hanno scioperato per un'ora e si preparano alla cassaintegrazione di
febbraio.
«Anche noi siamo preoccupati, facciamo 80 motori al giorno, ma molti
restano in reparto, non vengono nemmeno usati — spiega Antonietta
Fortunato, operaia Alfa da 25 anni - abbiamo aderito allo sciopero
perché siamo tutti nella stessa barca, anche se purtroppo alcuni miei
colleghi ancora non lo capiscono». C'erano i rappresentanti sindacali
preoccupati: «L'annuncio della cassa integrazione per la meccanica
complica le cose — spiega Maria Sciancati, della Fiom Cgil —
stiamo assistendo ad un lento processo di smantellamento della
fabbrica, il rischio è che poi non ci facciamo produrre nemmeno il
motore a sei cilindri. La situazione è difficile per tutti, ricevo
telefonate di operai che mi raccontano di situazioni di vita
drammatiche». Tutti con un'unica consapevolezza: «La lotta deve
continuare, dobbiamo stare uniti, non abbiamo alternative», spiega
Carmela Tassone, attivista sindacale. E intanto si pensa alle prossime
iniziative, magari a Torino, a Roma, «e non ci ascolteranno andremo a
bussare alle porte dei padroni — avverte Corrado Delle Donne,
rappresentante dello Slai Cobas — perché se hanno i soldi per
comprare queste aree devono avere i soldi anche per portare lavoro e
produzione».
di Roberta Rampini
|