IlSole24ore
Domenica 23
Gennaio 2000 finanza &
mercati
Dopo un 99 difficile per il core business del gruppo torinese, questanno sarà decisivo per la ricerca di un socio
Lauto Fiat al bivio delle intese
Analisti concordi: «Ripresa nel 2000 con la nuova Punto, ma nel medio periodo un partner è indispensabile»
MILANOFiat è alla ricerca di un
alleato, di un socio forte o di un compratore? I segnali in
arrivo da Torino restano contrastanti, tra orgogliose chiusure
dellAvvocato («finché ci sarò io la Fiat non è in
vendita») e caute aperture del fratello Umberto («Gli azionisti
di controllo non intendono essere di impedimento alla strategia
di crescita della Fiat, anche se questo comporterà una riduzione
delle quote di Ifi e Ifil»). Le voci di un accordo in arrivo in
tempi brevi erano rimbalzate dal Lingotto a Piazza Affari allinizio
di gennaio, coinvolgendo di volta in volta DaimlerChrysler, Bmw o
uno dei due colossi Usa - Gm e Ford e avevano contribuito
a restituire un po di vivacità a un titolo da tempo
trascurato dagli investitori. Ma ritorno di fiamma si è spento
rapidamente, e le azioni sono tornate sotto i 30 euro. Resta la
sensazione che i tempi della scelta da parte degli Agnelli siano
ormai vicini. Ma in che condizioni il gruppo e il suo settore
più importante arrivano allappuntamento, e quali sono i
candidati più seri?
La congiuntura.
Per quanto riguarda lauto, che pesava ancora nel 98
per il 50% circa del fatturato di gruppo, i problemi arrivano
soprattutto dallEuropa: la quota di mercato è scesa a fine
anno al 9,6% dal 10,9% dellintero 98; ciò significa
che, pur in un anno molto positivo per il mercato (+4,8% sul
98), il gruppo ha venduto circa 120mila vetture in meno del
98, e a prezzi spesso inferiori. Altrettanto significativo
larretramento in Italia: in un mercato che ha ceduto l1,2%
dopo la fine degli incentivi alla rottamazione, la quota Fiat è
calata nei 12 mesi al 35,7% dal 39,3% dellanno precedente.
Lamministratore delegato Paolo Cantarella aveva indicato
come obiettivo per lultimo mese dellanno quota 40%
del mercato italiano, ma la nuova Punto non è stata per ora
sufficiente: dicembre, anzi, si è chiuso con un 35,5%, vicino
alla media dei 12 mesi e nettamente al di sotto del 41,8% dello
stesso mese 98. «Problemi di mix, con richieste più
elevate delle previsioni per i modelli di gamma alta» spiegano a
Torino. «Le versioni diesel hanno avuto molto più successo del
previsto conferma Valentino Romeri, analista della Rasfin
e anche questo spiega lapparente contrasto fra le
vendite per ora inferiori alle attese e il livello degli
ordini».
Sulle prospettive per lanno appena iniziato, i giudizi
degli analisti sono difformi: «Le mancate vendite di dicembre
potrebbero trasferirsi sui primi mesi di questanno»
afferma Romeri. Sabine Bluemel, dellImi-Sigeco, ritiene che
il mercato nel suo complesso resterà a livelli elevati
(«prevedo un ritmo pari a 2,38 milioni di unità lanno per
il primo semestre») ma avverte che «sarà difficile che Fiat
recuperi quota 40%». Mentre secondo un recente report della
Merrill Lynch «Fiat potrà tornare al 40%, ma difficilmente
riuscirà a salire oltre tale quota senza scatenare una nuova
guerra dei prezzi». Anche perché tanto meglio andranno le
vendite in Italia, tanto più il nostro mercato attirerà le mire
dei colossi stranieri, un concetto espresso dallo stesso Roberto
Testore, numero uno di Fiat Auto, in un recente incontro con gli
analisti. Tra i concorrenti si sono distinti lanno scorso i
coreani, che grazie anche ad una politica dei prezzi estremamente
aggressiva (che ha destato il malumore di Torino, data la
chiusura del mercato coreano) hanno conquistato in poco tempo
quasi il 5% nel nostro Paese. Da questanno anche i
giapponesi non subiranno più limitazioni allexport verso
la Ue; se si considera che il made in Japan supera il 20% in Gran
Bretagna (dove peraltro i big di Tokio hanno vari impianti
produttivi) e il 12% in Germania, mentre in Italia è del 7%, è
inevitabile che la pressione degli orientali cresca. «Ma i
giapponesi vorranno aumentare la loro penetrazione di mercato
lentamente, per non guastare le relazioni commerciali» spiega la
Bluemel. Rischio-Asia anche per Peugeot e Renault, che hanno una
gamma relativamente sbilanciata verso i segmenti più bassi, come
Fiat; e Toyota sta costruendo proprio in Francia, a Valenciennes,
limpianto che produrrà la Yaris. Ma la pressione
competitiva è destinata a crescere in tutta Europa. Un esempio?
In Germania proprio la Peugeot ha recentemente deciso di
investire oltre 600 miliardi in distribuzione e promozione per
portare dal 2,8 al 4,6% la sua quota di mercato.
I Paesi emergenti.
In Polonia lanno scorso si è chiuso con un balzo del 22%
delle vendite a 640mila vetture, che collocano ormai il mercato
al sesto posto in Europa. Fiat ha visto la sua quota scendere
lievemente (dal 29,6 al 28,1%), ma resta leader di mercato
precedendo di poco Daewoo. In Brasile i preconsuntivi più
recenti parlano di un incremento del 10-12% della produzione e
del 4-8% delle vendite interne, che non avrebbero recuperato i
già depressi livelli del 98. Limpatto maggiore sui
conti era però già arrivato; secondo Merrill Lynch il peso
addizionale sul bilancio 99 è limitato a una ventina di
miliardi in meno sul risultato operativo di Fiat Auto. Hanno per
ora rilievo limitato gli altri "rami" della strategia
mondiale del gruppo Fiat.
Gli altri settori.
Iveco ha chiuso bene il 99 e dovrebbe godere almeno per
questanno di una buona resistenza del mercato. Buone le
prospettive per Magneti Marelli. Case New Holland risentirà
invece nel breve periodo del rallentamento della domanda in
Nordamerica e solo nel 2001 potrà sfruttare appieno i vantaggi
dellintegrazione. Tutti questi settori hanno visto finora
un grande dinamismo in termini di intese e di ridefinizione dei
portafogli di business. Come sottolinea Gunner, «Fresco non è
stato finora con le mani in mano»: lacquisizione di Case
ha proiettato New Holland ai vertici del suo settore; quella di
Pico ha rafforzato Comau; Iveco ha acquisito la Fraikin e ha
siglato unintesa con Renault nei bus; Magneti Marelli ha
ceduto varie aree di business per concentrarsi su quelle con
maggior contenuto tecnologico e potenzialità di crescita. La
caposettore dei componenti custodisce poi un vero e proprio
"gioiello": la quota del 50% in Viasat, che secondo
stime recenti potrebbe valere fino a 2mila miliardi, ovvero poco
meno dellattuale capitalizzazione della società. Nel
futuro, il destino di Iveco si incrocerà con quello di Fiat Auto
(come è stato in maniera emblematica per Volvo). E tutti gli
scenari sono attualmente ipotizzabili: dalla cessione per
rafforzare il ramo auto, allingresso nellintesa
complessiva con un altro produttore, a una crescita per linee
esterne come avverrebbe in caso di un deal negli Usa
(circola da tempo il nome della Navistar). Quanto alla Magneti
Marelli, cè chi sostiene (come Merrill Lynch) che «prima
o poi sarà ceduta a un altro produttore di componenti». Il vero
rebus resta tuttavia il destino del settore auto.
La redditività.
Produrre auto in Europa conviene ancora? Il settore soffre di una
cronica sovracapacità produttiva, che ha pesato su prezzi e
margini. Ford Europe, per esempio, ha chiuso il 3° trimestre
99 in rosso per oltre 500 miliardi; e la stessa Volkswagen,
che pure ha proseguito la scalata verso quota 20% del mercato
continentale, lo ha fatto con un margine ante imposte sceso dal
4,1 al 3,1 per cento. Il risultato consolidato di Fiat Spa sarà
sensibilmente peggiore dellanno precedente, dopo che i
primi nove mesi dellanno hanno visto un passivo prima delle
imposte di un centinaio di miliardi e un rosso operativo di circa
600 nel settore auto. Oltre alla perdita di quote di mercato e
alla guerra dei prezzi, pesa la crescita dellindebitamento
di gruppo, in primo luogo per lacquisto della Case. La
posizione finanziaria netta, che a fine 98 era positiva per
2.600 miliardi, è diventata negativa dopo loperazione
(Merrill stima un indebitamento di quasi 8mila miliardi di lire a
fine 99). Oltre a far salire nel breve termine gli oneri
finanziari, ciò riduce i margini di manovra in caso di eventuali
future acquisizioni, che dovranno essere finanziate con
dismissioni o con aumenti di capitale. Per quanto riguarda il
2000, gli analisti sono concordi nel prevedere un miglioramento;
il range di previsioni sullutile è ampio, e va da 1,03
euro per azione (Imi) agli 1,93 di Rasfin passando per gli 1,20
di Salomon e gli 1,45 di Merrill. Fiat potrà comunque sfruttare
la presenza della nuova Punto per lintero anno, mentre la
recente cessione della divisione Lubrificanti da parte della
Magneti Marelli porterà una plusvalenza di quasi 700 miliardi di
lire.
La strategia.
A medio/lungo termine, però, il rinnovo della gamma non basta a
garantire una redditività soddisfacente. La strategia di Fiat
Auto prevede due linee principali: dal lato della produzione, il
passaggio a un nuovo tipo di piattaforme basate sulla logica
spaceframe, in grado di aumentare la flessibilità
delle linee abbassando il break even point dei singoli modelli;
dal lato del mercato, lobiettivo è di ridurre il peso dei
segmenti A e B (Seicento e Punto), che nel 98 pesavano per
quasi i due terzi delle vendite, al di sotto del 50%, aumentando
la presenza nei segmenti C e D (Bravo/Brava, 156, Lybra) che
garantiscono margini più elevati. Ma è in grado Fiat di
sfondare in un segmento di mercato già così competitivo? E
soprattutto, ha abbastanza tempo per farlo? Romeri sottolinea limportanza
della leadership di costo, e si dice fiducioso nei nuovi metodi
produttivi. Ma per Merrill Lynch la strategia è «molto
rischiosa, poiché il segmento è già iperaffollato da Golf,
Astra, Focus e Megane». Soprattutto, ci vuole tempo per
consolidare unimmagine di qualità e affidabilità che
consente di vendere le vetture a prezzi mediamente più elevati.
«La storia di Volkswagen dimostra che ciò è possibile
spiega la Bluemel ma che richiede tempo e costanza nei
risultati». E ciò si ricollega al secondo e più importante
quesito.
Intesa in arrivo?
Pochi osservatori dubitano che nel lungo periodo unintesa
sia indispensabile. «Ritengo che Fiat abbia bisogno di un
partner nel medio termine» afferma Gunner, della Wdr. Gli
analisti della Merrill Lynch giustificano il loro rating hold
anche con la convinzione che «Fiat Auto annuncerà unintesa
con un altro costruttore, o nel lungo periodo sarà ceduta». Le
divergenze di opinioni iniziano sui tempi. Per gli analisti di
Salomon Smith Barney, per esempio, le attese di un accordo in
termini favorevoli sono «troppo ambiziose». Rasfin, il cui
rating è "add", aggiunge che «in caso di cessione
bisognerebbe aggiungere un premio di maggioranza del 30 per
cento». E la Bluemel sottolinea che alla Fiat «hanno ottime
attività da vendere: unottima posizione di mercato in
Italia, lesperienza nei motori e nelle auto di piccole
dimensioni, e la buona posizione strategica sui mercati
emergenti».
Il partner migliore.
Guardando ai numeri di Borsa, il gruppo torinese potrebbe puntare
a unintesa paritaria e a tutto campo solo con la Bmw. La
capitalizzazione del gruppo bavarese è infatti di 17,4 miliardi
di euro (al 19 gennaio) contro i poco più di 13 di Fiat Spa (di
cui circa metà, secondo Merrill, attibuibili a Fiat Auto).
Troppo grandi, da questo punto di vista, sia DaimlerChrysler (74
miliardi di euro) che i due colossi Usa (68,8 miliardi di dollari
per Gm e 58,8 per Ford). Lesperienza di Fiat nelle piccole
auto potrebbe essere preziosa per Bmw che da anni tenta
invano di tamponare la colossali perdite della controllata
britannica Rover e le sovrapposizioni sarebbero minime. Ma
sulla strada di un eventuale asse Torino-Monaco vi sono almeno
due ostacoli: latteggiamento della famiglia Quandt, che ha
svolto finora un ruolo simile a quello degli Agnelli (ma senza
coinvolgimento manageriale), e quello dei concorrenti tedeschi.
Ferdinand Piech, padre-padrone della Volkswagen, non sarebbe
felice di un simile matrimonio e quando poche settimane fa ha
assunto lex numero uno di Bmw, Bernd Pischetsrieder, si è
subito parlato delle sue mire sulla connazionale bavarese. Le
voci di un accordo sono state per ora smentite da Monaco, ma il
passivo della Rover potrebbe costringere i vertici della Bmw a
prendere una decisione in tempi brevi.
Se il partner sarà un gruppo di maggiori dimensioni, lunica
alternativa alla vendita pura e semplice è un accordo in più
fasi che preveda unuscita "morbida" della
famiglia Agnelli, che potrebbe magari conservare un ruolo di
azionista finanziario. Lintesa potrebbe partire magari da
collaborazioni di prodotto (come ne sono state siglate numerose
negli ultimi anni) per evolversi successivamente in un
trasferimento di partecipazioni.
In questo scenario, per esempio, si inseriscono i contatti
avviati da DaimlerChrysler con vari costruttori (tra cui Fiat)
per la futura versione a quattro porte della piccola Smart. Che
DaimlerChrysler sia interessata a comprare la Fiat non è una
novità e il numero uno di Mercedes, Juergen Hubbert, lo aveva
già detto a chiare lettere lestate scorsa. Dopo le nozze
con Chrysler il colosso di Stoccarda ha deciso di puntare tutto
sullauto con due priorità: lAsia e lespansione
verso il basso della gamma, nessuna delle quali ha avuto una
risposta dalla fusione con Chrysler. Deutsche Bank, socia di
entrambe le aziende, potrebbe agevolare unintesa. Ma la
complessa integrazione in corso tra le due sponde dellAtlantico
potrebbe consigliare ai vertici del colosso euroamericano uno
scaglionamento nel tempo di un eventuale accordo. Xavier Gunner,
di Warburg Dillon Read, sottolinea che «un accordo con
DaimlerChrysler sarebbe il meno problematico». Il riferimento è
alla quasi totale mancanza di sovrapposizioni geografiche e di
prodotto, presenti invece in misura più o meno accentuata in
tutti gli altri casi. I due colossi americani, Gm e Ford,
dispongono entrambi di una solida base produttiva e quota di
mercato in Europa; e raddoppierebbero in un sol colpo, con leventuale
acquisto del gruppo Fiat, la presenza sul Vecchio continente. Ma
per entrambi lintesa avrebbe senso soprattutto se seguita
da una profonda "razionalizzazione" di marchi, impianti
e rete distributiva il tutto con una robusta dose di
tagli, probabilmente più di quanto attualmente praticabile.
La strada tedesca sembra al momento la più lineare. Ma gli
Agnelli sono pronti a trasformarsi in investitori finanziari? Unaltra
grande dinastia industriale europea, quella svedese dei
Wallenberg, lo ha fatto, cedendo in pochi mesi i camion Scania
alla Volvo (in cambio di una quota nella stessa Volvo) e il 50%
di Saab alla General Motors. Il ragionamento è stato semplice: lautomotive
è un settore che rende poco; mantenere la posizione competitiva
è sempre più difficile e richiede investimenti enormi; meglio
quindi diversificare e magari scommettere su settori a maggior
tasso di crescita, come lalta tecnologia. Una Fiat Auto con
le leve di comando allestero (al di là delle
considerazioni di carattere politico) porterebbe allemigrazione
dellindustria italiana dellauto? Non necessariamente,
purché il sistema-Paese resti competitivo. Alcuni stabilimenti
italiani di Fiat sono del resto tra i più efficienti in Europa,
e nessun socio o acquirente avrebbe interesse a disperdere le
competenze presenti a Torino.
Andrea Malan