Alfa
Romeo di Arese:
“UNA INACCETTABILE SENTENZA”
Da anni i lavoratori dell’alfa romeo di Arese stanno combattendo contro la chiusura della fabbrica. Mercoledì scorso con uno sciopero indetto dai sindacati di base e della Fiom, l’intera fabbrica si è fermata con una manifestazione sulla statale, contro l’annuncio della chiusura delle carrozzerie.
È anche di queste settimane la rottura sindacale, tra chi in accordo con il padronato e governo comincia ad introdurre parziali limitazioni delle garanzie in fabbrica, e chi invece con scioperi e manifestazioni combatte contro questa modifica.
Non contento di questo risultato il padronato, con la Fiat in testa,
pratica nella realtà il licenziamento in cambio di una manciata di soldi.
La storia: da
anni all’alfa romeo di Arese i lavoratori combattono una battaglia in difesa
del posto di lavoro. Nel 1998 la Fiat decise con accordo sindacale di
fim-fiom-uilm e fismic, di chiudere la produzione in tappezzeria e impianti
elettrici, con la conseguente messa in mobilità dei 180 lavoratori ivi
occupati. L’accordo è stato siglato al Ministero del Lavoro con la presenza
della Regione Lombardia, della Provincia di Milano e dei comuni della zona
(Arese, Rho, Garbagnate e Lainate). Negli anni questi reparti erano diventati,
per il lavoro a postazione individuale e leggero, posti di lavoro per
lavoratori ammalati ed invalidi.
L’accordo prevedeva che le aziende che si insediavano nel consorzio di Arese acquistavano il terreno a prezzi irrisori perché dovevano assumere personale ex Alfa Romeo (2 lavoratori per ogni 1.000 mq); ai lavoratori che accettavano il licenziamento, la Fiat dava una buonuscita di una cinquantina di milioni e, dopo un anno di mobilità, un nuovo posto di lavoro nel neonato consorzio (craa) creato nei reparti dismessi dello stabilimento di Arese.
Dei 180 lavoratori, 50 rifiutarono la proposta,
impugnarono il licenziamento con i legali del cobas, ed ottennero il reintegro
in Fiat.
Altri 82 lavoratori, dopo un anno di mobilità, ricevettero la lettera di assunzione presso la Rotamfer, azienda di rottamazione, insediatasi nel comprensorio di Arese.
La Rotamfer, anziché far lavorare ad Arese questi lavoratori e senza
riferire loro gli esiti della visita medica effettuata per verificare la loro
idoneità, cercò con ogni mezzo di sbarazzarsi di loro, ottenendo inoltre dal
governo due anni di Cig a zero ore.
Infatti il 28.6.99 (scaduto l’anno di mobilità), i
lavoratori vengono messi in Cig con la promessa di una loro ricollocazione a
breve in postazioni idonee al loro stato di salute, perché era in progetto la
costruzione di un nuovo impianto automatizzato.
Dopo ben tre anni senza lavoro, a spese della collettività, finita la
mobilità e la Cig, la Rotamfer sottopone nuovamente i lavoratori a visita
medica e comunica che per le loro condizioni di salute, dei 56 lavoratori
ancora loro dipendenti, 45 erano licenziati.
31 di questi lavoratori, con i legali del COBAS (i rimanenti con i legali della CGIL), hanno subito impugnato questo ennesimo licenziamento, contro Fiat e Rotamfer, sentendosi dire che: “posti di lavoro non ce ne sono, se vogliono soldi si può discutere”.
In nome del
popolo italiano
Venerdì 19 luglio il Giudice del Lavoro di Milano dott. Ianniello, prima di partire per le ferie, ha pronunciato la sua sentenza per il primo gruppo di lavoratori:
“rigetta ricorso dei lavoratori ex alfa, conferma il loro
licenziamento con un risarcimento quantificato in 14 mensilità.”
La morale
Paradossalmente chi ha rifiutato l’accordo
sindacale del 1998 e ha seguito le indicazioni del cobas ora è al lavoro in
Fiat.
Chi ha accettato le proposte di Fiat e sindacati
confederali ora si trova in mezzo ad una strada, abbandonati da tutti i
firmatari dell’accordo, senza un posto di lavoro.
La Fiat, consapevole delle condizioni di salute di
questi lavoratori, con la complicità della Rotamfer e dei sindacati
confederali, ha trovato il modo per sbarazzarsi di loro, illudendoli con soldi
e una promessa di lavoro che non ci sarebbe mai stata.
Per i legali Fiat, e Rotamfer (difesi da uno studio
di area DS) e per il giudice Ianniello, altro che modifica dell’ art.18 ”statuto
lavoratori” per far uscire dal sommerso, si pratica già la sua abolizione:
I lavoratori
ammalati devono essere licenziati, e se non vogliono i soldi glieli impongono
con sentenza.
Le iniziative dei lavoratori Rotamfer e Alfa
Romeo continueranno anche in occasione delle prossime cause, affinché questa
sentenza, che lascia i lavoratori ammalati privi di qualsiasi prospettiva di
lavoro fino al raggiungimento della pensione (che per molti è
lontanissima), resti un precedente isolato e venga superata dal
successo delle nostre lotte.
21
luglio 2002
slai
cobas
cobasalfaromeo,21-7-02