Più facile cumulare pensione e reddito

Niente tagli per le prestazioni di vecchiaia e anzianità con almeno 40 anni di contributi

di Marco Peruzzi (IlSole24ore,23-12-00)

Dall’inizio del prossimo anno il divieto di cumulo pensione-reddito da lavoro sarà più morbido. Nel tentativo di fare emergere il nero, infatti, la Finanziaria 2001 cambia le regole del gioco in senso più favorevole ai pensionati di oggi e di domani. Potranno lavorare senza problemi, sia in proprio che alle dipendenza di terzi, i pensionati di vecchiaia e quelli di anzianità o invalidità liquidata dopo 40 o più anni di versamenti contributivi. Tagli più morbidi rispetto al passato sono invece previsti per gli altri titolari di pensione di anzianità. I quali, per districarsi nel nuovo labirinto del cumulo, dovranno fare attenzione al calendario e agli anni di versamenti obbligatori effettuati nell’età del lavoro. La vecchia disciplina non andrà però completamente in soffitta: se più favorevole, rimarrà infatti in vigore per i trattamenti liquidati prima del 1° gennaio 2001.

In due soli commi, l’articolo 72 della Finanziaria riscrive l’intera disciplina che pure era stata più volte innovata dal ’94 in poi. In base alla nuova norma, dal 1° gennaio 2001 potrà cumulare interamente la pensione con il reddito di qualunque natura (dipendente o autonomo) il pensionato di vecchiaia o quello di anzianità liquidata dopo almeno 40 anni di contributi. Il divieto di cumulo cadrà anche nei confronti del titolare di pensione di anzianità liquidata entro il 31 dicembre 1994 che percepisce redditi da lavoro autonomo, nonché nei confronti del pensionato di anzianità liquidata dal 1° gennaio 1995 in avanti che, a fine ’94, aveva versato contributi per almeno 35 anni e che adesso consegue redditi da lavoro autonomo. Continuerà ad applicarsi la normativa più favorevole (niente trattenuta in caso di lavoro autonomo) nei confronti dei titolari di pensione di anzianità con decorrenza compresa tra il 1° ottobre ’96 e il 31 dicembre ’97, a condizione che abbiano più di 35 anni al 31 dicembre ’94 e almeno 35 anni e 52 di età (o 36 di contributi a prescindere dall’età) al 30 settembre ’96.

Sempre a decorrere dall’inizio del prossimo anno il divieto di cumulo rimarrà assoluto soltanto per i pensionati di anzianità, liquidata con meno di 40 anni, occupati alle dipendenze di terzi in qualità di lavoratori dipendenti. In questo caso la pensione sarà interamente trattenuta fino a concorrenza con l’importo della retribuzione percepita.

Una riduzione del trattamento pensionistico sarà, invece, prevista nei confronti dei titolari di anzianità liquidate dal 1° gennaio 1995 con meno di 40 anni e che siano anche privi del requisito minimo di 35 anni a fine ’94: in questo caso gli interessati che percepiscono redditi da lavoro autonomo saranno soggetti a una trattenuta pari al 30% della quota di pensione che eccede il trattamento minimo Inps (per il 2001 pari a 738.900 lire). Ma anche questa misura restrittiva avrà un limite: la trattenuta non potrà infatti mai superare il 30% del reddito percepito. Una misura, quest’ultima, introdotta allo scopo di tutelare i redditi di lavoro più bassi, il cui titolare rischierebbe di lavorare addirittura gratis.

Il divieto di cumulo cessa anche per i trattamenti Inps e Inail. L’articolo 73 della Finanziaria prevede, infatti, la possibilità di sommare i trattamenti di reversibilità per invalidità, vecchiaia e superstiti corrisposti dagli enti previdenziali con la rendita ai superstiti erogata dall’Inail. Il divieto di cumulo finora applicato, previsto dall’articolo 1, comma 43 della legge 335/95, cesserà a partire dal 1° luglio 2001. La norma precisa che queste nuove disposizioni si applicheranno alle rate di pensione di reversibilità successive al 30 giugno prossimo, «anche se la pensione stessa è stata liquidata in data anteriore».

23 dicembre 2000

Premiato chi decide di rinviare la rendita

L'attesa minima è biennale

di Maria Rosa Gheido (IlSole24ore,23-12-00)

La legge Finanziaria 2001 mette in campo misure per contrastare il lavoro irregolare che, talvolta, segue il pensionamento, specie se anticipato. L’articolo 72, infatti, attenua il divieto di cumulo fra il trattamento pensionistico e i redditi di lavoro, mentre l’articolo 75 introduce incentivi per favorire l’occupazione dei lavoratori "anziani".

In particolare, questa norma prevede che, dal 1° aprile 2001, i lavoratori che abbiano maturato i requisiti minimi per il pensionamento di anzianità possono "congelare" i requisiti maturati e rinunciare a ulteriori accrediti contributivi, continuando a lavorare. Dunque, il lavoratore, che abbia raggiunto i requisiti fissati dalla legge 335/95 in ordine all’età e all’anzianità contributiva, può scegliere di rimanere in azienda cessando il rapporto di lavoro a tempo indeterminato e sostituendolo con uno a termine, mantenendo fermi nel tempo i requisiti maturati.

La scelta può essere esercitata a condizione che:

il lavoratore posticipi di almeno due anni il godimento del trattamento pensionistico;

contestualmente e per lo stesso periodo di tempo il lavoratore stipuli con il datore di lavoro un contratto di lavoro a tempo determinato.

Dopo il primo periodo di durata minima biennale, la facoltà di posticipare il trattamento pensionistico può essere esercitata più volte, senza vincoli temporali.

A fronte dell’esercizio della facoltà di rinunciare all’accredito pensionistico, per la durata del contratto non sono dovuti i contributi relativi all’assicurazione generale obbligatoria per l’Ivs dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive della medesima, sia a carico del lavoratore che del datore di lavoro. A fronte della rinuncia alla percezione del trattamento vi è il maggior compenso derivante dal venir meno delle trattenute contributive, così come viene meno la necessità di versare ulteriori contributi non maturando più alcun accredito.

All’atto dell’effettivo pensionamento, il trattamento sarà quindi quello "cristallizzato" al momento della scelta, salvo l’adeguamento spettante per effetto della rivalutazione automatica al costo della vita maturato durante il periodo di posticipo del trattamento.

Scatta invece una quota di solidarietà, destinata a finanziare interventi di asssistenza per gli anziani non autosufficienti, sui contributi dovuti per i lavoratori che abbiano raggiunto un’anzianità contributiva non inferiore a 40 anni prima dei 60 anni di età per le donne e prima dei 65 anni per gli uomini. I contributi, che non sono più utili per il trattamento pensionistico individuale, sono quindi destinati alle Regioni per gli interventi di asssistenza sociale.

23 dicembre 2000