VI Commissione - Resoconto di mercoledì 26
gennaio 2000
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ATTI DEL GOVERNO
Mercoledì 26 gennaio 2000. - Presidenza del
Presidente Giorgio BENVENUTO. - Interviene il Sottosegretario di
Stato per le finanze Natale D'Amico.
UFFICIO DI PRESIDENZA
INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Convocato per l'audizione informale dei
rappresentanti della Confindustria; delle Associazioni degli
artigiani (Casa, Claai, Cna, Confartigianato); delle Associazioni
degli agricoltori (Coldiretti, Confagricol- tura, Confederazione
italiana agricoltori); della Conf-commercio e della Confesercenti
sullo schema di decreto legislativo concernente «Riforma della
disciplina fiscale della previdenza complementare».
L'Ufficio di Presidenza si è riunito dalle
14.30 alle 16.30.
VI Commissione - Resoconto di giovedì 27
gennaio 2000
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ATTI DEL GOVERNO
Giovedì 27 gennaio 2000. - Presidenza del
Presidente Giorgio BENVENUTO. - Interviene il Sottosegretario di
Stato per le finanze Natale D'Amico.
UFFICIO DI PRESIDENZA
INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Schema di decreto legislativo concernente
«Riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare» - Audizione informale dei rappresentanti della
Cigl, Cisl Uil, Ugl; della Associazione bancaria italiana; della
Associazione nazionale imprese assicuratrici; della Lega
nazionale delle cooperative e mutue; della Confcooperative; della
Associazione generale delle cooperative italiane; della Unione
nazionale cooperative italiane e della Confederazione italiana
dirigenti d'azienda.
L'Ufficio di Presidenza si è riunito dalle 14
alle 16.15.
AUDIZIONE
Martedì 1 o
febbraio 2000. - Presidenza del Presidente Giorgio BENVENUTO.
Audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma
2, del regolamento, della Commissione di vigilanza sui fondi
pensione sulle questioni connesse allo schema di decreto
legislativo concernente «Riforma della disciplina fiscale della
previdenza complementare».
(Svolgimento e conclusione).
La seduta comincia alle 10.10.
Giorgio BENVENUTO, presidente , propone
che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante la
trasmissione audiovisiva a circuito chiuso. Non essendovi
obiezioni, così rimane stabilito.
Svolge quindi un intervento introduttivo.
Il professor Mario BESSONE, presidente della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione , svolge una
relazione sui temi oggetto dell'audizione.
Intervengono il presidente Giorgio BENVENUTO ed
i deputati Carlo PACE (AN), Roberto PINZA (PD-U) e Salvatore
BIASCO (DS-U).
Replicano il professor Mario BESSONE, nonché
il dottor Massimo ANTICHI,
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il dottor Ambrogio RINALDI, ed il dottor
Ferdinando MONTALDI, funzionari della Commissione di vigilanza
sui fondi pensione.
Giorgio BENVENUTO, presidente , dichiara
conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11.15.
N.B.: Il resoconto stenografico
dell'audizione sarà pubblicato in un fascicolo a parte.
VI COMMISSIONE
FINANZE
AUDIZIONE
Seduta di martedì 1° febbraio 2000
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La seduta comincia alle 10.10.
Sulla pubblicità del lavori.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni,
rimane stabilito che la pubblicità dei lavori venga assicurata
anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione della Commissione di
vigilanza sui fondi pensione sulle questioni connesse allo schema
di decreto legislativo concernente «Riforma della disciplina
fiscale della previdenza complementare».
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, nell'ambito
dell'esame del decreto legislativo concernente «Riforma della
disciplina fiscale della previdenza complementare».
Ringrazio per la sua disponibilità il presidente Mario Bessone,
che è venuto accompagnato dall'avvocato Gennaro Cimmino,
direttore generale della Commissione di vigilanza sui fondi
pensione, dal dottor Ambrogio Rinaldi, responsabile della
direzione di vigilanza e attività ispettive, dal dottor Massimo
Antichi, responsabile del servizio studi, e dal dottor Ferdinando
Montaldi, dirigente della direzione autorizzazioni della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Devo dire che su
questo argomento le audizioni si svolgeranno «a tamburo
battente»; sicuramente voi siete già a conoscenza del parere
che abbiamo raccolto ascoltando gli altri soggetti interessati,
in particolare la rappresentanza delle forze sociali. Siamo
pertanto in attesa di conoscere la vostra opinione sulla delega
attuata dal Governo in materia di riforma della disciplina
fiscale della previdenza complementare.
MARIO BESSONE, Presidente della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Signor
presidente, per mio tramite la Commissione di vigilanza sui fondi
pensione ringrazia vivamente la Commissione finanze per questa
audizione che ci consente di offrire un contributo di riflessione
su un intervento legislativo che, come lei ha autorevolmente
ricordato, è uno degli eventi di maggior rilievo dell'attuale
legislatura.
Usando per intero e in coerenza con la normativa di delega i
poteri normativi che gli sono stati conferiti, con questo
provvedimento il Governo apporta innovazioni molto significative
alla disciplina complessiva del sistema della previdenza
complementare, e non soltanto per quanto riguarda il regime
fiscale della previdenza complementare. Certo, le norme che
concernono la materia fiscale meritano una particolare attenzione
per una serie convergente di motivi: la nuova disciplina delle
contribuzioni della gestione patrimoniale dei fondi e delle
prestazioni previdenziali assicurate agli aderenti ai fondi
pensione segna comunque una inversione di tendenza che forse non
è esagerato definire storica, se si considera che le norme del
decreto legislativo n. 124 del 1993, ma anche i provvedimenti
successivi, al di là delle intenzioni del legislatore,
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hanno operato come un fattore di
difficoltà per la crescita del sistema della previdenza
complementare.
In secondo luogo, mi sembra sia il caso di rilevare che i
contenuti di questo schema di decreto, tanto più se sarà
possibile apportare qualche correttivo che ne incrementi
l'incidenza, costituiscono, per così dire, un atto
costituzionalmente dovuto, nel senso che il comma 4 dell'articolo
38 della Costituzione mi sembra prefiguri, oltre che legittimi,
un trattamento di privilegio per quanto riguarda le forme di
investimento del risparmio delle famiglie con finalità
previdenziali.
La Commissione di vigilanza rileva, inoltre, che esigenze di
equità impegnano ad una dura riforma di regime, essendo
l'investimento di risparmio con finalità previdenziale e i fondi
pensione l'unica forma di investimento finanziario che differisce
a lungo periodo la disponibilità delle risorse investite; e
questa indisponibilità di lungo periodo, per opinione generale,
merita una compensazione costituita da un regime fiscale di
incentivazione. In ogni caso, più ancora dei riferimenti di
ordine formale e degli stessi riferimenti di equità sociale,
sono rilevanti i dati di esperienza; e l'esperienza degli altri
paesi, nei quali esiste, come fenomeno di grande consistenza, la
previdenza complementare ed esistono fondi pensione, insegna che
la variabile decisiva è per l'appunto una disciplina fiscale di
incentivazione.
Qualche volta si teorizza una preferenza astratta di altri regimi
giuridici della previdenza complementare, ma chi conosce la
materia sa che l'elemento che fa davvero la differenza e che
consente alla previdenza complementare uno sviluppo significativo
è innanzitutto una disciplina fiscale di sostegno. La
Commissione di vigilanza, facendo queste valutazioni di ordine
generale, ha naturalmente una precisa consapevolezza del costo
non trascurabile che l'incentivazione fiscale della previdenza
complementare comporta per il sistema della previdenza pubblica,
ma è ancora il presidente Benvenuto a ricordare che quel costo
è più che compensato dal valore che la previdenza complementare
aggiunge ad un sistema-paese innanzitutto sul lato del
contenimento, per così dire, degli effetti della crisi del
sistema pensionistico pubblico; al tempo stesso ciò significa
per i mercati finanziari uno strumento forte di incentivazione e
di crescita.
Pertanto, esprimo un apprezzamento complessivo per le norme dello
schema di decreto legislativo che riguardano la materia fiscale,
essendo semmai da valutare in che misura la delega conferita al
Governo e la sua attuazione nelle norme del decreto risultino
capaci di realizzare un'incentivazione fiscale sufficientemente
forte.
Guardando in questa prospettiva, la Commissione di vigilanza,
più che non aggiungere suoi particolari rilievi a quelli già
formulati in punto di tecnica normativa o per quanto riguarda
singoli profili della disciplina, anche per osservare il limite
delle sue competenze istituzionali che non comportano alcuna
legittimazione ad avanzare proposte di politica economica,
ritiene di offrire un contributo, documentando lo stato del
sistema della previdenza complementare al dicembre del 1999, per
verificare quali possano essere le incidenze dei provvedimenti
fiscali su questo quadro complessivo di sistemi.
Dirò, in via più che breve, che l'avvio di un sistema di
previdenza complementare comportava la realizzazione di una
disciplina regolamentare del settore al punto di equilibrio tra
efficienza e garanzie; la disciplina è ormai completata e la
Commissione la ritiene un sufficiente punto di equilibrio tra
efficienza e garanzie. L'efficienza riguarda i tempi di
operatività della Commissione di vigilanza, i quali sono
sicuramente in linea con i tempi impiegati, attraverso i loro
provvedimenti, dalle altre autorità di vigilanza, con possibili
funzioni di regolazione del mercato finanziario. Per quanto
riguarda le garanzie, occorre rilevare che quelle di trasparenza
del sistema dei fondi pensione complessivamente considerati e le
garanzie di informazione del singolo aderente a
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tali fondi sono ormai nel nostro
paese ad una soglia sicuramente competitiva rispetto alle
garanzie offerte sullo stesso piano dalla disciplina
regolamentare di altri paesi.
Si è avviata l'attività di vigilanza; la cooperazione con le
altre autorità di vigilanza ha conseguito risultati utili; la
Commissione di vigilanza - e questo mi sembra rilevante - ha
osservato costantemente il limite della sua competenza
istituzionale, lasciando lontana da sé qualsiasi forma o
qualsiasi possibile tentazione di dirigismo nella sfera dei
rapporti che competono all'autonomia privata dei gestori dei
fondi pensione.
I provvedimenti fiscali, a questo punto, hanno una loro ricaduta
sul sistema della previdenza complementare inadeguata in termini
di operatività. Naturalmente, di più contano i numeri. A
dicembre del 1999 i fondi pensione operanti nel nostro paese sono
895; 774 sono i fondi preesistenti alla disciplina del decreto
legislativo n. 124; 121 sono i fondi pensione di nuova
generazione, di cui 33 i fondi pensione chiusi; 88 i fondi
pensione aperti a contribuzione definita. Pertanto, se il sistema
richiede completamenti del pubblico impiego per quanto riguarda
la previdenza complementare e, sul lato dei fondi pensione
aperti, il completamento della disciplina dei fondi pensione
aperti a prestazione definita (cosa che questa Commissione ha
ripetutamente domandato all'autorità di Governo), ebbene, se
occorrono questi completamenti, tuttavia i provvedimenti fiscali
possono adesso misurare la loro incidenza su un settore entrato
in una fase di operosità e di operatività che si constata in
modo ancora più puntuale se si guarda al sistema dei fondi
pensione chiusi operanti nei settori del lavoro privato, del
lavoro dipendente, del comparto del lavoro autonomo,
dell'attività di professionisti liberi e di soci di società
cooperative. L'insieme dei fondi pensione chiusi, di cui dicevo,
interessa ormai operativamente qualcosa come 12 milioni di
lavoratori; va poi rimarcato che l'articolazione del settore
comprende fondi pensione di settori decisivi della grande
industria, ma anche fondi pensione che interessano la media e
piccola impresa. Tale articolazione riguarda la dimensione
nazionale della previdenza complementare, ma anche episodi
significativi di previdenza complementare pensata a misura di
territorio: non soltanto i fondi pensione di regioni a statuto
speciale, ma qualche esperienza di fondo pensione a base
territoriale è stata già fatta per regioni a statuto ordinario.
Se si guarda al numero delle adesioni si constata che per i fondi
pensione per i quali questa valutazione è significativa - cioè
i fondi pensione negoziali che, oltre ad operare la raccolta
delle adesioni già operano anche la raccolta dei contributi
previdenziali - la soglia delle adesioni è attorno al 27 per
cento della complessiva popolazione dei destinatari del fondo
pensione. Da ciò deriva un indicatore di segno positivo e un
indicatore che invece legittima una qualche preoccupazione.
Per quanto riguarda l'indicatore di segno positivo, se si
considera che l'esperienza di previdenza complementare di nuova
generazione è fenomeno recente, se si considera che il peso
della contribuzione obbligatoria a regime pensionistico è di
primo pilastro, una soglia di adesione attorno al 27 per cento va
considerata positivamente. Tuttavia la Commissione riscontra che,
a fronte di questi risultati di segno positivo, esistono anche
indicatori che suscitano perplessità, perché esistono fondi
pensione chiusi che incontrano difficoltà notevoli nel
raccogliere le adesioni e questo è il segno, per l'appunto,
della necessità di una incentivazione di carattere forte.
D'altra parte, l'indicazione di segno congiuntamente positivo e
negativo riguarda anche il comparto dei fondi pensione aperti, il
cui numero è assolutamente elevato (88 fondi pensione aperti
entrati in operatività) a fronte di un'offerta di mercato molto
varia dei fondi pensione policomparto, dei fondi pensione
attivati da imprese assicurative, da enti creditizi, da società
di gestione del risparmio. Ebbene, a questa offerta di mercato,
che dovrebbe risultare notevolmente competitiva
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rispetto alle alternative date ai
risparmiatori interessati a perseguire finalità previdenziali,
fa riscontro un flusso di risorse finanziarie ancora contenuto e
un limitato numero di adesioni.
Sono dati che tanto più devono far riflettere quanto più si
considera che il risultato della gestione finanziaria dei fondi
pensione chiusi e dei fondi pensione aperti nella fase storica
recente è stato di segno decisamente positivo.
Questo scenario complessivo indica con chiarezza la necessità di
una strategia di intervento di sostegno della previdenza
complementare che ha appunto nella disciplina fiscale il suo
primo referente fondamentale e che avrà il suo secondo punto di
riferimento nella disciplina attesa sulla possibilità di
acquisizione del TFR alle risorse finanziarie dei fondi pensione.
Se dallo sguardo di sistema si passa ad una valutazione della
posizione dei singoli aderenti ai fondi pensione, occorre dire
che l'entità della contribuzione, notevolmente limitata, in
assenza di un regime fiscale di incentivazione non riesce a
prefigurare, per l'aderente potenziale ai fondi pensione, un
risultato davvero compensativo di quanto di meno si può temere
di attendere dal sistema pensionistico pubblico. Questo conferma
la centralità dei provvedimenti che si vanno assumendo in
materia fiscale, per i quali la Commissione esprime un motivato
apprezzamento invitando tuttavia a considerare se, in una
prospettiva più lontana di quanto sia l'imminente riforma del
regime fiscale, ma non così lontana da pregiudicare l'andamento
complessivo del sistema, non sia possibile pensare ad una
ulteriore serie di misure di incentivazione fiscale riferite ai
lavoratori di giovane generazione, che sono la fascia di
appartenenti al mondo del lavoro che comprensibilmente incontra
maggiori difficoltà nell'accesso alla previdenza complementare,
essendo la contribuzione tanto più onerosa quanto più si tratti
di lavoratori di giovane generazione, che possono riservare al
loro futuro pensionistico una quota di reddito contenuta.
In tale quadro, la Commissione esprime un apprezzamento convinto
per i contenuti dell'articolo di apertura dello schema di decreto
legislativo, in cui si opera un'incentivazione significativa
delle adesioni, essendo la soglia delle riduzioni fiscali
relative alla contribuzione a fondi pensione notevolmente
elevata. La Commissione rileva che occorre tuttavia verificare,
con riferimento ad ogni singola fattispecie, i risultati
conseguenti al rapporto che la norma istituisce tra deducibilità
fiscale e vincolo di destinazione di quote del TFR alla forma
pensionistica complementare. Mi sembra che questo profilo sia
già fortemente all'attenzione della Commissione finanze, come è
emerso anche dall'intervento introduttivo del presidente.
La Commissione esprime un apprezzamento senza riserve nei
confronti della disposizione dell'articolo 5 del decreto, che
opera una motivata estensione ai fondi pensione del regime
fiscale già operante per gli organismi di investimento
collettivo del risparmio. In questo senso, va considerato il
particolare valore della finalità previdenziale e sono perciò
da condividere le valutazioni di quanti ritengono che occorra
stabilire, per il fondo pensione, una consistente riduzione
dell'aliquota delle imposte, in quanto non è sufficiente
un'equiparazione del trattamento fiscale del fondo pensione alle
forme di gestione collettiva del risparmio ma è necessario un
intervento sull'aliquota che consenta davvero al fondo pensione
di ricevere quel trattamento privilegiato in senso tecnico di cui
parlavo all'inizio.
Esprimiamo consenso anche con riferimento alla disciplina
contenuta negli articoli 10 ed 11 del decreto. In un sistema
perfettamente a regime occorrerebbe ancora più, ma è già molto
importante che con la nuova disciplina si escluda che
l'imposizione fiscale possa gravare sul percettore delle
prestazioni per la parte già incisa in sede di tassazione dei
rendimenti conseguiti nella fase di gestione del patrimonio del
fondo pensione. La rimozione di questa forma di
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doppia imposizione costituisce un
progresso significativo e, per la verità, esclude anche
obiezioni altrimenti motivate alla coerenza di una disciplina
fiscale che risulterebbe penalizzante. Con riguardo invece alla
parte fiscalmente incisa, bisogna domandarsi se, nella
prospettiva di ulteriori riforme, non possa prospettarsi un
regime fiscale di ancor maggiore favore per talune categorie di
lavoratori potenzialmente aderenti ai fondi pensione che siano
particolarmente meritevoli di protezione sociale, e comunque per
la categoria indistinta dei lavoratori di nuova generazione, che
per definizione sono una categoria sociale meritevole di
un'accentuata protezione. Tutto questo, naturalmente, si pone sul
piano della politica legislativa, e perciò di valutazioni che
non competono più di tanto alla Commissione di vigilanza.
A tale Commissione compete invece una valutazione sulle
integrazioni che si apportano al decreto legislativo n. 124 con
l'introduzione di un articolo 9-bis e di un articolo 9-ter .
L'apertura del sistema a forme pensionistiche individuali è una
grande riforma di sistema, forse anche maggiore di quanto una
prima analisi abbia consentito di valutare in linea generale,
tanto più se si considera la possibilità di ricorso a questa
forma pensionistica individuale anche per i soggetti non titolari
di reddito di lavoro o di impresa. Ciò pone la forma
pensionistica individuale al punto di confine della previdenza
complementare nell'accezione tradizionale del termine.
Posto che questa fosse la linea di politica del diritto
prefigurata dalla normativa di delega e concretata dal decreto
governativo, alla Commissione sembra che questa nuova forma
pensionistica sia strumentata in modo adeguato, anche per quanto
riguarda alcuni particolari della disciplina, per esempio la
facoltà del contraente di proseguire volontariamente nella
partecipazione al fondo, considerato che questa prestazione
potrebbe essere anche l'unica alla quale il contraente stesso
accede. Così come sembra persuasiva l'articolazione del regime
nel piano pensionistico individuale nella forma dell'adesione al
fondo pensione aperto e nel piano pensionistico individuale nella
forma della sottoscrizione di contratti di assicurazione sulla
vita. Entrambe le ipotesi impegnano la Commissione di vigilanza
ad un supplemento di attività e ad un'ulteriore integrazione
della disciplina regolamentare del settore, che rinvia alla
necessità di un incremento delle risorse della Commissione di
vigilanza per far fronte a responsabilità istituzionali
progressivamente crescenti.
Al di là di questo, il risultato prefigurato dal decreto
riscuote il convinto apprezzamento della Commissione di vigilanza
anche per quanto riguarda l'articolazione delle sfere di
competenza. Posto che la forma pensionistica individuale, con
tutte le sue significative atipicità, rientra pur sempre nel
sistema della previdenza complementare, si spiega che non
soltanto l'articolo 9-bis , ma anche l'articolo 9-ter
prevede una competenza congiunta, che riguarda la Commissione di
vigilanza e l'ISVAP e, nello stesso tempo, la Commissione di
vigilanza, la Consob e l'ISVAP laddove si tratti di garantire
un'adeguata informazione dei potenziali aderenti. La Commissione
non ritiene che la previsione di una concertazione tra
Commissione di vigilanza e ISVAP - quanto al rilascio
dell'autorizzazione all'esercizio delle forme pensionistiche
individuali attuate mediante contratti di assicurazione sulla
vita - costituisca un intersecarsi di competenze amministrative
tale da pregiudicare il buon andamento del settore, perché tra
Commissione di vigilanza ed ISVAP già su altri terreni si sono
attuate forme di cooperazione che hanno consentito di realizzare
il risultato di un regime utile in tempi dell'agire
amministrativo considerevolmente brevi.
In ogni caso, è importante la previsione del terzo comma del
nuovo articolo 9-ter , laddove si richiede all'ISVAP
un'intesa non soltanto con la Commissione di vigilanza (il che è
tecnicamente dovuto, data l'appartenenza delle forme
pensionistiche individuali al comparto della previdenza
complementare), ma anche con la CONSOB,
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in modo da garantire che la soglia
di trasparenza per il potenziale aderente a contratti di questa
natura sia la più elevata possibile. Mi sono interrogato a lungo
sul secondo comma dell'articolo 9-ter , laddove si prevede
che competa alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione
l'individuazione dei criteri di attuazione e di regolamentazione
di quanto previsto dall'articolo 9-ter del decreto
legislativo n. 124. La Commissione, naturalmente con il
contributo dei suoi funzionari, ha provveduto a compiere una
riflessione particolare su questo tema. L'esito di questa
riflessione è che anche la previsione del secondo comma
dell'articolo 9-ter sia opportuna, perché la competenza
normativa della Commissione di vigilanza si giustifica nella
misura in cui anche questa particolare forma pensionistica
mediante contratti di assicurazione sulla vita appartiene al
sistema della previdenza complementare, in modo che la coerenza
d'insieme del sistema vuole che la Commissione di vigilanza non
sia esclusa dalla fattispecie e dalla disciplina della stessa in
via regolamentare. Questo naturalmente comporterà un ulteriore
gravoso impegno per la Commissione ed ancora una volta rinvia al
tema della forza operativa della stessa: ma questo tema non è
oggetto dell'audizione odierna e, d'altra parte, la Commissione
di vigilanza ha ricevuto segni importanti della sensibilità di
questa Commissione parlamentare su di esso.
PRESIDENTE. Vorrei sapere se esistono
dati più specifici sulle adesioni ai fondi pensione dei giovani
e se vi è un comportamento omogeneo tra fondi aperti, fondi
chiusi, fondi di categoria e fondi regionali. Vorrei inoltre
sapere qual è la partecipazione dei giovani, anche tenendo conto
dell'età media dei lavoratori occupati, che nell'industria
metalmeccanica, per esempio, è più alta rispetto ad altre
industrie.
MARIO BESSONE, Presidente della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione . Farò solo
qualche considerazione molto breve e non perfettamente tecnica;
invito i funzionari ad essere più precisi.
La mia opinione personale è che in sede di attuazione della
delega difficilmente si possano trovare spazi per un
provvedimento finalizzato all'incentivazione delle adesioni dei
lavoratori di giovane generazione. Ritengo peraltro significativo
che questo tema sia già emerso in alcune delle audizioni che
questa Commissione ha svolto e che l'indicazione sia venuta da
soggetti che hanno sicuramente un'elevata sensibilità sociale,
peraltro non maggiore di quella della Commissione di vigilanza
sui fondi pensione. Penso che sia difficile offrire precisazioni
sulle adesioni ai fondi pensione aperti, non essendovi ancora una
quantificazione di dati rappresentativi. È invece possibile dare
un'indicazione per quanto riguarda i fondi pensione chiusi, che
tra l'altro, da questo angolo di osservazione, costituiscono il
tema di maggiore rilievo.
Quando ho parlato del particolare rilievo delle incentivazioni
fiscali intendevo dire (vorrei ripeterlo in termini meno formali)
che per il lavoratore di giovane generazione si combinano tre
elementi, che vanno nella medesima direzione. Anzitutto, una
minore capacità di attrazione da parte delle fonti istitutive,
cioè delle organizzazioni sindacali, che riescono a conseguire
un ascolto maggiore presso i lavoratori appartenenti a
generazioni anziane, che hanno un grado di sindacalizzazione più
elevato; nello stesso tempo, è comprensibile che i lavoratori
giovani abbiano una percezione meno viva dei problemi della terza
età. Sicuramente in questa materia pesa molto il fatto che,
nonostante le insistenze della Commissione di vigilanza (ma non
soltanto di essa), non sia stato possibile attivare una campagna
di informazione su scala di massa per i temi della previdenza
complementare, come invece si è potuto fare per altri temi,
anch'essi molto importanti ma, se non ho un'ottica deformata di
settore, di rilievo comparativamente inferiore rispetto al tema
della previdenza complementare.
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Infine, occorre considerare che le esigenze di vita dei
lavoratori giovani sono maggiori di quelle delle generazioni di
altra classe di età, per cui la tendenza a non sottrarre
un'ulteriore quota di reddito ai consumi della famiglia è più
che comprensibile. Da ciò la rilevanza di misure fiscali che
riguardino in modo particolare le generazioni giovani.
MASSIMO ANTICHI, Funzionario
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. La
Commissione sta seguendo questo problema. Dall'ultima
rilevazione, che data 30 settembre 1999, risulta che, se in
media, come osservava il presidente, l'adesione ai fondi
negoziali si può ritenere soddisfacente, i comportamenti sono
tuttavia differenziati.
Rispetto sia all'età che all'anzianità contributiva noi
rileviamo la seguente contraddizione. Vi è sicuramente
un'attenzione da parte dei soggetti la cui anzianità
contributiva, all'epoca della riforma del 1995, era inferiore ai
18 anni (che sono poi i beneficiari del sistema contributivo pro
rata) , nel senso che, rispetto all'universo dei lavoratori
dipendenti, registriamo una maggiore propensione all'adesione ai
fondi negoziali. I soggetti con meno di 18 anni di anzianità
contributiva rappresentano sostanzialmente il 70 per cento del
totale degli iscritti, mentre nell'universo dei lavoratori
dipendenti rappresentano circa la metà. Tuttavia, i più
giovani, in particolare quelli con meno di 30 anni, sono
scarsamente rappresentati; ulteriormente sottorappresentato
rispetto all'universo in questione è il sesso femminile. Non
dobbiamo naturalmente dimenticare che i giovani, rispetto al
totale degli occupati, sono una minoranza e che, tra l'altro,
hanno contratti part time o forme contrattuali atipiche.
Questo, pertanto, non deve sorprendere; tuttavia, si registra
questa diversità di comportamenti, in alcuni casi giustificata
da previsioni contrattuali (per esempio, il contratto dei
metalmeccanici) che escludono la possibilità da parte dei
titolari di contratti a tempo determinato di aderire ai fondi
pensione.
Personalmente ritengo che il problema sia legato all'onerosità
del TFR, in quanto la vecchia disciplina prevedeva che dovesse
essere trasferito integralmente ai fondi pensione. Questo
probabilmente opera come disincentivo all'adesione dei giovani ai
fondi pensione. Sappiamo che è in preparazione un provvedimento
del Governo, riguardante la devoluzione semiautomatica del TFR ai
fondi pensione, che dovrebbe risolvere questo problema; tuttavia,
la vostra impressione è corretta. Non è vero, quindi, che
rispetto al problema della «miopia» previdenziale non vi sia
attenzione da parte dei soggetti interessati; si riscontra
peraltro una contraddizione con riferimento ai lavoratori più
giovani ed in particolare a quelli di sesso femminile.
PRESIDENTE. Vorrei rivolgere anch'io
una domanda: c'è una differenza di comportamenti tra i fondi di
categoria ed i fondi territoriali, come quello della regione
Veneto?
MASSIMO ANTICHI, Funzionario
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Quello di
cui ho parlato è un fenomeno generale; si registra poi una
maggiore difficoltà per i fondi che si dedicano agli addetti ai
settori del lavoro autonomo o dell'artigianato, difficoltà
dovuta alla frammentazione degli stessi addetti al settore. Vi è
cioè una minore aggregazione rispetto a fenomeni industriali,
anche microdiffusi, e quindi una scarsa capacità da parte dei
promotori del fondo di cooptare i soggetti.
CARLO PACE. Mi rendo conto che
l'esperienza fatta finora del lavoro «in affitto» è molto
breve e quindi non so se sarà possibile rispondere alla domanda
che intendo porre; tuttavia, mi interesserebbe sapere, ove fosse
possibile reperire i dati, quali adesioni si riscontrano - in
relazione all'universo del lavoro «in affitto» - rispetto agli
altri comparti. Vorrei sapere se, nel caso specifico, vi è un
qualche elemento di differenza oppure se
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sostanzialmente le differenze sono
riconducibili a fatti meramente casuali e non sistematici.
PRESIDENTE. È possibile avere una
stima dell'entità dei fondi raccolti? Personalmente, ne conosco
qualcuna, come quella relativa ai metalmeccanici; tuttavia,
vorrei conoscere altri dati. Quanti sono i soggetti rispetto al
potenziale dei 12 milioni?
ROBERTO PINZA. Presidente Bessone,
in termini percentuali, quando voi fate le vostre valutazioni,
riveste un'importanza particolare la dimensione aziendale? Se vi
è un'adesione del 50 per cento, tale percentuale si registra
identica sia nelle aziende composte da 20-30-40 dipendenti sia
nelle aziende composte da 2-3-4 mila dipendenti? Gioca la
dimensione aziendale?
MARIO BESSONE, Presidente della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione. In verità, non
esistono ancora dati significativi, sia perché si tratta di un
fenomeno recente, sia perché la previdenza complementare
talvolta non è presente nel comparto del lavoro al quale la
domanda dell'onorevole Pace faceva riferimento. Sicuramente il
dottor Rinaldi potrà essere più preciso.
AMBROGIO RINALDI, Funzionario
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Come già
diceva il collega Antichi, la partecipazione ai fondi pensione di
soggetti con forme di rapporti di lavoro atipico, non a tempo
indeterminato, quali anche l'interinale, è un fenomeno ancora
marginale che non è rilevato e soprattutto in molti casi è
escluso dal fatto che le fonti istitutive dei fondi pensione non
prevedono queste forme di lavoro atipico o interinale.
CARLO PACE. Il che può porre un
problema. Se volessero cominciare dall'inizio incontrerebbero
ostacoli.
AMBROGIO RINALDI, Funzionario
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Non c'è
dubbio.
Per quanto riguarda, invece, l'ammontare delle risorse affluite
ai fondi pensione, per i fondi negoziali la stima (sono dati di
fine settembre 1999) è dell'ordine di 800 miliardi, mentre per i
fondi aperti (quelli, cioè, istituiti da banche, assicurazioni e
così via) la stima è dell'ordine di 200 miliardi. Ci aspettiamo
che questa seconda cifra sia nel frattempo cresciuta, perché di
solito nell'ultimo periodo dell'anno si concentra la maggior
parte delle adesioni.
MARIO BESSONE, Presidente della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione. È comunque
indicativo il dato che riguarda i fondi pensione aperti. Infatti,
mentre per il fondo pensione chiuso entrano in gioco fattori di
natura più complessa (appartenenza di categoria, solidarietà
collettiva, capacità di impulso laddove ci sono fonti
istitutive, come imprese e sindacati), il fondo pensione aperto
offre sul mercato una pura e semplice forma di investimento
finanziario che deve competere con le altre possibili forme di
investimento finanziario con finalità previdenziale che ci sono
e che sono numerose.
Allora la competizione può essere soltanto in una valutazione
sul punto di equilibrio fra rischio di investimento e rendimento
della gestione. Posto che non ci sono motivi teorici per ritenere
che la gestione del fondo pensione aperto sia supercompetitiva
rispetto alla gestione del fondo comune di investimento o altro,
tanto più se si intende incrementare la previdenza
complementare, occorre assicurare il beneficio supplementare
dell'incentivazione fiscale, costituito da un regime fiscale di
sostegno e in qualche misura di privilegio.
Questa è la realtà delle cose. Il dato, relativamente
contenuto, della crescita del settore dei fondi pensione aperti
deve far riflettere: non si tratta di una scadente offerta di
mercato, bensì di un'offerta di mercato molto articolata (i
fondi pensione aperti monocomparto sono in numero
Pag. 10
esiguo) e a misura dell'esigenza
di possibili classi di investitore-famiglia interessate
all'utilizzo dello strumento. Pertanto, la cifra di 200 miliardi,
citata dal dottor Rinaldi, è solo un indicatore di segno
negativo che deve far riflettere; è la riprova della necessità
di una politica fiscale di incentivazione forte.
FERDINANDO MONTALDI, Funzionario
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Premetto
che le nostre rilevazioni sui tassi di adesione sono in parte
limitate, in quanto si focalizzano soprattutto su sei fondi
negoziali che a tutt'oggi raccolgono adesioni e contribuzioni.
Per quanto riguarda il rapporto tra dimensione aziendale e tassi
di adesione registrati, possiamo rilevare che all'interno dello
stesso fondo di riferimento (il fondo del settore chimico o
quello del settore metalmeccanico) vi è una tendenziale
differenza tra il tasso di adesione nelle aziende medio-grandi e
quello nelle piccole e medie imprese. Nel primo caso i tassi di
adesione sono in media più elevati. Credo che questo sia dovuto
soprattutto al fenomeno che ricordava precedentemente il
professor Bessone, ossia alla difficoltà di veicolare le
informazioni e di sensibilizzare i lavoratori laddove il tessuto
produttivo è più frammentato. Valutazioni e dati più precisi
sull'adesione ai fondi che si rivolgono esclusivamente a settori
della piccola e media impresa si potranno avere da qui ad un
periodo successivo, quando alcuni dei fondi rilevanti (mi
riferisco al fondo che si rivolge essenzialmente alla piccola e
media impresa, che è stato recentemente autorizzato e che
riguarda i dipendenti del settore dell'artigianato) potranno dare
i primi risultati in termini di tassi di adesione. Ripeto che
all'interno degli stessi fondi di riferimento si riscontra una
differenziazione, che si ritiene sia dovuta principalmente alla
difficoltà di veicolare le informazioni e di sensibilizzare i
lavoratori.
ROBERTO PINZA. Da questa
audizione è emersa la necessità di creare un «tappeto» di
comunicazione: più la situazione è piccola e lontana, meno
arriva l'esigenza. Dico questo perché, quando formuleremo il
parere finale, nulla vieterà di prevedere un capoverso che
impegni ad usare gli strumenti di comunicazione pubblica per dare
la sensazione che questo è un passo decisivo.
Il professor Bessone è uomo di grande esperienza ed ha gestito
con notevoli capacità un settore molto difficile; credo quindi
che si sarà fatto un'idea ben precisa. Siamo di fronte ad una
scelta di politica legislativa: un'operazione crash o
un'operazione di accompagnamento. Le operazioni di
accompagnamento si realizzano a forza di meno uno; le operazioni crash
distinguendo nettamente quello che si sta facendo ed intervenendo
robustamente. Allo stato attuale, lei ritiene che occorra
un'accelerazione brusca attraverso misure significative oppure
che bisogna rassegnarsi ad una progressione graduale e un po'
lenta nel tempo attraverso misure di accompagnamento?
MARIO BESSONE, Presidente
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione . A titolo
personale ho delle idee molto precise al riguardo.
Una politica che complessivamente operi in sostegno della
previdenza complementare, ma con misura, è una politica che
rinuncia a pensare alla previdenza complementare in termini di
grande risposta ad un grande problema del paese. Naturalmente,
questa è una valutazione politica legittima, perché i problemi
del paese sono complessivi e non esiste solo la questione
previdenziale.
Se davvero si pensa che la previdenza complementare sia la
risposta politicamente giusta alla crisi del sistema
pensionistico pubblico e che il fondo pensione, l'investitore
istituzionale, sia la risposta ai problemi di spessore e di
stabilità dei mercati finanziari, allora occorre (per adoperare
il suo modo diretto di rappresentare il problema) una politica di
incentivazione che sia la più forte. Al momento, infatti, la mia
convinzione personale è la seguente. Per il
risparmiatore-famiglia
Pag. 11
l'esigenza di un investimento con
finalità previdenziali che contenga gli effetti negativi della
crisi del sistema pensionistico pubblico esiste e sarà comunque
soddisfatta; naturalmente, il mercato finanziario offrirà ed
offre già oggi un numero elevato di strumenti per realizzare
quella finalità. Se si ritiene che tale finalità debba essere
attuata attraverso la previdenza complementare, allora occorre
una politica di impulso molto forte su tutti i lati: sul lato del
trattamento fiscale, sul lato dell'acquisizione delle risorse del
TFR, sul lato delle riforme di sistema dell'organizzazione
pubblica di vigilanza sulla previdenza complementare. Una
politica di passo lento verosimilmente, nel medio periodo,
avrebbe come risultato l'espansione non della previdenza
complementare ma di forme alternative di tutela pensionistica
complementare degli italiani. Infatti, non devo essere io a dire
a lei, perché lei lo insegna a me, che il mercato finanziario,
in Italia ed in Europa, è perfettamente attrezzato, già oggi,
per offrire alternative di portafoglio, che sono legittime e sono
precisamente ciò che ci si attende da un mercato finanziario.
Il problema politico è se si ritiene che la direzione debba
essere quella oppure un'altra. La forma pensionistica
individuale, in questo senso, è al punto di confine tra le due
azioni di politica legislativa, perché configura una forma
pensionistica complementare e, tuttavia, la configura già con
gli strumenti più congeniali al mercato finanziario (adesione
individuale al fondo pensione aperto e contratto assicurativo con
finalità previdenziali). La decisione è puramente politica: se
la decisione politica è che la previdenza complementare sia la
soluzione di un problema del paese, allora queste norme di
riforma di regime sono soltanto il primo passo.
SALVATORE BIASCO. Ho ascoltato
con interesse l'audizione e vorrei un chiarimento su un problema
che in qualche modo mi tormenta, perché l'inquadramento dei
fondi pensione varia a seconda della risposta.
Secondo la valutazione della Commissione di vigilanza, l'adesione
al fondo pensione aumenta la propensione al risparmio degli
aderenti oppure è soltanto una ricollocazione di portafoglio? Se
la risposta è negativa, la retorica sull'ispessimento dei
mercati finanziari non ha senso e l'urgenza delle agevolazioni si
pone in modo diverso da come viene posta nella pubblicistica,
perché si tratta soltanto di una ricollocazione. Certo, i fondi
pensione danno più stabilità e sicurezza, sono più finalizzati
allo scopo; però si tratta semplicemente di una distrazione di
un impiego di portafoglio da una forma finanziaria ad un'altra,
da un «fai da te» ad un modo più organizzato. Se invece
aumenta la propensione al risparmio, quindi il risparmio
complessivo, il discorso è completamente diverso. Non so se
potete darmi una risposta su questo punto; quello che ho trovato
in letteratura non è convincente, né in una direzione né
nell'altra.
MARIO BESSONE, Presidente
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione. Il
presidente Benvenuto mi invita alla brevità e quindi lei mi
perdonerà se la risposta sarà molto concisa e schematica.
A fronte del reddito della famiglia, una quota non può che
essere spesa, mentre l'altra quota è comunque investimento di
risparmio. Aderire al fondo pensione significa scegliere che
l'investimento di risparmio - e cioè l'acquisto di un
portafoglio finanziario - accetti il vincolo della
indisponibilità di lungo periodo, che è una passività, per
conseguire un risultato pensionistico e perciò un impiego di
portafoglio di carattere assolutamente particolare.
Se è così, l'adesione al fondo pensione non incrementa, a mio
avviso, la quantità del risparmio investito dagli italiani, ma
ne modifica la qualità, perché una parte di questo risparmio,
quello che va ai fondi pensione, è ricchezza finanziaria
sottratta alla disponibilità del titolare della ricchezza stessa
per un periodo di tempo molto lungo. Questa è una modificazione
Pag. 12
strutturale dell'economia
finanziaria del paese: di segno positivo oppure negativo? Di
segno positivo nella misura in cui si pensa - ed io lo penso -
che una stabilità delle politiche di portafoglio costituisca un
valore positivo per l'economia finanziaria del paese. Se
l'adesione ai fondi pensione risolve il problema pensionistico di
un certo numero di milioni di italiani, il paese,
complessivamente considerato, si trova davanti ad una questione
pensionistica che continua ad essere molto grave ma non così
grave per l'effetto di contenimento della crisi che un sistema di
previdenza complementare sicuramente può garantire.
PRESIDENTE. Ringraziando il
presidente Bessone, anche a nome di tutta la Commissione, per i
dati che ci ha forniti e per le valutazioni integrative che
vorrà farci pervenire in seguito, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11.10.
La seduta comincia alle 11.15
Audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma
2, del regolamento, dell'Istituto di vigilanza sulle
assicurazioni private (ISVAP), sulle questioni connesse allo
schema di decreto legislativo concernente «Riforma della
disciplina fiscale della previdenza complementare».
(Svolgimento e conclusione).
Giorgio BENVENUTO, presidente , propone
che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante la
trasmissione audiovisiva a circuito chiuso. Non essendovi
obiezioni, così rimane stabilito.
Svolge quindi un intervento introduttivo.
Il professor Giovanni MANGHETTI, presidente
dell'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP) ,
svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.
Intervengono il presidente Giorgio BENVENUTO, e
i deputati Carlo PACE (AN) e Salvatore BIASCO (DS-U).
Replica il professor Giovanni MANGHETTI e la
dottoressa Giuliana GAMBI, funzionario dell'istituto .
Giorgio BENVENUTO, presidente , dichiara
conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11.35.
N.B.: Il resoconto stenografico
dell'audizione sarà pubblicato in un fascicolo a parte.
AUDIZIONE
Seduta di martedì 1° febbraio 2000
Pag. 3
La seduta comincia alle 11.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni
rimane stabilito che la pubblicità dei lavori sia assicurata
anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione dell'Istituto di
vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), sulle questioni
connesse allo schema di decreto legislativo concernente «Riforma
della disciplina fiscale della previdenza complementare».
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca,
ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione
dell'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP),
sulle questioni connesse allo schema di decreto legislativo
concernente «Riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare».
Ringrazio il presidente, professor Giovanni Manghetti, ed i
funzionari dell'ISVAP qui presenti per aver aderito al nostro
invito. Conoscete la situazione ed i pareri che abbiamo raccolto
finora nel corso delle audizioni informali. Il dibattito in
Commissione sul decreto legislativo si è finora limitato alla
relazione introduttiva; desideriamo ora conoscere le vostre
valutazioni critiche ed anche i vostri suggerimenti sulla
proposta del Governo.
Do quindi la parola al presidente dell'ISVAP.
GIOVANNI MANGHETTI,
Presidente dell'ISVAP. È con molto piacere che torno in
quest'aula dopo l'audizione sulle assicurazioni RC auto. Sono
oggi qui con me il dirigente responsabile del servizio persone,
dottor Torri, e due funzionari esperti in materia fiscale e
pensionistica, la dottoressa Gambi e il dottor Mattei.
Devo innanzitutto osservare che il numero degli aderenti ai fondi
pensione e la conseguente raccolta dei contributi, come immagino
risulti anche alla Commissione, per quanto riguarda sia i
lavoratori dipendenti sia quelli autonomi, è al momento del
tutto demoralizzante. I dati sono talmente esigui da far
rabbrividire. La cifra degli iscritti al fondo pensione
ammontava, al 30 settembre 1999, a circa 84 mila unità per un
attivo netto gestito che non raggiungeva i 200 miliardi di lire.
Con riferimento ai fondi negoziali, alla stessa data il rapporto
tra numero degli iscritti e potenziali aderenti era del 27,1 per
cento, con un incremento di solo due punti rispetto al 31
dicembre 1998 e per un ammontare di contributi raccolti di 508
miliardi di lire. Tanto i fondi pensione quanto i fondi negoziali
non sono decollati. Il decreto legislativo va dunque esaminato in
relazione agli effetti che potrà produrre per un loro
sostanziale incentivo. La riforma del sistema fiscale potrebbe
costituire un incentivo allo sviluppo della previdenza
complementare. Non essendo compito istituzionale dell'autorità
di controllo del settore assicurativo sollevare altre
problematiche e spunti di riflessione contenuti nel decreto
legislativo n. 124 del 1993, mi limiterò ad una riflessione di
carattere generale e ad un breve riferimento ad uno specifico
fondo a prestazione definita.
Pag. 4
Il mio intervento toccherà due aree specifiche: le problematiche
autorizzatorie e di trasparenza; il regime fiscale dei fondi
pensione a prestazione definita. Per quanto riguarda il primo
aspetto, l'articolo 2, che inserisce nel decreto legislativo n.
124 l'articolo 9-ter , disciplina, nell'ambito delle forme
pensionistiche individuali, il ricorso a contratti di
assicurazione sulla vita. È stato previsto il rilascio di una
autorizzazione all'esercizio delle forme pensionistiche
individuali da attuarsi mediante ricorso a contratti di
assicurazione rilasciati dalla Commissione di vigilanza sui fondi
pensione d'intesa con l'ISVAP. La soluzione adottata non è
condivisibile per una serie di motivi ed appare debole sotto
tutti i punti di vista. Innanzitutto l'autorizzazione
all'esercizio dell'attività assicurativa, se intesa come
disciplina delle condizioni di accesso, è già regolamentata
dalla normativa assicurativa, la quale peraltro attribuisce la
relativa competenza all'ISVAP. Se invece l'espressione
«autorizzazione all'esercizio» intende fare riferimento ad un
obbligo di preventiva autorizzazione dei relativi prodotti, tale
disposizione è in contrasto con i principi giuridici di
derivazione comunitaria, che non consentono di imporre la
preventiva approvazione. Tenete presente che neppure l'ISVAP
autorizza gli attuali contratti di assicurazione, i prodotti
assicurativi da immettere sul mercato. Ove invece con
l'espressione «preventiva autorizzazione» si sia inteso
richiamare per le polizze di assicurazione sulla vita le stesse
caratteristiche fissate per i fondi pensione aperti sarebbe
sufficiente il semplice rinvio all'articolo 9-bis .
In merito all'obbligo previsto dal comma 3 dell'articolo 9-ter
di comunicare al contraente le informazioni che saranno stabilite
dall'ISVAP d'intesa con la Commissione di vigilanza sui fondi
pensione e con la CONSOB, anche in questo caso esiste già un
obbligo di comunicazione attraverso una nota informativa.
Basterebbe incrementare la disciplina esistente con quanto
contenuto nel decreto legislativo senza prefigurare la diffusione
di due note informative. Si tratterebbe di un intervento di
buonsenso perché l'utente potrebbe ricevere una sola nota
informativa. Infine, il comma 2 dell'articolo 9-ter fa
riferimento a criteri di attuazione e regolamentazione; non si
comprendono scopi e finalità dell'emanazione da parte della
Commissione di vigilanza sui fondi pensione di criteri di
attuazione e di regolamentazione «di quanto previsto
all'articolo 9-ter ». Trattandosi di un'attività svolta
da imprese di assicurazione, sarebbe stato opportuno prevedere
che provvedesse l'ISVAP, eventualmente d'intesa con la
Commissione di vigilanza.
Per quanto riguarda il regime fiscale dei fondi pensione a
prestazione definita, come ho già detto l'avvio è stato
demoralizzante per numero e per raccolta. Devo aggiungere che i
fondi a prestazione definita non sono stati neppure
«battezzati»: non sappiamo ancora quale natura abbiano. Si
tratta di contratti di assicurazione ove la società assume il
rischio finanziario e demografico di pagare una rendita ai
lavoratori autonomi (notai, dentisti, ragionieri e così via).
Interessando una fascia di lavoratori a reddito medio-alto, se
tali fondi fossero partiti in tempo avrebbero potuto costituire
un punto di riferimento per il mercato. Ai fondi a prestazione
definita si riconosce lo stesso regime fiscale di quelli a
contribuzione definita, introducendo così una differenziazione
rispetto ai contratti di assicurazione. Si tratta pertanto di
stabilire come considerarli. L'ISVAP sostiene che si tratti di
contratti di assicurazione che, come tali, sotto il profilo
fiscale devono seguire la stessa sorte di questi ultimi. Il
decreto li assimila invece ai fondi a contribuzione definita,
come se fossero a pura gestione finanziaria. Abbiamo compiuto una
simulazione applicando ai fondi le due tassazioni, quella
riferita ai contratti di assicurazione e quella legata alla
contribuzione definita; dall'esperimento emerge che il bilancio
pubblico si assicurerebbe un maggiore gettito se si applicasse ai
fondi la fiscalità dei contratti assicurativi (le assicurazioni
potrebbero a questo punto eccepire di essere tassate
maggiormente),
Pag. 5
anche se ci rendiamo conto
che ciò potrebbe comportare un problema di armonizzazione.
Vi è infine un'ultima questione piuttosto rilevante. Ci siamo
chiesti quali siano le possibilità per il lavoratore dipendente
di versare autonomamente i propri contributi ad un fondo aperto
ove il TFR versato fosse inferiore ai limiti di deducibilità. È
un problema al quale non abbiamo voluto dare risposta ma che
emerge dal decreto legislativo.
PRESIDENTE. Sarebbe utile conoscere
la vostra opinione in merito alla scarsa propensione dei giovani
ad essere parte attiva in questo campo. Si tratta di un
interrogativo che abbiamo posto anche nel corso della precedente
audizione e sappiamo che esistono ragioni obiettive; anche se la
delega non lo prevede, è stata indicata la possibilità di
introdurre misure particolari che possano favorire i giovani ed
indurli ad utilizzare questi strumenti.
GIOVANNI MANGHETTI, Presidente
dell'ISVAP. Avete colto uno dei motivi del mancato avvio dei
fondi pensione aperti e dei fondi negoziali. La scarsa attitudine
dei giovani a dirottare proprie risorse verso forme di risparmio
previdenziale rappresenta una giusta preoccupazione della
Commissione. La situazione va affrontata anche con incentivi
particolari. Non abbiamo svolto in proposito riflessioni
specifiche, ma non vi è dubbio che cogliamo il distacco dei
giovani anche nell'attività assicurativa legata al cosiddetto
terzo pilastro. Registriamo sì una crescita del ramo vita in
generale, ma non delle sottoscrizioni di contratti di
assicurazione da parte dei giovani. Qualsiasi incentivo che possa
spingere i giovani ad avvicinarsi al mondo delle assicurazioni
non può quindi che essere considerato utile al fine dell'avvio
dei fondi pensione.
GIULIANA GAMBI, Funzionario
dell'ISVAP . Vorrei aggiungere che forse uno dei motivi per
cui i giovani sono poco propensi ad accedere a questi fondi può
essere l'eccessiva ingessatura della prestazione, cioè il regime
fiscale previsto per capitali percepiti in misura superiore ad un
terzo della prestazione complessiva, ovvero una restrizione delle
ipotesi in cui sia possibile chiedere un'anticipazione o un
riscatto parziale per iniziative diverse da quelle già previste
dalla legge. Anche l'impegno a scadenza eccessivamente lunga
all'erogazione di una prestazione per la quale è troppo
preponderante l'aspetto della rendita può bloccare le adesioni,
soprattutto rispetto ad altre forme di previdenza collettiva che
attualmente esistono sul mercato (mi riferisco alle assicurazioni
previdenziali collettive) per le quali non sono stabiliti limiti
così rigidi della prestazione.
SALVATORE BIASCO. Vorrei un
chiarimento su un passaggio dell'intervento del professor
Manghetti. Mi riferisco al punto in cui egli lamentava che il
regime fiscale dei fondi a contribuzione definita fosse identico
a quello dei fondi a prestazione definita, come se questi ultimi
fossero di natura finanziaria. Non ho capito perché non debbono
essere considerati come fondi di natura finanziaria.
GIOVANNI MANGHETTI, Presidente
dell'ISVAP . Ho voluto sottolineare che, mentre i fondi a
contribuzione definita sono dei fondi ad accumulo, gli altri sono
fondi all'interno dei quali c'è, sin dall'inizio, un impegno ad
erogare una rendita in rapporto predefinito con il reddito del
lavoratore autonomo; vi è cioè all'interno sia una componente
assicurativa, legata al rischio demografico, che si assume la
compagnia di assicurazione, sia al rischio di carattere
finanziario, che fa anch'esso capo alla compagnia di
assicurazione. Mentre nella gestione dei fondi a contribuzione
definita il capitale che matura alla scadenza, se avrà reso
molto, consentirà di pagare una rendita più elevata, ed in
questo caso il rischio è a carico della lavoratore, per i fondi
a prestazione definita il rischio è tutto a carico della
compagnia di assicurazione, la quale perciò si deve tutelare
utilizzando tutte le tecniche di «immunizzazione» sia
assicurative
Pag. 6
sia di tipo finanziario, di asset
liability management.
SALVATORE BIASCO. Anche di
questo si terrà conto nella fissazione del premio, nel senso che
la compagnia di assicurazione non assume tutto il rischio su se
stessa.
GIOVANNI MANGHETTI, Presidente
dell'ISVAP . Certamente, il premio sarà di equilibrio
rispetto ai rischi che l'impresa assume, ma la tassazione dei
contratti di assicurazione che si riconducono alle stesse
fattispecie deve essere autonoma e differenziata rispetto alla
tassazione dei fondi a contribuzione definita. Forse (se una
riflessione va fatta), occorrerebbe armonizzare il tutto. In
questo caso si tratterebbe di una scelta, cioè di individuare
come ipotesi fiscale quella dei fondi a contribuzione definita;
rimarrebbe allora separata la tassazione sui contratti
assicurativi, all'interno dei quali, a parere dell'Istituto, si
collocano anche i fondi a prestazione definita.
CARLO PACE. Che verrebbero perciò
penalizzati.
GIOVANNI MANGHETTI, Presidente
dell'ISVAP . Sì, verrebbero penalizzati come aspetto
residuale. Ho detto all'inizio che questi fondi non sono
«battezzati». Non vorremmo che lo fossero secondo il rito dei
testimoni di Geova, con immersione totale nell'acqua! Vorremmo
che fossero considerati con un nome ed un cognome, che per noi è
di tipo assicurativo.
CARLO PACE. Se fosse possibile,
sarebbe utile ricevere dai rappresentanti dell'ISVAP un
suggerimento, una proposta per assicurare equilibrio ed
armonizzazione.
GIOVANNI MANGHETTI, Presidente
dell'ISVAP . Faremo volentieri pervenire alla Commissione un
documento in proposito.
PRESIDENTE. Ringraziando i nostri
ospiti, con i quali ci manterremo ancora in contatto, dichiaro
conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 11.35 .
Giovedì 3 febbraio 2000. - Presidenza del
Presidente Giorgio BENVENUTO. - Interviene il Sottosegretario di
Stato per le finanze Natale D'Amico.
Schema di decreto legislativo concernente
«Riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare».
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di
decreto legislativo rinviato nella seduta del 25 gennaio 2000.
Massimo Maria BERRUTI (FI) esprime in primo
luogo insoddisfazione per il fatto che il provvedimento introduce
gravi discriminazioni, limitando la possibilità di scegliere
liberamente, secondo il proprio personale apprezzamento, le
modalità più appropriate di investimento dei propri risparmi.
Infatti lo schema di decreto legislativo in esame prevede una
disparità di trattamento tra gli aderenti ai cosiddetti vecchi
fondi costituiti prima del 28 aprile 1993, rispetto a quelli che
aderiscono ai fondi costituiti successivamente a tale data. Ai
primi viene assicurata, anche per il futuro, la deduzione dei
contributi nella misura versata nel 1998, sia pure entro il
limite del 12 per cento; ai secondi viene invece imposto un
limite di dieci milioni.
Ritiene che tale limite sia del tutto inopportuno e che non possa
essere giustificato neppure sostenendo che la sua rimozione,
comportando un abbattimento del gettito fiscale, contrasterebbe
con evidenti ragioni di bilancio. Osserva infatti, a tale
riguardo, che l'eliminazione del tetto dei dieci milioni non
comporterebbe una sicura riduzione del gettito, ma si tradurrebbe
piuttosto in un semplice rinvio della riscossione dell'importo,
tenuto conto che le rendite che scaturiranno dalla previdenza
integrativa saranno assoggettate comunque ad imposizione per la
parte di reddito che non subisce tassazione nella fase di
formazione del risparmio.
Sottolinea altresì che il provvedimento rischia di introdurre
un'ulteriore grave forma di discriminazione a danno di quei
soggetti che, non potendo aderire ai vecchi fondi, in quanto non
rientranti tra i destinatari di tale forma di previdenza, né ai
nuovi fondi, in quanto non ancora entrati in funzione, si sono
rivolti al sistema assicurativo per stipulare polizze che
consentissero alla scadenza di optare tra la corresponsione di
una rendita e il pagamento di un capitale. Con le norme in vigore
queste rendite sarebbero tassate solo per il 60 per cento, al
fine di tenere conto dell'esigenza di evitare la doppia
imposizione sul risparmio che si verrebbe altrimenti a
determinare. Lo schema di decreto legislativo in esame prevede
invece, all'articolo 13, l'abrogazione di tale disciplina, con la
conseguenza che, in assenza di una idonea disciplina transitoria,
si potrebbe mettere in dubbio perfino la detraibilità dei premi
entro l'attuale limite del 19 per cento di 2,5 milioni di lire.
Ritiene che simili penalizzazioni non siano accettabili né
vengano compensate dai benefici che la nuova disciplina è
diretta ad introdurre. Sottolinea pertanto che, per le polizze
stipulate almeno cinque anni prima dell'entrata in vigore delle
nuove disposizioni, sarebbe opportuno prevedere la possibilità
di conversione in polizze previdenziali, al fine di assicurare
uniformità di trattamento sia nella fase di accumulo dei
capitali sia nella fase di erogazione delle pensioni integrative.
Chiede, infine, che per le polizze assicurative sia comunque
previsto il mantenimento del trattamento fiscale in essere, sulla
base della fondamentale esigenza di non scoraggiare forme di
risparmio collegate ad eventi il cui verificarsi si traduce
sempre in maggiori costi sociali.
La seduta termina alle 9.15.
Pag. 17
ATTI DEL GOVERNO
Giovedì 3 febbraio 2000. - Presidenza del
Presidente Giorgio BENVENUTO. - Interviene il Sottosegretario di
Stato per le finanze Natale D'Amico.
La seduta comincia alle 14.10.
Schema di decreto legislativo concernente
«Riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare».
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di
decreto legislativo rinviato nella seduta antimeridiana di oggi.
Pietro ARMANI (AN) osserva, sotto il profilo
generale, che il meccanismo di finanziamento delle agevolazioni
fiscali previste in materia di fondi pensione suscita alcune
perplessità, non solo perché basato su previsioni che non
sembrano trovare puntuali riscontri nella realtà economica del
paese, ma anche perché si ispira a principi analoghi a quelli
seguiti in occasione della introduzione della cosiddetta carbon
tax : al fine di assicurare taluni benefici al settore dei
fondi pensione sono stati introdotti nuovi oneri a carico di
altri settori. In particolare, si è scelto di penalizzare le
assicurazioni sulla vita e quelle contro gli infortuni,
assimilandole ad ordinari investimenti di tipo puramente
finanziario ed introducendo, in tal modo, elementi di distorsione
nella scelta degli investitori, tanto più pericolosi in un
contesto come quello attuale, che sembra caratterizzato dalla
tendenza alla progressiva contrazione della quota di prodotto
interno lordo destinata al risparmio.
Con riferimento ai contenuti specifici del provvedimento in
esame, manifesta in primo luogo perplessità in ordine alla
scelta di prevedere la tassazione annua del trattamento di fine
rapporto, che, rappresentando una forma di salario differito,
sarebbe in realtà più appropriato tassare solo al momento della
sua effettiva liquidazione. Sempre con riferimento al trattamento
di fine rapporto, ritiene insufficiente il tasso di rivalutazione
annua previsto, tenuto conto che, con il recente evidenziarsi
della tendenza ad un nuovo aumento del tasso di inflazione,
potrebbe in concreto risultare tale da non garantire la stessa
conservazione del capitale.
Rileva altresì che il provvedimento introduce una notevole
discriminazione nel settore delle polizze assicurative,
prevedendo che possano godere dei benefici fiscali previsti per
le forme assicurative che rispondano ad esigenze di carattere
previdenziale le assicurazioni per infortuni che comportino la
perdita di autosufficienza, ma non anche quelle relative ad
infortuni che pregiudichino gravemente la capacità professionale
dell'assicurato, senza tuttavia comportare la perdita
dell'autosufficienza.
In relazione al disposto dell'articolo 2, rileva che tale
disposizione equipara correttamente il trattamento fiscale dei
fondi chiusi a quello previsto per i fondi aperti ma che tuttavia
in esso sembra permanere una sorta di favor legis per i
primi, desumibile, tra l'altro, dal fatto che viene rimesso
all'ISVAP il compito di definire, nel termine di sei mesi
dall'entrata in vigore del decreto legislativi, i criteri di
attuazione e di regolamentazione della disciplina prevista dal
decreto legislativo n. 124 del 1993. Ritiene che tale sorta di
moratoria semestrale prevista per i fondi chiusi non possa essere
giustificata ed auspica pertanto che nel parere definitivo tale
previsione sia soppressa.
Sempre con riferimento alla medesima disposizione, riterrebbe
opportuno rimettere esclusivamente all'ISVAP le competenze in
materia di autorizzazione all'esercizio delle forme
pensionistiche individuali che, nello schema di decreto in esame,
sono rimesse alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione di
intesa con l'ISVAP.
In relazione all'articolo 1, comma 1, lettera f),
concernente i fondi per indennità di fine rapporto ed i fondi di
previdenza
Pag. 18
del personale istituiti ai sensi dell'articolo
2117 del codice civile, osserva che, con la nuova disciplina, le
aziende che in passato avevano provveduto ad effettuare i
relativi accantonamenti si troverebbero paradossalmente ad essere
penalizzate per il fatto di essere state tra le prime ad
istituire forme di previdenza in favore dei propri dipendenti.
Per evitare tale grave inconveniente, si potrebbe ipotizzare
l'introduzione di una apposita norma transitoria di salvaguardia
dei suddetti accantonamenti ovvero la previsione di idonee forme
alternative di garanzia, ad esempio di tipo fideiussorio.
Carlo PACE (AN) concorda con molte delle
osservazioni espresse dai colleghi Berruti ed Armani. Osserva
altresì che dalle risultanze delle audizioni effettuate, è
possibile trarre utili indicazioni per introdurre correttivi alla
disciplina in esame.
In particolare segnala l'opportunità di prevedere, per quanto
riguarda la fase di raccolta delle risorse, la deduzione dei
contributi per i possessori anche di redditi diversi da quelli da
lavoro dipendente. Inoltre sottolinea l'esigenza di incoraggiare
una diffusa adesione dei lavoratori ai fondi pensione e, a tal
fine, ritiene necessario che la disciplina fiscale delle
prestazioni sia coerente con un indirizzo che favorisca la durata
delle contribuzioni nel tempo. Ritiene che contrasti con tale
esigenza la riliquidazione dell'imposta, prevista dal decreto
legislativo, con applicazione al montante dell'aliquota media dei
cinque anni antecedenti la maturazione delle prestazioni, in
quanto la suddetta aliquota trascurerebbe di attribuire rilevanza
al periodo di formazione del montante. Esprime inoltre
perplessità circa l'assoggettamento a tassazione anche dei capital
gain non effettivamente conseguiti, in quanto tale disciplina
rischia di determinare gravi distorsioni nella composizione dei
portafogli di titoli detenuti dai fondi, che troverebbero
evidentemente conveniente, a fini fiscali, detenere titoli
caratterizzati da incrementi di valore modesti o addirittura
negativi e liquidare invece quelli che assicurano incrementi del
valore capitale più consistenti.
Con riferimento alla disciplina tributaria dei contratti
assicurativi, ritiene che non sia corretta la scelta posta in
essere con il provvedimento in esame e consistente nella
qualificazione ex post alla luce della nuova disciplina
della natura finanziaria o assicurativa del contratto. Tale
soluzione pone fatti problemi di carattere transitorio e potrebbe
determinare ulteriori distorsioni favorendo pratiche di
simulazione consistenti nella trasformazione del contratto
assicurativo a soli fini fiscali.
Più in generale sottolinea la necessità di assicurare la più
ampia libertà di scelta e la massima flessibilità, dal momento
che solo in tal modo ritiene si possa realmente assicurare il
pieno sviluppo di un sistema efficiente di previdenza
complementare.
Giorgio BENVENUTO, presidente, rinvia il
seguito dell'esame ad altra seduta.
ATTI DEL GOVERNO
Martedì 8 febbraio 2000. - Presidenza del
Vicepresidente Alessandro REPETTO. - Intervengono i
sottosegretari di Stato per le finanze Natale D'Amico e Armando
Veneto.
La seduta comincia alle 10.50.
Schema di decreto legislativo concernente
«Riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare».
(Rinvio del seguito dell'esame).
Alessandro REPETTO, presidente, nessuno
chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra
seduta.
La seduta termina alle 10.53.
VI Commissione - Resoconto di mercoledì 9
febbraio 2000
Pag. 66
ATTI DEL GOVERNO
Mercoledì 9 febbraio 2000. - Presidenza del
Presidente Giorgio BENVENUTO. - Interviene il sottosegretario di
Stato per le finanze Natale D'Amico.
La seduta comincia alle 14.25.
Schema di decreto legislativo recante
«Riforma della disciplina fiscale della previdenza
complementare».
(Seguito esame e conclusione - Parere favorevole con
osservazioni).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di
decreto legislativo rinviato nella seduta dell'8 febbraio 2000.
Giorgio BENVENUTO, presidente, relatore ,
ricorda che l'esame in Commissione dello schema di decreto
legislativo ha fatto emergere numerosi aspetti problematici su
cui ha avuto luogo un approfondito confronto e che
particolarmente utili sono risultati i contributi e i rilievi
critici avanzati dai soggetti intervenuti nel corso delle
audizioni informali svolte.
A conclusione dell'esame preliminare ritiene che si possa
affermare che la gran parte dei colleghi intervenuti, così come
i soggetti convocati, abbiano convenuto circa l'esigenza di un
provvedimento di riforma organica del regime fiscale della
previdenza complementare, in modo da risolvere alcuni dei
problemi che sino ad ora ne hanno impedito un adeguato sviluppo.
A fronte di tale orientamento, non è mancato, tuttavia, chi ha
segnalato la inopportunità di introdurre un regime speciale,
particolarmente agevolativo, a favore dei fondi pensione, stante
il fatto che l'evoluzione dei mercati finanziari offrirebbe già
sufficienti occasioni di investimento, atte a garantire
rendimenti adeguati a chi voglia costituirsi una posizione
previdenziale complementare. In sostanza, si è contestata la
previsione di un diverso regime rispettivamente per i fondi
pensione e per i fondi di investimento, in considerazione del
fatto che questi ultimi, in linea di massima, si sarebbero già
dimostrati, nella loro concreta operatività, capaci di tutelare
i risparmi dei soggetti che ad essi sono affidati.
Pag. 67
Ritiene che tale obiezione non sia accoglibile per due motivi: in
primo luogo, in considerazione del carattere del tutto peculiare
che contraddistingue il risparmio previdenziale e, in secondo
luogo, in considerazione dei vantaggi che lo sviluppo della
previdenza complementare può assicurare al sistema economico nel
suo complesso.
Per quanto concerne il primo aspetto osserva come non si possa
trascurare il fatto che la disponibilità di un efficiente e
solido sistema previdenziale complementare può contribuire a
rendere meno allarmante la prospettiva di un ridimensionamento
della previdenza pubblica. In altri termini, in assenza di un
idoneo sistema di previdenza complementare, un passaggio
immediato tra una previdenza pubblica ipergarantista e un forte
ridimensionamento della stessa potrebbe risultare troppo
precipitoso e pericoloso, visto che l'investimento finanziario si
caratterizza per un grado di rischiosità molto elevato,
soprattutto in situazioni di mercato contrassegnate da una
elevata volatilità. Il maggiore arco temporale che caratterizza
l'attività dei fondi pensione, che si muovono in una prospettiva
di lungo periodo, consente invece di attenuare gli effetti
prodotti da rapidi mutamenti nell'andamento dei mercati
finanziari.
Quanto al secondo aspetto, ricorda che dalle analisi di larga
parte di studiosi che si sono dedicati alla materia, peraltro
supportate da alcune ricerche empiriche, è emerso che la
crescita della previdenza complementare, realizzata in primo
luogo mediante fondi pensione a capitalizzazione, può costituire
un fattore di incentivazione del risparmio nazionale che può
tradursi nella maggiore disponibilità di risorse finanziarie per
investimenti nel settore produttivo. Allo stesso tempo, in
considerazione del carattere di investitore di lungo periodo
proprio dei fondi pensione, ritiene che il loro sviluppo possa
contribuire alla stabilizzazione dei mercati finanziari
attenuandone la volatilità. Da ultimo, osserva che i fondi
pensione possono assumere un ruolo rilevantissimo negli assetti
proprietari e nel cosiddetto corporate governance .
Tanto premesso, ritiene che si possano ravvisare diverse ragioni
a giustificazione dell'intervento volto ad incentivare, mediante
la previsione di misure agevolative, lo sviluppo dei fondi
pensione. Il problema è piuttosto quello di stabilire se
l'entità delle incentivazioni che verrebbero accordate, sulla
base del testo in esame, si dimostri idonea a conseguire
l'obiettivo indicato. A questo proposito, da più parti è stata
sottolineata l'esigenza di ridurre in misura consistente
l'aliquota dell'imposta sostitutiva che si applicherebbe al
risultato netto maturato dai fondi pensione in ciascun periodo di
imposta, stabilita nello schema di decreto all'11 per cento. In
particolare da più parti è stata indicata la misura del 6,25
per cento. In proposito, ritiene che, piuttosto che proporre una
aliquota precisa, sia preferibile sollecitare con chiarezza il
Governo perché proceda, nell'adozione del testo definitivo del
provvedimento, ad una consistente riduzione dell'aliquota, che
tenga conto della specificità del risparmio previdenziale e
della urgenza di promuovere l'avvio della previdenza
complementare anche ai fini di eventuali ulteriori provvedimenti
da adottare con riferimento alla previdenza pubblica.
Osserva come, d'altra parte, non si possa ignorare la novità
intervenuta nei giorni scorsi in materia con la predisposizione,
da parte del Governo, di un disegno di legge delega, volto ad
introdurre ulteriori misure per favorire lo sviluppo della
previdenza complementare, di cui ancora non si conosce in
dettaglio il testo ma il cui contenuto è stato anticipato dalle
notizie riportate dai giornali. In particolare, nell'ambito del
provvedimento si stabilirebbe l'integrale destinazione degli
accantonamenti a titolo di TFR, in primo luogo, ai fondi chiusi
ovvero a fondi intercategoriali, e, in secondo luogo, alle forme
pensionistiche costituenti il cosiddetto terzo pilastro, con il
riconoscimento, ai soggetti interessati, del diritto di optare
tra differenti destinazioni,
Pag. 68
purchè assicurino prestazioni equivalenti per
quanto concerne il rendimento e la rischiosità. Si tratta di una
novità a proposito della quale si sono già registrati giudizi
fortemente contrastanti, e che comunque ha il merito di
affrontare in termini netti il problema dello smobilizzo del TFR,
da tante parti auspicato come misura imprenscindibile per dotare
i fondi pensione delle risorse necessarie ad un loro effettivo
decollo.
In questa sede ritiene opportuno ricordare che le disposizioni
già vigenti, quali la previsione dell'obbligo di trasferire ai
fondi la quota di accantonamento annuale, concernente
esclusivamente i lavoratori di prima occupazione ovvero, più
recentemente, le disposizioni dirette a promuovere la
cartolarizzazione dello stesso, hanno sino ad ora registrato
esiti non del tutto soddisfacenti. In particolare, parzialmente
deludenti sono risultati gli effetti del decreto legislativo n.
299 del 1999 con il quale si è affidato alla contrattazione tra
lavoratori e datori di lavoro la trasformazione degli
accantonamenti al TFR in azioni o obbligazioni dell'impresa, che
avrebbe potuto ridurre per quest'ultima i costi per il ricorso al
finanziamento sul mercato. Il che è dipeso anche dal fatto che
il legislatore delegato, nonostante le sollecitazioni avanzate in
sede parlamentare, non ha utilizzato appieno gli spazi che la
delega gli riconosceva per quanto concerne il trattamento fiscale
da accordare alle operazioni di conferimento. Ciò ha riproposto
l'esigenza di promuovere un effettivo e consistente smobilizzo
del TFR, i cui accantonamenti annuali, valutati nell'ordine di
più di 30 mila miliardi di lire, potrebbero essere destinati ad
impieghi idonei a garantire più alti rendimenti. In sostanza,
appare ineludibile la ricerca di un utilizzo alternativo del TFR,
che costituisce una peculiarità tutta italiana che trae origine
dalla mancanza di strumenti flessibili e adeguati a far fronte a
particolari contingenze della vita lavorativa che discendano da
eventi imprevedibili.
L'evoluzione e lo sviluppo dei mercati finanziari, creando
l'offerta di nuove possibilità di impiego del risparmio, offrono
l'occasione di avvalersi di investimenti a più elevata
redditività, che tuttavia non espongano il lavoratore a rischi
eccessivi. I fondi pensione, in questo senso, considerate alcune
peculiarità che li contraddistinguono, quali in primo luogo il
fatto di essere investitori di lungo periodo e a carattere
previdenziale, sono apparsi come i più naturali destinatari
delle risorse accantonate per il TFR. Ciò implica, ovviamente,
una attenta valutazione dei maggiori oneri che la rinuncia alla
disponibilità del TFR può comportare per le imprese. Alla luce
di questi elementi, si deve peraltro rilevare la necessità di
affrontare aspetti tanto delicati, quali la revisione del regime
tributario del TFR indicata nello schema di decreto, disponendo
di tutti gli elementi utili ad una valutazione approfondita.
Assume, pertanto, particolare rilievo, ai fini del parere che la
Commissione dovrà esprimere, la acquisizione di informazioni
più precise, che soltanto il Governo potrà fornire, sui
contenuti dello schema di disegno di legge. Non ritiene possano
ritenersi, infatti, indifferenti, ai fini del giudizio
complessivo sulle disposizioni in esame, e in particolare di
quelle che prospettano un aumento della misura della tassazione
gravante sul TFR, le modalità alternative di destinazione dei
relativi accantonamenti annuali, anche in considerazione della
diversa redditività che il soggetto interessato potrebbe trarne.
Per questo motivo, anche alla luce delle preoccupazioni espresse
dal collega Armani, ritiene che il Governo debba fornire puntuali
informazioni alla Commissione.
Ricorda quindi, le differenti questioni che sono emerse nel corso
dei lavori della Commissione. Con riferimento all'articolo 1,
ritiene che si debba ripristinare la previsione di una misura
più favorevole di deducibilità per i contributi versati in
misura eccedente rispetto al massimale di cui al decreto
legislativo n. 579 del 1995, in modo da evitare una
ingiustificata penalizzazione. Per quanto concerne il limite di
deducibilità, da parte dei rappresentanti dell'artigianato e dei
commercianti
Pag. 69
è stata sollecitato un suo incremento fino al
18 per cento del reddito complessivo a favore dei lavoratori
autonomi in considerazione del fatto che questi non possono
avvalersi del TFR per finanziare la propria previdenza
complementare. Tale ipotesi potrà essere meglio valutata anche
avvalendosi degli elementi che al riguardo potrà fornire il
Governo; osserva comunque che la destinazione del TFR ai fondi
pensione, se per un verso evita al lavoratore dipendente un
esborso diretto, per l'altro, impone allo stesso un ulteriore
vincolo, non gravante sugli altri soggetti, in forza del fatto
che la misura della deducibilità di cui può fruire è
parametrata anche all'importo della quota di TFR destinata ai
fondi pensione.
Quanto alla richiesta, avanzata dall'ABI, di una più accurata
definizione della espressione «forme pensionistiche
collettive», non prevista nella normativa vigente, ritiene che
essa possa essere parzialmente accolta, fermo restando che
l'espressione va letta alla luce della introduzione, all'articolo
2 dello schema di decreto, di una disciplina concernente
specificamente le forme pensionistiche individuali. In sostanza,
occorre considerare che il testo dello schema di decreto non
intende rimettere in discussione il rapporto fra fondi chiusi e
fondi aperti, come delineato dal decreto legislativo n. 124 del
1993 e successive modificazioni; per questo motivo non ritiene
opportuno accogliere l'indicazione avanzata dai sindacati di
introdurre, nell'ambito del limite di deducibilità di dieci
milioni, un limite specifico, pari a tre milioni di lire, con
riferimento ai contratti di assicurazione.
Sempre riguardo all'articolo 1, è stata avanzata da più parti
l'esigenza di introdurre misure di maggior favore per i
lavoratori giovani, in modo da indurli ad accedere quanto prima
alla previdenza complementare. Al di là delle diverse ipotesi
prospettate al riguardo, tra le quali la possibilità di sommare
una detrazione alla deduzione non gli pare tecnicamente corretta,
ritiene che tutto il provvedimento tenda a rivolgersi soprattutto
ai soggetti più giovani, stante il fatto che per i lavoratori
(dipendenti o autonomi) più anziani e prossimi alla cessazione
dell'attività potrebbe risultare più conveniente rivolgersi
all'investimento finanziario piuttosto alla previdenza
complementare, in considerazione del più ridotto vincolo
temporale che il primo comporta. Alcuni rilievi sono stati
avanzati per quanto concerne la disposizione di cui alla lettera f )
dell'articolo 1, relativa ai cosiddetti fondi interni, per i
quali il testo dello schema di decreto stabilisce un limite alla
deducibilità fiscale dei rendimenti diverso da quello previsto
in via ordinaria per gli altri fondi. Ritiene si tratti di una
questione che merita di essere attentamente valutata insieme al
Governo, stante il rischio di determinare una discriminazione che
non sembra pienamente giustificata. Difficilmente accoglibile gli
pare, invece, la proposta di aumentare dal 3 al 9 per cento
l'entità degli accantonamenti a titolo di TFR da destinare in
una speciale riserva in considerazione degli oneri che ne
deriverebbero.
Sempre con riferimento all'articolo 1, è stata segnalata, tanto
dalla Confindustria che dai sindacati, l'esigenza di introdurre
una disposizione concernente specificamente il contenuto della
comunicazione da effettuare ai sensi del comma 2, per l'anno in
cui è liquidata la prestazione previdenziale, con riferimento
agli importi da dedurre nell'anno di cessazione del rapporto con
il fondo. Ritiene, inoltre, che si debba recepire la proposta
diretta a consentire la deducibilità dei contributi versati ai
fondi già in sede di ritenuta operata dal datore di lavoro.
Relativamente all'articolo 3, ritiene condivisibile la proposta
formulata sia dalla Confindustria che dai sindacati, di stabilire
l'esenzione dalle imposte sulle successioni ai riscatti delle
posizioni individuali per gli eredi in caso di morte
dell'iscritto.
Con riferimento all'articolo 4, ricorda che è stata segnalata da
più parti l'ipotesi di assumere quale riferimento ai fini della
determinazione dell'importo deducibile per i soggetti iscritti ai
cosiddetti vecchi fondi, i contributi versati nel 1999 anziché
Pag. 70
nel 1998, come previsto nello schema di
decreto, in modo da garantire il riconoscimento dei diritti
acquisiti. La proposta gli sembra condivisibile, in quanto in
caso contrario si determinerebbe una penalizzazione per i
soggetti più giovani che avendo registrato un incremento della
retribuzione e, conseguentemente, dei contributi erogati,
vedrebbero congelata la loro condizione in termini obiettivamente
più svantaggiosi di quelli previsti per i soggetti più anziani.
Con riferimento all'articolo 6, sia l'ANIA che l'ISVAP hanno
segnalato l'esigenza di differenziare il regime fiscale previsto
per il fondi a contribuzione definita da quello relativo ai fondi
a prestazione definita, in considerazione della natura
assicurativa che contraddistingue i secondi, per cui la
determinazione dell'ammontare dei contributi da corrispondere
richiede necessariamente l'utilizzo di tecniche attuariali.
Relativamente all'articolo 10, giudica favorevolmente la
richiesta avanzata dai sindacati, dall'ABI e Confindustria, di
circoscrivere il periodo entro il quale gli uffici finanziari
debbono provvedere alla riliquidazione delle prestazioni
pensionistiche erogate in forma di capitale, con l'ulteriore
specificazione che ciò dovrebbe ammettersi soltanto se la
riliquidazione sia più favorevole per il contribuente
interessato. In questo modo, si eviterebbe una prolungata
situazione di precarietà e incertezza. Analoghe considerazione
valgono con riferimento alla riliquidazione dell'importo dovuto
per la tassazione del TFR. Ritiene altresì condivisibile la
proposta di evitare di penalizzare fiscalmente le richieste di
anticipazione, per le finalità specificamente previste nella
normativa vigente, quali motivi di salute o l'acquisto di una
casa. Vanno poi attentamente valutati i suggerimenti relativi
alla previsione di un più favorevole regime fiscale nel caso di
riscatto che discenda dall'interruzione del rapporto di lavoro, e
quindi da una situazione di difficoltà per il lavoratore.
Formula quindi la proposta di parere nei termini riportati in
allegato (vedi allegato ).
Alessandro REPETTO (PD-U) illustra gli
emendamenti n. 1, 2 e 3, sottolineando in particolare come il
secondo sia diretto a colmare un vuoto della disciplina prevista
nello schema di decreto legislativo in esame riguardante il
trattamento fiscale applicabile ai fondi costituiti anteriormente
al 1993 e ricordando che il terzo prevede la determinazione di
un'aliquota dell'imposta sostitutiva in linea con quanto
osservato nel parere reso dalla competente commissione del
Senato.
Massimo Maria BERRUTI (FI), con riferimento
all'emendamento n. 4 osserva come con esso si intenda eliminare
la penalizzazione fiscale prevista dal provvedimento in esame per
coloro che, alla maturazione del diritto, optino per una quota di
capitale superiore ad un terzo dell'importo complessivamente
maturato.
Illustra quindi l'emendamento n. 6 e, con riferimento
all'emendamento n. 7, sottolinea come sia del tutto incoerente
che l'autorizzazione per l'esercizio delle forme pensionistiche
individuali sia rilasciata dal Comitato di vigilanza sui fondi
pensione anziché dall'ISVAP, tenuto conto che tale previsione
introdurrebbe un ingiustificato aggravio per gli operatori del
settore assicurativo.
Pietro ARMANI (AN) nel concordare con quanto da
ultimo osservato dal collega Berruti, sottolinea che la ratio della
scelta di affidare alla Commissione di vigilanza sui fondi
pensione la competenza in materia di autorizzazione per
l'esercizio delle forme pensionistiche individuali deve
rinvenirsi in un immotivato favor legis per i fondi
chiusi, che, in virtù di quanto previsto dal comma 2 del nuovo
articolo 9-ter del decreto legislativo n. 124 del 1993,
introdotto dal provvedimento in esame, verrebbero in tal modo a
beneficiare di un ulteriore periodo di moratoria di sei mesi a
decorrere dall'entrata in vigore della nuova disciplina.
Pag. 71
Il sottosegretario Natale D'AMICO contesta che
la scelta di attribuire alla Commissione di vigilanza sui fondi
pensione la competenza ad autorizzare l'esercizio delle forme
pensionistiche individuali sia ingiustificata e sottolinea, al
contrario, come essa sia coerente con l'esigenza di tenere conto
delle specificità proprie delle forme di previdenza
complementare.
Giorgio BENVENUTO, presidente, relatore ,
in accoglimento di alcuni degli emendamenti presentati, riformula
la propria proposta di parere nei termini riportati in allegato (vedi
allegato ).
Nell'illustrare le modifiche apportate, invita quindi il deputato
Repetto al ritiro dell'emendamento n. 1, nonché degli
emendamenti nn. 2 e 3, entrambi parzialmente accolti in virtù
dell'eliminazione del riferimento alla durata quinquennale del
periodo transitorio previsto per i fondi costituiti anteriormente
al 1993 e, per il secondo, della indicazione, nel nuovo testo del
parere, di un'aliquota tendenziale dell'imposta sostitutiva il
più possibile vicina al 6,25 per cento.
In ordine all'emendamento n. 5 invita il deputato Pistone al suo
ritiro, tenuto conto che esso è stato sostanzialmente accolto
nella nuova formulazione della proposta di parere.
Osserva inoltre che l'emendamento n. 4 non può essere accolto in
quanto tendente ad introdurre una norma in contrasto con i
principi contenuti nella legge delega; invita pertanto i suoi
firmatari al ritiro.
Sottolinea infine che l'emendamento Berruti n. 6 è parzialmente
recepito; per quanto riguarda l'emendamento Berruti n. 7
sottolinea come la nuova osservazione n. 8 della propria proposta
di parere garantisca che dalla previsione di un'autorizzazione da
parte della Commissione di vigilanza sui fondi pensione non
derivino ritardi per l'avvio delle forme pensionistiche
individuali di tipo assicurativo. Invita pertanto i presentatori
al ritiro anche dei suddetti emendamenti.
Alessandro REPETTO (PD-U) ritira gli
emendamenti presentati.
Gabriella PISTONE (comunista) ritira
l'emendamento presentato.
Gianfranco CONTE (FI) anche a nome dei colleghi
Berruti, Leone e Armosino insiste nel chiedere la votazione degli
emendamenti nn. 4 e 7 e, tenuto conto del giudizio
complessivamente negativo che il gruppo di forza Italia esprime
sul provvedimento in esame, chiede che si proceda alla votazione
per appello nominale.
Giorgio BENVENUTO, presidente, dà
lettura delle sostituzioni pervenute alla presidenza; indice
quindi la votazione per appello nominale sull'emendamento Berruti
n. 7.
Giorgio BENVENUTO, presidente, comunica
che la Commissione non è in numero legale.
Mauro AGOSTINI (DS-U) osserva che un deputato
dell'opposizione è stato presente in aula per tutto il periodo
delle operazioni di voto e si è assentato soltanto nel momento
in cui è stato chiamato il suo nominativo. Chiede pertanto se,
in linea con la prassi seguita per i lavori dell'Assemblea, tale
deputato non debba essere computato ai fini della verifica del
numero legale.
Giorgio BENVENUTO, presidente, ricorda
di avere già sottoposto al Presidente della Camera, così come
preannunciato nella seduta del 2 febbraio, alcune questioni
interpretative del regolamento in ordine alle modalità di
calcolo del numero legale in commissione.
Comunica, infine, che, in considerazione della mancanza del
numero legale, l'esame dello schema di decreto legislativo è
rinviato al termine della seduta pomeridiana dell'Assemblea.
La seduta, sospesa alle 14.55, è ripresa
alle 20.35.
Giorgio BENVENUTO, presidente, dà
lettura delle sostituzioni pervenute alla
Pag. 72
presidenza ed indice quindi la votazione per
appello nominale sull'emendamento Berruti n. 7.
Presenti e votanti 24
Maggioranza 13
Voti favorevoli 0
Voti contrari 20
La Commissione respinge l'emendamento Berruti
n. 7.
Gianfranco CONTE (FI) ribadisce che il proprio
gruppo non parteciperà alla votazione tenuto conto della mancata
soluzione della questione che da tempo è stata sollevata nei
confronti del Ministro delle finanze in relazione
all'aggiornamento del collegamento della Commissione con il
sistema informativo dell'anagrafe tributaria.
Comunica che il proprio gruppo non insiste nella richiesta di
votazione per appello nominale.
La Commissione respinge l'emendamento Berruti
n. 4.
La Commissione approva la proposta di parere
del relatore come riformulata.
La seduta termina alle 20.55.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La VI Commissione finanze, esaminato lo
schema di decreto legislativo recante riforma della
disciplina fiscale della previdenza complementare;
considerata l'esigenza di incentivare la
crescita della previdenza complementare;
rilevato che, in particolare, i fondi
pensione possono svolgere un ruolo decisivo ai fini della
realizzazione dell'obiettivo precedentemente indicato, oltre che
per promuovere una allocazione del risparmio in termini tali da
contribuire alla stabilizzazione e alla crescita dei mercati
finanziari e per incentivare una più attiva partecipazione alla
vita societaria da parte degli azionisti di minoranza;
rilevato, inoltre, che lo schema di decreto
legislativo prospetta un organico disegno riformatore che, nei
limiti stabiliti dalla legge-delega, consente di realizzare un
primo progresso nella prospettiva di uno sviluppo della
previdenza complementare;
considerato che risulta comunque necessario
introdurre alcuni correttivi volti in primo luogo a ridurre in
misura significativa l'entità della tassazione gravante sui
fondi pensione;
sottolineata l'esigenza di procedere
tempestivamente ad un adeguato potenziamento delle strutture
della Commissione di vigilanza sui fondi pensione anche in
considerazione delle ulteriori competenze attribuite al suddetto
organismo dal provvedimento
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti osservazioni:
1) relativamente all'articolo 1, comma 1,
lettera a), n. 1, si chiarisca la persistenza del diritto alla
fruizione della deduzione nella misura prevista per il soggetto
che percepisca redditi di lavoro dipendente anche nel caso in
cui, secondo quanto previsto dagli articoli 9 e 10 del decreto
legislativo n. 124 del 1993, aderisca a fondi pensione aperti;
2) con riferimento al medesimo articolo, si
sopprima la disposizione che si esclude la fruizione della
deduzione per i soggetti che percepiscano esclusivamente redditi
di capitale o redditi di fabbricati;
sempre con riferimento all'articolo 1, comma
1, lettera a), valuti il Governo la possibilità di ampliare la
la misura della deduzione nel caso in cui il familiare
fiscalmente a carico sia portatore di handicap;:
3) relativamente al medesimo articolo, si
escludano dal computo del limite di 10 milioni i contributi
eccedenti il massimale di cui al decreto legislativo n. 579 del
1995;
4) con riferimento all'articolo 1, comma 1,
lettera f), si consideri la necessità di confermare l'attuale
disciplina legislativa e fiscale per i fondi costituiti
anteriormente al 1993, anche per quelli non configurati ex
articolo 2117 del codice civile, o si preveda in subordine, una
disciplina transitoria che consenta a tali fondi di adeguarsi
progressivamente alle modifiche apportate anche in ordine ai
nuovi obblighi contabili;
5) sempre riguardo all'articolo 1, si
introduca la previsione normativa secondo cui la deduzione dei
contributi versati può essere operata già in sede di ritenuta
da parte del datore di lavoro;
6) relativamente al comma 2 dell'articolo 1,
si stabilisca che per l'anno in cui è liquidata la prestazione,
si debba
comunicare come importo non deducibile dei
contributi versati nel corso degli anni per i quali non sia stata
ancora presentata la dichiarazione dei redditi o non siano stati
effettuati adempimenti equipollenti, quello non dedotto nell'anno
precedente come da apposita autocertificazione;
7) relativamente all'articolo 2, con
riferimento all'articolo 9-ter di cui si prevede l'inserimento
nell'ambito del citato decreto legislativo n. 124 del 1993, si
verifichi la possibilità di una diversa formulazione che
garantisca la compatibilità della normativa prevista
relativamente all'esercizio delle forme pensionistiche
individuali mediante contratti di assicurazione sulla vita con la
disciplina comunitaria;
8) con riferimento al comma 2 dell'articolo
9ter introdotto dall'articolo 2 si riduca il termine entro il
quale la Commissione di vigilanza sui fondi pensione adotta le
disposizioni di attuazione, al fine di garantire che alla data
del 1o gennaio 2000 sia compiutamente definito l'assetto
normativo dei contratti assicurativi di natura previdenziale;
9) con riferimento all'articolo 3, si valuti
l'opportunità di esentare dall'imposta sulle successioni le
somme derivanti dai riscatti di posizioni individuali in favore
degli eredi nel caso di decesso dell'iscritto;
10) con riferimento all'articolo 4, si
valuti la possibilità di assumere quale riferimento ai fini
della determinazione
dell'importo deducibile per i soggetti
iscritti alle forme pensionistiche complementari preesistenti
l'anno 1999 anziché il 1998, contestualmente alla previsione di
un limite temporale, che potrebbe essere stabilito in 5 anni, di
durata del regime transitorio, in modo da pervenire ad una
progressiva armonizzazione con il regime ordinario;
11) con riferimento agli articoli 5, 6 e 11,
provveda il Governo a ridurre in misura significativa l'aliquota
dell'imposta sostitutiva, attualmente stabilita nell'11 per
cento, adottando l'aliquota più vicina possibile al 6,25 per
cento;
12) sempre con riferimento agli articoli 5 e
6, si provveda a garantire il necessario coordinamento delle
relative
disposizioni con quelle in materia di
tassazione dei redditi di capitale di cui al decreto legislativo
n. 461 del 1997 e successive modificazioni;
13) con riferimento all'articolo 10, si
stabilisca che la riliquidazione da parte degli uffici finanziari
dell'imposta dovuta sulle prestazioni pensionistiche erogate in
forma di capitale sia effettuata unicamente nel caso in cui sia
più favorevole per il contribuente; analoghe considerazioni
valgono relativamente all'articolo 11 per quanto concerne la
rideterminazione dell'imposta dovuta sul TFR;
14) relativamente all'articolo 10, si
stabilisca che, ai fini della erogazione delle prestazioni
pensionistiche, si debba utilizzare prioritariamente la quota
degli accantonamenti già sottoposta a tassazione, con
riferimento al reddito maturato, piuttosto che quella,
corrispondente ai contributi deducibili, ancora da tassare;
15) sempre con riferimento agli articoli 10
e 11, provveda il Governo a modificare il trattamento tributario
delle
prestazioni erogate nel caso di riscatto,
che dipenda dall'interruzione del rapporto di lavoro, nonché di
anticipazioni per le finalità specificamente previste dalla
normativa vigente;
16) relativamente all'articolo 13, si
chiarisca esplicitamente che tra i contributi versati
facoltativamente rientrano quelli finalizzati alla ricongiunzione
dei periodi assicurativi nonché al riscatto degli anni di laurea
chiarendo altresì che la disciplina di cui all'articolo 16 si
applica anche a coloro che abbiano in corso, alla data di entrata
in vigore del decreto, piani di versamento, con riferimento ai
versamenti successivi alla suddetta data;
17) per quanto concerne l'articolo 16, si valuti
l'opportunità di consentire, ai soggetti che, alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo, abbiano stipulato una
polizza assicurativa sulla vita, di rinnovare il contratto per
trasformarlo in un contratto di natura previdenziale,
corrispondente ai requisiti previsti all'articolo 9-ter del
decreto legislativo n. 124, come inserito all'articolo 2,
trasferendo la posizione già maturata. Ai medesimi soggetti
dovrebbe, quindi, essere riconosciuta la facoltà di fruire della
deduzione nei termini previsti all'articolo 1.