CITTA' DI CASTELLO — Licenziata perchè doveva
sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico. E'
questa, in sostanza, l'accusa e l'incredibile vicenda
umana di una giovane tifernate di 28 anni, G.R., che da
poco più di due mesi era stata assunta a tempo
indeterminato da un'azienda serigrafica situata nella
zona industriale nord di Città di Castello. Nei giorni
scorsi, come racconta la ragazza «ho comunicato al mio
datore di lavoro che mi sarei dovuta assentare per
qualche giorno a causa di una delicata operazione. Per
tutta risposta — aggiunge amareggiata — mi sono sentita
rispondere che il lavoro in questo periodo mancava e
quindi non sarebbe stata necessaria, nel futuro, la mia
presenza. Subito dopo mi hanno dato... il benservito
utilizzando un foglio da me sottoscritto all'atto
dell'assunzione, una sorta di dimissioni in bianco». Ma
è legittimo tutto ciò? Alcuni sindacalisti ribadiscono
che uno dei problemi che riguardano i rapporti di
dipendenza sono proprio le «dimissioni in bianco» con le
quali gli aspiranti lavoratori vengono praticamente
ricattati all'atto dell'assunzione. Una firma
«vincolante», dunque, illegale a tutti gli effetti con
la quale si sfrutta lo stato di bisogno di chi cerca
occupazione. «Il problema esiste — afferma il
responsabile comprensoriale della Cisl Mauro Cagnoni —
ma non è il solo. Dobbiamo infatti fare spesso i conti
con il lavoro nero, con le norme di sicurezza
all'interno degli ambienti lavorative che in molti casi
non sono presenti. Insomma, soprattutto nelle piccole
aziende, dobbiamo vigilare affinchè le maestranze siano
continuamente tutelate da questa forma di sfruttamento
che, ripeto, non è comunque l'unica minaccia».
Intanto la giovane ragazza è rimasta senza
occupazione. «Azioni legali? Per ora lascio perdere —
dice sconsolata — appena mi riprenderò dall'intervento
chirurgico al quale sono stata sottoposta vorrà dire che
mi attiverò nuovamente alla ricerca di un lavoro
stavolta stabile e senza titolari che, in queste
circostanze, fanno i furbi utilizzando la nostra
necessità di non poter fare a meno dello stipendio
mensile».
di Fabrizio Paladino
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