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Martedì, 5 Giugno 2001

IL CASO
A Mantova si indaga sulle morti da diossina
(n.b.) Fa scuola il processo avviato dal pm Felice Casson adesso che anche a Mantova, come in altre città che ospitano un Petrolchimico, la magistratura indaga. E importante risulta anche la decisione presa dall'assessore provinciale all'ambiente Ezio da Villa che, con Arpav, Ulss, Comune e Regione, ha avviato una indagine epidemiologica per verificare l'incidenza delle malattie tumorali e non, correlabili all'esposizione a sostanze tossiche e soprattutto alla diossina emessa dai tre inceneritori di Porto Marghera, che bruciano ogni anno migliaia di tonnellate di rifiuti tossico nocivi. Uno degli obiettivi della ricerca è conoscere l'impatto che alcune produzioni avrebbero sulla salute, al fine di tutelare anche preventivamente i cittadini.

A Mantova l'allarme - che ha contribuito poi anche all'avvio dell'inchiesta giudiziaria - è stato lanciato qualche anno fa da Gloria Costani, medico di base, che aveva registrato in due anni tra i suoi mille pazienti residenti attorno al Petrolchimico cinque casi di sarcomi dei tessuti molli (un raro tumore correlabile a diossina), rispetto ad una previsione di un caso ogni dieci anni. All'inizio però gli appelli del medico hanno trovato nelle autorità un vero muro di gomma. Poi sono arrivati i risultati sconvolgenti dello studio condotto da Istituto Superiore di Sanità e Asl che hanno rilevato per i residenti nei due chilometri intorno all'inceneritore per rifiuti tossico nocivi Enichem (ex Montedison) di Mantova una probabilità di ammalarsi 25 volte superiore. Principale imputata in questo caso la tetraclorodibenzodiossina, nota come diossina di Seveso.

Segnali d'allarme comunque ce n'erano da molto tempo per Gloria Costani che sottolinea: "Lo stato di degrado dei laghi attorno a Mantova, non balneabili ed i cui prodotti ittici, largamente consumati dai Mantovani negli anni Sessanta, sono stati poi dichiarati non commestibili; l'inquinamento da mercurio seppellito dall'industria chimica nei terreni vicini alle case popolari; gli odori acri e pungenti che ammorbano frequentemente l'atmosfera sugli stessi quartieri e l'aumento di varie forme tumorali tra gli abitanti; dovevano mettere in allarme più di un sanitario". Importante perciò secondo Costani è il lavoro dei medici di base in prima linea sul fronte sanitario e chiamati a correlare una malattia anche con i luoghi di residenza e di lavoro del paziente.

"A Mantova morti sospette ce ne sono state sia tra i lavoratori sia tra i residenti intorno agli impianti - spiega Paolo Rabitti, consulente del pm Casson e uno dei primi nella città lombarda a denunciare la gravità della situazione. - Ora il Ministero della Sanità ha istituito una Commissione che dovrà chiarire cosa sia effettivamente accaduto a Mantova. E' possibile pensare a qualcosa che va al di là di un normale inquinamento industriale. L'ipotesi dell'Istituto Superiore di Sanità è che la diossina che ha provocato i sarcomi sia uscita dall'inceneritore, ma io non credo che il danno sia stato causato da emissioni industriali, per così dire, di intensità normale"


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