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IL
CASO |
A Mantova si indaga sulle morti da
diossina |
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(n.b.) Fa scuola
il processo avviato dal pm Felice Casson adesso che anche a
Mantova, come in altre città che ospitano un Petrolchimico, la
magistratura indaga. E importante risulta anche la decisione
presa dall'assessore provinciale all'ambiente Ezio da Villa
che, con Arpav, Ulss, Comune e Regione, ha avviato una
indagine epidemiologica per verificare l'incidenza delle
malattie tumorali e non, correlabili all'esposizione a
sostanze tossiche e soprattutto alla diossina emessa dai tre
inceneritori di Porto Marghera, che bruciano ogni anno
migliaia di tonnellate di rifiuti tossico nocivi. Uno degli
obiettivi della ricerca è conoscere l'impatto che alcune
produzioni avrebbero sulla salute, al fine di tutelare anche
preventivamente i cittadini.
A Mantova l'allarme - che ha contribuito poi anche
all'avvio dell'inchiesta giudiziaria - è stato lanciato
qualche anno fa da Gloria Costani, medico di base, che aveva
registrato in due anni tra i suoi mille pazienti residenti
attorno al Petrolchimico cinque casi di sarcomi dei tessuti
molli (un raro tumore correlabile a diossina), rispetto ad una
previsione di un caso ogni dieci anni. All'inizio però gli
appelli del medico hanno trovato nelle autorità un vero muro
di gomma. Poi sono arrivati i risultati sconvolgenti dello
studio condotto da Istituto Superiore di Sanità e Asl che
hanno rilevato per i residenti nei due chilometri intorno
all'inceneritore per rifiuti tossico nocivi Enichem (ex
Montedison) di Mantova una probabilità di ammalarsi 25 volte
superiore. Principale imputata in questo caso la
tetraclorodibenzodiossina, nota come diossina di Seveso.
Segnali d'allarme comunque ce n'erano da molto tempo per
Gloria Costani che sottolinea: "Lo stato di degrado dei laghi
attorno a Mantova, non balneabili ed i cui prodotti ittici,
largamente consumati dai Mantovani negli anni Sessanta, sono
stati poi dichiarati non commestibili; l'inquinamento da
mercurio seppellito dall'industria chimica nei terreni vicini
alle case popolari; gli odori acri e pungenti che ammorbano
frequentemente l'atmosfera sugli stessi quartieri e l'aumento
di varie forme tumorali tra gli abitanti; dovevano mettere in
allarme più di un sanitario". Importante perciò secondo
Costani è il lavoro dei medici di base in prima linea sul
fronte sanitario e chiamati a correlare una malattia anche con
i luoghi di residenza e di lavoro del paziente.
"A Mantova morti sospette ce ne sono state sia tra i
lavoratori sia tra i residenti intorno agli impianti - spiega
Paolo Rabitti, consulente del pm Casson e uno dei primi nella
città lombarda a denunciare la gravità della situazione. - Ora
il Ministero della Sanità ha istituito una Commissione che
dovrà chiarire cosa sia effettivamente accaduto a Mantova. E'
possibile pensare a qualcosa che va al di là di un normale
inquinamento industriale. L'ipotesi dell'Istituto Superiore di
Sanità è che la diossina che ha provocato i sarcomi sia uscita
dall'inceneritore, ma io non credo che il danno sia stato
causato da emissioni industriali, per così dire, di intensità
normale" |
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