Possiamo ora finalmente risolvere le equazioni di Einstein, almeno in alcuni casi semplici ma estremamente importanti.
La prima soluzione fu quella che trovò, per un corpo singolo, K. Schwarzschild nel 1915, ancora prima che la teoria di Einstein raggiungesse la sua forma definitiva nel 1916. Essa si riferisce alla costruzione esplicita della metrica
nel caso di uno spazio tempo statico con la parte spaziale isotropa rispetto ad un punto generico.
Tale soluzione potrebbe essere affrontata attraverso lo studio dei vettori di Killing, che vedremo in seguito, ma c'è un modo più facile per ottenere la struttura generale della metrica stessa.
La struttura isotropa e
statica significa che le componenti della metrica non devono dipendere
dalla componente temporale ed inoltre la dipendenza dalle coordinate spaziali
può avvenire solo tramite i termini invarianti per rotazione
x2, xi
×dxi
e dxi2. Quindi il
più generale elemento di tempo proprio non può essere che della forma
in cui
.
Passando in coordinate polari sferiche, definite da
l'intervallo di tempo proprio diventa
.
Poiché siamo liberi nella scelta delle coordinate, possiamo definire
con
funzione arbitraria; questo ci permette di scrivere
e così possiamo eliminare il termine fuori diagonale nella metrica, scegliendo
.
Il tempo proprio diventa
con
.
Possiamo anche ridefinire
la coordinata :
ed ottenere la metrica in quella che chiameremo la sua "forma
standard"
in cui abbiamo eliminato
l'apice alla ed alla
ed abbiamo posto
Le componenti covarianti della metrica sono allora
.
Anche le componenti controvarianti si scrivono subito perché la metrica è diagonale:
Per scrivere le equazioni di Einstein è ora necessario avere la forma esplicita dei simboli della connessione affine e quindi le componenti del tensore di Ricci.
Ricordiamo che i simboli della connessione affine sono dati da
ed inserendo le nostre
espressioni per le componenti della metrica, ne risulta che i soli termini
diversi da zero (ne dovrebbero essere 40 per la simmetria degli indici inferiori
delle ) sono
Possiamo ora scrivere le componenti del tensore di Ricci:
e risultano diverse da zero solo le componenti diagonali:
Ricordiamo che l'apice
rappresenta la derivazione rispetto ad
e che si notano in queste componenti tutte le caratteristiche
che ci aspettavamo (la linearità nelle derivate seconde e la non linearità nelle
prime), ma che, date le semplificazioni dovute alla dipendenza dalla sola
coordinata r, le derivate parziali sono ridotte a derivate normali.
Le equazioni di Einstein nel vuoto sono allora
e notiamo che è sufficiente
eguagliare a zero le sole componenti
del tensore di Ricci.
Notiamo inoltre che
il che richiede che
e quindi
.
Inoltre, dato che
consideriamo un corpo singolo nell'universo, possiamo ritenere che, per
la metrica si avvicini sempre di più a quella di Minkowski,
cioè
da cui si ricava che
Usando quest'ultima nelle
equazioni ed
otteniamo
da cui segue ovviamente
che ha per soluzione
La costante di integrazione
può essere fissata dal fatto che a grande distanza da un corpo di massa M, la
componente deve tendere, come abbiamo visto studiando l'approssimazione
newtoniana, a
con
=
. Quindi la costante di integrazione è -2MG e la
soluzione finale è
La metrica è quindi
In questo modo abbiamo completato il discorso sulla relatività generale, nel senso che abbiamo ottenuto una soluzione esatta delle equazioni di campo partendo dalla definizione delle proprietà della metrica e giungendo alla forma finale della metrica stessa.
Ci resta da studiare la forma dello spazio-tempo e delle geodetiche di questa metrica.
Cominciamo col notare che la metrica presenta due singolarità: la prima per
e la seconda per
(in realtà, se avessimo
fatto i conti non considerando avremmo la singolarità in
).
Un primo dubbio ci deriva però dal considerare il determinante metrica, che è
da cui si capisce che la singolarità in rg può avere dei problemi.
E che in ogni caso ci sia qualche problema deriva anche dal calcolo esplicito delle componenti del tensore di Riemann in queste coordinate; la componente 1212 è infatti
ed è quindi singolare in r = rg, oltre la singolarità in r = 0.
Con questo problema in
mente, analizziamo la struttura dello spazio-tempo generato da un corpo singolo,
sferico e statico; per questo cominciamo a studiare le geodetiche radiali
di tipo luce
che quindi saranno le soluzioni dell'equazione
Le soluzioni si ottengono quindi da
ed integrando
in cui
è il valore di
a
.
Tale relazione ci permette
di disegnare il diagramma che ci dà l'idea della struttura dello spazio-tempo:
Per
ed
molto maggiori di
si ottiene ovviamente il diagramma di Minkowski, ma
avvicinandosi ad
si ha un asintoto verticale. In
la funzione non è definita e per
minore di
si riottiene un andamento analogo, con però alcune notevoli
differenze. La prima è che sono invertite le parti spaziali e temporali, (come
si può vedere dal fatto che i coefficienti della metrica A(r) e B(r)
si scambiano di segno e quindi di posizione) e la seconda, conseguenza della
prima, è che le geodetiche nulle, e quindi, a maggior ragione, quelle di tipo
spazio, finiscono nella singolarità ad
in un tempo finito.
Se ricordiamo inoltre l'equazione della deviazione geodetica:
che rappresenta
l'accelerazione relativa di due geodetiche infinitamente vicine e ci ricordiamo
la divergenza della componente del tensore di Riemann, notiamo che nessuna particella potrà
vederne un'altra che attraversa la superficie di Schwarzschild, e quindi un
buco nero non potrà mai essere visto da noi, neanche se ci stiamo cadendo
dentro.
D'altra parte, alcune delle patologie che abbiamo visto possono essere solo dovute al sistema di coordinate scelto.
Consideriamo il cambiamento di coordinate
l'elemento di lunghezza diventa
.
Poiché il legame tra coordinate vecchie e nuove è
ne risulta che la singolarità di Schwarzschild, corrispondente a
,
in queste coordinate è
assente ed inoltre la coordinata R è ovunque spaziale e la
è sempre temporale (Lemaitre, 1938).
A valori determinati di
corrispondono le linee di universo
ed il diagramma corrispondente è (Landau, pag. 404)
In questo caso è evidente
che resta la singolarità per ma
, pur non presentando singolarità, ha un comportamento
"strano", nel senso che può essere attraversata da raggi di luce (e quindi anche
da particelle) solo verso l'interno; una volta entrati nella superficie non
possono mai più uscirne. Una tale superficie è detta "orizzonte degli eventi".
Anche in questo caso, se calcoliamo il tempo impiegato da una particella per
raggiungere
dall'esterno abbiamo un integrale che diverge.
Tutto quanto detto finora ci convince anche dell'opportunità di scrivere esplicitamente le equazioni delle geodetiche per la metrica di Schwarzschild.
Le scriveremo nella forma
in cui p è un parametro che descrive la traiettoria, ma non è proporzionale ad s per quanto riguarda le geodetiche nulle. Usando le componenti non nulle dei simboli della connessione affine, otteniamo:
Possiamo risolvere queste equazioni col l'uso delle costanti del moto e tenendo conto del fatto che il campo è isotropo e quindi le orbite delle nostre particelle giacciono in un piano; potremo quindi porre
.
In questo caso la seconda
equazione è identicamente soddisfatta e possiamo dimenticarci di
come variabile dinamica.
Dividendo la terza per
e la quarta per
ricaviamo
.
Ne consegue che ci sono due costanti del moto
costante
e
costante
La prima può essere assorbita nella definizione di p normalizzandola in modo tale che
L'altra costante gioca il ruolo di momento della quantità di moto per unità di massa:
(= costante)
Inserendo tutte queste condizioni nella prima equazione delle geodetiche otteniamo
che, moltiplicando per
, diventa
e la nostra ultima costante del moto è dunque
(= costante).
Il tempo proprio può ora essere determinato inserendo nella metrica tutte le costanti del moto e ricavando
con
E > 0 per particelle materiali
E = 0 per i fotoni
Possiamo inoltre eliminare il parametro p ed otteniamo infine il sistema riducibile alle quadrature
.
Con questo sistema è possibile impostare i test classici della teoria della gravitazione, ma noi tralasceremo questo problema, per ricordare che esiste il teorema di Birckoff, analogo relativistico del teorema di Gauss, che ci dice che il campo gravitazionale nel vuoto per un corpo a simmetria sferica e dipendente dal tempo (in effetti un corpo pulsante radialmente), è uguale a quello di un buco nero di Schwarzschild.
Infatti se reimpostiamo il problema partendo dalla forma della metrica, l'unica cosa che dobbiamo cambiare è la dipendenza funzionale dei suoi coefficienti, che dipenderanno ora dalla coordinata radiale r e dal tempo t; i calcoli saranno gli stessi fino a
.
Questo significa, ovviamente, che i coefficienti A e B diventano ora anche funzioni del tempo.
Come conseguenza il tensore di Ricci si modifica in
in cui
indica gli elementi precedentemente calcolati per il caso
statico, e
implica che le correzioni contengono solo termini con la
derivata totale rispetto al tempo della funzione A; c'è però ora anche la
componente fuori diagonale
.
Le equazioni di Einstein nel vuoto saranno, come prima,
per cui risulta che la soluzione nel vuoto, contenendo
è identica alla precedente.
È interessante notare che il valore della coordinata rg è identico a quello che si può calcolare col l'esempio classico, trovato da Laplace nel 1767; calcoliamo, infatti, la velocità di fuga di una particella di massa m da un corpo di massa M e raggio R. La conservazione dell'energia ci dice che
.
Una particella di massa m è sparata all'inizio con velocità vf dal valore di r = R; all'infinito saranno nulle sia l'energia cinetica che quella potenziale, per cui
e da questa è possibile trovare il raggio R del corpo:
.
Se ci chiediamo quale dovrebbe essere il raggio del corpo per avere una velocità di fuga pari alla velocità della luce, ricaviamo
che è proprio uguale al raggio di Schwarzschild.
È facile vedere però che questo non è, apparentemente, un problema reale, perché questo valore di R è ben all'interno dei corpi conosciuti; infatti per il Sole è
Rg » 3 km,
per la Terra
Rg » 0.9 cm
e per il protone
Rg » 10-58 cm (contro il "raggio classico" » 10-13 cm),
valori che sono molto all'interno dei corpi "normali", in una condizione studiabile con la soluzione interna di Schwarzschild, che è stata trattata da Oppeneimer e Wolkov e che mostra che l'andamento interno è privo di singolarità.
Però lo studio dell'evoluzione stellare ci mostra che, se un corpo ha una massa superiore a » 2 masse solari, il suo destino ultimo non può essere che il collasso indefinito, fino a raggiungere (e superare?) Rg. Da qui è nato il filone di ricerca teso all'individuazione osservativa dei buchi neri, che ha dato ottimi risultati, mostrandoci che alcune stelle e resti di supernove non potranno che, però in un tempo infinito, raggiungere quella condizione.