7. Soluzione di Schwarzschild

 

Possiamo ora finalmente risolvere le equazioni di Einstein, almeno in alcuni casi semplici ma estremamente importanti.

La prima soluzione fu quella che trovò, per un corpo singolo, K. Schwarzschild nel 1915, ancora prima che la teoria di Einstein raggiungesse la sua forma definitiva nel 1916. Essa si riferisce alla costruzione esplicita della metrica

 

nel caso di uno spazio tempo statico con la parte spaziale isotropa rispetto ad un punto generico.

Tale soluzione potrebbe essere affrontata attraverso lo studio dei vettori di Killing,  che vedremo in seguito, ma c'è un modo più facile per ottenere la struttura generale della metrica stessa.

La struttura isotropa e statica significa che le componenti della metrica non devono dipendere dalla componente temporale  ed inoltre la dipendenza dalle coordinate spaziali  può avvenire solo tramite i termini invarianti per rotazione x2, xi ×dxi  e dxi2. Quindi il più generale elemento di tempo proprio non può essere che della forma

 

 

in cui .

Passando in coordinate polari sferiche, definite da

 

l'intervallo di tempo proprio diventa

 

.

 

Poiché siamo liberi nella scelta delle coordinate, possiamo definire

 

 

con  funzione arbitraria; questo ci permette di scrivere

 

 

e così possiamo eliminare il termine fuori diagonale nella metrica, scegliendo

.

 

 

Il tempo proprio diventa

 

 

con

.

 

 

 

Possiamo anche ridefinire la coordinata :   ed ottenere la metrica in quella che chiameremo la sua "forma standard"

 

in cui abbiamo eliminato l'apice alla  ed alla  ed abbiamo posto

 

 

Le componenti covarianti della metrica sono allora

.

 

Anche le componenti controvarianti si scrivono subito perché la metrica è diagonale:

Per scrivere le equazioni di Einstein è ora necessario avere la forma esplicita dei simboli della connessione affine e quindi le componenti del tensore di Ricci.

Ricordiamo che i simboli della connessione affine sono dati da

 

 

ed inserendo le nostre espressioni per le componenti della metrica, ne risulta che  i soli termini diversi da zero (ne dovrebbero essere 40 per la simmetria degli indici inferiori delle ) sono

 

 

 

 

 

Possiamo ora scrivere le componenti del tensore di Ricci:

 

 

e risultano diverse da zero solo le componenti diagonali:

              

 

               

 

 

Ricordiamo che l'apice rappresenta la derivazione rispetto ad  e che si notano in queste componenti tutte le caratteristiche che ci aspettavamo (la linearità nelle derivate seconde e la non linearità nelle prime), ma che, date le semplificazioni dovute alla dipendenza dalla sola coordinata r, le derivate parziali sono ridotte a derivate normali.

Le equazioni di Einstein nel vuoto sono allora

 

e notiamo che è sufficiente eguagliare a zero le sole componenti  del tensore di Ricci.

Notiamo inoltre che

 

 

 

il che richiede che

 

 

 

e quindi

.

 

 

Inoltre, dato che consideriamo un corpo singolo nell'universo, possiamo ritenere che, per  la metrica si avvicini sempre di più a quella di Minkowski, cioè

 

 

 

da cui si ricava che

 

 

Usando quest'ultima nelle equazioni  ed  otteniamo

 

                                                     

 

 

da cui segue ovviamente

 

 

che ha per soluzione

 

 

La costante di integrazione può essere fissata dal fatto che a grande distanza da un corpo di massa M, la componente  deve tendere, come abbiamo visto studiando l'approssimazione newtoniana, a   con  = . Quindi la costante di integrazione è -2MG e la soluzione finale è

 

 

La metrica è quindi

 

 

In questo modo abbiamo completato il discorso sulla relatività generale, nel senso che abbiamo ottenuto una soluzione esatta delle equazioni di campo partendo dalla definizione delle proprietà della metrica e giungendo alla forma finale della metrica stessa.

Ci resta da studiare la forma dello spazio-tempo e delle geodetiche di questa metrica.

Cominciamo col notare che la metrica presenta due singolarità: la prima per

 

  

 

e la seconda per

 

 

(in realtà, se avessimo fatto i conti non considerando  avremmo la singolarità in

 ).

 

Un primo dubbio ci deriva però dal considerare il determinante metrica, che è

 

da cui si capisce che la singolarità in rg  può avere dei problemi.

E che in ogni caso ci sia qualche problema deriva anche dal calcolo esplicito delle componenti del tensore di Riemann in queste coordinate; la componente 1212 è infatti 

 

 

ed è quindi singolare in r = rg, oltre la singolarità in r = 0.

 

Con questo problema in mente, analizziamo la struttura dello spazio-tempo generato da un corpo singolo, sferico e statico; per questo cominciamo a studiare  le geodetiche radiali  di tipo luce che quindi saranno le soluzioni dell'equazione

 

 

Le soluzioni si ottengono quindi da

 

 

 

 

ed integrando

 

 

in cui  è il valore di  a .

 

Tale relazione ci permette di  disegnare il diagramma che ci dà l'idea della struttura dello spazio-tempo:

  

 

 

Per  ed  molto maggiori di  si ottiene ovviamente il diagramma di Minkowski, ma avvicinandosi ad  si ha un asintoto verticale. In  la funzione non è definita e per  minore di  si riottiene un andamento analogo, con però alcune notevoli differenze. La prima è che sono invertite le parti spaziali e temporali, (come si può vedere dal fatto che i coefficienti della metrica A(r) e B(r) si scambiano di segno e quindi di posizione) e la seconda, conseguenza della prima, è che le geodetiche nulle, e quindi, a maggior ragione, quelle di tipo spazio, finiscono nella singolarità ad  in un tempo finito.

 

Se ricordiamo inoltre l'equazione della deviazione geodetica:

 

 

che rappresenta l'accelerazione relativa di due geodetiche infinitamente vicine e ci ricordiamo la divergenza della componente  del tensore di Riemann, notiamo che nessuna particella potrà vederne un'altra che attraversa la superficie di Schwarzschild, e quindi un buco nero non potrà mai essere visto da noi, neanche se ci stiamo cadendo dentro.

D'altra parte, alcune delle patologie che abbiamo visto possono essere solo dovute al sistema di coordinate scelto.

Consideriamo il cambiamento di coordinate

 

 

 

 

l'elemento di lunghezza diventa

.

 

 

 

 

 

Poiché il legame tra coordinate vecchie e nuove è

 

 

ne risulta che la singolarità di Schwarzschild, corrispondente a

,

 

 

in queste coordinate è assente ed inoltre la coordinata R è ovunque spaziale e la  è sempre temporale (Lemaitre, 1938).

A valori determinati di  corrispondono le linee di universo

 

 

ed il diagramma corrispondente è (Landau, pag. 404)

  

 

 

 

In questo caso è evidente che resta la singolarità per  ma , pur non presentando singolarità, ha un comportamento "strano", nel senso che può essere attraversata da raggi di luce (e quindi anche da particelle) solo verso l'interno; una volta entrati nella superficie non possono mai più uscirne. Una tale superficie è detta "orizzonte degli eventi". Anche in questo caso, se calcoliamo il tempo impiegato da una particella per raggiungere  dall'esterno abbiamo un integrale che diverge.

 Tutto quanto detto finora ci convince anche dell'opportunità di scrivere esplicitamente le equazioni delle geodetiche per la metrica di Schwarzschild.

 Le scriveremo nella forma

 

 

in cui p è un parametro che descrive la traiettoria, ma non è proporzionale ad s per quanto riguarda le geodetiche nulle. Usando le componenti non nulle dei simboli della connessione affine, otteniamo:

 

                               

                              

 

 

 

Possiamo risolvere queste equazioni col l'uso delle costanti del moto e tenendo conto del fatto che il campo è isotropo e quindi le orbite delle nostre particelle giacciono in un piano; potremo quindi porre

.

 

 

In questo caso la seconda equazione è identicamente soddisfatta e possiamo dimenticarci di  come variabile dinamica.

Dividendo la terza per  e la quarta per  ricaviamo

.

 

 

 

Ne consegue che ci sono due costanti del moto

costante

 

 

e

costante

 

 

La prima può essere assorbita nella definizione di p normalizzandola in modo tale che

 

 

L'altra costante gioca il ruolo di momento della quantità di moto per unità di massa:

 (= costante)

 

Inserendo tutte queste condizioni nella prima equazione delle geodetiche otteniamo

 

 

che, moltiplicando per , diventa

 

 

 

e la nostra ultima costante del moto è dunque

 (= costante).

 

 

Il tempo proprio può ora essere determinato inserendo nella metrica tutte le costanti del moto e ricavando

 

 

con

E >  0  per particelle materiali

E = 0  per i fotoni

Possiamo inoltre eliminare il parametro p ed otteniamo infine il sistema riducibile alle quadrature

.

 

Con questo sistema è possibile impostare i test classici della teoria della gravitazione, ma noi tralasceremo questo problema, per ricordare che esiste il teorema di Birckoff, analogo relativistico del teorema di Gauss, che ci dice che il campo gravitazionale nel vuoto per un corpo a simmetria sferica e dipendente dal tempo (in effetti un corpo pulsante radialmente), è uguale a quello di un buco nero di Schwarzschild.

Infatti se reimpostiamo il problema partendo dalla forma della metrica, l'unica cosa che dobbiamo cambiare è la dipendenza funzionale dei suoi coefficienti, che dipenderanno ora dalla coordinata radiale r e dal tempo t; i calcoli saranno gli stessi fino a

.

 

 

Questo significa, ovviamente, che i coefficienti A e B diventano ora anche funzioni del tempo.

Come conseguenza il tensore di Ricci si modifica in

 

in cui  indica gli elementi precedentemente calcolati per il caso statico, e  implica che le correzioni contengono solo termini con la derivata totale rispetto al tempo della funzione A; c'è però ora anche la componente fuori diagonale

.

 

Le equazioni di Einstein nel vuoto saranno, come prima,

 

per cui risulta che la soluzione nel vuoto, contenendo

 

 

è identica alla precedente.

 

È interessante notare che il valore della coordinata rg è identico a quello che si può calcolare col l'esempio classico, trovato da Laplace nel 1767; calcoliamo, infatti, la velocità di fuga di una particella di massa m da un corpo di massa  M e raggio R. La conservazione dell'energia ci dice che

.

 

Una particella di massa m è sparata all'inizio con velocità vf  dal valore di  r = R; all'infinito saranno nulle sia l'energia cinetica che quella potenziale, per cui

 

 

e da questa è possibile trovare il raggio R del corpo:

.

 

Se ci chiediamo quale dovrebbe essere il raggio del corpo per avere una velocità di fuga pari alla velocità della luce, ricaviamo

 

 

che è proprio uguale al raggio di Schwarzschild.

È facile vedere però che questo non è, apparentemente, un problema reale, perché questo valore di R è ben all'interno dei corpi conosciuti; infatti per il Sole è

 

Rg » 3 km,

 

per la Terra

 

Rg  » 0.9 cm

 

e per il protone

 

Rg » 10-58 cm (contro il "raggio classico" » 10-13 cm),

 

valori che sono molto all'interno dei corpi "normali", in una condizione studiabile con la soluzione interna di Schwarzschild, che è stata trattata da Oppeneimer e Wolkov e che mostra che l'andamento interno è privo di singolarità.

Però lo studio dell'evoluzione stellare ci mostra che, se un corpo ha una massa superiore a » 2 masse solari, il suo destino ultimo non può essere che il collasso indefinito, fino a raggiungere (e superare?) Rg. Da qui è nato il filone di ricerca teso all'individuazione osservativa dei buchi neri, che ha dato ottimi risultati, mostrandoci che alcune stelle e resti di supernove non potranno che, però in un tempo infinito, raggiungere quella condizione.