SCRIVERE
SULLE NUVOLE
LA "SMOG PAPER"
Ivan Dragone
I movimenti ambientalisti più sensibili
stanno dirigendo la loro attenzione e la loro capacità
di mobilitazione già da alcuni anni anche verso il settore
cartario: la protezione dell'ambiente verso quei rischi che derivano
dal processo di fabbricazione della cellulosa, la deforestazione,
l'abuso del consumo di carta, l'impiego di grandi quantità
di materie prime, piante, acqua ed energia e la formazione dei
composti cloro-organici sono le tematiche maggiormente sentite.
Per ottenere un kg di cellulosa chimica bianchita, la varietà di cellulosa maggiormente richiesta dal mercato, si parte da circa 7 kg di albero: si eliminano le foglie, i rami, la corteccia e le radici. Il tronco, costituito da metà acqua e da metà legno, viene sminuzzato, cotto con reattivi chimici ottenendo cellulosa greggia e successivamente sbiancato per ottenere la materia prima impiegata nella fabbricazione della carta.
Anticamente gli egiziani scrivevano su rotoli
di papiro derivati da una pianta acquatica che cresceva abbondante
lungo le rive del fiume Nilo. La carta come viene intesa ora,
fatta di fibre intrecciate e feltrate fra di loro, è stata
inventata dai cinesi (Tsai Lun, I° secolo d.C.) che impiegavano
le scorze dei gelsi e il bambù. La carta, fatta dagli arabi
e dagli europei, impiegava esclusivamente gli scarti delle botteghe
tessili, i cordami usati dalle navi e gli stracci.
Alcune fonti del XII° secolo riferiscono che in Egitto i beduini
e gli arabi sottraevano i lenzuoli di lino utilizzati come sudari
e le pezze che avvolgevano le mummie egiziane per rivenderli ai
fabbricanti di carta. Una situazione analoga si verificò
nell'Europa medioevale e rinascimentale.
La scarsità di materia prima per l'industria cartaria divenne ancora più grande quando, in seguito alle violente e diffuse pestilenze che interessarono tutta l'Europa, vennero emanate disposizioni sanitarie, prime fra tutte quelle della Repubblica di Venezia del 1575, che obbligavano le popolazioni a bruciare tutti gli indumenti e tessuti delle persone colpite dal contagio. La carenza della materia prima ha per lungo tempo contenuto il consumo e mantenuto alti i prezzi fino a quando, verso il 1840, lo sviluppo delle tecnologie industriali indicarono la strada della cellulosa estratta dal legno come materia prima disponibile in abbondanza per la fabbricazione della carta. L'industria cartaria, fin dalle sue origini, impiegava molta acqua pulita: le cartiere erano generalmente situate a monte delle città, lungo i fiumi che servivano anche come fonte di acqua potabile per le popolazioni.
Il primo accenno di problemi ecologici causati dall'industria cartaria nell'area vicentina è stato trovato in una breve nota presente negli "Statua" del Comune di Treviso del 1283 e del 1313 in cui appare chiaro che la fabbricazione della carta causava problemi ambientali alla città medioevale.
Le fibre vegetali in uso nel medioevo e nel rinascimento nella fabbricazione della carta (lino, canapa, cotone) venivano decolorate attraverso una bollitura con una soluzione alcalina (ceneri di legno con alto contenuto di carbonato di calcio e potassio) e con l'esposizione alla luce del sole. In questo modo, utilizzando questi scarti sbiancati provenienti dalle botteghe artigiane e dalla raccolta dei cenciaioli, si otteneva una carta di colore bianco avoriato. Tra la bollitura con ceneri di legno e il lavaggio finale, gli stracci venivano esposti al sole: in queste condizioni le sostanze coloranti naturali si decoloravano lentamente e gradualmente fino ad assumere una tonalità biancastra.
Nel 1774 il chimico svedese Carl Wilhem Scheele scoprì il cloro e dopo poco tempo si accorse che questa sostanza aveva una energica azione sbiancante nei confronti delle sostanze coloranti delle fibre vegetali: questo processo doveva essere eseguito con attenzione perché, specie se usato in eccesso, il cloro aveva una profonda azione degradante sulle stoffe finite. Per la prima volta nella sua storia l'uomo sintetizzò, involontariamente, composti organici clorurati e forse la diossina.
Nel 1789, il cloro fu impiegato per la prima volta dal chimico francese Berthollet come agente sbiancante su stracci scadenti e colorati ottenendo una carta bianca. Nel 1799 il chimico scozzese Charles Tennant brevettò il sistema di assorbire il cloro su ossido di calcio: ottenne così una polvere stabile che poteva venire imballata in barili di legno e spedita in tutta Europa e in America. La fase di sbianca o di candeggio prende il suo nome dall'uso massiccio di candeggina (soluzioni di ipoclorito). Il processo più diffuso è quello della sbianca a più stadi con cloro in cui la pasta di cellulosa viene fatta reagire con cloro gas. Le cellulose sbianchite senza utilizzo di cloro gas (ECF) o derivati del cloro (TCF) rappresentano un grande passo avanti compiuto dal settore cartario nella riduzione dell'impatto ambientale. Si calcola che entro il 2000 l'uso del cloro per la sbianca della cellulosa verrà ridotto di un ulteriore 70%.
Scandinavi, canadesi e portoghesi hanno aumentato la massa boschiva creando un rapporto positivo tra crescita di nuovi alberi e taglio. In questo momento nei Paesi del Nord vengono piantati più alberi di quanti non ne vengano tagliati. Alla mentalità di deforestazione selvaggia propria della prima metà di questo secolo si è sostituita quella, più produttiva ed economicamente più vantaggiosa, di mantenimento o addirittura di incremento del patrimonio forestale come risorsa naturale. La foresta in crescita lega l'anidride carbonica riducendo l'effetto serra.
La disponibilità di legname in Svezia (dove la metà della superficie totale del Paese è dedicata all'industria forestale) sarà nel 2000 quasi il doppio di quella disponibile agli inizi di questo secolo. Ormai la maggior parte del legno per la produzione di cellulosa proviene da superfici coltivate, con cicli produttivi pianificati che vanno dai 7/8 anni per l'eucalipto (Spagna, Portogallo, Brasile, Argentina) fino ai 30 anni delle betulle (Svezia, CSI, Finlandia, Canada). La produzione di cellulosa è sempre più orientata al recupero degli scarti provenienti dall'industria del legno quali la segatura, gli sfridi, le cime degli alberi e gli sfoltimenti utili alla ricrescita del bosco. La produzione di paste ad alta resa è un ulteriore esempio di risparmio degli alberi. A fronte di queste notizie positive, ci sono alcune preoccupazioni che riguardano il mantenimento del patrimonio forestale originario come risorsa naturale preziosa. La piantagione di specie non native (es. eucalipto nella Penisola Iberica e le conifere nel Regno Unito) è un sistema vantaggioso per il settore cartario ma la distribuzione dell'ecosistema preesistente ed il rimboschimento di vaste aree con una sola specie di piante è causa di prevedibili danni al territorio comparabili a quelli provocati dalle monocolture.
Nei Paesi del Nord Europa e nel Canada invece, almeno per il 10% delle terre impiegate nella forestazione, sono destinate ad aree protette dove la foresta primaria originaria viene conservata. Gli alberi ed i vegetali sono un patrimonio genetico di enorme valore per il futuro. Il rispetto della situazione forestale e la rotazione delle coltivazioni garantiscono boschi fatti da alberi in crescita. E' questo il patrimonio bioenergetico che molti produttori di cellulosa stanno rafforzando per il futuro. L'uso di tecniche di bioingegneria (genetica) apre, oltre a nuove possibilità di sviluppo, una nuova serie di interrogativi sul futuro.
Ogni anno vaste aree della foresta tropicale vengono distrutte in modo definitivo per colture a rotazione, per pascoli e a causa degli incendi, ma si conserva l'errata convinzione che gran parte della distruzione delle grandi foreste fluviali sia ancora da imputare alla produzione della carta. Prodotta per centinaia di anni con materiali di recupero, la carta era in qualche maniera contingentata dalla mancanza di materie prime che consentiva di tenerne artificiosamente alto il prezzo e contenere i consumi. Il primo esempio documentato di riciclo di carta stampata si registrò in Danimarca nel 1695. L'avvento della cellulosa proveniente dal legno (1840) ha dato al cartaio quella materia prima che per secoli gli mancava e ha aperto nuove problematiche. Oggi, ogni giorno, montagne di giornali, riviste, elenchi telefonici, imballaggi vengono consumati ed eliminati; l'avvento dell'informatica, che preannunciava la morte della carta, ha svolto, almeno fino al 1993, un effetto contrario dilatandone i consumi.
Nel campo dei rifiuti un grosso contributo è dato dalle carte riciclate che, oltre a limitare il consumo di alberi, fanno risparmiare energia. I prodotti cartacei possono essere riciclati per produrre carte anche se di norma danno prodotti di qualità inferiore rispetto a quelli prodotti con fibre vergini.
La principale obiezione rivolta all'industria della carta e della cellulosa riguarda l'impiego di risorse naturali preziose (territorio, alberi, acqua ed energia) per la produzione di un prodotto finale che viene sempre più spesso usato per un breve periodo e poi gettato via. In questa maniera, la carta costituisce una parte importante dei rifiuti solidi urbani dove la maggior parte non viene utilizzata, ma accumulata o avviata all'incenerimento. L'ideale per la carta e per la maggior parte dei materiali che compongono i rifiuti è rappresentato dal riciclaggio a condizione che nella progettazione delle carte destinate agli utilizzi di massa (es. da imballo e da stampa) si utilizzi carta, inchiostro e accoppiamenti compatibili con gli esistenti sistemi di recupero. Inoltre, è consigliato che la raccolta dei vari tipi avvenga per tipologie e possibilmente attraverso gli stessi canali della distribuzione. In Italia, più del 50% delle fibre cellulosiche impiegate nella produzione della carta e del cartone proviene dal riciclato. Nel 1993, nel mondo venivano riciclate 60 milioni di tonnellate di carta e cartone su un totale di 250 milioni di tonnellate di materie prime ed ausiliari impiegati.
Nel 1736 la Repubblica di Venezia autorizza
la trasformazione di un mulino in fabbrica per la produzione di
carta. Risale al 1757 l'atto ufficiale di fondazione della Cartiera.
Nel 1906 essa diventa proprietà della famiglia Favini.
La Divisione Cartotecnica Favini nasce nel 1975. Nel 1995 viene
creata la società di ricerca Geopolimeri S.r.l.- Tecnologie
Viventi Applicate orientata alla realizzazione di processi e prodotti
innovativi a ridotto impatto ambientale.
La ricerca applicata industriale degli anni '90 è sempre
più consapevole che l'ambiente sta passando da vincolo
a nuova opportunità e sta orientandosi e sviluppandosi
all'interno del mercato, allontanandosi ulteriormente dal mondo
della ricerca di base.
La Geopolimeri propone una nuova forma di prevenzione dell'inquinamento che sa vedere negli esuberi vegetali e negli inquinanti industriali una forma armonica di materie prime alternative. L'impiego di queste biomasse, altrimenti destinate allo smaltimento in discarica o alla termodistruzione, consente di risparmiare nobili materie prime. Lo staff della Geopolimeri ha promosso prodotti e processi innovativi nel campo economico- industriale- ambientale.
Il Gruppo Favini collabora attivamente con Università, Società ed Enti di Ricerca, fra i quali: Università di Ferrara, SDA Bocconi, ENEA, Instituto Superior de Agronomia Adisa di Lisbona, A. Biotec, La Robbia.
Di seguito sono elencate le principali produzioni della Cartiera:
- Nel 1991 la Cartiera Favini promuove la sua prima carta ecologica "Chlorine Free" denominata Ecoiris, per la cui produzione si utilizza esclusivamente cellulosa esente da cloro (TCF).
- Da una collaborazione con Novamont, Cerestar e la Cartiera Favini si realizzano le prime produzioni mondiali di Mais carta, prodotto contenente il Chart-bi, fibrilla ottenuta dal chicco del grano di mais (anno di produzione: 1991). Nel 1993 vengono realizzati i primi cartoncini e carte Tree free (senza alberi), prodotti di altissimo pregio a base di residui vegetali.
- Alga Carta, carte e cartoni contenenti alghe integrali inquinanti la laguna di Venezia. In collaborazione con il Consorzio Venezia Nuova, ENEA e SGS Ecologia. Progetto Life 1993.
- Mais Carta Integrale, carta contenente i residui della lavorazione della farina del mais. Viene impiegata tutta la pianta del mais e non solo il chicco. Progetto Life 1995.
- Carte e plastiche contenenti coloranti naturali/vegetali.
- Sistemi rapidi di analisi e controllo.
- Sugar paper - Orange paper - Lemon paper. Gli esuberi e i residui agro-alimentari vengono essiccati, macinati e trasformati in farine usate nella produzione di carta in sostituzione di fibre cellulosiche e cariche minerali provenienti da cave. Progetto Life 1995.
- Farina di Smog. I gas di scarico acidi responsabili delle piogge acide e dell'effetto serra, provenienti dalla combustione di sostanze fossili e vegetali, vengono neutralizzati, fissandoli su residui alcalino- terrosi e trasformati in farina. Progetto Life 1995.
- Smog paper 1. La farina di smog viene utilizzata nella produzione di carta in sostituzione di cariche minerali provenienti da cave. Progetto Life 1995.
- Smog paper 2. I gas di combustione alimentano una coltivazione di microalghe filamentose utilizzate per la produzione di carta. Progetto Life 1995.
- Terpene da agrumi e utilizzi. Progetto Life 1996.
- Nel 1997 viene realizzata la prima produzione di carta contenente residui dell'industria vinicola (wine paper).
Il gruppo Favini si estende su un'area di 70.000 mq di cui 22.000 mq dedicati a fabbricati, in una zona a destinazione industriale del comune di Rossano Veneto a nord-est della provincia di Vicenza.
Il processo produttivo si compone di tre flussi: flusso delle acque, flusso di materia, flusso di energia. Ogni flusso presenta impianti caratteristici. Il flottatore caratterizza il flusso delle acque. Esso consente la separazione dei solidi sospesi e il recupero delle materie prime sotto forma di fanghi. I fanghi vengono disidratati, essiccati e riutilizzati. Il flusso della materia è caratterizzato dai seguenti impianti: il pulper, la tavola piana, le presse e il sym-sizer. Il pulper consente la preparazione dell'impasto fibroso che disperde in acqua le balle di cellulosa, le farine provenienti dalla macinazione dei residui agro-alimentari e la carta riciclata; la tavola piana è una tela che dà forma al nastro di carta allontanando l'acqua in eccesso; le presse svolgono una funzione di disidratazione del nastro di carta fino ad un secco del 50%; infine il sym- sizer è una pressa che distribuisce sul nastro di carta una soluzione di amido per renderla meglio stampabile e scrivibile.
Il terzo flusso (flusso di energia) è caratterizzato da una centrale termica che produce vapore per l'asciugamento della carta e alimenta una turbina per la produzione di energia elettrica. L'energia elettrica prodotta copre circa il 50% del fabbisogno dell'intero complesso industriale. Il combustibile utilizzato è il metano che viene bruciato dalla caldaia con una resa del 95,5%. L'essiccazione è assicurata da un circuito chiuso di vapore prodotto dalla centrale termica. All'interno delle macchine continue sono installati sistemi di misura di grammatura, umidità, contenuto in ceneri, spessore, opacità, formazione, bianco e colore. Tali sistemi garantiscono la regolazione automatica di eventuali imperfezioni.
Il processo produttivo della cartiera si articola su due linee che operano contemporaneamente, e che si differenziano per la diversa capacità quantitativa. Nella prima fase le materie prime utilizzate, ossia cellulosa, farine da esuberi agroindustriali, carta riciclata, carbonato di calcio ed acqua sono immesse in uno spappolatore (pulper). Successivamente la mistura ottenuta è trattata con degli additivi tra cui amido e colla. Il pannello ottenuto viene quindi pressato, essiccato e lisciato nella macchina continua. L'acqua eliminata dal pannello è raccolta e riciclata attraverso un sistema di pompe che la reinserisce nel sistema produttivo al punto in cui è stata generata. Al termine della produzione l'acqua in esubero viene riciclata e filtrata attraverso un sistema ad osmosi che la purifica e la rende idonea ad essere riutilizzata sin dalla fase iniziale. Quest'ultimo sistema di purificazione è funzionante solo per una delle due linee, mentre l'acqua proveniente dal secondo processo prima di essere immessa nell'ambiente esterno, va depurata con un impianto biologico. I fanghi prodotti da questo sono utilizzati per la produzione di cartone. I dettagli del processo produttivo non verranno illustrati in questa sede.
Particolarmente interessante è la descrizione tecnica del processo che porta alla produzione delle cosiddette "farine". I residui vegetali sono essiccati e trasformati in "farine integrali naturali". Vengono micronizzati e vagliati al fine di selezionare dimensionalmente le particelle idonee ed allontanare le più grossolane che vengono successivamente rimicronizzate. Queste farine vengono usate nell'impasto cartario per produrre carte e cartoni di qualità. Queste carte sono biodegradabili e conservano le stesse caratteristiche fisico-meccaniche delle carte tradizionali. Il risparmio ambientale è del 10% in termini di alberi utilizzati e del 12% in termini di consumi energetici. Un moderno impianto di filtrazione (ultrafiltrazione ed osmosi inversa) collegato a una linea di produzione della Cartiera, ha permesso il riutilizzo delle acque reflue del processo.
I gas acidi di combustione provenienti dalla centrale termica vengono neutralizzati, facendoli reagire con dei residui industriali alcalini in un nuovo impianto pilota industriale da 1.000 mc/h. Questo Turbofissatore Geo-Vomm trasforma dei residui inquinanti industriali in una neutra e bianca "farina di smog" utilizzata poi come carica in carta in sostituzione di polvere di roccia ottenuta da cave. La fissazione chimica dei gas di combustione è comparata dal punto di vista economico-ambientale con la fissazione biochimica che utilizza come fissatore una coltura di microalghe filamentose di rapida crescita, destinate poi alla produzione di carta.
Conformità alla
legislazione
Acqua: le caratteristiche delle acque di scarico
sono conformi alla legge 319/76. L'autorizzazione allo scarico
è stata ottenuta nel 94 dal comune di Rossano Veneto, visto
il parere del PMP USL 8 di Vicenza, prescrivendo:
- di rispettare i limiti di accettabilità della tabella
A della legge 319/76;
- di controllare con frequenza trimestrale nelle acque reflue
del proprio scarico i seguenti parametri: COD, fenoli, solfuri,
solfiti, ione ammonio, ferro, alluminio.
Rifiuti: in ottemperanza alla legge 475/88, al D.L. 22/97 e successive modificazioni. Tipologia di rifiuti prodotti: speciali pericolosi, speciali e speciali assimilati.
Aria: emissioni in atmosfera in ottemperanza al DPR 203/88 e alle L.R. 33/85 e 28/90.
Rumore: rumore interno in ottemperanza al D.L. 277/91. Rumore esterno in ottemperanza alla legge 477/95 e al DPCM del 1/03/91.
Altri adempimenti: amianto in ottemperanza al D.L. 277/91; sorgenti radioattive in ottemperanza al DPR 185/64 e alla LR 78/80; sostanze e attività a rischio di incidente rilevante in ottemperanza al DPR 175/88 e successive modifiche; salute e sicurezza in ottemperanza al D.L. 242/96 e al D.L. 626/94.
Per la produzione di una quantità complessiva di 22.903 tonnellate di carta (1997) sono state impiegate 16.368 tonnellate di cellulose, 202 tonnellate di carta riciclata acquistata all'esterno, 47 tonnellate di materie prime particolari (alghe essiccate, residui agro-alimentari, ecc.), 5.085 tonnellate di cariche minerali (filler), 1.333 tonnellate di amidi e 1.051 tonnellate di altri ausiliari. Nella tabella sono indicate le materie prime e gli ausiliari utilizzati dalla Cartiera per la produzione di tutti i tipi di carta nei sei anni presi in considerazione.
Tab. 1 | |||||||
Dettaglio andamento materie prime | Umidità | 1992 | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | 1997 |
cellulosa | 10 | ||||||
trattamento al solfito | 2212 | 1977 | 2341 | 2467 | 2078 | 2451 | |
tratt. al solfato | 12796 | 12558 | 14942 | 14505 | 11961 | 13727 | |
tratt. meccanico | 267 | 277 | 386 | 359 | 167 | 153 | |
altre chimiche | 34 | 76 | 52 | 36 | 72 | 37 | |
totale | 15309 | 14888 | 17721 | 17367 | 14278 | 16368 | |
riciclato e materie prime particolari | 10 | 201 | 202 | 522 | 511 | 236 | 249 |
cariche | 2 | ||||||
caolino | 55 | 49 | 56 | 81 | 56 | 87 | |
CaCO3 | 5044 | 5059 | 6615 | 6830 | 4559 | 4995 | |
TiO2 | 17 | 14 | 13 | 15 | 10 | 3 | |
totale | 5116 | 5122 | 6684 | 6926 | 4625 | 5085 | |
amidi | 20 | ||||||
superficie e massa | 1650 | 1542 | 1771 | 1993 | 1472 | 1333 | |
materiali ausiliari | 80 | ||||||
collanti | 590 | 576 | 648 | 665 | 548 | 655 | |
coagulanti | 486 | 453 | 493 | 433 | 374 | 454 | |
additivi vari | 80 | 84 | 106 | 73 | 152 | 104 | |
candeggianti/coloranti/fissatori | 253 | 347 | 316 | 232 | 234 | 287 | |
totale | 1409 | 1460 | 1563 | 1402 | 1308 | 1501 | |
totale materie prime | 23685 | 23214 | 28261 | 28139 | 21919 | 24536 | |
Nota: i valori sono espressi in tonnellate |
La cellulosa costituisce la principale materia prima con il 66,7% del totale delle materie prime in ingresso nel 1997. Per la maggior parte si tratta di cellulosa derivata da piante di coltivazione, con trattamento (cottura) al solfato e sbianca ECF (senza l'utilizzo del cloro gas). I dati riguardanti le cellulose sono stati aggregati utilizzando due tipi di suddivisione: per tipo di trattamento (fase di cottura e di imbiancamento) e per fonte di cellulosa. Particolare attenzione viene data a produttori che utilizzano legno proveniente da piantagioni con un sistema di gestione ambientale che salvaguarda la biodiversità delle specie animali e vegetali.
I processi industriali per la produzione di materia prima fibrosa hanno la funzione di ridurre le fibre delle piante in fibre allo stato elementare, mediante trattamenti che danno origine a tre diversi tipi di paste:
· pasta chimica, ottenuta per dissoluzione delle sostanze incrostanti mediante reagenti chimici;
· pasta meccanica di legno, quando la separazione avviene appunto per via meccanica;
· pasta semichimica, ottenuta da un blando trattamento chimico e un trattamento meccanico.
I principali processi di cottura impiegano lascivi di diversa natura:
· processo al solfato: soluzione di idrato di sodio e solfuro di sodio da cui si ottiene una pasta molto resistente (kraft);
· processo al (bi) solfito: soluzione acquosa di solfito acido di calcio (ma anche sodio, magnesio), nella quale è sciolta una certa quantità di anidride solforosa libera.
La pasta meccanica si ottiene sottoponendo i tronchi di legno, opportunamente preparati e scortecciati, alla sfibratura meccanica con varie metodologie. Un particolare tipo di pasta meccanica è quella termomeccanica. La pasta semichimica può essere considerata (in prima approssimazione) un prodotto intermedio fra la pasta chimica e la pasta meccanica di legno. Nella produzione di carte di maggior pregio, come nel caso della Favini, le paste sia chimiche sia meccaniche subiscono anche una fase di imbianchimento. Per la sbianca si utilizzano in genere prodotti a base di cloro gas, di derivati del Cloro (cellulose ECF) e senza derivati del cloro (TCF). L'impatto ambientale di questa fase del ciclo di vita della carta è molto alto. La Cartiera nel 1997 ha impiegato il 99,5% di cellulose ottenute con processi di sbianca senza uso di cloro gas.
Le sostanze di carica hanno la proprietà di conferire all'impasto fibroso determinate caratteristiche che ne migliorano alcuni aspetti di utilizzo. Il peso delle cariche all'interno delle carte prodotte dalla Favini registra un costante aumento negli ultimi anni, attestandosi attorno al 20,7% delle materie prime in ingresso nel 1997. La maggior parte delle cariche (98,2%) è rappresentata dal carbonato di calcio; la restante percentuale è rappresentata da piccoli quantitativi di caolino e biossido di titanio. In generale le rocce sedimentarie da cui viene estratto il carbonato di calcio vengono cavate in condizioni geologiche tra le più disparate. La cava da cui proviene il carbonato usato in Favini è collocata nella parte meridionale delle Prealpi Venete. Il materiale cavato è particolarmente puro e si presenta in una situazione geologica favorevole all'estrazione.
L'impiego di esplosivi (il cui impatto non è stato qui calcolato) risulta infattilimitato e la maggior parte del lavoro di estrazione avviene utilizzando speciali macchine (ripper), che sollevano gli strati della roccia disarticolandoli e suddividendoli in piccoli blocchi. I principali impatti sono costituiti dai consumi di combustibile e dalle loro emissioni nell'aria. I blocchi di calcare di prima scelta vengono trasportati tramite camion all'impianto di frantumazione e macinazione. Qui il materiale viene ridotto di granulometria facendolo passare attraverso una serie di frantoi e mascelle e/o martelli. Il grado di selezione può essere variato secondo le esigenze di mercato. Il principale prodotto usato dalla Cartiera è il tipo M3, costituito per il 99,6% da particelle con un diametro inferiore a 10 micron. Il principale impatto ambientale è qui costituito dalle polveri e dai consumi di energia elettrica.
Riciclato. Si tratta di scarti di produzione di ottima qualità che vanno a sostituire la cellulosa vergine. Sono scarti provenienti da altre cartiere e dalla Cartotecnica Favini, considerata esterna al ciclo produttivo. Gli scarti interni (sfridi di produzione, materiale non conforme, ecc.) vengono rimessi nel ciclo produttivo della carta e non sono considerati nel bilancio di massa.
Le materie prime particolari sono rappresentate da:
· macroalghe, principalmente della Laguna Di Venezia, che entrano nel ciclo produttivo dell'Alga Carta;
· polpe esauste (barbabietola, limone, arancio);
· residui e fibrille di mais;
· materie prime da scarti industriali (fibre tessili, carte tessili, ovatta).
Queste materie prime "ecologiche" sostituiscono parzialmente le cellulose, trattate con processi di sbianca senza uso di cloro utilizzate anche in molte altre serie di carte.
Una volta raccolta nella Laguna di Venezia la biomassa algale viene fatta sgocciolare e avviata alla essiccazione. Le emissioni in atmosfera della centrale termica a metano costituiscono l'impatto più rilevante del presente ciclo di vita. Con la macinatura si ottiene un prodotto finale denominato farina di alghe (stabile e con e con limitati odori sgradevoli) pronto per essere addizionato all'impasto cartario. Da notare come le alghe passino da un 90% di acqua nella fase di raccolta a un 12% della farina di alghe, pronta per essere introdotta nel ciclo produttivo. Questo significa che le 30 t di farina di alghe utilizzate dalla cartiera nel 1994 corrispondono a 264 t di alghe fresche.
Un cenno a parte meritano le cellulose ricavate
da piante annuali (canna, bambù, kenaf, ecc.), che rappresentano
una concreta alternativa all'uso di cellulosa da alberi e che
vengono impiegate attualmente in tutte le carte ecologiche.
Il 5,4% del totale delle materie prime è costituito dagli
amidi (1997). Si distinguono due tipi di amidi: di superficie
e di massa. Gli amidi di superficie sono in questo momento per
la maggior parte ricavati dalla patata o dal mais e sono cationici
per diminuire il carico inquinante nelle acque di scarico. Gli
amidi di massa sono cationici e vengono impiegati per la ritenzione
e il coesionamento della carta. Il principale impatto nella coltivazione
della patata è costituito dai fertilizzanti (N, P, K) e,
in misura sempre minore, dai pesticidi. Per quanto riguarda la
produzione di amido i principali consumi sono quelli energetici
(energia elettrica per la fase di estrazione dell'amido e gas
naturale per la fase di essiccazione), mentre i principali impatti
ambientali sono date dalle emissioni idriche (COD, composti di
P, N). Per quanto concerne l'amido di mais non esistono dati attendibili.
Prima di essere introdotto nel ciclo produttivo della carta l'amido
viene ossidato all'interno della cartiera. Il processo di ossidazione
termochimica avviene in contenitori con acqua ossigenata e in
presenza di un opportuno catalizzatore.
Ausiliari. Per ausiliari si intende una serie di prodotti di diversa natura che vengono aggiunti all'impasto in varie fasi del processo secondo il tipo di carta che si vuole produrre. Tra gli ausiliari vanno ricordati: i collanti, che conferiscono alla carta scrivibilità e stampabilità; i coagulanti, per la ritenzione; i coloranti e i candeggianti, usati rispettivamente nella fabbricazione delle carte colorate e nella produzione di carte bianche.
Analizzando i dati registrati dal 1992 al 1997, è possibile notare come sia diminuito l'impatto ambientale dovuto alle emissioni. Infatti sono calati i valori del COD, dei tensioattivi, dei solidi sospesi, dell'azoto totale e dell'alluminio nelle emissioni idriche.
La combustione del metano, usato come combustibile per la produzione di energia, garantisce emissioni in atmosfera a ridotto impatto ambientale, nel senso di una riduzione a livelli insignificanti della concentrazione di SO2 nei fumi di scarico. L'installazione, nel settembre del '96, di una nuova caldaia ad alto rendimento ha permesso una più efficiente combustione, che si è tradotta in un risparmio energetico per unità di carta prodotta e in una riduzione delle emissioni in atmosfera (diminuzione della concentrazione di NO2 e della concentrazione di CO, divenuta irrilevante).
Gli indicatori di impatto e di performance ambientale (performance di processo e di spesa) sono un fondamentale strumento di sintesi, atto a rendere i dati ambientali comprensibili ad un pubblico eterogeneo e confrontabili nel tempo. Essi permettono di valutare l'efficienza dell'impresa nella gestione delle risorse naturali. Gli indicatori utilizzati dalla Cartiera Favini sono:
· indicatori di impatto;
· indicatori di performance (di processo e di spesa).
Gli indicatori di impatto ambientale misurano, in termini fisici, l'impatto delle attività aziendali sull'ambiente naturale. Gli indicatori utilizzati sono i seguenti:
- produzione di carta: tonnellate di carta prodotta (è il riferimento per la valutazione dell'efficienza per gli altri fattori di impatto);
- produzione di carta ecologica: tonnellate di carta ecologica prodotta;
- consumo di materie prime: tonnellate di materie prime in entrata del ciclo produttivo;
- consumo di cellulosa: tonnellate di cellulosa in entrata del ciclo produttivo;
- rifiuti prodotti: tonnellate di rifiuti prodotti dal ciclo produttivo;
- rifiuti smaltiti: tonnellate di rifiuti smaltiti in discarica;
- consumo di energia: GJ di energia (energia elettrica e contenuto energetico dei combustibili utilizzati) utilizzata nel ciclo produttivo;
- consumo di acqua: metri cubi di acqua utilizzata nel ciclo produttivo;
- emissione in acqua di COD, di solidi sospesi e di azoto: kg di sostanze presenti nelle acque di scarico;
- emissione atmosferica di NO2, SO2 e CO2: kg di gas emessi in atmosfera;
- emissioni climalteranti: tonnellate di CO2 equivalente (sostanze che contribuiscono all'effetto serra);
- emissioni acidificanti: kg di SO2 equivalente (sostanze come il diossido di zolfo e gli ossidi di azoto che contribuiscono alla formazione delle piogge acide);
- emissioni eutrofizzanti: kg di fosfato equivalente (sostanze come ossidi di azoto, gruppo ammonico, fosforo e COD che contribuiscono all'eutrofizzazione delle acque superficiali).
Indicatori di performance, che possono essere suddivisi in:
- indicatori di performance di processo che valutano l'efficienza del processo produttivo nell'uso delle risorse ambientali;
- indicatori di performance di spesa che valutano l'efficienza economica dell'impresa nell'attuazione dei programmi ambientali.
In letteratura sono disponibili tabelle relative ai sopraindicati indici per gli anni che vanno dal 1992 al 1997. Sulla base degli aspetti ambientali significativi dell'attività produttiva del sito e in relazione alla politica ambientale, la Cartiera si impegna a raggiungere i seguenti obiettivi:
Protezione e riduzione del consumo di acqua. Entro il '99: riduzione del consumo di acqua a 20 litri/kg carta prodotta, attraverso l'installazione di un nuovo impianto biologico e il trattamento a osmosi inversa e/o ultrafiltrazione delle acque di processo depurate. Entro il '99: riduzione del 70% di COD (da 3,57 a 1,07 kg/t carta prodotta) e riduzione dei solidi sospesi nelle acque di scarico, attraverso l'installazione dell'impianto di trattamento biologico delle acque di processo. I fanghi delle cartiere derivano dai materiali in soluzione presenti nelle acque durante il processo produttivo. Tali materiali sono costituiti principalmente da fibre cellulosiche e da amidi aggiunti per conferire determinate caratteristiche alla carta. I fanghi sono quindi delle perdite, in quanto sono rappresentate da materiali che non vengono aggregati al materiale solido in soluzione.
Una politica di riciclo di tali materiali costituisce quindi un risparmio di costi per la cartiera in quanto rappresenta un modo di migliorare l'efficienza produttiva. Attraverso investimenti mirati al recupero dei solidi in sospensione e dei colloidi in soluzione effettuati all'interno del processo produttivo anziché nell'impianto terminale di depurazione, la cartiera Favini è riuscita a ridurre le perdite e quindi il volume di fanghi di circa l'80% tra il 1887 e il 1993 con l'obiettivo di ridurre a zero tali perdite negli anni futuri. E' stato sviluppato un processo a circuito chiuso delle acque e dei fanghi che ne riduce le quantità in uscita. I fanghi vengono utilizzati anche per la produzione di cartoncini retroblocco.
Riduzione dei rifiuti. Entro il '98: riduzione dei rifiuti smaltiti in discarica attraverso il riutilizzo del 50% (73 t rispetto al 1996) dei fanghi prodotti nell'impianto di depurazione, mediante la produzione di carte speciali e cartone e/o l'uso come combustibile nella produzione di energia o compostaggio.
Conservazione del patrimonio naturale. Biennio 1997/1998: riduzione del 10% di alberi equivalenti per carta prodotta, rispetto al 1992/94, favorendo l'impiego di esuberi naturali vegetali, piante annuali di veloce rinnovabilità, di erbacce e di residui agro-alimentari. Entro il 1998: riduzione dei consumi energetici (metano ed energia elettrica), a parità di carta prodotta.
Protezione dell'aria. Entro il 1998: produzione sperimentale di materia prima alternativa o integrativa delle cariche minerali inorganiche non rinnovabili (carbonato di calcio), mediante un impianto pilota per il recupero degli inquinanti atmosferici (SOx, NOx, CO2) e del suolo.
Sono, inoltre, in fase di studio processi alternativi che riducano ulteriormente l'utilizzo di cellulosa da alberi. Sono stati isolati dei funghi che potrebbero in futuro essere sfruttati per produrre cellulosa.
Di seguito sono riportate descrizione più dettagliate su alcune tipologie di carta prodotte dalla Cartiera (le tipologie escluse presentano caratteristiche di processo analoghe alle altre).
ECOIRIS
Il rilevamento di tracce di diossina nei prodotti cartari, in particolare nei pannolini e nei contenitori per alimenti, ha provocato vivaci contestazioni da parte degli ecologisti e dell'opinione pubblica verso il settore cartario. Nonostante la diossina sia stata determinata in quantità estremamente piccole, l'industria cartaria è stata globalmente coinvolta da questo problema. L'incenerimento dei rifiuti urbani, la combustione del petrolio, gli incendi delle foreste e la sbianca della cellulosa sono state le principali fonti di formazione delle diossine. Data l'enorme diffusione di composti cloro-organici (OX), tutti i prodotti presenti in natura ne contengono ormai tracce. Questi composti vengono degradati solo parzialmente dagli impianti di depurazione (30-50%): se scaricati nel mare, nei laghi e nei fiumi danneggiano la fauna acquatica e si fissano nella catena alimentare. Nel Canada e negli Stati Uniti, per esempio, è stata proibita la pesca nei bacini di scarichi di alcune cartiere e fabbriche di cellulosa a causa dei valori troppo elevati di composti cloro-organici nei pesci. Il cloro ed i suoi derivati utilizzati negli stadi di sbianca della cellulosa sono i maggiori responsabili della formazione di questi composti nel settore cartario.
In un tempo relativamente breve (3-4 anni) in molte fabbriche di cellulosa si è riusciti a sostituire (al prezzo di grandi ristrutturazioni e di investimenti dell'ordine delle centinaia di milioni di dollari) fino all'80% dell'uso del cloro elementare con ossigeno e diossido di cloro, come per esempio in Canada e in Svezia. Nel 1991 sono state prodotte circa 110 milioni di tonnellate di cellulosa bianchita con un consumo di 3 milioni di tonnellate di cloro: si può ipotizzare la formazione di almeno 300.000 tonnellate di composti cloro- organici (OX), mentre la quantità totale di diossina formata viene stimata in circa 1-3 kg. Il metodo di analisi sviluppato dalle industrie di cellulosa, e ancora oggi il più diffuso, si basa sull'assorbimento da parte del carbone attivo dei composti organici alogenati contenuti nelle soluzioni acquose.
La grandezza ottenuta si chiama AOX (Adsorbable Organic Halogen compounds). Il valore AOX non fa nessuna distinzione tra le varie sostanze organiche clorurate presenti nelle acque di scarico o in carta ma ne fa solo il totale. Già da molti anni l'interesse degli studiosi viene rivolto alla realizzazione dei processi di sbianca che comportino una drastica riduzione delle quantità di cloro-organici immesse nell'ambiente soprattutto nelle acque di scarico. I nuovi processi alternativi all'uso del cloro e dei suoi derivati utilizzano ossigeno e perossidi ma ancora non riescono a garantire un grado di bianco e di pulizia identico ai precedenti.
Il risultato è una pasta di buona qualità, piuttosto costosa (circa più 10%), di un colore bianco-avoriato e con caratteristiche fisico-meccaniche leggermente inferiori a quelle ottenute con processi tradizionali ma a peggiore impatto ambientale.
La serie ECOIRIS è prodotta a pH neutro,
è esente da acidità libera, ha una elevata conservabilità
nel tempo ed è riciclabile. E' carta studiata per soddisfare
gli aspetti ecologici del produttore e del consumatore. Gli impasti
sono a base di cellulose TCF (Totally Chlorine Free) certificate
dai più importanti e qualificati produttori mondiali. Anche
gli altri costituenti- amidi, minerali, ausiliari e coloranti-
sono certificati come prodotti senza composti organici del cloro.
Le tinte, omogenee e brillanti, sono ottenute con una nuova efficace
tecnica di colorazione, con elevate resistenze alla luce, ai solventi
e all'acqua. I principali utilizzi sono quelli rivolti alla stampa,
alla scrittura, agli articoli scolastici, per ufficio, ecc.
MAIS CARTA
La Novamont, società del gruppo Ferruzzi-Montedison per lo sviluppo della "chimica vivente", nel 1991 comunicò di aver messo a punto un nuovo prodotto per il settore cartario a base di fibra di amido di mais. La Favini, in collaborazione con la Novamont, ne ha messo a punto l'uso nel settore cartario, realizzando nello stesso anno le prime produzioni industriali su macchina continua di carta contenente Chart-Bi. Le fibre di mais, fornite al 30% di secco, si conservano per circa tre mesi. La carta prodotta con quantità consistenti (fino al 15%) di Chart-Bi non ha subito alterazioni a più di un anno e mezzo dalla sua fabbricazione. Un impasto cartario destinato ad utilizzi quali la stampa, la fotocopiatura, il disegno, la scrittura, la schedografia, può a parità di caratteristiche fisico-meccaniche e di utilizzo essere variato nelle sue costituenti sostituendo 4 parti di cellulosa con 1 parte di amido (Chart-Bi) e 3 parti di carica quale il carbonato di calcio (roccia macinata). Si dimostra che è possibile risparmiare alberi ed energia globale e contemporaneamente incentivare una pratica agricola basata sulla rotazione delle colture. Queste fibre di polenta cotta possono essere colorate e collate. Gli sforzi fatti per rallentare la velocità di dissoluzione in acqua dell'amido, ne hanno permesso l'utilizzazione in quantitativi rilevanti aprendo la via a nuovi prodotti. Mais, patata e tapioca sono chimicamente simili e pertanto impiegabili in questo processo.
TREE FREE
Trattasi di carta prodotta senza l'impiego di fibre provenienti da alberi, non contiene carta riciclata ed è perfettamente riciclabile. L'utilizzo di residui vegetali e di fibre ottenute da piante annuali, a ciclo velocemente rinnovabile, è un ritorno all'antico ma in chiave e tecnologia moderna. Le fibre impiegate nella fabbricazione della carta dai cartai europei sono storicamente provenienti dal recupero di stracci, di scarti delle officine tessili ed i cordami usati delle navi: le fibre tessili vergini, lino, cotone e canapa, erano troppo preziose per essere direttamente impiegate nella produzione della carta. Con l'avvento della rivoluzione industriale e la scoperta della cellulosa da piante a ciclo poliennale (alberi) l'importanza delle fibre annuali è andata scemando. La cellulosa di paglia ha avuto nel nostro Paese la più larga diffusione tra le fibre provenienti dalle piante annuali.
L'avvento della legge Merli l'ha fatta praticamente scomparire dal mercato nazionale, a causa delle grandi quantità di materie solubili che venivano scaricate nelle acque reflue. L'ipotesi di utilizzo di cariche organiche, quali la paglia integrale, apre nuove possibilità di impiego. La ricerca di materie prime con una precisa attenzione alle risorse naturali e la messa a punto di tecnologie produttive a basso impatto ambientale trovano in questa carta una perfetta sintonia con la tutela dell'ambiente ed un significato ecologico proiettato al futuro. Le materie prime selezionate sono state inizialmente la peluria che rimane attaccata al seme di cotone non utilizzata dal settore tessile, la pasta ottenuta dalla paglia di grano e dalla canna da zucchero. A queste vengono addizionate fibrille di amido, farina di alghe e roccia macinata. Le ricerche sono orientate allo studio del recupero industriale di residui e sottoprodotti vegetali di abbondante reperibilità.
ALGA CARTA
La laguna di Venezia (sup. di 550 kmq) è un ecosistema in delicato equilibrio fra terra e mare, fortemente influenzato dalla presenza dell'uomo. Nella laguna conferiscono direttamente acque che drenano un territorio di 2.000 kmq in cui vivono 1,5 milioni di abitanti, ma che raccolgono apporti per un equivalente di 8 milioni di abitanti (area industriale, urbana ed agricola). Solo il 40% del carico inquinante di natura civile e industriale è sottoposto a depurazione, mentre nessun trattamento è previsto per quello di origine agricola e per quello che viene rilasciato dai fondali. Sebbene la laguna possa vantare su un intenso rapporto con il Mare Adriatico, tale da determinare un ricambio completo delle acque in poche settimane, l'equilibrio tra insediamento umano e laguna sembra essersi definitamente incrinato.
Risultato: il proliferare di biomassa algale
(secondo stime affidabili il valore della massa stanziale nella
laguna di Venezia, durante il periodo di massima proliferazione,
si aggira intorno alle 500.000 tonnellate).
La proliferazione delle alghe nelle lagune, negli estuari e nei
mari è un problema mondiale che non riguarda solo la Laguna
di Venezia. La crescita di alghe è legata all'abbondanza
di sostanze nutrienti apportate nelle acque della laguna attraverso
gli scarichi urbani ed industriali; particolari condizioni climatiche
possono far degenerare il sistema in quanto possono far diminuire
o mancare il livello di ossigeno, causando morie di pesci e un
impoverimento duraturo dell'ecosistema lagunare. L'asportazione
delle alghe serve dunque a rallentare i processi di degrado che
altrimenti sarebbero ogni anno più gravi.
L'esperienza della raccolta delle alghe non è l'unica del suo genere: in letteratura è possibile reperire analoghe esperienze anche se fatte con finalità diverse. Durante la Prima Guerra Mondiale, ogni anno venivano raccolte 400.000 tonnellate di alghe fresche in alcuni Paesi europei (Francia, Norvegia e Gran Bretagna) per estrarre iodio e altri sali inorganici di difficile reperimento durante il periodo bellico.
Seguendo l'esempio dei giapponesi che hanno organizzato su basi industriali l'impiego delle alghe utilizzandole anche per la stessa alimentazione umana, all'inizio si pensò all'utilizzo delle alghe come fertilizzante di terreni poveri o come fonte per la produzione di estratti per l'industria farmaceutica o di mangimi per l'industria zootecnica. Alla fine si impose l'esperimento della carta, innovativo a livello mondiale.
Nel 1992 è stata presentata a Venezia, da un qualificato gruppo di imprese, la prima realizzazione industriale esistente al mondo di carta contenente farina di alghe integrale. Si tratta di alghe raccolte nella Laguna di Venezia nell'ambito degli interventi di salvaguardia ambientale affidati dal Magistrato alle Acque al Consorzio Venezia Nuova. La tecnologia è stata messa a punto attraverso la collaborazione del Consorzio Venezia Nuova, ENEA (Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente), SGS Ecologia (Centro analisi e ricerche ambientali) e la Cartiera Favini. In questo processo non si impiegano sostanze tossiche o nocive, non si hanno inquinanti nelle acque di scarico e la carta prodotta è ecologicamente sana, biodegradabile e riciclabile. Inoltre, l'impiego di materiale algale conferisce al prodotto migliori caratteristiche di resistenza fisico-chimica rispetto alla carta tradizionale; la rigidità è aumentata del 30-43%, la resistenza alla rottura del 35-80%, l'energia di rottura del 42-47%.
La prima fabbricazione è avvenuta nel 1992. La carta con le alghe rivela, oltre alle indiscutibili valenze ecologiche perché permette il risparmio di alberi, anche un riuscito tentativo di impiego di un materiale che diventa, da simbolo di degrado e di inquinamento, materia prima per la realizzazione di prodotti utili. L'impiego del satellite Landsat Tematic Mapper e di mezzi aerei ha permesso di migliorare l'efficienza e la logistica della raccolta.
La storia della sperimentazione è così riassumibile. Le analisi di costituzione delle alghe marine della laguna di Venezia, Ulva e Gracilaria, effettuate dall'ENEA e dall'SGS Ecologia hanno evidenziato uno scarso contenuto in fibre cellulosiche sul secco, solo il 6%. I colloidi, sostanze organiche solubili e sali minerali sono la vera materia prima. La foglia delle macroalghe è nata e cresciuta nell'acqua: le sue pareti cellulari sono resistenti all'acqua. Per rompere queste cellule per ricavare le sostanze in esse contenute è stato necessario ricorrere nella sperimentazione a forti pressioni od a energiche azioni termochimiche. L'alga può essere essiccata, trasformata in farina a comportamento equivalente a cellule chiuse e, senza l'utilizzo di prodotti chimici e conservanti, essa è impiegabile in carta nella sua integrità senza la formazione di sottoprodotti od inquinanti. Il processo, definito dell'"Alga Passa", riscopre l'antica logica della conservazione dell'uva: la sua trasformazione in uva passa.
L'alga uva, come il grappolo di uva, ha delle cellule (chicchi) piene di sostanze colloidali, sali ed acqua. Entrambe sono dei prodotti alimentari: possono essere essiccate e conservate per anni rimanendo idonee all'alimentazione. L'uva matura, come l'alga fresca, deve essere essiccata subito dopo la raccolta, per prevenire fenomeni di biodegradazione e conseguente formazione di cattivi odori. L'alga essiccata va macinata con speciali mulini in uso nel settore delle farine alimentari. Questa operazione non danneggia quote significative di cellule chiuse di alghe. Infatti, la farina di alghe, come l'uva passa, se messa a bagno in acqua, rigonfia assorbendo acqua ma non cede nel breve termine di ore quote significative di solubile nell'acqua di ammollo. Come con l'uva passa facendola prerigonfiare in acqua si può produrre pane con uvetta, così con la farina di alghe in sostituzione parziale della cellulosa, si produce l'alga carta. La farina di alghe, se poco rigonfiata, si comporta come riempitivo organico della carta (carta organica), migliorandone la biodegradabilità. Se fatta rigonfiare troppo, si comporta da legante ed impartisce caratteristiche fisico-meccaniche che ricordano ai cartai il servizio reso dall'amido cationico ed aggiunge grasso resistenza riducendo la porosità della carta così come fatto nel settore cartario dall'alginato di sodio.
Il prodotto a magazzino contiene mediamente mezzo kg di alga fresca per kg di carta. Il quantitativo al secco di farina di alghe nell'alga carta, in funzione delle diverse esigenze estetico-funzionali dei clienti, è stato fatto variare dal 3% al 21% (varia il colore; lo stesso colore può essere modificato nel processo di cottura della carta). L'energia necessaria per trasformare alberi in cellulosa è circa il doppio di quella impiegata nella trasformazione delle alghe fresche a farina di alghe. La carta prodotta ha un caratteristico colore verde chiaro o avorio, che con il tempo invece di ingiallire come le normali carte provenienti dalla cellulosa, tende a diventare ancora più bianca per decolorazione naturale della clorofilla. Inoltre, presenta una leggera e diffusa puntinatura che la rende immediatamente riconoscibile come provenienza. E' possibile identificare con mezzi estremamente semplici, ad esempio una lente di ingrandimento, la presenza delle alghe in carta e la loro struttura. Tali caratteristiche, peraltro tecnologicamente eliminabili, qualificano il prodotto piuttosto che danneggiarlo.
Notevoli sono stati i problemi legati alla produzione di questa carta che ha richiesto numerosi e preventivi interventi sul circolo delle acque della cartiera. I circuiti delle acque di produzione della Cartiera Favini sono stati preventivamente chiusi al fine di minimizzare le perdite di sostanze organiche e di sali. Il bilancio di massa dei materiali caricati, della carta ottenuta, le analisi sulla composizione della stessa e sulle acque di scarico e di processo, hanno portato ad affermare che il materiale algale caricato è stato trasformato in carta. La prima prova industriale (700 kg di carta ottenuti) ha avuto un costo, relativamente ad una carta di analoghe caratteristiche fatta nelle stesse condizioni, pari a circa il 300%; le maggiorazioni sono calate in maniera significativa negli ultimi anni. La tendenza dei costi e la successiva fase di ottimizzazione economica della raccolta, dell'essiccazione, dell'epurazione, della macinazione, del trattamento di rinvenimento della farina di alghe e della produzione della carta porta a prevedere costi inferiori del 5%, dopo aver ammortizzato gli investimenti relativi.
Decine di migliaia di tonnellate di alghe vengono raccolte ogni anno nella laguna di Venezia per arrestarne e contenerne il degrado. Il loro uso rappresenta un successo di notevole rilevanza ambientale ed ecologica, fino a diventare un sistema ottimale di impiego produttivo di una materia prima che non deve essere considerata un rifiuto. Come gli alberi, anche le alghe fissano l'anidride carbonica dell'atmosfera, ma con maggiore efficienza e rapidità. L'impiego per la produzione di carta della biomassa algale non consente solo di risparmiare alberi, ma contribuisce ed aumenta la stabilità dell'ecosistema lagunare. Le alghe raccolte devono essere considerate una risorsa: se opportunamente estratte e utilizzate, con una corretta gestione dell'intero processo, possono diventare un prodotto utile per la società. Si tratta di una tecnologia che si inserisce nella prospettiva di trasformare, grazie all'innovazione, i problemi ambientali in nuove opportunità di sviluppo. Le 50.000 tonnellate di alghe in esubero raccolte ogni anno nella laguna di Venezia possono far risparmiare almeno 30.000 tonnellate di alberi e danno un bilancio energetico positivo.
Le specie che proliferano in eccesso nella laguna di Venezia sono generalmente costituite dalle specie Ulva rigida (80- 85%), Gracilaria confervoides (10-15%) ed Enteromorpha intestinalis (1-5%). L'Ulva, dal latino "pianta della palude", comunemente conosciuta come "lattuga di mare" e l'Enteromorpha, da entero (intestino) e morphe (forma), sono largamente distribuite nei mari costieri e nelle acque degli estuari: appartengono al phylum delle Chlorophyceae e sono caratterizzate dall'avere come pigmento fotosintetico grandi quantità di clorofilla "a" e "b".
La Gracilaria confervoides appartiene al phylum delle Rodophiceae in cui sono comprese le alghe rosse: oltre alla clorofilla "a" hanno come pigmenti accessori le ficobiline, che impartiscono il caratteristico colore rossastro. L'Ulva rigida, presente in maggiori quantità, non è ricca di fibre: la cellulosa estratta (circa il 2-5% del secco) ha un grado di polimerizzazione medio di circa 400 (espresso come unità di anidroglucosio). Le poche fibre presenti, parzialmente solubili, si degradano facilmente durante i processi di estrazione: sono prevalentemente amorfe, povere di alfa- cellulosa e poco adatte all'impiego nella fabbricazione della carta.
SMOG PAPER
I benefici ambientali, che derivano dal riutilizzo dei gas di combustione, riguardano essenzialmente la riduzione delle cause che determinano l'effetto serra e le piogge acide. Il cuore della tecnologia, che rende possibile il rivoluzionario progetto, è chiamato "Turbofissatore GeoVomm", un'apparecchiatura di pochi metri cubi di ingombro che intercetta i fumi di combustione della centrale termica della cartiera. Questo impianto pilota è in grado di trattare 1.000 mc/h di fumo (gas di combustione), eliminando così l'inquinamento che verrebbe prodotto da 30 automobili che viaggiano alla velocità di 50 km/h. La funzione della macchine è, in sintesi, quella di neutralizzare i gas acidi di combustione combinandoli con residui industriali solidi e alcalini (borbottine ceramiche, residui siderurgici alcalini, melme di carbonatazione degli zuccheri, ecc.) e di produrre in questo modo, tramite una reazione chimica in sistema semisecco, una polvere minerale neutra chiamata "farina di smog" (molto simile al borotalco), composta da carbonato di calcio e da altri sali.
Questa sperimentazione conferma che due prodotti
inquinanti come i gas acidi e i residui alcalini possono dare
origine ad una sostanza del tutto innocua ed utilizzabile come
sana materia prima, in sostituzione del marmo proveniente da cave,
sia per fare carta che per altri utilizzi. Conseguenza di questa
sperimentazione è anche aver evidenziato che esistono nel
mercato enorme masse di fanghi di carbonatazione con le stesse
caratteristiche e utilizzabilità della farina di smog (420.000
t/anno di fanghi originati dalla sola estrazione dello zucchero
in Italia) destinati a discarica. La "farina di smog"
viene impiegata dalla Favini nella misura dl 20% per produrre
la "Smog paper". Questa carta contiene circa il 10%
in peso di gas di combustione e il 10% in peso di ex-residui alcalini.
Pochi tipi di carta sono fabbricati impiegando solo fibre cellulosiche
pure: la massima parte delle carte contengono altre sostanze che
vengono aggiunte durante la preparazione dell'impasto cartario,
oppure in seguito, sul foglio di carta preformato.
Gli ausiliari impiegati per migliorare le prestazioni
della carta, quindi gli amidi, i collanti e i ritentivi possono
migliorare la velocità di drenaggio della sospensione fibrosa
e aumentare il numero di legami esistenti tra le fibre migliorando
così le caratteristiche fisico- meccaniche della carta
prodotta. Le sostanze collanti utilizzate in carta regolano la
penetrazione di liquidi nella stessa (acqua e inchiostro). Le
sostanze di carica (minerali macinati) migliorano l'opacità,
il liscio, la stampabilità ed il costo di carte e cartoni.
Le materie di carica più comunemente usate dall'industria
cartaria sono inorganiche; la maggior parte di esse sono prodotti
naturali (rocce macinate), poche le cariche sintetiche (tab. 2).
Tab. 2 - Elenco delle principali materie di carica |
||
Tipo |
Naturali |
Sintetici |
Silicati | Caolino, Talco | Silicato di calcio, Silicato di alluminio |
Ossidi | Farina fossile | Biossido di titanio, Allumina idrata, Silice idrata |
Carbonati | Carbonato di calcio | Carbonato di calcio |
Solfati | Solfato di bario, Solfato di calcio | Solfato di bario, Solfato di calcio |
L'utilizzo di sostanze minerali in polvere per "caricare" la carta era un tempo considerato solo un modo per ridurre il costo, mentre oggi è riconosciuto come metodo valido per ottenere carte qualitativamente migliori. Tutte le carte per scrivere e per stampa contengono cariche minerali in quantità variabile mediamente dal 5% al 30%. Una carica inorganica ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: buona opacità; elevato grado di bianco; dimensioni delle particelle non minore di 0,3 micrometri, circa la metà della lunghezza d'onda della luce visibile (inferiore ad un quarto della lunghezza d'onda della luce si comportano come fossero trasparenti); dimensioni massime 20 m; bassa massa volumica; insolubilità, inerzia chimica e buona bagnabilità; assenza di particelle grossolane ed abrasive; costo contenuto.
Nessuna carica possiede contemporaneamente tutte queste qualità. La scelta del minerale è quindi da effettuarsi in base ai risultati voluti. In base alle loro caratteristiche specifiche, le materie di carica influiscono diversamente sulle proprietà del manufatto finito. L'indice di rifrazione è uno dei parametri fondamentali che contribuisce all'opacità della carta. La luce, entrando nel cristallo, diminuisce la sua velocità ed è deviata o rifratta nel suo percorso; la luce rifratta è in gran parte rinviata indietro all'interno del cristallo ed è riflessa piuttosto che trasmessa. Maggiore è l'indice di rifrazione del materiale, maggiore è l'indice di rifrazione dell'interfaccia aria/ carica o fibra/ carica. Una carta che appaia sufficientemente opaca allo stato asciutto perde gran parte della sua opacità se viene bagnata o trattata con cere, paraffine o resine. Infatti queste sostanze riempiono gli interstizi tra le fibre sostituendosi all'aria che le circonda, ed eliminando l'effetto della differenza tra gli indici di rifrazione. Perciò, se si vuole conservare una buona opacità anche dopo aver effettuato questi trattamenti, è necessario usare delle cariche ad alto indice di rifrazione.
Un'altra caratteristica che contribuisce all'opacità è la dimensione o la forma delle particelle: associata a ciascuna lunghezza d'onda monocromatica della luce visibile esiste una particolare dimensione o forma della particella per ciascuna carica che dà la massima efficienza di opacizzazione. E' stato dimostrato che in generale la massima efficienza nella diffusione per la luce si ottiene con dimensioni (espresse come diametro sferico equivalente) di 0,25-0,35 m, cioè circa la metà della lunghezza d'onda della luce. E' però impossibile avere una carta caricata con un materiale formato tutto da particelle di queste dimensioni, cioè idonee a dare il massimo di opacità, in quanto tutte le cariche sono polimodali.
La ritenzione e la distribuzione delle cariche nel senso dello spessore del foglio dipendono dalle dimensioni delle particelle e dal loro peso specifico, oltre che dai meccanismi idrodinamici che si hanno sulla tela delle macchine e dai fenomeni colloidali e di coflocculazione che si possono verificare nella sospensione fibrosa. La ritenzione e la distribuzione delle cariche sono problemi che impegnano i cartai anche per i loro riflessi sull'inquinamento, sul costo e sul difetto di doppia faccia del foglio. Questo difetto si verifica per un maggior contenuto di carica sul lato feltro rispetto al lato tela e porta ad un diverso aspetto e ad un diverso comportamento alla stampa, diversa tanto più elevate quanto più grande è la differenza tra le due facce. Un impiego eccessivo delle cariche in carta può causare i seguenti difetti:
- diminuzione della rigidità e delle resistenze meccaniche (le particelle interferiscono nella formazione dei legami tra le fibre);
- diminuzione del grado di collatura (perché le materie di carica adsorbono una parte della materia collante sottraendola alle fibre);
- spolvero;
- maggiore usura delle matrici di stampa.
L'aggiunta di materie di carica permette di risparmiare materie prime fibrose ed energia (anche perché le carte caricate lasciano evaporare l'acqua più facilmente in seccheria).
Il termine patinatura riguarda l'insieme di operazioni che hanno lo scopo di applicare su una o su entrambe le superfici del nastro di carta uno strato di rivestimento detto "patina" essenzialmente a base di un pigmento minerale e di un adesivo legante. Scopo principale di tale operazione è quello di ottenere carte con migliori caratteristiche di stampabilità. Il pigmento minerale rappresenta di solito dall'80 al 90% in massa del contenuto al secco delle patine cartarie. La sua funzione principale è quella di riempire gli interstizi presenti fra le fibre del pannello fibroso cartaceo in modo da rendere la superficie più liscia, più uniforme e di regolare la ricettività degli inchiostri. Per ottenere una buona applicazione dello strato di patina in modo da soddisfare le necessità dell'utilizzatore, i pigmenti devono possedere caratteristiche adatte di massa volumica, di indice di rifrazione, di finezza e distribuzione delle dimensioni particellari, idonea struttura cristallina, dispersibilità, compatibilità con gli altri componenti della patina.
Altre caratteristiche importanti sono: un opportuno comportamento reologico nella fase di applicazione ed una corretta richiesta di legante, sia dal punto di vista tecnico che economico. Un eccesso di legante influenza negativamente l'opacità e la penetrazione degli inchiostri e il lucido. I principali pigmenti impiegati per le patine sono il caolino ed il carbonato di calcio. Il carbonato di calcio viene generalmente suddiviso in due gruppi, quello naturale, GCC (Ground Calcium Carbonate), derivato da calcare o marmo (finemente macinato a secco e ventilato) e quello sintetico, PCC (Precipitated Calcium Carbonate), ottenuto per precipitazione, trattando una sospensione acquosa di calce idrata con anidride carbonica. Rispetto al caolino il carbonato di calcio impartisce alla carta una maggiore opacità, un miglior grado di bianco, un minore lucido ed una minore tendenza all'iscurimento per effetto della calandratura ed una maggiore ricettività agli inchiostri per stampa. Il carbonato di calcio ha assunto crescente importanza negli ultimi anni in concomitanza con lo sviluppo dei sistemi di collatura a pH neutro della carta.
I produttori europei di carta wood-free (fatta senza utilizzare paste meccaniche ottenute per semplice macinatura del legno) da scrivere e da stampa cominciarono lentamente a passare dal processo acido a quello alcalino negli anni '60. La spinta al cambiamento era dovuta al desiderio di ridurre i costi aumentando il contenuto di carica minerale delle loro carte wood-free. Il carbonato di calcio è più basico e, se ottenuto per macinazione del marmo, è molto meno costoso della carica minerale allora dominante che era il caolino. Constatare che la produzione della carta a pH neutro permetteva di ridurre, a parità di caratteristiche fisico meccaniche del foglio di carta, la quantità di fibre cellulosiche chimiche di elevato costo, divenne la motivazione più significativa degli anni '70 e '80.
I considerevoli depositi di calcare nell'Europa Occidentale fecero di questa forma di carbonato di calcio un'opzione attraente come riempitivo (carica). Il carbonato di calcio è però solubile in ambiente acido, così i primi produttori di carta caricata con carbonato dovettero cambiare il pH del processo. I benefici immediati furono il risparmio di fibre e di energia, ma presto fu evidente che i fogli di carta ottenuti a pH neutro erano più bianchi, più resistenti ed erano meglio conservabili nel tempo. In Europa questi benefici portarono a un boom di conversioni al processo neutro. In Nord America invece la disponibilità di paste cellulosiche e di caolino (riempitivo principale nel processo acido) a buon mercato non stimolarono immediatamente la conversione al processo neutro. Nei primi anni '80 le cartiere europee producevano carta da scrivere e da stampa con il 20-25% di carbonato, mentre quelle nordamericane contenevano generalmente solo un 8% di caolino.
Con l'aumentare dei prezzi delle fibre cellulosiche, l'opportunità di aumentare la quantità di riempitivi minerali anche solo di poche unità percentuali cominciò a rivelarsi il più potente incentivo per convertirsi al carbonato di calcio. Molti anche in America cominciarono a cambiare la chimica dei loro processi. La spinta verso il cambiamento diventò ancora più forte quando ci si accorse che le carte riempite con il carbonato di calcio si asciugavano più velocemente che quelle con il caolino e questo portava a sostanziali risparmi di energia. Una ridotta necessità di raffinazione e una maggiore stabilità dimensionale delle carte prodotte a pH neutro dimostrarono degli ulteriori benefici. Negli anni '70 cominciava a prendere piede anche una crescente consapevolezza che il riciclo della carta era destinato ad aumentare e che la qualità delle fibre riciclate sarebbe stato un fattore sempre più importante.
La migliore riciclabilità qualitativa delle carte prodotte a pH neutro (anche come risorsa di fibre secondarie post- utilizzazione) cominciò a essere presa in considerazione. Oggi, circa l'80% della produzione europea di carta per scrivere e per stampa wood-free è prodotta a pH neutro. Si prevede per il 2000 di essere prossimi al 100%.
Il processo alcalino presenta alcuni inconvenienti.
Le acque praticamente neutre facilitano la crescita di microrganismi
e la formazione di limo. Si ha normalmente iniziale minore ritenzione
dei sospesi sulla tela di formazione del pannello fibroso cartaceo.
Oggi circa il 50% della produzione europea di carta patinata è
ottenuta in condizioni neutre o prossime al pH neutro.
Si è constatato che il carbonato di calcio fornisce diversi
importanti benefici:
- la superiore brillantezza del carbonato riduce il bisogno di caolino costoso;
- una superficie patinata più resistente riduce il bisogno di adesivi leganti nella patina;
- una maggiore resistenza del foglio di carta permette di ridurre la percentuale di costose fibre cellulosiche;
- il processo neutro riduce la richiesta di energia necessaria sia per la raffinazione che per l'essiccazione della carta;
- il carbonato di calcio migliora, relativamente al caolino e alle fibre cellulosiche, la capacità produttiva delle macchine per carta.
Alcune cartiere in America pensarono di produrre un carbonato di calcio sintetico in impianti satellite in situ. La tecnologia, convincente dal punto di vista dei costi e della capacità di produrre carbonato di calcio, garantiva una scorta appropriata di pigmento ad alta brillantezza. Una cartiera negli anni '80 aprì questa nuova strada. Il carbonato di calcio è uno dei materiali più utilizzati nel mondo. Il carbonato naturale è estratto dalle cave, mentre quello sintetico può essere ottenuto mediante reazione chimica. Il carbonato naturale (GCC) presenta un cristallo romboedrale. Il carbonato precipitato (PCC) è scalenoedrale. Il GCC è largamente disponibile in Europa. La situazione era differente in Nord America, dove la grande disponibilità di caolino fece di quest'ultimo il principale riempitivo usato nel processo tradizionale.
Quando la "rivoluzione neutra" arrivò in America, c'erano dubbi sulla convenienza economica di usare il GCC. Per questo alcune cartiere optarono per l'avviamento di impianti satellite dove il PCC era generato usando latte di calce. Gli impianti di PCC erano competitivi con il GCC. Inoltre il PCC aveva il vantaggio di essere più opaco. Lo svantaggio era costituito dal fatto che le particelle di PCC, essendo più piccole, interferivano maggiormente con i legami cartari determinando un foglio meno resistente. Questo imponeva un limite alla percentuale di PCC richiedendo inoltre maggiori dosi di leganti. Le patinature a base di PCC richiedevano inoltre maggiori dosi di leganti. Tutti questi fattori contribuirono, parallelamente alla crescita di diffusione del PCC, ad aumentare la popolarità del GCC, un trend accelerato dalla maggiore disponibilità da GCC ultrafine che permetteva maggiori percentuali di rimpitivo e un migliore asciugamento.
Il carbonato di calcio precipitato è ottenuto per via chimica partendo dal carbonato da cava sotto forma di calcare. Sostanzialmente, il processo prevede il gorgogliamento di anidride carbonica in latte di calce e successiva precipitazione in particelle fini.
Il minerale di partenza è il calcare; questo viene calcinato in forni di calcinazione verticali secondo la reazione: CaCO3 (macinato) CaO + CO2 ad una temperatura di 1.300 °C.
L'ossido di calcio viene idratato a formare il latte di calce che viene fatto passare nei carbonatatori all'interno dei quali viene fatto gorgogliare CO2; si forma in tal modo il carbonato di calcio, secondo la reazione: Ca(OH)2 + CO2 CaCO3 + H2O.
A seconda delle diverse condizioni di idratazione e carbonatazione (diversità di concentrazioni, di temperature, di velocità di carbonatazione, ecc.) si possono ottenere quattro differenti tipi di precipitato. Da questo punto in avanti, i quattro tipi di precipitato vengono trattati in quattro linee indipendenti che prevedono ciascuna l'essiccazione e la macinazione, fino allo stoccaggio.
Aumentare il contenuto di carica (riempitivo) nella carta può fornire ai fabbricanti numerosi benefici, risparmio dei costi di materie prime, consumo inferiore di vapore per asciugare i fogli, miglioramento delle proprietà ottiche e migliore qualità di stampa. Ci sono, tuttavia, dei limiti alla percentuale di carica che può sostituire le fibre di cellulosa in un foglio. Ad alti contenuti di carica la carta può soffrire di minore resistenza e consistenza e ha bisogno di maggiori quantità di agenti collanti e leganti. Carte con alti contenuti di carica tendono a spolverare (cedono polvere) durante la calandratura ed a causare difetti durante la stampa offset. Il PCC è ampiamente usato come carica nelle carte neutre ed è facilmente trattenuto nei fogli grazie alla sua carica ionica.
L'idea di produrre il carbonato di calcio in situ da parte delle cartiere sta assumendo un suo preciso ruolo. La novità compresa in questo progetto è nel cercare nuove strade per produrre il carbonato precipitato da utilizzare come riempitivo nella produzione della carta. L'obiettivo consiste nel riuscire a fissare l'anidride carbonica mediante una matrice alcalina, che provenga da rifiuti di altri processi. Al fine di definire la messa a punto dei parametri ottimali di lavoro si sono inizialmente utilizzati reagenti a titolo costante e controllato quali la calce idrata e l'ossido di calcio, neutralizzato con i gas acidi di combustione.
In figura 1 (vedi appendice A) si vede uno schema del processo. I fumi di caldaia contenenti l'anidride carbonica vengono inviati al turboreattore all'interno del quale ruota un Turbofissatore-agitatore centrifugo costituito da una turbina, che attua la reazione e l'avanzamento del prodotto a contatto con la parete del turboreattore. Questo agitatore è supportato esternamente alle due flange di chiusura della camicia orizzontale (costituente la camera di reazione) mediante cuscinetti. Un dosatore continuo volumetrico immette una quantità costante e conosciuta di reattivo alcalino in equicorrente con i fumi acidi della caldaia. Esso è costituito da una tramoggia polmone entro cui ruota lentamente un albero ad aspi per evitare la formazione di ponti nel materiale in alimentazione al turboreattore e garantire il costante e completo riempimento della coclea dosatrice. Avvenuta la reazione di neutralizzazione, il carbonato di calcio (farina di smog) viene scaricata da un'apertura all'estremità opposta di quella di alimentazione; tale apertura assicura lo scarico continuo del prodotto finito. Il prodotto scaricato dal reattore entra in un trasporto pneumatico e viene separato, in un ciclone, dell'aria e scaricato con una rotocella. Il prodotto troppo fine che non viene trattenuto nel ciclone viene separato nel filtro a cartucce e scaricato da un'altra rotovalvola.
La centrale energetica della cartiera è a metano e ha basse emissioni di zolfo. Qui di seguito alcuni dati relativi al processo di combustione e alla composizione dei fumi di scarico della centrale, che entrano nel Turbofissatore dove sono neutralizzati.
Reazione di combustione: CH4 + 2 O2 CO2 + 2
H2O H° = - 802,63 kJ/ mol
H° = H° f (CO2) + 2 * H° f (H2O) 2 * H°
f (O2) - H° f (CH4) =
= - 393,51- 2* 241,82+ 2* 0+ 74,52= - 802,63 kJ/ mol
Caratteristiche e composizione dei fumi in
uscita dalla centrale:
- temperatura dei fumi: 120 °C;
- portata oraria fumi: 12.000 Nmq/h;
- concentrazione volumetrica %: CO2 (11%), H2O (15%), O2 (3%),
NOX (100- 200 ppm), SOX-CO (irrilevanti).
Il Turbofissatore GeoVomm è un impianto pilota, in grado di trattare al massimo 1000 Nm>/ h di fumi rispetto ai 12000 Nm>/ h in uscita dalla centrale. Essendo il titolo in anidride carbonica nei fumi di circa 11%, la quantità di CO2 massima trattata può essere di circa 110 Nmq/h. Questa portata volumetrica corrisponde a circa 5 kmol/h massime di CO2 trattate dal Turbofissatore.
L'impianto è stato progettato per produrre farina di smog, da utilizzare come carica nella produzione di Smog paper, mediante la neutralizzazione, con alcali, dei fumi di caldaia. Per tale scopo, è stato dimensionato un turboreattore continuo, costruito in acciaio inox avente le seguenti caratteristiche: il nucleo centrale è costituito da un albero rotante (Turbofissatore), con velocità variabile fra 30 e 60 m/s, mentre la parete laterale è riscaldata con olio diatermico che può arrivare fino ad una temperatura di 300 °C. L'impianto è costituito da una serie di palette avvitate sull'albero rotante che garantiscono l'avanzamento del materiale, oltre a provvedere alla rimozione ed al continuo rinnovamento dello strato sottile di materiale alcalino che si forma a ridosso della parete della camicia.
Nella maggior parte delle prove condotte è stata usata come matrice alcalina dell'idrossido di calcio (calce spenta) in polvere di granulometria molto fine. La reazione è: Ca (OH)2 + CO2 CaCO3 + H2O.
L'incremento in peso della farina di smog rispetto al reagente di partenza (idrossido di calcio) è pari al 35% nel caso di conversione totale. La reazione avviene spontaneamente ma lentamente: per esempio la calce nei muri nel corso del tempo (mesi) diventa carbonato assorbendo l'anidride carbonica presente nell'atmosfera. Lo scopo delle prove sul Turbofissatore è quello di valutare quali fattori permettono di accelerare tale reazione, portando la resa del processo a livelli ottimali in tempi ragionevoli. In prove successive è stato utilizzato come matrice alcalina dell'ossido di calcio (calce viva) puro (titolo 96%) di granulometria fine ( 90 m). L'ossido di calcio reagisce con i gas di scarico che contengono anidride carbonica e vapore acqueo, formando sia CaCO3 e Ca(OH)2, secondo le reazioni:
CaO + CO2 CaCO3 (a)
CaO + H2O Ca(OH)2 (b)
Ca(OH)2 + CO2 CaCO3 + H2O (c)
La (b) è largamente favorita rispetto alla (a) per la maggiore capacità dell'acqua di penetrare e di disgregare la particella di CaO. La (c) può essere vista anche come somma della (a) e della (b), perciò questa reazione verrà osservata più da vicino. Di seguito sono riportate le entalpie e le energie libere di reazione standard delle reazioni (c-b):
Ca(OH)2 + CO2 CaCO3 + H2O H° = - 69,14 kJ/mol
H°= H° f (CaCO3) + H° f (H2O) - H° f (Ca(OH)2) - H° f (CO2) =
= - 1.206,92 241,82 + 986,09 + 393,51 = - 69,14 kJ/mol
G° = G° f (CaCO3) + G° f (H2O) - G° f (Ca(OH)2) - G° f (CO2) =
= - 1128,79 228,57 + 898,49 + 394,36 = - 64,51 kJ/molCaO + CO2 CaCO3 H° = - 178,32 kJ/mol
H°= H° f (CaCO3) - H° f (CaO) - H° f (CO2) =
= - 1206,92 + 635,09 + 393,51 = - 178,32 kJ/ mol
G° = G° f (CaCO3) - G° f (CaO) - G° f (CO2) =
= - 1.128,79 + 604,03 + 394,36 = - 130,4 kJ/ molCaO + H2O Ca(OH)2 H° = -109,18 kJ/mol
H° = H° f (Ca (OH)2) - H° f (CaO) - H° f (H2O) =
= - 986,09 + 635,09 + 241,82 = - 109,18 kJ/ mol
G°= G° f (Ca(OH)2) - G° f (CaO) - G° f (H2O) =
= - 898,49 + 604,03 + 228,57 = - 65,89 kJ/ mol
Le reazioni sono tutte esotermiche; aumentando la temperatura l'equilibrio di reazione si sposterà sempre più verso sinistra, diminuendo così la resa massima ottenibile. L'aumento della temperatura, dunque, sfavorisce la reazione dal punto di vista dell'equilibrio chimico. Un altro parametro importante è la pressione parziale della CO2 all'interno del reattore in quanto vale la seguente relazione
Ca (OH)2 + CO2 CaCO3 + H2O
a [CaCO3] · a [H2O]
a [Ca (OH)2] · a [CO2] a (CaCO3) = 1 (è allo stato solido)
a (Ca (OH)2) = 1 (è allo stato solido)
p (H2O) a (H2O) = p (H2O)
p (CO2) a (CO2) = p (CO2)
Aumentando la pressione parziale della CO2 all'interno del reattore, aumenta in maniera proporzionale anche la pressione parziale della H2O per mantenere l'equilibrio. Anche un aumento della pressione parziale della CO2 allora favorisce una maggior produzione di carbonato di calcio precipitato. Nel caso specifico questo è interessante solo da un punto di vista teorico, perché la percentuale di CO2 non è un parametro di processo su cui si possa agire, essendo fissata dal processo di combustione nella centrale energetica. Questo fatto ha creato non pochi problemi, in quanto data la bassa pressione parziale della CO2 contenuta nei gas di combustione (10,5-11,5% in volume), essa non riesce a penetrare nelle particelle solide di idrossido e quindi la reazione ha una bassa resa. Questo problema può essere superato.
Trattandosi di una reazione acido base (un componente alcalino, l'idrossido di calcio, viene neutralizzato da un gas per dare un composto neutro o pseudo- neutro), la reazione chimica vera e propria è molto veloce. Trattandosi di una reazione eterogenea solido-gas o liquido-gas, i fattori suddivisi hanno ben altro peso e lo studio di questi è determinante per accorciare i tempi di permanenza.
In figura 2 (vedi appendice A) si vede come le molecole di anidride carbonica attaccano il granulo di idrossido di calcio e reagiscono solo con la superficie esterna del granulo non riuscendo a penetrare all'interno. Il regime diffusivo chiave per questa reazione è perciò quello esterno; il fattore di controllo sarà dunque la diffusione delle molecole di diossido di carbonio verso la superficie esterna dei granuli. Suito et al., studiando le reazioni di carbonatazione in slurry di idrossidi di Ca, Sr, Ba, affermano che, per quanto riguarda il calcio, la reazione è la più veloce ed è indipendente dalla concentrazione degli ioni ossidrile, mentre decresce all'aumentare della concentrazione di diossido.
Secondo Morris et al., che conducono la reazione in latte di calce, la reazione è di ordine zero rispetto alla fase liquida e, studiando vari possibili parametri come la velocità di agitazione, la concentrazione, la portata di gas e il tempo di gassificazione, essi trovano che solo la portata di gas incide sul processo con un grado di attendibilità del 99%.
Il regime controllante è dunque la diffusione in fase della CO2 e la cinetica è del primo ordine rispetto all'abbattimento di quest'ultima. Nel corso delle prove sperimentali condotte si è constatato come l'aggiunta di vapore o acqua migliora la resa. Questi agenti hanno il potere di disgregare i granuli di Ca(OH)2, permettendo al gas di penetrare all'interno dei granuli e di reagire con una maggiore quantità di idrossido. Questo si potrebbe ottenere anche aumentando la pressione dei gas di combustione all'interno del reattore ma sarebbe antieconomico. Con il procedere della reazione, aumentando la quantità di vapore, la resa diminuisce per due motivi:
1. formazione di condensa con conseguente impaccamento del prodotto nel filtro aria;
2. si provoca una contropressione del vapore in entrata sull'ingresso dei fumi nel Turbofissatore. Questo è deducibile dal fatto che la velocità dei fumi diminuisce da 6 m/s a 3,5 m/s. Per evitare questo è stato modificato l'ingresso del vapore in modo da creare una depressione per favorire l'aspirazione dei fumi.
Industrialmente ci sono vari modi di mettere a contatto e di far reagire l'anidride carbonica e la calce. Tutte le cartiere che producono PCC fanno gorgogliare la CO2 in latte di calce. Tampella, in un suo studio, dimostra che è più economico condurre la reazione in un'altra maniera (qui no specificata) e questa via è quella seguita dalla maggior parte delle cartiere. Se lo scopo è invece quello di abbattere i gas acidi, tra cui la CO2, mediante Ca(OH)2, la soluzione migliore è la colonna di abbattimento a bolle in cui avviene l'assorbimento chimico dei gas da parte di una soluzione concentrata di calce. In questo caso (Sada et al.) la concentrazione di idrossido nello slurry influisce sull'efficienza del processo, in quanto influisce sui coefficienti di scambio di massa e sulla superficie di scambio effettiva gas- liquido. In questo caso la velocità di assorbimento dell'anidride carbonica nella torre di abbattimento avviene con una cinetica del secondo ordine.
A differenza che nella maggior parte delle cartiere, alla Favini l'intenzione è quella di produrre un PCC a basso tasso di umidità per poterlo stoccare, mentre nel processo solitamente usato in cartiera la reazione avviene in soluzione e il PCC sempre in soluzione viene direttamente impiegato nella fabbricazione della carta. Inizialmente si è provato a condurre la reazione a secco ma la resa è troppo bassa, poi si è trovato che aggiungendo vapore e/o acqua alla miscela di solidi in reazione ed operando la reazione in due stadi successivi, il primo con un contenuto di vapore acqueo nella miscela compreso fra il 30% e il 50% in peso, è possibile ottenere un carbonato a basso tasso di umidità. La mescolanza dei reagenti viene raggiunta, anziché facendo gorgogliare le bolle di CO2 nella soluzione di latte di calce, mediante il turboagitatore a turbina che dispone il Ca(OH)2 come uno strato sottilissimo sulle pareti, pronto per reagire con la CO2.
Per valutare il contenuto di carbonato di calcio nel prodotto in uscita dal Turbofissatore, è stato messo a punto un sistema di analisi per via conduttimetrica. Il metodo sfrutta le diverse solubilità dell'idrossido di calcio (solubile) e del carbonato di calcio (insolubile). Se il Turbofissatore viene alimentato con Ca(OH)2, il prodotto in uscita conterrà percentuali diverse di carbonato e idrossido di calcio a seconda della resa del processo. Il carbonato è praticamente insolubile in acqua ed una sua soluzione acquosa ha una conducibilità praticamente irrilevante rispetto ad una soluzione acquosa di idrossido di calcio alla stessa concentrazione. Partendo da miscele note di carbonato e idrossido sciolte in acqua, secondo opportuni rapporti molari, è stata costruita una retta di taratura della resa molare in funzione della conducibilità.
Riassumendo, nel corso delle prove sperimentali, è stata valutata l'influenza delle principali variabili operative: temperatura, concentrazione di diossido di carbonio, portata reagenti (fumi e alcali), tempo di permanenza (è una variabile significativa in un processo chimico poiché rappresenta il tempo di contatto tra i reagenti). Per controllare quest'ultima variabile è stato smontato più volte il Turbofissatore per correggere l'inclinazione delle palette della turbina e infine per sostituire tali palette con palette più grandi che potessero garantire un maggior tempo di permanenza e una migliore agitazione del sistema. Inoltre è stato sostituito il ventilatore per aumentare la portata dei fumi, e quindi di CO2, da trattare.
Dall'esame dei dati delle prove eseguite emergono le seguenti considerazioni:
- la reazione tra idrossido di calcio e anidride carbonica presente nei gas di scarico della centrale termica può essere innescata a caldo (alla temperatura dei fumi), senza pressione. La resa è modesta per le resistenze diffusive che il gas incontra nel penetrare all'interno della particella di calce, anche aumentando notevolmente il tempo di contatto;
- l'addizione di vapore permette di elevare la resa pur mantenendo un prodotto finale secco. Il vapore esercita una reazione disgregante sulla particella di calce aumentando la superficie di contatto con l'anidride carbonica;
- preimpastando la calce idrata con acqua, la resa di reazione sale tra il 60% e il 75%, mantenendo sempre un prodotto secco in uscita;
- la reazione con ossido di calcio presenta una resa decisamente inferiore e non sembra poter dare sviluppi interessanti dal punto di vista dell'applicazione industriale;
- se in uscita il prodotto presenta ancora un elevato contenuto di acqua, la resa sale a oltre il 90%
I valori della resa indicati in letteratura sono stati determinati mediante semplici calcolo matematici.
Ipotesi di punti di sviluppo da perseguire:
- studio di eventuali modifiche impiantistiche per mettere sotto pressione il sistema. L'aumento di pressione favorisce le reazioni eterogenee solido-gas e liquido-gas. Questa possibilità è valida al momento solo da un punto di vista teorico, perché bisognerebbe costruire un altro impianto che sia in grado di resistere alle alte pressioni. Il Turbofissatore pilota attuale non lo è;
- sviluppo di metodi diversi per dosare la pasta di calce (resa più elevata), in modo da favorire il contatto tra i reagenti (es. ugelli, nebulizzatori, ecc.), minimizzando il consumo di acqua e ottenendo sempre un prodotto secco;
- studio di possibili modifiche impiantistiche per produrre carbonato di calcio in slurry;
- valutare qualitativamente le farine di smog ottenibili da residui alcalini di altri settori industriali.
L'abbattimento dei gas acidi viene fatto in gran parte mediante neutralizzazione di questi ultimi con idrossido di calcio. Ci sono tre diversi tipi di processo: secco (poco usato), semisecco e umido, quest'ultimo il più diffuso. Nei processi a semisecco e soprattutto a secco l'idrossido viene usato in eccesso; il residuo dell'abbattimento presenterà allora ancora dell'idrossido non reagito.
Questo progetto ha utilizzato questo residuo di natura polverulenta per la produzione di sostitutivi o del carbonato di calcio precipitato o del carbonato di calcio micronizzato, anche se gli impedimenti di carattere normativo rendono difficile l'applicazione industriale del processo a breve termine. Il polverino infatti, a causa della sua composizione chimica, è un rifiuto pericoloso (tossico-nocivo prima del Decreto Ronchi). L'interesse per questa tipologia di rifiuto è data dal fatto che le quantità annue prodotte di queste polveri di abbattimento dei gas acidi è elevata e attualmente queste polveri vengono prima inertizzate e poi stoccate in discariche speciali. L'ostacolo più grosso per il riutilizzo di questi scarti sta nel fatto che non si hanno ancora dati sufficienti per definire il grado di tossicità di carte e cartoni contenenti dosi rilevanti di questo riempitivo. I metalli pesanti e gli altri inquinanti contenuti nelle carte con essi prodotte non dovranno causare problematiche di cessione legate alla salute dell'uomo.
Sono allo studio delle tecniche per poter riutilizzare i residui dell'industria della ceramica (calce esausta con elevata alcalinità) come reagenti alcalini nel Turbofissatore.
Partendo dall'idea di sostituire, nel ciclo produttivo della carta, il carbonato di calcio di cava con un carbonato a minor impatto ambientale proveniente da residui industriali, si è provato a usare anche il carbonato delle melme di carbonatazione degli zuccheri che sono prodotte nella fase di purificazione del processo di produzione dello zucchero.
L'analisi granulometrica è importante per stabilire la qualità di un carbonato di calcio in quanto, a seconda dell'uso a cui il carbonato è destinato, vengono richieste delle specifiche ben definite. Nel caso di carbonato di calcio destinato all'industria della carta, vi sono due usi distinti. Il carbonato può essere usato come carica in massa o per la patinatura superficiale. Nel primo caso la granulometria può non essere eccessivamente fine, mentre è richiesto del carbonato ultrafine per la patinatura. L'assenza di particelle abrasive insieme con la loro distribuzione granulometrica ed il grado di bianco sono le qualità più importanti nei minerali impiegati per la produzione di carte patinate. A parità di origine, il grado di bianco del carbonato di calcio è inversamente proporzionale alle dimensioni delle sue particelle.
Particelle dimensionali piccole e lamellari migliorano l'opacità, la stampabilità e riducono l'abrasività della carta nei processi di stampa. Per verificare quindi la qualità della farina di smog prodotta in relazione con il carbonato macinato proveniente da cava che viene normalmente usato in cartiera, si sono effettuate delle analisi granulometriche sia del particolare carbonato macinato in uso, denominato M/3, sia della farina di smog prodotta con il Turbofissatore nel corso delle prove sperimentali.
La farina di smog ha una qualità inferiore come punto di bianco, dipendente dal residuo minerale utilizzato come base, ma in tutti i casi esaminati essa ha una migliore granulometria. E' orientabile in un prossimo futuro all'utilizzo come prodotto per la patinatura, ossia di elevato valore aggiunto.
La farina di smog è oggi un buon prodotto come riempitivo (carica) della carta. Prima dell'uso deve essere vagliato e allo scopo si sono dimostrate idonee sia la vagliatura a secco che la vagliatura in soluzione acquosa. Si può affermare che le caratteristiche granulometriche e di bianco della farina di smog sono già oggi soddisfacenti, compatibilmente con l'uso a cui è destinata, e che il suo basso peso specifico apparente consente la produzione di carte che a parità di spessore e di stampabilità sono più leggere e quindi risparmiano minerali. Inoltre, utilizzando il PCC in luogo del GCC si riduce l'impatto ambientale determinato da tutte le operazioni necessarie per estrarre il carbonato da cave e si riducono i rischi di incidenti.
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IX 7-13 (1992)
§ C. Benedicenti, F. Predetti, G. Zanardi - Fertec-Ferruzzi
- Ricerca e Tecnologia IT. P. A. TO91A000610 del 31.7.1991
§ A. Monegat., C. Nicolucci, A.G. Bernestein, F. De Poli,
G. Salghini, F. Scarton - Congresso Nazionale Società Chimica
italiana - Januachem 92 - 27 ottobre 1992
§ A.G. Bernestein, M.T. Brotto, F. De Poli, A. Monegato,
C. Nicolucci, G. Lazzaro, G. Salghini, F. Scarton - Processi Chimici
Innovativi e Tutela dell'Ambiente - Venezia 2 marzo 1993
§ C. Nicolucci, A. Monegato - Cartiera Favini - IT.P.A. VA92A0011
del 16.04.1992
Indirizzi internet9
- http:// www.favini it
- http:// www.favini.com
- http:// www.cordis.lu (sito ufficiale CE)
- http:// www.apre.it (sito CE in Italia)
Riconoscimenti ottenuti dalla Favini 1993-1997
Giugno 1993 Premio "Delfino D'oro" dal Movimento
Salvaguardia per l'Adriatico (PD)
Luglio 1993 Premio regionale per lo sviluppo economico del Veneto
(Venezia)
Luglio 1993 Vengono selezionati tre fra i 100 progetti più
verdi d'Italia
Settembre 1993 Favini diviene il primo membro europeo della "Association
of Non-Wood Paper Promotion" in Giappone
Ottobre 1993 Approvato il progetto Alga carta dalla CEE nell'ambito
del Programma LIFE-Nuove Tecnologie Pulite
Aprile 1994 Premio "Philip Morris" al progetto Alga
carta per l'area tematica Tecnologie Ambientali
Luglio 1995 Il progetto "Imballi originali dalle bucce naturali"
viene selezionato tra i 100 progetti più verdi d'Italia,
Rapporto Carnia alpe Verde
Settembre 1995 La linea di prodotti EcoFavini riceve la medaglia
d'argento nell'ambito dell' Environmental Friendly Product Competition
di Hong Kong
Novembre 1995 Approvato il progetto "Nuove materie prime
da residui agro- alimentari e da emissioni industriali: Sugar
Paper, Orange Paper, Smog Paper", nell'ambito del programma
LIFE- Nuove Tecnologie Pulite
Luglio 1996 EBEAFI 96 - Encomio speciale dalla Giuria dei "Premi
europei all'industria per un ambiente migliore" per il progetto:
"La produzione di carta di qualità dagli scarti vegetali
e di lavorazione dei prodotti alimentari"
Novembre 1996 Alga carta - Sugar Paper- Orange Paper - Smog Paper
- I progetti vengono selezionati tra i 48 progetti dimostrativi
per l'ambiente più riusciti in Europa
Dicembre 1996 Oscar di bilancio 1996 - Premio speciale per il
miglior bilancio ambientale
Febbraio 1997 Certificazione di qualità UNI EN ISO 9001
Giugno 1997 I tre progetti (Orange paper, Sugar paper, Smog paper)
della Favini sono stati selezionati dalle Nazioni Unite tra le
82 storie di successo sullo sviluppo sostenibile
Settembre 1997 Certificazione ambientale UNI EN 14001 (prima cartiera
d'Italia)
Impiantistica ambientale
· Imballatori aspiratori (1988): impianti per il recupero degli sfridi e refili di taglio.
· Centrale termoelettrica (1989 nuova turbina): la produzione di vapore ed energia elettrica, utilizzati nella produzione della carta, è garantita da una centrale termica funzionante a metano da 20 t/h di vapore, un turboalternatore con potenzialità di 1.200 kW e/o un turboalternatore di 2.500 kW.
· Addensatori (1989): trattasi di impianti a monte della pressa fanghi che ne garantiscono la corretta alimentazione.
· Supercell e impianto flottatore: impianto di chiarificazione e flottazione delle acque (separazione delle acque dai fanghi). Portata 300 mc/h.
· Silos carbonato di calcio: il caricamento dei silos delle cisterne avviene tramite sistema pneumatico, mentre l'addizione delle cariche all'impasto cartario avviene automaticamente tramite coclee dosatrici. L'automazione ha apportato un considerevole contenimento delle emissioni in polvere. I camini dei due silos sono forniti di un sistema di abbattimento con filtro a maniche.
· Essiccatore fanghi (1995): permette la conservazione e il riutilizzo dei fanghi.
· Molino micronizzatore (1995): impianto per la macinatura spinta (micronizzazione) delle alghe rendendole idonee all'utilizzo in carta. La selezione delle particelle di alga avviene calibrando elettronicamente l'intensità del flusso d'aria lungo le pareti interne della camera di macinazione.
· Ultrafiltrazione ed osmosi inversa (1995) ed evaporatore: questo impianto pilota riesce a depurare le acque dai coloranti, dai microrganismi, da una buona parte degli organici disciolti e da una parte di sali, permettendo il totale riutilizzo delle acque di processo di un'intera linea di produzione.
· Turbofissatore (1996): impianto di recupero di gas acidi di combustione (SO2, NO2, CO2) e di scorie alcaline industriali mediante mineralizzazione in sistema gas- solido.
· Impianto biologico (1997: progetto e acquisto; 1998: installazione): impianto di depurazione delle acque di processo. Costituito da una vasca di ossidazione biologica a fanghi attivi e da un sediflottatore per il recupero dei fanghi prodotti. L'impianto dispone di un sistema di monitoraggio dei valori di: COD, conducibilità, torbidità. Il fango recuperato verrà essiccato e riutilizzato nella produzione di carte e cartoncini.