FAMILIARIS CONSORTIO.
INTRODUZIONE
1. La Chiesa al servizio della famiglia
La
famiglia nei tempi odierni è stata, come e forse più di altre istituzioni,
investita dalle ampie, profonde e rapide trasformazioni della società e della
cultura. Molte famiglie vivono questa situazione nella fedeltà a quei valori
che costituiscono il fondamento dell'istituto familiare. Altre sono divenute
incerte e smarrite di fronte ai loro compiti o, addirittura, dubbiose e quasi
ignare del significato ultimo e della verità della vita coniugale e familiare.
Altre, infine, sono impedite da svariate situazioni di ingiustizia nella
realizzazione dei loro fondamentali diritti. Consapevole che il matrimonio e la
famiglia costituiscono uno dei beni più preziosi dell'umanità, la Chiesa vuole
far giungere la sua voce ed offrire il suo aiuto a chi, già conoscendo
il valore del matrimonio e della famiglia, cerca di viverlo fedelmente, a chi,
incerto ed ansioso, è alla ricerca della verità ed a chi è ingiustamente
impedito di vivere liberamente il proprio progetto familiare. Sostenendo i
primi, illuminando i secondi ed aiutando gli altri, la Chiesa offre il suo
servizio ad ogni uomo pensoso dei destini del matrimonio e della famiglia. In
modo particolare essa si rivolge ai giovani, che stanno per iniziare il loro
cammino verso il matrimonio e la famiglia, al fine di aprire loro nuovi
orizzonti, aiutandoli a scoprire la bellezza e la grandezza della vocazione
all'amore e al servizio della vita.
2. Il Sinodo del 1980 in continuità con i Sinodi precedenti
Un
segno di questo profondo interessamento della Chiesa per la famiglia è stato
l'ultimo Sinodo dei Vescovi, celebratosi a Roma dal 26 settembre al 25 ottobre
1980. Esso è stato la naturale continuazione dei due precedenti: la famiglia
cristiana, infatti, è la prima comunità chiamata ad annunciare il Vangelo alla
persona umana in crescita e a portarla, attraverso una progressiva educazione e
catechesi, alla piena maturità umana e cristiana. Non solo, ma il recente
Sinodo si collega idealmente in qualche modo anche a quello sul sacerdozio
ministeriale e sulla giustizia nel mondo contemporaneo. Infatti, in quanto
comunità educativa, la famiglia deve aiutare l'uomo a discernere la propria
vocazione e ad assumersi il necessario impegno per una più grande giustizia,
formandolo fin dall'inizio a relazioni interpersonali, ricche di giustizia e di
amore. I Padri Sinodali, concludendo la loro assemblea, mi hanno presentato un
ampio elenco di proposte, in cui avevano raccolto i frutti delle riflessioni
sviluppate nel corso delle loro intense giornate di lavoro, e mi hanno chiesto
con voto unanime di farmi interprete davanti all'umanità della viva
sollecitudine della Chiesa per la famiglia, e di dare le indicazioni opportune
per un rinnovato impegno pastorale in questo fondamentale settore della vita
umana ed ecclesiale. Nell'adempiere tale compito con la presente Esortazione,
come una peculiare attuazione del ministero apostolico affidatomi, desidero
esprimere la mia gratitudine a tutti i componenti del Sinodo per il prezioso
contributo di dottrina e di esperienza, che hanno offerto soprattutto mediante
le «Propositiones», il cui testo affido al Pontificio Consiglio per la
Famiglia, disponendo che ne approfondisca lo studio al fine di valorizzare ogni
aspetto delle ricchezze in esso contenute.
3.
Il prezioso bene del matrimonio e della famiglia
La
Chiesa, illuminata dalla fede, che le fa conoscere tutta la verità sul prezioso
bene del matrimonio e della famiglia e sui loro significati più profondi,
ancora una volta sente l'urgenza di annunciare il Vangelo, cioè la «buona
novella» a tutti indistintamente, in particolare a tutti coloro che sono
chiamati al matrimonio e vi si preparano, a tutti gli sposi e genitori del
mondo. Essa è profondamente convinta che solo con l'accoglienza del Vangelo
trova piena realizzazione ogni speranza, che l'uomo legittimamente pone nel
matrimonio e nella famiglia. Voluti da Dio con la stessa creazione, il
matrimonio e la famiglia sono interiormente ordinati a compiersi in Cristo
ed hanno bisogno della sua grazia per essere guariti dalle ferite del
peccato e riportati al loro «principio»,
cioè alla conoscenza piena e alla realizzazione integrale del disegno di Dio.
In un momento storico nel quale la famiglia è oggetto di numerose forze che
cercano di distruggerla o comunque di deformarla, la Chiesa, consapevole che il
bene della società e di se stessa è profondamente legato al bene della
famiglia, sente in modo più vivo e stringente la sua missione di proclamare a
tutti il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia, assicurandone la piena
vitalità e promozione umana e cristiana, e contribuendo così al rinnovamento
della società e dello stesso Popolo di Dio.
PARTE
PRIMA
LUCI
E OMBRE DELLA FAMIGLIA, OGGI
4.
Necessità di conoscere la situazione
Poiché
il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia riguarda l'uomo e la donna
nella concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate situazioni
sociali e culturali, la Chiesa, per compiere il suo servizio, deve applicarsi a
conoscere le situazioni entro le quali il matrimonio e la famiglia oggi si
realizzano. Questa conoscenza è, dunque, una imprescindibile esigenza
dell'opera evangelizzatrice. È, infatti, alle famiglie del nostro tempo che la
Chiesa deve portare l'immutabile e sempre nuovo Vangelo di Gesù Cristo, così
come sono le famiglie implicate nelle presenti condizioni del mondo che sono
chiamate ad accogliere e a vivere il progetto di Dio che le riguarda. Non solo,
ma le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi
avvenimenti della storia, e pertanto la Chiesa può essere guidata ad una
intelligenza più profonda dell'inesauribile mistero del matrimonio e della
famiglia anche dalle situazioni, domande, ansie e speranze dei giovani, degli
sposi e dei genitori di oggi. A ciò si deve aggiungere poi una ulteriore
riflessione di particolare importanza nel tempo presente. Non raramente all'uomo
e alla donna di oggi, in sincera e profonda ricerca di una risposta ai
quotidiani e gravi problemi della loro vita matrimoniale e familiare, vengono
offerte visioni e proposte anche seducenti, ma che compromettono in diversa
misura la verità e la dignità della persona umana. È un'offerta sostenuta
spesso dalla potente e capillare organizzazione dei mezzi di comunicazione
sociale, che mettono sottilmente in pericolo la libertà e la capacità di
giudicare con obiettività. Molti sono già consapevoli di questo pericolo in
cui versa la persona umana ed operano per la verità. La Chiesa, col suo
discernimento evangelico, si unisce ad essi, offrendo il proprio servizio alla
verità, alla libertà e alla dignità di ogni uomo e di ogni donna.
5.
Il discernimento evangelico
Il
discernimento operato dalla Chiesa diventa l'offerta di un orientamento perché
sia salvata e realizzata l'intera verità e la piena dignità del matrimonio e
della famiglia. Esso è compiuto dal senso della fede, che è un dono che lo
Spirito partecipa a tutti i fedeli," ed è, pertanto, opera di tutta la
Chiesa, secondo la diversità dei vari doni e carismi che, insieme e secondo la
responsabilità propria di ciascuno, cooperano per una più profonda
intelligenza ed attuazione della Parola di Dio. La Chiesa, dunque, non compie il
proprio discernimento evangelico solo per mezzo dei Pastori, i quali insegnano
in nome e col potere di Cristo, ma anche per mezzo dei laici: Cristo «li
costituisce suoi testimoni e li provvede del senso della fede e della grazia
della parola (cfr. At 2, 17-18; Ap 19, 10) perché la forza del Vangelo
risplenda nella vita quotidiana, familiare e sociale». I laici, anzi, in
ragione della loro particolare vocazione, hanno il compito specifico di
interpretare alla luce di Cristo la storia di questo mondo, in quanto sono
chiamati ad illuminare ed ordinare le realtà temporali secondo il disegno di
Dio Creatore e Redentore. Il «soprannaturale senso della fede» non consiste
però solamente o necessariamente nel consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo
Cristo, cerca la verità, che non sempre coincide con l'opinione della
maggioranza. Ascolta la coscienza e non il potere ed in questo difende i poveri
e i disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche la ricerca sociologica e
statistica, quando si rivela utile per cogliere il contesto storico nel quale
l'azione pastorale deve svolgersi e per
conoscere meglio la verità; tale ricerca sola, però, non è da ritenersi
senz'altro espressione del senso della fede. Perché è compito del ministero
apostolico di assicurare la permanenza della Chiesa nella verità di Cristo e di
introdurvela sempre più profondamente, i Pastori devono promuovere il senso
della fede in tutti i fedeli, vagliare e giudicare autorevolmente la genuinità
delle sue espressioni, educare i credenti a un discernimento evangelico sempre
più maturo. Per l'elaborazione di un autentico discernimento evangelico nelle
varie situazioni e culture in cui l'uomo e la donna vivono il loro matrimonio e
la loro vita familiare, gli sposi e i genitori cristiani possono e devono
offrire un loro proprio e insostituibile contributo. A questo compito li abilita
il loro carisma o dono proprio, il dono del sacramento del matrimonio.
6.
La situazione della famiglia nel mondo di oggi
La
situazione, in cui versa la famiglia, presenta aspetti positivi ed aspetti
negativi: segno, gli uni, della salvezza di Cristo operante nel mondo; segno,
gli altri, del rifiuto che l'uomo oppone all'amore di Dio. Da una parte,
infatti, vi è una coscienza più viva della libertà personale, e una maggiore
attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, alla
promozione della dignità della donna, alla procreazione responsabile, alla
educazione dei figli; vi è inoltre la coscienza della necessità che si
sviluppino relazioni tra le famiglie per un reciproco aiuto spirituale e
materiale, la riscoperta della missione ecclesiale propria della famiglia e
della sua responsabilità per la costruzione di una società più giusta.
Dall'altra parte, tuttavia, non mancano segni di preoccupante degradazione di
alcuni valori fondamentali: una errata concezione teorica e pratica
dell'indipendenza dei coniugi fra di loro- le gravi ambiguità circa il rapporto
di autorità fra genitori e figli, le difficoltà concrete, che la famiglia
spesso sperimenta nella trasmissione dei valori; il numero crescente dei
divorzi- la piaga dell'aborto; il ricorso sempre più frequente alla
sterilizzazione; l'instaurarsi di una vera e propria mentalità contraccettiva.
Alla radice di questi fenomeni negativi sta spesso una corruzione dell'idea e
dell'esperienza della libertà, concepita non come la capacità di realizzare la
verità del progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, ma come autonoma forza
di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio egoistico
benessere. Merita la nostra attenzione anche il fatto che, nei Paesi del cosi
detto Terzo Mondo, vengono spesso a mancare alle famiglie sia i fondamentali
mezzi per la sopravvivenza, quali sono il cibo, il lavoro, l'abitazione, le
medicine, sia le più elementari libertà. Nei Paesi più ricchi, invece,
l'eccessivo benessere e la mentalità consumistica, paradossalmente unita ad una
certa angoscia e incertezza per il futuro, tolgono agli sposi la generosità e
il coraggio di suscitare nuove vite umane: cosi la vita è spesso percepita non
come una benedizione, ma come un pericolo da cui difendersi. La situazione
storica in cui vive la famiglia si presenta, dunque, come un insieme di luci e
di ombre. Questo rivela che la storia non è semplicemente un progresso
necessario verso il meglio, bensì un evento di libertà, ed anzi un
combattimento fra libertà che si oppongono fra loro, cioè, secondo la nota
espressione di S. Agostino, un conflitto fra due amori: l'amore di Dio spinto
fino al disprezzo di sé, e l'amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio. Ne
consegue che solo l'educazione all'amore radicato nella fede può portare ad
acquisire la capacità di interpretare «i segni dei tempi», che sono
l'espressione storica di questo duplice amore.
7.
L'influsso della situazione sulla coscienza dei fedeli
Vivendo
in un mondo siffatto, sotto le pressioni derivanti soprattutto dai mass-media,
non sempre i fedeli hanno saputo e sanno mantenersi immuni dall'oscurarsi dei
valori fondamentali e porsi come coscienza critica di questa cultura familiare e
come soggetti attivi della costruzione di un autentico umanesimo familiare. Fra
i segni più preoccupanti di questo fenomeno, i Padri Sinodali hanno
sottolineato, in particolare, il diffondersi del divorzio e del ricorso ad una
nuova unione da parte degli stessi fedeli, l'accettazione del matrimonio
puramente civile, in contraddizione con la vocazione dei battezzati a «sposarsi
nel Signore»; la celebrazione del matrimonio sacramento senza una fede viva, ma
per altri motivi; il rifiuto delle norme morali che guidano e promuovono
l'esercizio umano e cristiano della sessualità nel matrimonio.
8.
La nostra epoca ha bisogno
di sapienza
Si
pone così a tutta la Chiesa il compito di una riflessione e di un impegno assai
profondi, perché la nuova cultura emergente sia intimamente evangelizzata,
siano riconosciuti i veri valori, siano difesi i diritti dell'uomo e della donna
e sia promossa la giustizia nelle strutture stesse della società. In tal modo
il «nuovo umanesimo» non distoglierà gli uomini dal loro rapporto con Dio, ma
ve li condurrà più pienamente. Nella costruzione di tale umanesimo, la scienza
e le sue applicazioni tecniche offrono nuove ed immense possibilità. Tuttavia,
la scienza, in conseguenza di scelte politiche che ne decidono la direzione di
ricerca e le applicazioni, viene spesso usata contro il suo significato
originario, la promozione della persona umana. Si rende, pertanto, necessario
ricuperare da parte di tutti la coscienza del primato dei valori morali, che
sono i valori della persona umana come tale La ricomprensione del senso ultimo
della vita e dei suoi valori fondamentali è il grande compito che si impone
oggi per il rinnovamento della società. Solo la consapevolezza del primato di
questi valori consente un uso delle immense possibilità, messe nelle mani
dell'uomo dalla scienza, che sia veramente finalizzato alla promozione della
persona umana nella sua intera verità, nella sua libertà e dignità. La
scienza è chiamata ad allearsi con la sapienza. Si possono pertanto applicare
anche ai problemi della famiglia le parole del Concilio Vaticano II: «L'epoca
nostra. più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché
diventino più umane tutte le sue nuove scoperte. È in pericolo, di fatto, il
futuro del mondo, a meno che non vengano suscitati uomini più saggi».
L'educazione della coscienza morale, che rende ogni uomo capace di giudicare e
di discernere i modi adeguati per realizzarsi secondo la sua verità originaria,
diviene così una esigenza prioritaria ed irrinunciabile. È l'alleanza con la
Sapienza divina che deve essere più profondamente ricostituita nella cultura
odierna. Di tale Sapienza ogni uomo è reso partecipe dallo stesso gesto
creatore di Dio. Ed è solo nella fedeltà a questa alleanza che le famiglie di
oggi saranno in grado di influire positivamente nella costruzione di un mondo più
giusto e fraterno.
9.
Gradualità e conversione
Alla
ingiustizia originata dal peccato--profondamente penetrato anche nelle strutture
del mondo di oggi-- e che spesso ostacola la famiglia nella piena realizzazione
di se stessa e dei suoi diritti fondamentali, dobbiamo tutti opporci con una
conversione della mente e del cuore, seguendo Cristo Crocifisso nel rinnegamento
del proprio egoismo: una simile conversione non potrà non avere influenza
benefica e rinnovatrice anche sulle strutture della società. È richiesta una
conversione continua, permanente, che, pur esigendo l'interiore distacco da ogni
male e l'adesione al bene nella sua pienezza, si attua però concretamente in
passi che conducono sempre oltre. Si sviluppa così un processo dinamico, che
avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio e delle
esigenze del suo amore definitivo ed assoluto nell'intera vita personale e
sociale dell'uomo. È perciò necessario un cammino pedagogico di crescita
affinché i singoli fedeli, le famiglie ed i popoli, anzi la stessa civiltà, da
ciò che hanno già accolto del Mistero di Cristo siano pazientemente condotti
oltre, giungendo ad una conoscenza più ricca e ad una integrazione più piena
di questo Mistero nella loro vita.
10.
Inculturazione
È
conforme alla costante tradizione della Chiesa accogliere dalle culture dei
popoli tutto ciò che è in grado di meglio esprimere le inesauribili ricchezze
di Cristo. Solo col concorso di tutte le culture, tali ricchezze potranno
manifestarsi sempre più chiaramente e la Chiesa potrà camminare verso una
conoscenza ogni giorno più completa e profonda della verità, che già le è
stata donata interamente dal suo Signore. Tenendo fisso il duplice principio
della compatibilità col Vangelo delle varie culture da assumere e della
comunione con la Chiesa universale, si dovrà proseguire nello studio,
particolarmente da parte delle Conferenze Episcopali e dei Dicasteri competenti
della Curia Romana, e nell'impegno pastorale perché questa «inculturazione»
della fede cristiana avvenga sempre più ampiamente, anche nell'ambito del
matrimonio e della famiglia. È mediante l'«inculturazione» che si cammina
verso la ricostituzione piena dell'alleanza con la Sapienza di Dio che è Cristo
stesso. La Chiesa intera sarà arricchita anche da quelle culture che, pur
essendo prive di tecnologia, sono cariche di saggezza umana e vivificate da
profondi valori morali. Perché sia chiara la meta di questo cammino e, di
conseguenza, sicuramente indicata la strada, il Sinodo ha in primo luogo,
giustamente considerato a fondo il progetto originario di Dio circa il
matrimonio e la famiglia: ha voluto «ritornare al principio», in ossequio
all'insegnamento di Cristo.
PARTE
SECONDA
IL
DISEGNO DI DIO SUL MATRIMONIO E SULLA FAMIGLIA
11.
L'uomo immagine di Dio Amore
Dio
ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza:
chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo
all'amore. Dio è amore e vive in
se stesso un mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua immagine e
continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e
della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore
e della comunione. L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di
ogni essere umano. In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel
corpo e corpo informato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore
in questa sua totalità unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano e il
corpo è reso partecipe dell'amore spirituale. La Rivelazione cristiana conosce
due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua
interezza, all'amore: il Matrimonio e la Verginità. Sia l'uno che l'altra,
nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda
dell'uomo, del suo «essere ad immagine di Dio». Di conseguenza la sessualità,
mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti
propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico,
ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in
modo veramente umano, solo se è parte integrale dell'amore con cui l'uomo e la
donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte. La donazione
fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione
personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione
temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità
di decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe
totalmente. Questa totalità, richiesta dall'amore coniugale, corrisponde anche
alle esigenze di una fecondità responsabile, la quale, volta come è a generare
un essere umano, supera per sua natura l'ordine puramente biologico, ed investe
un insieme di valori personali, per la cui armoniosa crescita è necessario il
perdurante e concorde contributo di entrambi i genitori. Il «luogo» unico, che
rende possibile questa donazione secondo l'intera sua verità, è il matrimonio,
ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale
l'uomo e la donna accolgono l'intima comunità di vita e d'amore, voluta da Dio
stesso, che solo in questa luce manifesta il suo vero significato. L'istituzione
matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o dell'autorità, né
l'imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d'amore
coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo, perché sia
vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio Creatore. Questa fedeltà
lungi dal mortificare la libertà della persona, la pone ai sicuro da ogni
soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza creatrice.
12.
Il matrimonio e la comunione tra Dio e gli uomini
La
comunione d'amore tra Dio e gli uomini, contenuto fondamentale della Rivelazione
e dell'esperienza di fede di Israele, trova una sua significativa espressione
nell'alleanza sponsale, che si instaura tra l'uomo e la donna. È per questo che
la parola centrale della Rivelazione «Dio ama il suo popolo», viene
pronunciata anche attraverso le parole vive e concrete con cui l'uomo e la donna
si dicono il loro amore coniugale. Il loro vincolo di amore diventa l'immagine e
il simbolo dell'Alleanza che unisce Dio e il suo popolo. E lo stesso peccato,
che può ferire il patto coniugale, diventa immagine dell'infedeltà del popolo
al suo Dio: l'idolatria è prostituzione, l'infedeltà è adulterio, la
disobbedienza alla legge è abbandono dell'amore sponsale del Signore. Ma
l'infedeltà di Israele non distrugge la fedeltà eterna del Signore e,
pertanto, l'amore sempre fedele di Dio si pone come esemplare delle relazioni di
amore fedele che devono esistere tra gli Sposi.
13.
Gesù Cristo, sposo della Chiesa, e il sacramento del matrimonio
La
comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù
Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé
come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del
«principio» e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di
realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva
nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana,
e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa,
la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha
impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione; il
matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna
Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona
il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha
amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente
ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli
sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si
dona sulla Croce. In una pagina meritatamente famosa, Tertulliano h a ben
espresso la grandezza di questa vita coniugale in Cristo e la sua bellezza: «Come
sarò capace di esporre la felicità di quel matrimonio che la Chiesa unisce,
l'offerta eucaristica conferma, la benedizione suggella, gli angeli annunciano e
il Padre ratifica?... Quale giogo quello di due fedeli uniti in un'unica
speranza, in un'unica osservanza, in una unica servitù! Sono tutt'e due
fratelli e tutt'e due servono insieme; non vi è nessuna divisione quanto allo
spirito e quanto alla carne. Anzi sono veramente due in una sola carne e dove la
carne è unica, unico è lo spirito». Accogliendo e meditando fedelmente la
Parola di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che il matrimonio
dei battezzati è uno dei sette sacramenti della Nuova Alleanza. Infatti,
mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella
Nuova ed Eterna Alleanza nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è
in ragione di questo indistruttibile inserimento che l'intima comunità di vita
e di amore coniugale, fondata dal Creatore, viene elevata ed assunta nella carità
sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice.
In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono
vincolati l'uno all'altra nella maniera più profondamente indissolubile. La
loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del
segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono
pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla
Croce; sono l'uno per l'altra, e per i figli, testimoni della salvezza, di cui
il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio,
come ogni sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia: «In quanto
memoriale, il sacramento dà loro la grazia e il dovere di fare memoria delle
grandi opere di Dio e di darne testimonianza presso i loro figli; in quanto
attualizzazione, dà loro la grazia e il dovere di mettere in opera nel
presente, l'uno verso l'altra e verso i figli, le esigenze di un amore che
perdona e che redime; in quanto profezia, dà loro la grazia e il dovere di
vivere e di testimoniare la speranza del futuro incontro con Cristo». Come
ciascuno dei sette sacramenti, anche il matrimonio è un simbolo reale
dell'evento della salvezza, ma a modo proprio. «Gli sposi vi partecipano in
quanto sposi in due, come coppia, a
tal punto che l'effetto primo ed immediato del matrimonio (res et sacramentum)
non è la grazia soprannaturale stessa, ma il legame coniugale cristiano, una
comunione a due tipicamente cristiana perché rappresenta il mistero
dell'incarnazione del Cristo e il suo mistero di Alleanza. E il contenuto della
partecipazione alla vita del Cristo
è anch'esso specifico: l'amore coniugale comporta una totalità in cui entrano
tutte le componenti della persona--richiamo del corpo e dell'istinto, forza del
sentimento e dell'affettività, aspirazione dello spirito e della volontà--;
esso mira ad una unità profondamente personale, quella che, al di là
dell'unione in una sola carne, conduce a non fare che un cuor solo e un'anima
sola; esso esige l'indissolubilità e la fedeltà della donazione reciproca
definitiva e si apre sulla fecondità (cfr. Humanae vitae, 9). In una parola, si
tratta di caratteristiche normali di ogni amore coniugale naturale, ma con un
significato nuovo che non solo le purifica e le consolida, ma le eleva al punto
di farne l'espressione di valori propriamente cristiani».
14.
I figli, preziosissimo dono del matrimonio
Secondo
il disegno di Dio, il matrimonio è il fondamento della più ampia comunità
della famiglia, poiché l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale
sono ordinati alla procreazione ed educazione della prole, in cui trovano il
loro coronamento. Nella sua realtà più profonda, l'amore è essenzialmente
dono e l'amore coniugale, mentre conduce gli sposi alla reciproca «conoscenza»
che li fa «una carne sola», non si esaurisce all'interno della coppia, poiché
li rende capaci della massima donazione possibile, per la quale diventano
cooperatori con Dio per il dono della vita ad una nuova persona umana. Così i
coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del
figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente dell'unità coniugale
e sintesi viva ed indissociabile del loro essere padre e madre. Divenendo
genitori, gli sposi ricevono da Dio il dono di una nuova responsabilità. Il
loro amore parentale è chiamato a divenire per i figli il segno visibile dello
stesso amore di Dio, «dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende
nome». Non si deve, tuttavia, dimenticare che anche quando la procreazione non
è possibile, non per questo la vita coniugale perde il suo valore. La sterilità
fisica infatti può essere occasione per gli sposi di altri servizi importanti
alla vita della persona umana, quali ad esempio l'adozione, le varie forme di
opere educative, l'aiuto ad altre famiglie, ai bambini poveri o handicappati.
15.
La famiglia, comunione di persone
Nel
matrimonio e nella famiglia si costituisce un complesso di relazioni
interpersonali--nuzialità, paternità-maternità, filiazione, fraternità --,
mediante le quali ogni persona umana è introdotta nella «famiglia umana» e
nella «famiglia di Dio», che è la Chiesa. Il matrimonio e la famiglia
cristiana edificano la Chiesa: nella famiglia, infatti, la persona umana non
solo viene generata e progressivamente introdotta, mediante l'educazione, nella
comunità umana, ma mediante la rigenerazione del battesimo e l'educazione alla
fede, essa viene introdotta anche nella famiglia di Dio, che è la Chiesa. La
famiglia umana, disgregata dal peccato, è ricostituita nella sua unità dalla
forza redentrice della morte e risurrezione di Cristo. Il matrimonio cristiano,
partecipe della efficacia salvifica di questo avvenimento, costituisce il luogo
naturale nel quale si compie l'inserimento della persona umana nella grande
famiglia della Chiesa. Il mandato di crescere e moltiplicarsi, rivolto in
principio all'uomo e alla donna, raggiunge in questo modo la sua intera verità
e la sua piena realizzazione. La Chiesa trova così nella famiglia, nata dal
sacramento, la sua culla e il luogo nel quale essa può attuare il proprio
inserimento nelle generazioni umane, e queste, reciprocamente, nella Chiesa.
16.
Matrimonio e verginità
La
verginità e il celibato per il Regno di Dio non solo non contraddicono alla
dignità del matrimonio, ma la presuppongono e la confermano. Il matrimonio e la
verginità sono i due modi di esprimere e di vivere l'unico Mistero
dell'Alleanza di Dio con il suo popolo. Quando non si ha stima del matrimonio,
non può esistere neppure la verginità consacrata; quando la sessualità umana
non è ritenuta un grande valore donato dal Creatore, perde significato il
rinunciarvi per il Regno dei Cieli. Dice infatti assai giustamente S. Giovanni
Crìsostomo: «Chi condanna il matrimonio, priva anche la verginità della sua
gloria; chi invece lo loda, rende la verginità più ammirabile e splendente. Ciò
che appare un bene soltanto a paragone di un male, non è poi un grande bene; ma
ciò che è ancora migliore di beni universalmente riconosciuti tali, è
certamente un bene al massimo grado». Nella verginità l'uomo è in attesa,
anche corporalmente, delle nozze escatologiche di Cristo con la Chiesa,
donandosi integralmente alla Chiesa nella speranza che Cristo si doni a questa
nella piena verità della vita eterna. La persona vergine anticipa così nella
sua carne il mondo nuovo della risurrezione futura.
In forza di questa testimonianza, la verginità tiene viva nella Chiesa
la coscienza del mistero del matrimonio e lo difende da ogni riduzione e da ogni
impoverimento. Rendendo libero in modo speciale il cuore dell'uomo, «così da
accenderlo maggiormente di carità verso Dio e verso tutti gli uomini», la
verginità testimonia che il Regno di Dio e la sua giustizia sono quella perla
preziosa che va preferita ad ogni altro valore sia pure grande, e va anzi
cercato come l'unico valore definitivo. E per questo che la Chiesa, durante
tutta la sua storia, ha sempre difeso la superiorità di questo carisma nei
confronti di quello del matrimonio, in ragione del legame del tutto singolare
che esso ha con il Regno di Dio. Pur avendo rinunciato alla fecondità fisica,
la persona vergine diviene spiritualmente feconda, padre e madre di molti,
cooperando alla realizzazione della famiglia secondo il disegno di Dio. Gli
sposi cristiani hanno perciò il diritto di aspettarsi dalle persone vergini il
buon esempio e la testimonianza della fedeltà alla loro vocazione fino alla
morte. Come per gli sposi la fedeltà diventa talvolta difficile ed esige
sacrificio, mortificazione e rinnegamento di sé, così può avvenire anche per
le persone vergini. La fedeltà di queste, anche nella prova eventuale, deve
edificare la fedeltà di quelli. Queste riflessioni sulla verginità possono
illuminare ed aiutare coloro che, per motivi indipendenti dalla loro volontà,
non hanno potuto sposarsi ed hanno poi accettato la loro situazione in spirito
di servizio.
PARTE
TERZA
I
COMPITI DELLA FAMIGLIA CRISTIANA
17.
Famiglia, diventa ciò che sei!
Nel
disegno di Dio Creatore e Redentore la famiglia scopre non solo la sua «identità»,
ciò che essa «è», ma anche la sua «missione», ciò che essa può e deve «fare».
I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia,
scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed
esistenziale. Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l'appello
insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità:
famiglia, «diventa» ciò che «sei»! Risalire al «principio» del gesto
creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e
realizzarsi secondo l'interiore verità non solo del suo essere ma anche del suo
agire storico. E poiché, secondo il disegno divino, è costituita quale «intima
comunità di vita e di amore», la famiglia ha la missione di diventare sempre
più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che,
come per ogni realtà creata e redenta, troverà il suo compimento nel Regno di
Dio. In una prospettiva poi che giunge alle radici stesse della realtà, si deve
dire che l'essenza e i compiti della famiglia sono ultimamente definiti
dall'amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e
comunicare l'amore. quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio
per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa. Ogni
compito particolare della famiglia è l'espressione e l'attuazione concreta di
tale missione fondamentale. È necessario pertanto penetrare più a fondo nella
singolare ricchezza della missione della famiglia e scandagliarne i molteplici
ed unitari contenuti. In tal senso, partendo dall'amore e in costante
riferimento ad esso, il recente Sinodo ha messo in luce quattro compiti generali
della famiglia:
1)
la formazione di una comunità di persone;
2)
il servizio alla vita;
3)
la partecipazione allo sviluppo della società;
4)
la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.
I - LA FORMAZIONE DI UNA COMUNITÀ Dl PERSONE
18.
L'amore, principio e forza della comunione
La
famiglia, fondata e vivificata dell'amore, è una comunità di persone:
dell'uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli dei parenti. Suo primo
compito è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell'impegno costante
di sviluppare un'autentica comunità di persone. Il principio interiore, la
forza permanente e la meta ultima di tale compito è l'amore: come, senza
l'amore, la famiglia non è una comunità di persone, così senza l'amore, la
famiglia non può vivere. crescere e perfezionarsi come comunità di persone.
Quanto ho scritto nell'enciclica Redemptor hominis trova la sua originaria e
privilegiata applicazione proprio nella famiglia come tale: «L'uomo non può
vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua
vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non si incontra
con l'amore, se non lo esperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa
vivamente». L'amore tra l'uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata
ed allargata, l'amore tra i membri della stessa famiglia -- tra genitori e
figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari--è animato e sospinto da
un interiore e incessante dinamismo, che conduce la famiglia ad una comunione
sempre più profonda ed intensa, fondamento e anima della comunità coniugale e
familiare.
19.
L'indivisibile unità della comunione coniugale
La
prima comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra i coniugi: in forza
del patto d'amore coniugale, l'uomo e la donna «non sono più due, ma una carne
sola» e sono chiamati a crescere
continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla
promessa matrimoniale del reciproco dono totale. Questa comunione coniugale
affonda le sue radici nella naturale complementarietà che esiste tra l'uomo e
la donna e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di condividere
l'intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò tale
comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma in
Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la purifica e la
eleva, conducendola a perfezione col sacramento del matrimonio: lo Spirito Santo
effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una
comunione nuova, d'amore, che è immagine viva e reale di quella singolarissima
unità, che fa della Chiesa l'indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù. Il
dono dello Spirito è comandamento di vita per gli sposi cristiani, ed insieme
stimolante impulso affinché ogni giorno progrediscano verso una sempre più
ricca unione tra loro a tutti i livelli--dei corpi, dei caratteri, dei cuori,
delle intelligenze e delle volontà, delle anime --, rivelando così alla Chiesa
e al mondo la nuova comunione d'amore, donata dalla grazia di Cristo. Una simile
comunione viene radicalmente contraddetta dalla poligamia: questa, infatti, nega
in modo diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché
è contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della donna, che nel
matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo.
Come scrive il Concilio Vaticano II: «L'unità del matrimonio confermata dal
Signore appare in maniera lampante anche dalla uguale dignità personale sia
dell'uomo che della donna, che deve essere riconosciuta nel mutuo e pieno amore».
20.
Una comunione indissolubile
La
comunione coniugale si caratterizza non solo per la sua unità, ma anche per la
sua indissolubilità: «Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due
persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne
reclamano l'indissolubile unità». È dovere fondamentale della Chiesa
riaffermare con forza--come hanno fatto i Padri del Sinodo--la dottrina
dell'indissolubilità del matrimonio: a quanti, ai nostri giorni, ritengono
difficile o addirittura impossibile legarsi ad una persona per tutta la vita e a
quanti sono travolti da una cultura che rifiuta l'indissolubilità matrimoniale
e che deride apertamente l'impegno degli sposi alla fedeltà, è necessario
ribadire il lieto annuncio della definitività di quell'amore coniugale, che ha
in Gesù Cristo il suo fondamento e la sua forza. Radicata nella personale e
totale donazione dei coniugi e richiesta dal bene dei figli, l'indissolubilità
del matrimonio trova la sua verità ultima nel disegno che Dio ha manifestato
nella sua Rivelazione: Egli vuole e dona l'indissolubilità matrimoniale come
frutto, segno ed esigenza dell'amore assolutamente fedele che Dio ha per l'uomo
e che il Signore Gesù vive verso la sua Chiesa. Cristo rinnova il primitivo
disegno che il Creatore ha iscritto nel cuore dell'uomo e della donna, e nella
celebrazione del sacramento del matrimonio offre un «cuore nuovo»: così i
coniugi non solo possono superare la «durezza del cuore», ma anche e
soprattutto possono condividere l'amore pieno e definitivo di Cristo, nuova ed
eterna Alleanza fatta carne. Come il Signore Gesù è il «testimone fedele»,
è il «sì» delle promesse di Dio e
quindi la realizzazione suprema dell'incondizionata fedeltà con cui Dio ama il
suo popolo, così i coniugi cristiani sono chiamati a partecipare realmente
all'indissolubilità irrevocabile, che lega Cristo alla Chiesa sua sposa, da Lui
amata sino alla fine. Il dono del sacramento è nello stesso tempo vocazione e
comandamento per gli sposi cristiani, perché rimangano tra loro fedeli per
sempre, al di là di ogni prova e difficoltà, in generosa obbedienza alla santa
volontà del Signore: «Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» .
Testimoniare l'inestimabile valore dell'indissolubilità e della fedeltà
matrimoniale è uno dei doveri più preziosi
e più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo. Per questo, insieme
con tutti i Confratelli che hanno preso parte al Sinodo dei Vescovi, lodo e
incoraggio tutte quelle numerose coppie che, pur incontrando non lievi difficoltà,
conservano e sviluppano il bene dell'indissolubilità: assolvono così, in modo
umile e coraggioso, il compito loro affidato di essere nel mondo un «segno»
--un piccolo e prezioso segno, talvolta sottoposto anche a tentazione, ma sempre
rinnovato--dell'instancabile fedeltà con cui Dio e Gesù Cristo amano tutti gli
uomini ed ogni uomo. Ma è doveroso anche riconoscere il valore della
testimonianza di quei coniugi che, pur essendo stati abbandonati dal partner,
con la forza della fede e della speranza cristiana non sono passati ad una nuova
unione: anche questi coniugi danno un'autentica testimonianza di fedeltà, di
cui il mondo oggi ha grande bisogno. Per tale motivo devono essere incoraggiati
e aiutati dai pastori e dai fedeli della Chiesa.
21.
La più ampia comunione della famiglia
La
comunione coniugale costituisce il fondamento sul quale si viene edificando la
più ampia comunione della famiglia, dei genitori e dei figli, dei fratelli e
delle sorelle tra loro, dei parenti e di altri familiari. Tale comunione si
radica nei legami naturali della carne e del sangue, e si sviluppa trovando il
suo perfezionamento propriamente umano nell'instaurarsi e nel maturare dei
legami ancora più profondi e ricchi dello spirito: l'amore, che anima i
rapporti interpersonali dei diversi membri della famiglia, costituisce la forza
interiore che plasma e vivifica la comunione e la comunità familiare. La
famiglia cristiana è poi chiamata a fare l'esperienza di una nuova e originale
comunione, che conferma e perfeziona quella naturale e umana. In realtà, la
grazia di Gesù Cristo, «il Primogenito tra molti fratelli», è per sua natura
e interiore dinamismo una «grazia di fraternità», Come la chiama san Tommaso
d'Aquino. Lo Spirito Santo, effuso nella celebrazione dei sacramenti, è la
radice viva e l'alimento inesauribile della soprannaturale comunione che
raccoglie e vincola i credenti con Cristo e tra loro nell'unità della Chiesa di
Dio. Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è
costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa
domestica». Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono,
hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la
comunione delle persone, facendo della famiglia una «scuola di umanità più
completa e più ricca» è quanto
avviene con la cura e l'amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col
servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie
e delle sofferenze. Un momento fondamentale per costruire una simile comunione
è costituito dallo scambio educativo tra genitori e figli, nel quale ciascuno dà
e riceve. Mediante l'amore, il rispetto, l'obbedienza verso i genitori, i figli
portano il loro specifico e insostituibile contributo all'edificazione di una
famiglia autenticamente umana e cristiana. In questo saranno facilitati, se i
genitori eserciteranno la loro irrinunciabile autorità come un vero e proprio
«ministero», ossia come un servizio ordinato al bene umano e cristiano dei
figli, e in particolare ordinato a far loro acquistare una libertà veramente
responsabile, e se i genitori manterranno viva la coscienza del «dono», che
continuamente ricevono dai figli. La comunione familiare può essere conservata
e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una
pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla
tolleranza, al perdono, alla riconciliazione. Nessuna famiglia ignora come
l'egoismo, il disaccordo, le tensioni, i conflitti aggrediscano violentemente e
a volte colpiscano mortalmente la propria comunione: di qui le molteplici e
varie forme di divisione nella vita familiare. Ma, nello stesso tempo, ogni
famiglia è sempre chiamata dal Dio della pace a fare l'esperienza gioiosa e
rinnovatrice della «riconciliazione», cioè della comunione ricostruita,
dell'unità ritrovata. In particolare la partecipazione al sacramento della
riconciliazione e al banchetto dell'unico Corpo di Cristo offre alla famiglia
cristiana la grazia e la responsabilità di superare ogni divisione e di
camminare verso la piena verità della comunione voluta da Dio, rispondendo così
al vivissimo desiderio del Signore: che «tutti siano una sola cosa».
22.
Diritti e compiti della donna
In
quanto è, e deve sempre diventare, comunione e comunità di persone, la
famiglia trova nell'amore la sorgente e la spinta incessante per accogliere,
rispettare e promuovere ciascuno dei suoi membri nell'altissima dignità di
persone, e cioè di immagini viventi di Dio. Come hanno giustamente affermato i
Padri Sinodali, il criterio morale dell'autenticità delle relazioni coniugali e
familiari consiste nella promozione della dignità e vocazione delle singole
persone, le quali si ritrovano nella loro pienezza mediante il dono sincero di
se stesse. In questa prospettiva, il Sinodo ha voluto riservare una privilegiata
attenzione alla donna, ai suoi diritti e compiti nella famiglia e nella società.
Nella stessa prospettiva vanno considerati anche l'uomo come sposo e padre, il
bambino e gli anziani. Della donna è da rilevare, anzitutto, l'eguale dignità
e responsabilità rispetto all'uomo: tale eguaglianza trova una singolare forma
di realizzazione nella reciproca donazione di sé all'altro e di ambedue ai
figli, propria del matrimonio e della famiglia. Quanto la stessa ragione umana
intuisce e riconosce, viene rivelato in pienezza dalla Parola di Dio: la storia
della salvezza, infatti, è una continua e luminosa testimonianza della dignità
della donna. Creando l'uomo «maschio e femmina», Dio dona la dignità
personale in eguale modo all'uomo e alla donna arricchendoli dei diritti
inalienabili e delle responsabilità che sono proprie della persona umana. Dio
poi manifesta nella forma più alta possibile la dignità della donna assumendo
Egli stesso la carne umana da Maria Vergine, che la Chiesa onora come Madre di
Dio, chiamandola nuova Eva e proponendola come modello della donna redenta. Il
delicato rispetto di Gesù verso le donna che ha chiamato alla sua sequela ed
alla sua amicizia, la sua apparizione il mattino di Pasqua ad una donna prima
che agli altri discepoli, la missione affidata alle donne di portare la buona
novella della Risurrezione agli apostoli, sono tutti segni che confermano la
stima speciale del Signore Gesù verso la donna. Dirà l'Apostolo Paolo: «Tutti
voi siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù ... Non c'è più giudeo né
greco non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna poiché
tutti voi siete uno in Cristo Gesù».
23.
Donna e società
Senza
entrare ora a trattare nei suoi vari aspetti l'ampio e complesso tema dei
rapporti donna-società, ma limitando il discorso ad alcuni rilievi essenziali,
non si può non osservare come nel campo più specificamente familiare una ampia
e diffusa tradizione sociale e culturale abbia voluto riservare alla donna solo
il compito di sposa e madre, senza aprirla adeguatamente ai compiti pubblici, in
genere riservati all'uomo. Non c'è dubbio che l'eguale dignità e responsabilità
dell'uomo e della donna giustifichino pienamente l'accesso della donna ai
compiti pubblici. D'altra parte la vera promozione della donna esige pure che
sia chiaramente riconosciuto il valore del suo compito materno e familiare nei
confronti di tutti gli altri compiti pubblici e di tutte le altre professioni.
Del resto, tali compiti e professioni devono tra loro integrarsi se si vuole che
l'evoluzione sociale e culturale sia veramente e pienamente umana. Ciò risulterà
più facile se, come il Sinodo ha auspicato, una rinnovata «teologia del lavoro»
porrà in luce e approfondirà il significato del lavoro nella vita cristiana e
determinerà il fondamentale legame che esiste tra il lavoro e la famiglia, e,
di conseguenza, il significato originale ed insostituibile del lavoro della casa
e dell'educazione dei figli. Pertanto la Chiesa può e deve aiutare la società
attuale, chiedendo instancabilmente che sia da tutti riconosciuto e onorato nel
suo valore insostituibile il lavoro della donna in casa. Ciò è di particolare
importanza nell'opera educativa: viene eliminata, infatti, la radice stessa
della possibile discriminazione tra i diversi lavori e professioni, una volta
che risulti chiaramente come tutti, in ogni campo, si impegnino con identico
diritto e con identica responsabilità. Apparirà così più splendida
l'immagine di Dio nell'uomo e nella donna. Se dev'essere riconosciuto anche alle
donne, come agli uomini, il diritto di accedere ai diversi compiti pubblici, la
società deve però strutturarsi in maniera tale che le spose e le madri non
siano di fatto costrette a lavorare fuori casa e che le loro famiglie possano
dignitosamente vivere e prosperare, anche se esse si dedicano totalmente alla
propria famiglia. Si deve inoltre superare la mentalità secondo la quale
l'onore della donna deriva più dal lavoro esterno che dalla attività
familiare. Ma ciò esige che gli uomini stimino ed amino veramente la donna con
ogni rispetto della sua dignità personale, e che la società crei e sviluppi le
condizioni adatte per il lavoro domestico. La Chiesa, col dovuto rispetto per la
diversa vocazione dell'uomo e della donna, deve promuovere nella misura del
possibile nella sua stessa vita la loro uguaglianza di diritti e di dignità: e
questo per il bene di tutti, della famiglia, della società e della Chiesa.
È evidente però che tutto questo significa per la donna non la rinuncia
alla sua femminilità né l'imitazione del carattere maschile, ma la pienezza
della vera umanità femminile quale deve esprimersi nel suo agire, sia in
famiglia sia al di fuori di essa, senza peraltro dimenticare in questo campo la
varietà dei costumi e delle culture.
24.
Offese alla dignità della donna
Purtroppo
il messaggio cristiano sulla dignità della donna viene contraddetto da quella
persistente mentalità che considera l'essere umano non come persona, ma come
cosa, come oggetto di compra-vendita, al servizio dell'interesse egoistico e del
solo piacere: e prima vittima di tale mentalità è la donna. Questa mentalità
produce frutti assai amari, come il disprezzo dell'uomo e della donna, la
schiavitù, l'oppressione dei deboli, la pornografia, la prostituzione -- tanto
più quando viene organizzata -- e tutte quelle varie discriminazioni che si
incontrano nell'ambito dell'educazione, della professione, della retribuzione
del lavoro, ecc. Inoltre, ancora oggi, in gran parte della nostra società,
permangono molte forme di avvilente discriminazione che colpiscono ed offendono
gravemente alcune categorie particolari di donne, come, ad esempio, le spose che
non hanno figli, le vedove, le separate, le divorziate, le madri-nubili . Queste
ed altre discriminazioni sono state deplorate dai Padri Sinodali con tutta la
forza possibile: chiedo pertanto che da parte di tutti si svolga un'azione
pastorale specifica più vigorosa ed incisiva, affinché esse siano
definitivamente vinte, così da giungere alla stima piena dell'immagine di Dio
che risplende in tutti gli esseri umani, nessuno escluso.
25.
L'uomo sposo e padre
Entro
la comunione-comunità coniugale e familiare, l'uomo è chiamato a vivere il suo
dono e compito di sposo e di padre. Egli vede nella sposa il compiersi del
disegno di Dio: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che
gli sia simile»; e fa sua l'esclamazione di Adamo, il primo sposo: «Questa
volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa». L'autentico amore
coniugale suppone ed esige che l'uomo porti profondo rispetto per l'eguale
dignità della donna: «Non sei il suo padrone -- scrive S. Ambrogio -- bensì
il suo marito; non ti è stata data in schiava, ma in moglie ... Ricambia a lei
le sue attenzioni verso di te e sii ad essa grato del suo amore». Con la sposa
l'uomo deve vivere «una forma tutta speciale di amicizia personale». Il
cristiano poi è chiamato a sviluppare un atteggiamento di amore nuovo,
manifestando verso la propria sposa la carità delicata e forte che Cristo ha
per la Chiesa. L'amore alla sposa diventata madre e l'amore ai figli sono per
l'uomo la strada naturale per la comprensione e la realizzazione della sua
paternità. Soprattutto là dove le condizioni sociali e culturali spingono
facilmente il padre ad un certo disimpegno rispetto alla famiglia o comunque ad
una sua minor presenza nell'opera educativa, è necessario adoperarsi perché si
recuperi socialmente la convinzione che il posto e il compito del padre nella e
per la famiglia sono di un'importanza unica e insostituibile. Come l'esperienza
insegna, l'assenza del padre provoca squilibri psicologici e morali e difficoltà
notevoli nelle relazioni familiari, come pure, in circostanze opposte, la
presenza oppressiva del padre, specialmente là dove è ancora in atto il
fenomeno del «machismo», ossia della superiorità abusiva delle prerogative
maschili che umiliano la donna e inibiscono lo sviluppo di sane relazioni
familiari. Rivelando e rivivendo in terra la stessa paternità di Dio, l'uomo è
chiamato a garantire lo sviluppo unitario di tutti i membri della famiglia:
assolverà a tale compito mediante una generosa responsabilità per la vita
concepita sotto il cuore della madre, un impegno educativo più sollecito e
condiviso con la propria sposa, un lavoro che non disgreghi mai la famiglia ma
la promuova nella sua compattezza e stabilità, una testimonianza di vita
cristiana adulta, che introduca più efficacemente i figli nell'esperienza viva
di Cristo e della Chiesa.
26.
I diritti del bambino
Nella
famiglia, comunità di persone, deve essere riservata una specialissima
attenzione al bambino, sviluppando una profonda stima per la sua dignità
personale, come pure un grande rispetto ed un generoso servizio per i suoi
diritti. Ciò vale di ogni bambino, ma acquista una singolare urgenza quanto più
il bambino è piccolo e bisognoso di tutto, malato, sofferente o handicappato.
Sollecitando e vivendo una premura tenera e forte per ogni bambino che viene in
questo mondo, la Chiesa adempie una sua fondamentale missione: è chiamata,
infatti, a rivelare e a riproporre nella storia l'esempio e il comandamento di
Cristo Signore, che ha voluto porre il bambino al centro del Regno di Dio: «Lasciate
che i bambini vengano a me ... perché a chi è come loro appartiene il regno di
Dio». Ripeto nuovamente quanto ho detto all'assemblea generale delle Nazioni
Unite il 2 ottobre 1979: «Desidero... esprimere la gioia che per ognuno di noi
costituiscono i bambini, primavera della vita, anticipo della storia futura di
ognuna delle presenti patrie terrene. Nessun paese del mondo, nessun sistema
politico può pensare al proprio avvenire se non attraverso l'immagine di queste
nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei
valor dei doveri e delle aspirazioni della nazione alla quale appartengono e di
tutta la famiglia umana. La sollecitudine per il bambino ancora prima della sua
nascita, dal primo momento della concezione e, in seguito, negli anni
dell'infanzia e della giovinezza, è la primaria e fondamentale verifica della
relazione dell'uomo all'uomo. E perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a
ogni nazione e a tutta l'umanità, a tutti i bambini del mondo se non quel
migliore futuro in cui il rispetto dei diritti dell'uomo diventi piena realtà
nelle dimensioni del duemila che si avvicina?». L'accoglienza, l'amore, la
stima, il servizio molteplice ed unitario -- materiale, affettivo, educativo,
spirituale -- per ogni bambino che viene in questo mondo dovranno costituire
sempre una nota distintiva irrinunciabile dei cristiani, in particolare delle
famiglie cristiane: così i bambini, mentre potranno crescere «in sapienza, età
e grazia davanti a Dio e agli uomini», porteranno il loro prezioso contributo
all'edificazione della comunità familiare e alla stessa santificazione dei
genitori.
27.
Gli anziani in famiglia
Ci
sono culture che manifestano una singolare venerazione ed un grande amore per
l'anziano: lungi dall'essere estromesso dalla famiglia o dall'essere sopportato
come un peso inutile, l'anziano rimane inserito nella vita familiare, continua e
prendervi parte attiva e responsabile--pur dovendo rispettare l'autonomia della
nuova famiglia--e soprattutto svolge la preziosa missione di testimone del
passato e di ispiratore di saggezza per i giovani e per l'avvenire. Altre
culture, invece, specialmente in seguito ad un disordinato sviluppo industriale
ed urbanistico, hanno condotto e continuano a condurre gli anziani a forme
inaccettabili di emarginazione, che sono fonte ad un tempo di acute sofferenze
per loro stessi e di impoverimento spirituale per tante famiglie. È necessario
che l'azione pastorale della Chiesa stimoli tutti a scoprire e a valorizzare i
compiti degli anziani nella comunità civile ed ecclesiale, e in particolare
nella famiglia. In realtà, «la vita degli anziani ci aiuta a far luce sulla
scala dei valori umani; fa vedere la continuità delle generazioni e
meravigliosamente dimostra l'interdipendenza del popolo di Dio. Gli anziani
inoltre hanno il carisma di oltrepassare le barriere fra le generazioni, prima
che queste insorgano. Quanti bambini hanno trovato comprensione e amore negli
occhi, nelle parole e nelle carezze degli anziani! E quante persone anziane
hanno volentieri sottoscritto le ispirate parole bibliche che "corona dei
vecchi sono i figli dei figli" (Prov 17, 6)!».
II - IL SERVIZIO ALLA VITA
1)
La trasmissione della vita
28.
Cooperatori dell'amore di Dio Creatore
Con
la creazione dell'uomo e della donna a sua immagine e somiglianza, Dio corona e
porta a perfezione l'opera delle sue mani: Egli li chiama ad una speciale
partecipazione del suo amore ed insieme del suo potere di Creatore e di Padre,
mediante la loro libera e responsabile cooperazione a trasmettere il dono della
vita umana: «Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela"». Così il compito
fondamentale della famiglia è il servizio alla vita, il realizzare lungo la
storia la benedizione originaria del Creatore, trasmettendo nella generazione
l'immagine divina da uomo a uomo. La fecondità è il frutto e il segno
dell'amore coniugale, la testimonianza viva della piena donazione reciproca
degli sposi: «Il vero culto dell'amore coniugale e tutta la struttura familiare
che ne nasce, senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a questo tendono,
che i coniugi con fortezza d'animo, siano disposti a cooperare con l'amore del
Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e
arricchisce la sua famiglia». La fecondità dell'amore coniugale non si
restringe però alla sola procreazione dei figli, sia pure intesa nella sua
dimensione specificamente umana: si allarga e si arricchisce di tutti quei
frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono
chiamati a donare ai figli e, mediante i figli, alla Chiesa e al mondo.
29.
La dottrina e la norma sempre antiche e sempre nuove della Chiesa
Proprio
perché l'amore dei coniugi è una singolare partecipazione al mistero della
vita e dell'amore di Dio stesso la Chiesa sa di aver ricevuto la missione
speciale di custodire e di proteggere l'altissima dignità del matrimonio e la
gravissima responsabilità della trasmissione della vita umana.
Così, in continuità con la tradizione viva della comunità ecclesiale
lungo la storia, il recente Concilio Vaticano II e il magistero del mio
Predecessore Paolo VI, espresso soprattutto nell'enciclica Humanae vitae, hanno
trasmesso ai nostri tempi un annuncio veramente profetico, che riafferma e
ripropone con chiarezza la dottrina e la norma sempre antiche e sempre nuove
della Chiesa sul matrimonio e sulla trasmissione della vita umana. Per questo,
nella loro ultima assemblea, i Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: «Questo
Sacro Sinodo, riunito nell'unità della fede col Successore di Pietro,
fermamente tiene ciò che nel Concilio Vaticano II (cfr. Gaudium et spes, 50) e,
in seguito, nell'enciclica Humanae vitae viene proposto, e in particolare che
l'amore coniugale deve essere pienamente umano, esclusivo e aperto alla nuova
vita (Humanae vitae, n. 11, e cfr. 9 e 12)».
30.
La Chiesa sta dalla parte della vita
La
dottrina della Chiesa si colloca oggi in una situazione sociale e culturale, che
la rende ad un tempo più difficile da comprendere e più urgente ed
insostituibile per promuovere il vero bene dell'uomo e della donna. Infatti, il
progresso scientifico-tecnico, che l'uomo contemporaneo accresce di continuo nel
suo dominio sulla natura non sviluppa solo la speranza di creare una nuova e
migliore umanità, ma anche un'angoscia sempre più profonda circa il futuro.
Alcuni si domandano se sia bene vivere o se non sia meglio neppure essere nati;
dubitano, se sia lecito chiamare altri alla vita, i quali forse malediranno la
propria esistenza in un mondo crudele, i cui terrori non sono neppure
prevedibili. Altri pensano di essere gli unici destinatari dei vantaggi della
tecnica ed escludono gli altri, ai quali vengono imposti mezzi contraccettivi o
metodi ancor peggiori. Altri ancora, imprigionati come sono dalla mentalità
consumistica e con l'unica preoccupazione di un continuo aumento di beni
materiali, finiscono per non comprendere più e quindi per rifiutare la
ricchezza spirituale di una nuova vita umana. La ragione ultima di queste
mentalità è l'assenza, nel cuore degli uomini, di Dio, il cui amore soltanto
è più forte di tutte le possibili paure del mondo e le può vincere. È nata così una
mentalità contro la vita (anti-life mentality), come emerge in molte questioni
attuali: si pensi ad esempio, a un certo panico derivato dagli studi degli
ecologi e dei futurologi sulla demografia, che a volte esagerano il pericolo dell'incremento demografico per la qualità
della vita. Ma la Chiesa fermamente crede che la vita umana, anche se debole e
sofferente, è sempre uno splendido dono del Dio della bontà. Contro il
pessimismo e l'egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della
vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel «Sì», di
quell'«Amen» che è Cristo stesso. Al «no» che invade ed affligge il mondo,
contrappone questo vivente «Sì», difendendo in tal modo l'uomo e il mondo da
quanti insidiano e mortificano la vita. La Chiesa è chiamata a manifestare
nuovamente a tutti con un più chiaro e fermo convincimento, la sua volontà di
promuovere con ogni mezzo e di difendere contro ogni insidia la vita umana, in
qualsiasi condizione e stadio di sviluppo si trovi. Per questo la Chiesa
condanna come grave offesa della dignità umana e della giustizia tutte quelle
attività dei governi o di altre autorità pubbliche, che tentano di limitare in
qualsiasi modo la libertà dei coniugi nel decidere dei figli. Di conseguenza
qualsiasi violenza esercitata da tali autorità in favore della contraccezione e
persino della sterilizzazione e dell'aborto procurato è del tutto da condannare
e da respingere con forza. Allo stesso modo è da esecrare come gravemente
ingiusto il fatto che nelle relazioni internazionali l'aiuto economico concesso
per la promozione dei popoli venga condizionato a programmi di contraccezione,
sterilizzazione e aborto procurato.
31.
Perché il progetto divino sia sempre più pienamente attuato
La
Chiesa è certamente consapevole anche dei molteplici e complessi problemi, che
oggi in molti Paesi coinvolgono i coniugi nel loro compito di trasmettere
responsabilmente la vita. Riconosce pure il grave problema dell'incremento
demografico, come si configura in varie parti del mondo, con le implicazioni
morali che esso comporta. Essa ritiene, tuttavia, che una approfondita
considerazione di tutti gli aspetti di tali problemi offra una nuova e più
forte conferma dell'importanza della dottrina autentica circa la regolazione
della natalità, riproposta nel Concilio Vaticano II e nell'Enciclica Humanae
vitae. Per questo, insieme con i Padri del Sinodo, sento il dovere di rivolgere
un pressante invito ai teologi, affinché, unendo le loro forze per collaborare
col Magistero gerarchico, si impegnino a porre sempre meglio in luce i
fondamenti biblici, le motivazioni etiche e le ragioni personalistiche di questa
dottrina. Sarà così possibile, nel contesto di un'esposizione organica,
rendere la dottrina della Chiesa su questo importante capitolo veramente
accessibile a tutti gli uomini di buona volontà, favorendone la comprensione
ogni giorno più luminosa e profonda: in tal modo il progetto divino potrà
essere sempre più pienamente attuato per la salvezza dell'uomo e per la gloria
del Creatore. A questo riguardo, il concorde impegno dei teologi, ispirato da
convinta adesione al Magistero, che è l'unica guida autentica del Popolo di
Dio, presenta particolare urgenza anche in ragione dell'intimo legame che esiste
tra la dottrina cattolica su questo punto e la visione dell'uomo che la Chiesa
propone: dubbi o errori nel campo matrimoniale o familiare comportano un grave
oscurarsi della verità integrale sull'uomo in una situazione culturale già così
spesso confusa e contraddittoria. Il contributo di illuminazione e di
approfondimento, che i teologi sono chiamati ad offrire in adempimento del loro
compito specifico, ha un valore incomparabile e rappresenta un servizio
singolare, altamente meritorio, alla famiglia e all'umanità.
32.
Nella visione integrale dell'uomo e della sua vocazione
Nel
contesto di una cultura che gravemente deforma o addirittura smarrisce il vero
significato della sessualità umana, perché la sradica dal suo essenziale
riferimento alla persona, la Chiesa sente più urgente e insostituibile la sua
missione di presentare la sessualità come valore e compito di tutta la persona
creata, maschio e femmina, ad immagine di Dio. In questa prospettiva il Concilio
Vaticano II ha chiaramente affermato che «quando si tratta di comporre l'amore
coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del
comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei
motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento
nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a
mantenere in un contesto di vero amore l'integro senso della mutua donazione e
della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga
coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale» . È proprio
movendo dalla «visione integrale dell'uomo e della sua vocazione, non solo
naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna», che Paolo VI ha
affermato che la dottrina della Chiesa «è fondata sulla connessione
inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa,
tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il
significato procreativo». Ed ha concluso ribadendo che è da escludere come
intrinsecamente disonesta «ogni azione che, o in previsione dell'atto
coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze
naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di rendere impossibile la
procreazione». Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione,
scindono questi due significati che Dio Creatore ha inscritti nell'essere
dell'uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si
comportano come «arbitri» del disegno divino e «manipolano» e avviliscono la
sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il
valore di donazione «totale». Così, al linguaggio nativo che esprime la
reciproca donazione totale dei coniugi la contraccezione impone un linguaggio
oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in
totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita,
ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale,
chiamato a donarsi in totalità personale. Quando invece i coniugi, mediante il
ricorso a periodi di infecondità, rispettano la connessione inscindibile dei
significati unitivo e procreativo della sessualità umana, si comportano come «ministri»
del disegno di Dio ed «usufruiscono» della sessualità secondo l'originario
dinamismo della donazione «totale», senza manipolazioni ed alterazioni. Alla
luce della stessa esperienza di tante coppie di sposi e dei dati delle diverse
scienze umane, la riflessione teologica può cogliere ed è chiamata ad
approfondire la differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste
tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali: si tratta di una
differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si pensi e che
coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità
umana tra loro irriducibili. La scelta dei ritmi naturali comporta
l'accettazione del tempo della persona, cioè della donna, e con ciò
l'accettazione anche del dialogo, del rispetto reciproco, della comune
responsabilità, del dominio di sé. Accogliere poi il tempo e il dialogo
significa riconoscere il carattere insieme spirituale e corporeo della comunione
coniugale, come pure vivere l'amore personale nella sua esigenza di fedeltà. In
questo contesto la coppia fa l'esperienza che la comunione coniugale viene
arricchita di quei valori di tenerezza e di affettività, i quali costituiscono
l'anima profonda della sessualità umana, anche nella sua dimensione fisica. In
tal modo la sessualità viene rispettata e promossa nella sua dimensione
veramente e pienamente umana, non mai invece «usata» come un «oggetto» che,
dissolvendo l'unità personale di anima e corpo, colpisce la stessa creazione di
Dio nell'intreccio più intimo tra natura e persona.
33.
La Chiesa Maestra e Madre per i coniugi in difficoltà
Anche
nel campo della morale coniugale la Chiesa è ed agisce come Maestra e Madre.
Come Maestra, essa non si stanca di proclamare la norma morale che deve guidare
la trasmissione responsabile della vita. Di tale norma la Chiesa non è affatto
né l'autrice né l'arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui
immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la
Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona
volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezione. Come
Madre, la Chiesa si fa vicina alle molte coppie di sposi che si trovano in
difficoltà su questo importante punto della vita morale: conosce bene la loro
situazione, spesso molto ardua e a volte veramente tormentata da difficoltà di
ogni genere, non solo individuali ma anche sociali; sa che tanti coniugi
incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta, ma anche per la
stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale. Ma è la stessa ed
unica Chiesa ad essere insieme Maestra e Madre. Per questo la Chiesa non cessa
mai di invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali
siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità: è infatti
convinta che non può esserci vera contraddizione tra la legge divina del
trasmettere la vita e quella di favorire l'autentico amore coniugale. Per
questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere
connessa e non mai separata dalla sua dottrina. Ripeto, pertanto, con la
medesima persuasione del mio Predecessore: «Non sminuire in nulla la salutare
dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime». D'altra parte
l'autentica pedagogia ecclesiale rivela il suo realismo e la sua sapienza solo
sviluppando un impegno tenace e coraggioso nel creare e sostenere tutte quelle
condizioni umane--psicologiche, morali e spirituali--che sono indispensabili per
comprendere e vivere il valore e la norma morale. Non c'è dubbio che tra queste
condizioni si debbano annoverare la costanza e la pazienza, l'umiltà e la
fortezza d'animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso
frequente alla preghiera e ai sacramenti dell'Eucaristia e della
riconciliazione. Cosi corroborati, i coniugi cristiani potranno mantenere viva
la coscienza del singolare influsso che la grazia del sacramento del matrimonio
esercita su tutte le realtà della vita coniugale, e quindi anche sulla loro
sessualità: il dono dello Spirito, accolto e corrisposto dai coniugi, li aiuta
a vivere la sessualità umana secondo il piano di Dio e come segno dell'amore
unitivo e fecondo di Cristo per la sua Chiesa. Ma tra le condizioni necessarie
rientra anche la conoscenza della corporeità e dei suoi ritmi di fertilità. In
tal senso bisogna far di tutto perché una simile conoscenza sia resa
accessibile a tutti i coniugi, e prima ancora alle persone giovani, mediante
un'informazione ed una educazione chiare, tempestive e serie, ad opera di
coppie, di medici e di esperti. La conoscenza poi deve sfociare nell'educazione
all'autocontrollo: di qui l'assoluta necessità della virtù della castità e
della permanente educazione ad essa. Secondo la visione cristiana, la castità
non significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana:
significa piuttosto energia spirituale, che sa difendere l'amore dai pericoli
dell'egoismo e dell'aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena
realizzazione . Paolo VI, con profondo intuito di sapienza e di amore, altro non
ha fatto che dare voce all'esperienza di tante coppie di sposi quando ha scritto
nella sua enciclica: «Il dominio dell'istinto, mediante la ragione e la libera
volontà, impone indubbiamente una ascesi, affinché le manifestazioni affettive
della vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per
l'osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della
purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all'amore coniugale, gli conferisce
invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo
benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità
arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di
serenità e di pace e agevola la soluzione di altri problemi; favorisce
l'attenzione verso l'altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l'egoismo, nemico
del vero amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità nel compimento
dei loro doveri. I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più
profondo ed efficace per l'educazione dei figli» .
34.
L'itinerario morale degli sposi
È
sempre di grande importanza possedere una retta concezione dell'ordine morale,
dei suoi valori e delle sue norme: l'importanza cresce, quando più numerose e
gravi si fanno le difficoltà a rispettarli. Proprio perché rivela e propone il
disegno di Dio Creatore, l'ordine morale non può essere qualcosa di
mortificante per l'uomo e di impersonale; al contrario, rispondendo alle
esigenze più profonde dell'uomo creato da Dio, si pone al servizio della sua
piena umanità, con l'amore delicato e vincolante con cui Dio stesso ispira,
sostiene e guida ogni creatura verso la sua felicità. Ma l'uomo chiamato a
vivere responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un essere
storico, che si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte:
per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita.
Anche i coniugi, nell'ambito della loro vita morale, sono chiamati ad un
incessante cammino, sostenuti dal desiderio sincero e operoso di conoscere
sempre meglio i valori che la legge divina custodisce e promuove, e dalla volontà
retta e generosa di incarnarli nelle loro scelte concrete. Essi, tuttavia, non
possono guardare alla legge solo come ad un puro ideale da raggiungere in
futuro, ma debbono considerarla come un comando di Cristo Signore a superare con
impegno le difficoltà. «Perciò la cosiddetta "legge della gradualità",
o cammino graduale, non può identificarsi con la "gradualità della
legge", come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge
divina per uomini e situazioni diverse. Tutti i coniugi, secondo il disegno
divino sono chiamati alla santità nel matrimonio e questa alta vocazione si
realizza in quanto la persona umana è in grado di rispondere al comando divino
con animo sereno, confidando nella grazia divina e nella propria volontà». In
questa stessa linea, rientra nella pedagogia della Chiesa che i coniugi
anzitutto riconoscano chiaramente la dottrina della Humanae vitae come normativa
per l'esercizio della loro sessualità, e sinceramente si impegnino a porre le
condizioni necessarie per osservare questa norma. Questa pedagogia, come ha
rilevato il Sinodo, comprende tutta la vita coniugale. Per questo il compito di
trasmettere la vita deve essere integrato nella missione globale dell'intera
vita cristiana, la quale senza la croce non può giungere alla risurrezione. In
simile contesto si comprende come non si possa togliere il sacrifico dalla vita
familiare, anzi si debba accettare di cuore, perché l'amore coniugale si
approfondisca e diventi fonte di intima gioia. Questo comune cammino esige
riflessione, informazione idonea educazione dei sacerdoti, dei religiosi e dei
laici che sono impegnati nella pastorale familiare: tutti costoro potranno
aiutare i coniugi nel loro itinerario umano e spirituale, che comporta la
coscienza del peccato il sincero impegno di osservare la legge morale, il
ministero della riconciliazione. È pure da tenere presente come nell'intimità
coniugale siano implicate le volontà di due persone, chiamate però ad
un'armonia di mentalità e di comportamento: ciò esige non poca pazienza,
simpatia e tempo. Di singolare importanza in questo campo è l'unità dei
giudizi morali e pastorali dei sacerdoti: tale unità deve essere accuratamente
ricercata ed assicurata, perché i fedeli non abbiano a soffrire ansietà di
coscienza. Il cammino dei coniugi sarà dunque facilitato se, nella stima della
dottrina della Chiesa e nella fiducia verso la grazia di Cristo, aiutati ed
accompagnati dai pastori d'anime e dall'intera comunità ecclesiale, essi
sapranno scoprire e sperimentare il valore di liberazione e di promozione
dell'amore autentico, che il Vangelo offre ed il comandamento del Signore
propone.
35.
Suscitare convinzioni e offrire aiuti concreti
Di
fronte al problema di un'onesta regolazione della natalità, la comunità
ecclesiale, nel tempo presente, deve assumersi il compito di suscitare
convinzioni e di offrire aiuti
concreti per quanti vogliono vivere la paternità e la maternità in modo
veramente responsabile. In questo campo, mentre si compiace dei risultati
raggiunti dalle ricerche scientifiche per una conoscenza più precisa dei ritmi
di fertilità femminile e stimola una più decisiva ed ampia estensione di tali
studi, la Chiesa non può non sollecitare con rinnovato vigore la
responsabilità di quanti--medici, esperti, consulenti coniugali, educatori,
coppie -- possono aiutare effettivamente i coniugi a vivere il loro amore
nel rispetto della struttura e delle finalità dell'atto coniugale che lo
esprime. Ciò significa un impegno più vasto, decisivo e sistematico per far
conoscere, stimare e applicare i metodi naturali di regolazione della fertilità
. Una preziosa testimonianza può e deve essere data da quegli sposi che,
mediante l'impegno comune della continenza periodica, sono giunti ad una più
matura responsabilità personale di fronte all'amore ed alla vita. Come scriveva
Paolo VI, «ad essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini
la santità e la soavità della legge che unisce l'amore vicendevole degli sposi
con la loro cooperazione all'amore di Dio autore della vita umana»
2)
L'educazione
36.
Il diritto-dovere educativo dei genitori
Il
compito dell'educazione affonda le radici nella primordiale vocazione dei
coniugi a partecipare all'opera creatrice di Dio: generando nell'amore e per
amore una nuova persona che in sé ha la vocazione alla crescita ed allo
sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso il compito di aiutarla
efficacemente a vivere una vita pienamente umana. Come ha ricordato il Concilio
Vaticano II: «I genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli, hanno
l'obbligo gravissimo di educare la prole: vanno pertanto considerati come i
primi e principali educatori di essa. Questa loro funzione educativa è tanto
importante che, se manca, può appena essere supplita. Tocca infatti ai genitori
creare in seno alla famiglia quell'atmosfera vivificata dall'amore e dalla pietà
verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'educazione completa dei figli in
senso personale e sociale. La famiglia è dunque la prima scuola di virtù
sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società». Il diritto-dovere
educativo dei genitori si qualifica come essenziale, connesso com'è con la
trasmissione della vita umana; come originale e primario, rispetto al compito
educativo di altri, per l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra
genitori e figli; come insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può
essere totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato. Al di là di queste
caratteristiche, non si può dimenticare che l'elemento più radicale, tale da
qualificare il compito educativo dei genitori, è l'amore paterno e materno, il
quale trova nell'opera educativa il suo compimento nel rendere pieno e perfetto
il servizio alla vita: l'amore dei genitori da sorgente diventa anima e pertanto
norma, che ispira e guida tutta l'azione educativa concreta, arricchendola di
quei valori di dolcezza, costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di
sacrificio, che sono il più prezioso frutto dell'amore.
37.
Educare ai valori essenziali della vita umana
Pur
in mezzo alle difficoltà dell'opera educativa, oggi spesso aggravate, i
genitori devono con fiducia e coraggio formare i figli ai valori essenziali
della vita umana. I figli devono crescere in una giusta libertà di fronte ai
beni materiali, adottando uno stile di vita semplice ed austero, ben convinti
che «l'uomo vale più per quello che è che per quello che ha». In una società
scossa e disgregata da tensioni e conflitti per il violento scontro tra i
diversi individualismi ed egoismi, i figli devono arricchirsi non soltanto del
senso della vera giustizia, che sola conduce al rispetto della dignità
personale di ciascuno, ma anche e ancor più del senso del vero amore, come
sollecitudine sincera e servizio disinteressato verso gli altri, in particolare
i più poveri e bisognosi. La famiglia è la prima e fondamentale scuola di
socialità: in quanto comunità d'amore, essa trova nel dono di sé la legge che
la guida e la fa crescere. Il dono di sé, che ispira l'amore dei coniugi tra di
loro, si pone come modello e norma del dono di sé quale deve attuarsi nei
rapporti tra fratelli e sorelle e tra le diverse generazioni che convivono nella
famiglia. E la comunione e la partecipazione quotidianamente vissuta nella casa,
nei momenti di gioia e di difficoltà, rappresenta la più concreta ed efficace
pedagogia per l'inserimento attivo, responsabile e fecondo dei figli nel più
ampio orizzonte della società. L'educazione all'amore come dono di sé
costituisce anche la premessa indispensabile per i genitori chiamati ad offrire
ai figli una chiara e delicata educazione sessuale. Di fronte ad una cultura che
«banalizza» in larga parte la sessualità umana, perché la interpreta e la
vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente al corpo e al
piacere egoistico, il servizio educativo dei genitori deve puntare fermamente su
di una cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale: la sessualità,
infatti. è una ricchezza di tutta la persona--corpo, sentimento e anima--e
manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé
nell'amore. L'educazione sessuale, diritto e dovere fondamentale dei genitori,
deve attuarsi sempre sotto la loro guida sollecita, sia in casa sia nei centri
educativi da essi scelti e controllati. In questo senso la Chiesa ribadisce la
legge della sussidiarietà, che la scuola è tenuta ad osservare quando coopera
all'educazione sessuale, collocandosi nello spirito stesso che anima i genitori.
In questo contesto è del tutto irrinunciabile l'educazione alla castità, come
virtù che sviluppa l'autentica maturità della persona e la rende capace di
rispettare e promuovere il «significato sponsale» del corpo. Anzi, i genitori
cristiani riserveranno una particolare attenzione e cura, discernendo i segni
della chiamata di Dio, per l'educazione alla verginità, come forma suprema di
quel dono di sé che costituisce il senso stesso della sessualità umana. Per
gli stretti legami che intercorrono tra la dimensione sessuale della persona e i
suoi valori etici, il compito educativo deve condurre i figli a conoscere e a
stimare le norme morali come necessaria e preziosa garanzia per una responsabile
crescita personale nella sessualità umana. Per questo la Chiesa si oppone
fermamente a una certa forma di informazione sessuale, avulsa dai principi
morali, così spesso diffusa, la quale altro non sarebbe che un'introduzione
all'esperienza del piacere e uno stimolo che porta a perdere la serenità--ancora
negli anni dell'innocenza--, aprendo la strada al vizio.
38.
La missione educativa e il sacramento del matrimonio
Per
i genitori cristiani la missione educativa, radicata come si è detto nella loro
partecipazione all'opera creatrice di Dio, ha una nuova e specifica sorgente nel
sacramento del matrimonio, che li consacra all'educazione propriamente cristiana
dei figli, li chiama cioè a partecipare alla stessa autorità e allo stesso
amore di Dio Padre e di Cristo Pastore, come pure all'amore materno della
Chiesa, e li arricchisce di sapienza, consiglio, fortezza e di ogni altro dono
dello Spirito Santo per aiutare i figli nella loro crescita umana e cristiana.
Dal sacramento del matrimonio il compito educativo riceve la dignità e la
vocazione di essere un vero e proprio «ministero» della Chiesa al servizio
della edificazione dei suoi membri. Tale è la grandezza e lo splendore del
ministero educativo dei genitori cristiani, che San Tommaso non esita a
paragonarlo al ministero dei sacerdoti: «Alcuni propagano e conservano la vita
spirituale con un ministero unicamente spirituale, e questo spetta al sacra
mento dell'ordine; altri lo fanno quanto alla vita ad un tempo corporale e
spirituale e ciò avviene col sacramento del matrimonio, nel quale l'uomo e la
donna si uniscono per generare la prole ed educarla al culto di Dio». La
coscienza viva e vigile della missione ricevuta col sacramento del matrimonio
aiuterà i genitori cristiani a porsi con grande serenità e fiducia al servizio
educativo dei figli e. nello stesso tempo. con senso di responsabilità di
fronte a Dio che li chiama e li manda ad edificare la Chiesa nei figli. Così la
famiglia dei battezzati. convocata quale chiesa domestica dalla Parola e dal
Sacramento, diventa insieme, come la grande Chiesa, maestra e madre.
39.
La prima esperienza di Chiesa
La
missione dell'educazione esige che i genitori cristiani propongano ai figli
tutti quei contenuti che sono necessari per la graduale maturazione della loro
personalità da un punto di vista cristiano ed ecclesiale. Riprenderanno allora
le linee educative sopra ricordate, con la cura di mostrare ai figli a quale
profondità di significati la fede e la carità di Gesù Cristo sanno condurre.
Inoltre la consapevolezza che il Signore affida loro la crescita di un figlio di
Dio, di un fratello di Cristo, di un tempio dello Spirito Santo, di un membro
della Chiesa, sorreggerà i genitori cristiani nel loro compito di rafforzare
nell'anima dei figli il dono della grazia divina. Il Concilio Vaticano II così
precisa il contenuto dell'educazione cristiana: «Essa non comporta solo la
maturità propria dell'umana persona ... ma tende soprattutto a far sì che i
battezzati, iniziati gradualmente alla conoscenza del mistero della salvezza,
prendano sempre maggiore coscienza del dono della fede, che hanno ricevuto:
imparino ad adorare Dio in spirito e verità (cfr. Gv 4, 23), specialmente
attraverso l'azione liturgica, si preparino a vivere la propria vita secondo
l'uomo nuovo nella giustizia e nella santità della verità (Ef 4, 22-24), così
raggiungano l'uomo perfetto, la statura della pienezza di Cristo (cfr. Ef 4, 13)
e diano il loro apporto all'aumento del corpo mistico. Essi inoltre, consapevoli
della loro vocazione, devono addestrarsi sia a testimoniare quella speranza che
è in loro (cfr. I Pt 3, 14), sia a promuovere la elevazione in senso cristiano
del mondo». Anche il Sinodo, riprendendo e sviluppando le linee conciliari, ha
presentato la missione educativa della famiglia cristiana come un vero
ministero, per mezzo del quale viene trasmesso e irradiato il Vangelo, al punto
che la stessa vita di famiglia diventa itinerario di fede e in qualche modo
iniziazione cristiana e scuola della sequela di Cristo. Nella famiglia cosciente
di tale dono, come ha scritto Paolo VI, «tutti i membri evangelizzano e sono
evangelizzati». In forza del ministero dell'educazione i genitori, mediante la
testimonianza della vita, sono i primi araldi del Vangelo presso i figli. Di più,
pregando con i figli, dedicandosi con essi alla lettura della Parola di Dio ed
inserendoli nell'intimo del Corpo --eucaristico ed ecclesiale-- di Cristo
mediante l'iniziazione cristiana, diventano pienamente genitori, generatori cioè
non solo della vita carnale ma anche di quella che, mediante la rinnovazione
dello Spirito, scaturisce dalla Croce e risurrezione di Cristo. Perché i
genitori cristiani possano compiere degnamente il loro ministero educativo, i
Padri Sinodali hanno auspicato che sia preparato un adeguato testo di catechismo
per le famiglie, chiaro, breve e tale da poter essere facilmente assimilato da
tutti. Le conferenze episcopali sono state caldamente invitate ad impegnarsi per
la realizzazione di questo catechismo.
40.
Rapporti con altre forze educative
La
famiglia è la prima, ma non l'unica ed esclusiva comunità educante: la stessa
dimensione comunitaria, civile ed ecclesiale, dell'uomo esige e conduce ad
un'opera più ampia ed articolata, che sia il frutto della collaborazione
ordinata delle diverse forze educative. Queste forze sono tutte necessarie,
anche se ciascuna può e deve intervenire con una sua competenza e con un suo
contributo propri. Il compito educativo della famiglia cristiana ha perciò un
posto assai importante nella pastorale organica: ciò implica una nuova forma di
collaborazione tra i genitori e le comunità cristiane, tra i diversi gruppi
educativi e i pastori. In questo senso il rinnovamento della scuola cattolica
deve riservare una speciale attenzione sia ai genitori degli alunni sia alla
formazione di una perfetta comunità educante. Dev'essere assolutamente
assicurato il diritto dei genitori alla scelta di un'educazione conforme alla
loro fede religiosa. Lo Stato e la Chiesa hanno l'obbligo di dare alle famiglie
tutti gli aiuti possibili, affinché possano adeguatamente esercitare i loro
compiti educativi. Per questo sia la Chiesa sia lo Stato devono creare e
promuovere quelle istituzioni ed attività, che le famiglie giustamente
richiedono: e l'aiuto dovrà essere proporzionato alle insufficienze delle
famiglie. Pertanto, tutti coloro che nella società sono alla guida delle scuole
non devono mai dimenticare che i genitori sono stati costituiti da Dio stesso
come primi e principali educatori dei figli, e che il loro diritto è del tutto
inalienabile. Ma complementare al diritto, si pone il grave dovere dei genitori
di impegnarsi a fondo in un rapporto cordiale e fattivo con gli insegnanti ed i
dirigenti delle scuole. Se nelle scuole si insegnano ideologie contrarie alla
fede cristiana, la famiglia insieme ad altre famiglie, possibilmente mediante
forme associative familiari, deve con tutte le forze e con sapienza aiutare i
giovani a non allontanarsi dalla fede. In questo caso la famiglia ha bisogno di
aiuti speciali da parte dei pastori d'anime, i quali non dovranno dimenticare
che i genitori hanno l'inviolabile diritto di affidare i loro figli alla comunità
ecclesiale.
41.
Un servizio molteplice alla vita
Il
fecondo amore coniugale si esprime in un servizio alla vita dalle forme
molteplici, delle quali la generazione e l'educazione sono quelle più
immediate, proprie ed insostituibili. In realtà, ogni atto di vero amore verso
l'uomo testimonia e perfeziona la fecondità spirituale della famiglia perché
è obbedienza al dinamismo interiore profondo dell' amore come donazione di sé
agli altri. A questa prospettiva, per tutti ricca di valore e di impegno,
sapranno ispirarsi in particolare quei coniugi che fanno l'esperienza della
sterilità fisica. Le famiglie cristiane che nella fede riconoscono tutti gli
uomini come figli del comune Padre dei cieli, verranno generosamente incontro ai
figli delle altre famiglie, sostenendoli ed amandoli non come estranei, ma come
membri dell'unica famiglia dei figli di Dio. I genitori cristiani potranno così
allargare il loro amore al di là dei vincoli della carne e del sangue,
alimentando i legami che si radicano nello spirito e che si sviluppano nel
servizio concreto ai figli di altre famiglie, spesso bisognosi persino delle
cose più necessarie. Le famiglie cristiane sapranno vivere una maggiore
disponibilità verso l'adozione e l'affidamento di quei figli che sono privati
dei genitori o da essi abbandonati: mentre questi bambini, ritrovando il calore
affettivo di una famiglia, possono fare esperienza dell'amorevole e provvida
paternità di Dio, testimoniata dai genitori cristiani, e così crescere con
serenità e fiducia nella vita, la famiglia intera sarà arricchita dai valori
spirituali di una più ampia fraternità. La fecondità delle famiglie deve
conoscere una sua incessante «creatività», frutto meraviglioso dello Spirito
di Dio che spalanca gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e
sofferenze della nostra società, e che infonde coraggio per assumerle e darvi
risposta. In questo quadro si presenta alle famiglie un vastissimo campo
d'azione: infatti, ancor più preoccupante dell'abbandono dei bambini è oggi il
fenomeno dell'emarginazione sociale e culturale che duramente colpisce anziani,
ammalati, handicappati, tossicodipendenti, ex carcerati, ecc. In tal modo si
dilata enormemente l'orizzonte della paternità e della maternità delle
famiglie cristiane: il loro amore spiritualmente fecondo è sfidato da queste e
da tante altre urgenze del nostro tempo. Con le famiglie e per mezzo loro, il
Signore Gesù continua ad avere «compassione» delle folle.
III - LA PARTECIPAZIONE ALLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ
42,
La famiglia prima e vitale cellula della società
«
Poiché il Creatore di tutte le cose ha costituito il matrimonio quale principio
e fondamento dell'umana società», la famiglia è divenuta la «prima e vitale
cellula della società» . La famiglia possiede vincoli vitali e organici con la
società, perché ne costituisce il fondamento e l'alimento continuo mediante il
suo compito di servizio alla vita: dalla famiglia infatti nascono i cittadini e
nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali, che sono
l'anima della vita e dello sviluppo della società stessa. Così in forza della
sua natura e vocazione, lungi dal rinchiudersi in se stessa, la famiglia si apre
alle altre famiglie e alla società, assumendo il suo compito sociale.
43.
La vita familiare come esperienza di comunione e di partecipazione
La
stessa esperienza di comunione e di partecipazione, che deve caratterizzare la
vita quotidiana della famiglia, rappresenta il suo primo e fondamentale
contributo alla società. Le relazioni tra i membri della comunità familiare
sono ispirate e guidate dalla legge della «gratuità» che, rispettando e
favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di
valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità
disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda. Così la promozione di
un'autentica e matura comunione di persone nella famiglia diventa prima e
insostituibile scuola di socialità, esempio e stimolo per i più ampi rapporti
comunitari all'insegna del rispetto, della giustizia, del dialogo. dell'amore.
In tal modo, come hanno ricordato i Padri Sinodali, la famiglia costituisce il
luogo nativo e lo strumento più efficace di umanizzazione e di
personalizzazione della società: essa collabora in un modo originale e profondo
alla costruzione del mondo, rendendo possibile una vita propriamente umana, in
particolare custodendo e trasmettendo le virtù e i «valori». Come scrive il
Concilio Vaticano II, nella famiglia «le diverse generazioni si incontrano e si
aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e a
comporre i diritti delle persone con le altre esigenze della vita sociale». Di
conseguenza, di fronte ad una società che rischia di essere sempre più
spersonalizzata e massificata, e quindi disumana e disumanizzante, con le
risultanze negative di tante forme di «evasione»--come sono, ad esempio,
l'alcoolismo, la droga e lo stesso terrorismo--, la famiglia possiede e
sprigiona ancora oggi energie formidabili capaci di strappare l'uomo
dall'anonimato, di mantenerlo cosciente della sua dignità personale, di
arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo attivamente con la sua unicità
e irripetibilità nel tessuto della società.
44.
Compito sociale e politico
Il
compito sociale della famiglia non può certo fermarsi all'opera procreativa ed
educativa, anche se trova in essa la sua prima ed insostituibile forma di
espressione. Le famiglie, sia singole che associate, possono e devono pertanto
dedicarsi a molteplici opere di servizio sociale, specialmente a vantaggio dei
poveri, e comunque di tutte quelle persone e situazioni che l'organizzazione
previdenziale ed assistenziale delle pubbliche autorità non riesce a
raggiungere. Il contributo sociale della famiglia ha una sua originalità, che
domanda di essere meglio conosciuta e più decisamente favorita, soprattutto man
mano che i figli crescono, coinvolgendo di fatto il più possibile tutti i
membri . In particolare è da rilevare l'importanza sempre più grande che nella
nostra società assume l'ospitalità, in tutte le sue forme, dall'aprire la
porta della propria casa e ancor più del proprio cuore alle richieste dei
fratelli, all'impegno concreto di assicurare ad ogni famiglia la sua casa, come
ambiente naturale che la conserva e la fa crescere. Soprattutto la famiglia
cristiana è chiamata ad ascoltare la raccomandazione dell'apostolo: «Siate...
premurosi nell'ospitalità», e quindi ad attuare, imitando l'esempio e
condividendo la carità di Cristo, l'accoglienza del fratello bisognoso: «Chi
avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca ad uno di questi piccoli,
perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa»
. Il compito sociale delle famiglie è chiamato ad esprimersi anche in forma di
intervento politico: le famiglie, cioè, devono per prime adoperarsi affinché
le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non offendano, ma sostengano e
difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. In tal senso le
famiglie devono crescere nella coscienza di essere «protagoniste» della
cosiddetta «politica familiare» ed assumersi la responsabilità di trasformare
la società: diversamente le famiglie saranno le prime vittime di quei mali, che
si sono limitate ad osservare con indifferenza. L'appello del Concilio Vaticano
II a superare l'etica individualistica ha perciò valore anche per la famiglia
come tale."
45.
La società al servizio della famiglia
L'intima
connessione tra la famiglia e la società, come esige l'apertura e la
partecipazione della famiglia alla società e al suo sviluppo, così impone che
la società non venga mai meno al suo fondamentale compito di rispettare e di
promuovere la famiglia stessa. Certamente la famiglia e la società hanno una
funzione complementare nella difesa e nella promozione del bene di tutti gli
uomini e di ogni uomo. Ma la società, e più specificamente lo Stato, devono
riconoscere che la famiglia è «una società che gode di un diritto proprio e
primordiale» "' e quindi nelle loro relazioni con la famiglia sono
gravemente obbligati ad attenersi al principio di sussidiarietà. In forza di
tale principio lo Stato non può né deve sottrarre alle famiglie quei compiti
che esse possono egualmente svolgere bene da sole o liberamente associate, ma
positivamente favorirle e sollecitare al massimo l'iniziativa responsabile delle
famiglie. Convinte che il bene della famiglia costituisce un valore
indispensabile e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche
devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti--
economici, sociali, educativi, politici, culturali -- di cui hanno bisogno per
far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità.
46.
La carta dei diritti della famiglia
L'ideale
di una reciproca azione di sostegno e di sviluppo tra la famiglia e la società
si scontra spesso, e in termini assai gravi, con la realtà di una loro
separazione, anzi di una loro contrapposizione. In effetti, come ha
continuamente denunciato il Sinodo, la situazione che tantissime famiglie in
diversi Paesi incontrano è molto problematica, se non addirittura decisamente
negativa: istituzioni e leggi misconoscono ingiustamente i diritti inviolabili
della famiglia e della stessa persona umana, e la società, lungi dal porsi al
servizio della famiglia, la aggredisce con violenza nei suoi valori e nelle sue
esigenze fondamentali. E così la famiglia che, secondo il disegno di Dio, è
cellula base della società soggetto di diritti e doveri prima dello Stato e di
qualunque altra comunità, si trova ad essere vittima della società, dei
ritardi e delle lentezze dei suoi interventi e ancor più delle sue palesi
ingiustizie. Per questo la Chiesa difende apertamente e fortemente i diritti
della famiglia dalle intollerabili usurpazioni della società e dello Stato. In
particolare, i Padri Sinodali hanno ricordato, tra gli altri, i seguenti diritti
della famiglia:
--di
esistere e di progredire come famiglia, cioè il diritto di ogni uomo,
specialmente anche se povero, a fondare una famiglia e ad avere i mezzi adeguati
per sostenerla;
--
di esercitare la propria responsabilità nell'ambito della trasmissione della
vita e di educare i figli
--dell'intimità
della vita coniugale e familiare
--
della stabilità del vincolo e dell'istituto matrimoniale;
--di
credere e di professare la propria fede, e di diffonderla
--di
educare i figli secondo le proprie tradizioni e valori religiosi e culturali,
con gli strumenti, i mezzi e le istituzioni necessarie;
--di
ottenere la sicurezza fisica, sociale, politica, economica, specialmente dei
poveri e degli infermi;
--il
diritto all'abitazione adatta a condurre convenientemente la vita familiare;
--di
espressione e di rappresentanza davanti alle pubbliche autorità economiche,
sociali e culturali e a quelle inferiori, sia direttamente sia attraverso
associazioni;
--di
creare associazioni con altre famiglie e istituzioni, per svolgere in modo
adatto e sollecito il proprio compito;
--di
proteggere i minorenni mediante adeguate istituzioni e legislazioni da
medicinali dannosi, dalla pornografia, dall'alcoolismo, ecc.;
--di
un onesto svago che favorisca anche i valori della famiglia;
--il
diritto degli anziani ad una vita degna e ad una morte dignitosa;
--il
diritto di emigrare come famiglie per cercare una vita migliore.
La
Santa Sede, accogliendo l'esplicita richiesta del Sinodo, avrà cura di
approfondire tali suggerimenti, elaborando una «carta dei diritti della
famiglia» da proporre agli ambienti e alle Autorità interessate.
47.
Grazia e responsabilità della famiglia cristiana
Il
compito sociale proprio di ogni famiglia compete, ad un titolo nuovo ed
originale, alla famiglia cristiana, fondata sul sacramento del matrimonio.
Assumendo la realtà umana dell'amore coniugale in tutte le implicazioni, il
sacramento abilita e impegna i coniugi e i genitori cristiani a vivere la loro
vocazione di laici, e pertanto a «cercare il regno di Dio trattando le cose
temporali e ordinandole secondo Dio». Il compito sociale e politico rientra in
quella missione regale o di servizio, alla quale gli sposi cristiani partecipano
in forza del sacramento del matrimonio, ricevendo ad un tempo un comandamento al
quale non possono sottrarsi ed una grazia che li sostiene e li stimola. In tal
modo la famiglia cristiana è chiamata ad offrire a tutti la testimonianza di
una dedizione generosa e disinteressata ai problemi sociali, mediante la «scelta
preferenziale» dei poveri e degli emarginati. Perciò essa, progredendo nella
sequela del Signore mediante una speciale dilezione verso tutti i poveri, deve
avere a cuore specialmente gli affamati, gli indigenti, gli anziani, gli
ammalati, i drogati, i senza famiglia.
48.
Per un nuovo ordine internazionale
Di
fronte alla dimensione mondiale che oggi caratterizza i vari problemi sociali,
la famiglia vede allargarsi in modo del tutto nuovo il suo compito verso lo
sviluppo della società: si tratta di cooperare anche ad un nuovo ordine
internazionale, perché solo nella solidarietà mondiale si possono affrontare e
risolvere gli enormi e drammatici problemi della giustizia del mondo, della
libertà dei popoli, della pace dell'umanità. La comunione spirituale delle
famiglie cristiane, radicate nella fede e speranza comuni e vivificate dalla
carità; costituisce un'interiore energia che origina, diffonde e sviluppa
giustizia, riconciliazione, fraternità e pace tra gli uomini. In quanto «piccola
Chiesa», la famiglia cristiana è chiamata, a somiglianza della «grande Chiesa»,
ad essere segno di unità per il mondo e ad esercitare in tal modo il suo ruolo
profetico testimoniando il Regno e la pace di Cristo, verso cui il mondo intero
è in cammino. Le famiglie cristiane potranno far questo sia mediante la loro
opera educativa, offrendo cioè ai figli un modello di vita fondato sui valori
della verità, della libertà, della giustizia e dell'amore, sia con un attivo e
responsabile impegno per la crescita autenticamente umana della società e delle
sue istituzioni, sia col sostenere in vario modo le associazioni specificamente
dedicate ai problemi dell'ordine internazionale.
IV -
LA PARTECIPAZIONE ALLA VITA E ALLA MISSIONE DELLA CHIESA
49.
La famiglia nel mistero della Chiesa
Tra
i compiti fondamentali della famiglia cristiana si pone il compito ecclesiale:
essa, cioè, è posta al servizio dell'edificazione del Regno di Dio nella
storia, mediante la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa. Per
meglio comprendere i fondamenti, i contenuti e le caratteristiche di tale
partecipazione, occorre approfondire i molteplici e profondi vincoli che legano
tra loro la Chiesa e la famiglia cristiana, e costituiscono quest'ultima come «una
Chiesa in miniatura» (Ecclesia domestica), facendo sì che questa, a suo modo,
sia viva immagine e storica ripresentazione del mistero stesso della Chiesa. È
anzitutto la Chiesa Madre che genera, educa, edifica la famiglia cristiana,
mettendo in opera nei suoi riguardi la missione di salvezza che ha ricevuto dal
suo Signore. Con l'annuncio della Parola di Dio, la Chiesa rivela alla famiglia
cristiana la sua vera identità, ciò che essa è e deve essere secondo il
disegno del Signore; con la celebrazione dei sacramenti, la Chiesa arricchisce a
corrobora la famiglia cristiana con la grazia di Cristo in ordine alla sua
santificazione per la gloria del Padre; con la rinnovata proclamazione del
comandamento nuovo della carità, la Chiesa anima e guida la famiglia cristiana
al servizio dell'amore, affinché imiti e riviva lo stesso amore di donazione e
di sacrificio, che il Signore Gesù nutre per l'umanità intera . A sua volta la
famiglia cristiana è inserita a tal punto nel mistero della Chiesa da diventare
partecipe, a suo modo, della missione di salvezza propria di questa: i coniugi e
i genitori cristiani, in virtù del sacramento, «hanno, nel loro stato di vita
e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio». Perciò non
solo «ricevono» l'amore di Cristo diventando comunità «salvata», ma sono
anche chiamati a «trasmettere» ai fratelli il medesimo amore di Cristo,
diventando così comunità «salvante». In tal modo, mentre è frutto e segno
della fecondità soprannaturale della Chiesa, la famiglia cristiana è resa
simbolo, testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa.
50.
Un compito ecclesiale proprio e originale
La
famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla
missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio
della Chiesa e della società se stessa nel suo essere ed agire, in quanto
intime comunità di vita e di amore. Se la famiglia cristiana è comunità, i
cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua
partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalità
comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli
in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo.
Devono essere nella fede «un cuore solo e un'anima sola», mediante il comune
spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li impegna nelle opere
di servizio alla comunità ecclesiale e civile. La famiglia cristiana, poi,
edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane
che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita: è allora
nell'amore coniugale e familiare--vissuto nella sua straordinaria ricchezza di
valori ed esigenze di totalità, unicità, fedeltà e fecondità - che si
esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana alla missione
profetica, sacerdotale e regale di Gesù Cristo e della sua Chiesa: l'amore e la
vita costituiscono pertanto il nucleo della missione salvifica della famiglia
cristiana nella Chiesa e per la Chiesa. Lo ricorda il Concilio Vaticano II
quando scrive: «La famiglia metterà con generosità in comune con le altre
famiglie le proprie ricchezze spirituali. Perciò la famiglia cristiana che
nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione del patto di amore del
Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore
del mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l'amore, la fecondità
generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi che con l'amorevole cooperazione di
tutti i suoi membri». Posto così il fondamento della partecipazione della
famiglia cristiana alla missione ecclesiale, è ora da illustrare il suo
contenuto nel triplice e unitario riferimento a Gesù Cristo Profeta, Sacerdote
e Re, presentando perciò la famiglia cristiana come :
1)
comunità credente ed evangelizzante,
2)
comunità in dialogo con Dio,
3)
comunità al servizio dell'uomo.
1)
la famiglia cristiana, comunità credente ed evangelizzante
51.
La fede, scoperta e ammirazione del disegno di Dio sulla famiglia
Partecipe
della vita e della missione della Chiesa quale sta in religioso ascolto della
Parola di Dio e la proclama con ferma fiducia, la famiglia cristiana vive il suo
compito profetico accogliendo e annunciando la Parola di Dio: diventa così,
ogni giorno di più, comunità credente ed evangelizzante. Anche agli sposi e ai
genitori cristiani è chiesta l'obbedienza della fede: sono chiamati ad
accogliere la Parola del Signore, che ad essi rivela la stupenda novità --la
Buona Novella--della loro vita coniugale e familiare, resa da Cristo santa e
santificante. Infatti, soltanto nella fede essi possono scoprire e ammirare in
gioiosa gratitudine a quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la
famiglia, costituendoli segno e luogo dell'alleanza d'amore tra Dio e gli
uomini, tra Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa. Già la stessa preparazione al
matrimonio cristiano si qualifica come itinerario di fede: si pone, infatti,
come privilegiata occasione perché i fidanzati riscoprano e approfondiscano la
fede ricevuta col Battesimo e nutrita con l'educazione cristiana. In tal modo
riconoscono e liberamente accolgono la vocazione a vivere la sequela di Cristo e
il servizio del Regno di Dio nello stato matrimoniale . Il momento fondamentale
della fede degli sposi è dato dalla celebrazione del sacramento del matrimonio,
che nella sua profonda natura è la proclamazione, nella Chiesa, della Buona
Novella sull'amore coniugale: esso è Parola di Dio che «rivela» e «compie»
il progetto sapiente e amoroso che Dio ha sugli sposi, introdotti nella
misteriosa e reale partecipazione all'amore stesso di Dio per l'umanità. Se in
se stessa la celebrazione sacramentale del matrimonio è proclamazione della
Parola di Dio, in quanti sono a vario titolo protagonisti e celebranti deve
essere una «professione di fede» fatta entro e con la Chiesa, comunità di
credenti. Questa professione di fede richiede di essere prolungata nel corso
della vita vissuta degli sposi e della famiglia: Dio, infatti, che ha chiamato
gli sposi «al» matrimonio, continua a chiamarli «nel» matrimonio. Dentro e
attraverso i fatti, i problemi, le difficoltà, gli avvenimenti dell'esistenza
di tutti i giorni, Dio viene ad essi rivelando e proponendo le «esigenze»
concrete della loro partecipazione all'amore di Cristo per la Chiesa in rapporto
alla particolare situazione -- familiare, sociale ed ecclesiale--nella quale si
trovano. La scoperta e l'obbedienza al disegno di Dio devono farsi «insieme»
dalla comunità coniugale e familiare, attraverso la stessa esperienza umana
dell'amore vissuto nello Spirito di Cristo tra gli sposi, tra i genitori e i
figli. Per questo, come la grande Chiesa, così anche la piccola Chiesa
domestica ha bisogno di essere continuamente e intensamente evangelizzata: da
qui il suo dovere di educazione permanente nella fede.
52.
Il ministero di evangelizzazione della famiglia cristiana
Nella
misura in cui la famiglia cristiana accoglie il Vangelo e matura nella fede
diventa comunità evangelizzante. Riascoltiamo Paolo VI: «La famiglia, come la
Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il
Vangelo si irradia. Dunque nell'intimo di una famiglia cosciente di questa
missione tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non
soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso
Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di
molte altre famiglie e dell'ambiente nel quale è inserita». Come ha ripetuto
il Sinodo, riprendendo il mio appello lanciato a Puebla, la futura
evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica. Questa missione
apostolica della famiglia è radicata nel battesimo e riceve dalla grazia
sacramentale del matrimonio una nuova forza per trasmettere la fede, per
santificare e trasformare l'attuale società secondo il disegno di Dio. La
famiglia cristiana, soprattutto oggi, ha una speciale vocazione ad essere
testimone dell'alleanza pasquale di Cristo, mediante la costante irradiazione
della gioia dell'amore e della sicurezza della speranza, della quale deve
rendere ragione: «La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù
presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata». L'assoluta necessità
della catechesi familiare emerge con singolare forza in determinate situazioni,
che la Chiesa purtroppo registra in diversi luoghi: «Laddove una legislazione
anti-religiosa pretende persino di impedire l'educazione alla fede, laddove una
diffusa miscredenza o un invadente secolarismo rendono praticamente impossibile
una vera crescita religiosa, questa che si potrebbe chiamare " Chiesa
domestica " resta l'unico ambiente, in cui fanciulli e giovani possono
ricevere un'autentica catechesi».
53.
Un servizio ecclesiale
Il
ministero di evangelizzazione dei genitori cristiani è originale e
insostituibile: assume le connotazioni tipiche della vita familiare, intessuta
come dovrebbe essere d'amore, di semplicità, di concretezza e di testimonianza
quotidiana. La famiglia deve formare i figli alla vita, in modo che ciascuno
adempia in pienezza il suo compito secondo la vocazione ricevuta da Dio.
Infatti, la famiglia che è aperta ai valori trascendenti, che serve i fratelli
nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole
della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di Cristo,
diventa il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di
consacrazione al Regno di Dio. Il
ministero di evangelizzazione e di catechesi dei genitori deve accompagnare la
vita dei figli anche negli anni della loro adolescenza e giovinezza, quando
questi, come spesso avviene, contestano o addirittura rifiutano la fede
cristiana ricevuta nei primi anni della loro vita. Come nella Chiesa l'opera di
evangelizzazione non va mai disgiunta dalla sofferenza dell'apostolo, così
nella famiglia cristiana i genitori devono affrontare con coraggio e con grande
serenità d'animo le difficoltà, che il loro ministero di evangelizzazione alcune volte incontra negli stessi figli. Non
si dovrà dimenticare che il servizio svolto dai coniugi e dai genitori
cristiani in favore del Vangelo, è essenzialmente un servizio ecclesiale,
rientra cioè nel contesto dell'intera Chiesa quale comunità evangelizzata ed
evangelizzante. In quanto radicato e derivato dall'unica missione della Chiesa
ed in quanto ordinato all'edificazione dell'unico Corpo di Cristo
il ministero di evangelizzazione e di catechesi della Chiesa domestica
deve restare in intima comunione e deve responsabilmente armonizzarsi con tutti
gli altri servizi di evangelizzazione e di catechesi, presenti e operanti nella
comunità ecclesiale, sia diocesana sia parrocchiale.
54.
Predicare il Vangelo ad ogni creatura
L'universalità
senza frontiere è l'orizzonte proprio dell'evangelizzazione, interiormente
animata dallo slancio missionario: è infatti la risposta all'esplicita ed
inequivocabile consegna di Cristo: «Andate in tutto il mondo e predicate il
Vangelo ad ogni creatura». Anche la fede e la missione evangelizzatrice della
famiglia cristiana posseggono questo respiro missionario cattolico. Il
sacramento del matrimonio, che riprende e ripropone il compito, radicato nel
battesimo e nella cresima, di difendere e diffondere la fede, costituisce i
coniugi e i genitori cristiani testimoni di Cristo «fino agli estremi confini
della terra» veri e propri «missionari» dell'amore e della vita. Una certa
forma di attività missionaria può essere svolta già all'interno della
famiglia. Ciò avviene quando qualche componente di essa non ha la fede o non la
pratica con coerenza. In tale caso i congiunti devono offrirgli una
testimonianza vissuta della loro fede, che lo stimoli e lo sostenga nel cammino
verso la piena adesione a Cristo Salvatore. Animala dallo spirito missionario già
al proprio interno, la Chiesa domestica è chiamata ad essere un segno luminoso
della presenza di Cristo e del suo amore anche per i «lontani», per le
famiglie che non credono ancora e per le stesse famiglie cristiane che non
vivono più in coerenza con la fede ricevuta: è chiamata «col suo esempio e
con la sua testimonianza» a illuminare «quelli che cercano la verità». Come
già agli albori del cristianesimo Aquila e Priscilla si presentavano come
coppia missionaria, così oggi la Chiesa testimonia la sua incessante novità e
fioritura con la presenza di coniugi e di famiglie cristiane che, almeno per un
certo periodo di tempo, vanno nelle terre di missione ad annunciare il Vangelo,
servendo l'uomo con l'amore di Gesù Cristo. Le famiglie cristiane portano un
particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando le
vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie e, più generalmente, con
un'opera educativa che fa «disporre i loro figli, fin dalla giovinezza, a
riconoscere l'amore di Dio verso tutti gli uomini».
2)
La famiglia cristiana, comunità in dialogo con Dio
55.
Il santuario domestico della Chiesa
L'annuncio
del Vangelo e la sua accoglienza nella fede r aggiungono la loro pienezza nella
celebrazione sacramentale. La Chiesa, comunità credente ed evangelizzante, è
anche popolo sacerdotale, rivestito cioè della dignità e partecipe della
potestà di Cristo Sacerdote Sommo della Nuova ed Eterna Alleanza. Anche la
famiglia cristiana è inserita nella Chiesa, popolo sacerdotale: mediante il
sacramento del matrimonio, nel quale è radicata e da cui trae alimento, essa
viene continuamente vivificata dal Signore Gesù, e da Lui chiamata e impegnata
al dialogo con Dio mediante la vita sacramentale, l'offerta della propria
esistenza e la preghiera. È questo il compito sacerdotale che la famiglia
cristiana può e deve esercitare in intima comunione con tutta la Chiesa,
attraverso le realtà quotidiane della vita coniugale e familiare: in tal modo
la famiglia cristiana è chiamata a santificarsi ed a santificare la comunità
ecclesiale e il mondo.
56.
Il matrimonio, sacramento di mutua santificazione e atto di culto
Fonte
propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia
cristiana è il sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia
santificatrice del battesimo. In virtù del mistero della morte e risurrezione
di Cristo, entro cui il matrimonio cristiano nuovamente inserisce, l'amore
coniugale viene purificato e
santificato: «Il Signore si è
degnato di sanare ed elevare questo amore con uno speciale dono di grazia e di
carità». Il dono di Gesù Cristo non si esaurisce nella celebrazione del
sacramento del matrimonio, ma accompagna i coniugi lungo tutta la loro
esistenza. Lo ricorda esplicitamente il Concilio Vaticano II, quando dice che
Gesù Cristo «rimane con loro perché, come Egli stesso ha amato la
Chiesa e si è dato per lei, così anche i coniugi possano amarsi l'un l'altro
fedelmente, per sempre, con mutua dedizione... Per questo motivo i coniugi
cristiani sono corroborati e sono consacrati da uno speciale sacramento per i
doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo in forza di tale
sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo Spirito di
Cristo, per mezzo del quale tutta la
loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre
più la propria perfezione e la mutua santificazione, e perciò partecipano alla
glorificazione di Dio». La vocazione universale alla santità è rivolta anche
ai coniugi e ai genitori cristiani: viene per essi specificata dal sacramento
celebrato e tradotta concretamente nelle realtà proprie dell'esistenza
coniugale e familiare. Nascono di qui la grazia e l'esigenza di una autentica e
profonda spiritualità coniugale e familiare, che si ispiri ai motivi della
creazione, dell'alleanza, della Croce, della risurrezione e del segno, sui quali
più volte si è soffermato il Sinodo. Il matrimonio cristiano, come tutti i
sacramenti che «sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla
edificazione del Corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio»
è in se stesso un atto liturgico di glorificazione di Dio in Gesù
Cristo e nella Chiesa: celebrandolo, i coniugi cristiani professano la loro
gratitudine a Dio per il sublime dono ad essi elargito di poter rivivere nella
loro esistenza coniugale e familiare l'amore stesso di Dio per gli uomini e del
Signore Gesù per la Chiesa sua sposa. E come dal sacramento derivano ai coniugi
il dono e l'obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così
dallo stesso sacramento discendono la grazia e l'impegno morale di trasformare
tutta la loro vita in un continuo «sacrificio spirituale». Anche agli sposi e
ai genitori cristiani, in particolare per quelle realtà terrene e temporali che
li caratterizzano, si applicano le parole del Concilio: «Così anche i laici,
in quanto adoratori dappertutto santamente operanti, consacrano a Dio il mondo
stesso».
57.
Matrimonio ed Eucaristia
Il
compito di santificazione della famiglia cristiana ha la sua prima radice nel
battesimo e la sua massima espressione nell'Eucaristia, alla quale è
intimamente legato il matrimonio cristiano. Il Concilio Vaticano II ha voluto
richiamare la speciale relazione che esiste tra l'Eucaristia e il matrimonio,
chiedendo che questo «in via ordinaria si celebri nella Messa»: riscoprire e
approfondire tale relazione è del tutto necessario, se si vogliono comprendere
e vivere con maggior intensità le grazie e le responsabilità del matrimonio e
della famiglia cristiana. L'Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio
cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l'alleanza d'amore di
Cristo con la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua Croce. È in
questo sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza che i coniugi cristiani trovano
la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente
vivificata la loro alleanza coniugale. In quanto ripresentazione del sacrificio
d'amore di Cristo per la Chiesa, l'Eucaristia è sorgente di carità. E nel dono
eucaristico della carità la famiglia cristiana trova il fondamento e l'anima
della sua «comunione» e della sua «missione»: il Pane eucaristico fa dei
diversi membri della comunità familiare un unico corpo, rivelazione e
partecipazione della più ampia unità della Chiesa; la partecipazione poi al
Corpo «dato» e al Sangue «versato» di Cristo diventa inesauribile sorgente
del dinamismo missionario ed apostolico della famiglia cristiana.
58.
Il sacramento della conversione e della riconciliazione
Parte
essenziale e permanente del compito di santificazione della famiglia cristiana
è l'accoglienza dell'appello evangelico alla conversione rivolto a tutti i
cristiani, che non sempre rimangono fedeli alla «novità» di quel battesimo,
che li ha costituiti «santi». Anche la famiglia cristiana non è sempre
coerente con la legge della grazia e della santità battesimale, proclamata
nuovamente dal sacramento del matrimonio. Il pentimento e il perdono vicendevole
in seno alla famiglia cristiana, che tanta parte hanno nella vita quotidiana,
trovano il momento sacramentale specifico nella penitenza cristiana. A riguardo
dei coniugi così scriveva Paolo VI nell'Enciclica Humanae vitae: «Se il
peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con
umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita con abbondanza
nel sacramento della penitenza». La celebrazione di questo sacramento acquista
un significato particolare per la vita familiare: mentre nella fede scoprono
come il peccato contraddice non solo all'alleanza con Dio ma anche all'alleanza
dei coniugi e alla comunione della famiglia, gli sposi e tutti i membri della
famiglia sono condotti all'incontro con Dio «ricco di misericordia», il quale,
elargendo il suo amore che è più potente del peccato, ricostruisce e
perfeziona l'alleanza coniugale e la comunione familiare.
59.
La preghiera familiare
La
Chiesa prega per la famiglia cristiana e la educa a vivere in generosa coerenza
con il dono e il compito sacerdotale, ricevuti da Cristo Sommo Sacerdote. In
realtà, il sacerdozio battesimale dei fedeli, vissuto nel matrimonio
sacramento, costituisce per i coniugi e per la famiglia il fondamento di una
vocazione e di una missione sacerdotale, per la quale le loro esistenze
quotidiane si trasformano in «sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di
Gesù Cristo»: è quanto avviene, non solo con la celebrazione dell'Eucaristia
e degli altri sacramenti e con l'offerta di se stessi alla gloria di Dio, ma
anche con la vita di preghiera, con il dialogo orante col Padre per Gesù Cristo
nello Spirito Santo. La preghiera familiare ha sue caratteristiche. ~ una
preghiera fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme. La
comunione nella preghiera è, ad un tempo, frutto ed esigenza di quella
comunione che viene donata dai sacramenti del battesimo e del matrimonio. Ai
membri della famiglia cristiana si possono applicare in modo particolare le
parole con le quali il Signore Gesù promette la sua presenza. «In verità vi
dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare
qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». Tale preghiera
ha come contenuto originale la stessa vita di famiglia, che in tutte le sue
diverse circostanze viene interpretata come vocazione di Dio e attuata come
risposta filiale al suo appello: gioie e dolori, speranze e tristezze, nascite e
compleanni, anniversari delle nozze dei genitori, partenze, lontananze e
ritorni, scelte importanti e decisive, la morte di persone care, ecc. segnano
l'intervento dell'amore di Dio nella storia della famiglia, così come devono
segnare il momento favorevole per il rendimento di grazie, per l'implorazione,
per l'abbandono fiducioso della famiglia al comune Padre che sta nei cieli. La
dignità, poi, e la responsabilità della famiglia cristiana come Chiesa
domestica possono essere vissute solo con l'aiuto incessante di Dio, che
immancabilmente sarà concesso, se sarà implorato con umiltà e fiducia nella
preghiera.
60.
Educatori di preghiera
In
forza della loro dignità e missione, i genitori cristiani hanno il compito
specifico di educare i figli alla preghiera, di introdurli nella progressiva
scoperta del mistero di Dio e nel colloquio personale con lui: «Soprattutto
nella famiglia cristiana, arricchita della grazia e della missione del
matrimonio-sacramento, i figli fin dalla più tenera età devono imparare a
percepire il senso di Dio e a venerarlo e ad amare il prossimo secondo la fede
che hanno ricevuto nel battesimo». Elemento fondamentale e insostituibile
dell'educazione alla preghiera è l'esempio concreto, la testimonianza viva dei
genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre, mentre portano
a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei
figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a
cancellare. Riascoltiamo l'appello che Paolo VI ha rivolto ai genitori: «Mamme,
le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate, in
consonanza con i Sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della prima età:
confessione, comunione, cresima? Li abituate, se ammalati, a pensare a Cristo
sofferente? A invocare l'aiuto della Madonna e dei Santi? Lo dite il Rosario in
famiglia? E voi, Papà, sapete pregare con i vostri figliuoli, con tutta la
comunità domestica, almeno qualche volta? L'esempio vostro, nella rettitudine
del pensiero e dell'azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una
lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la
pace nelle pareti domestiche: "Pax huic domui!". Ricordate: così
costruite la Chiesa!».
61.
Preghiera liturgica e privata
Tra
la preghiera della Chiesa e quella dei singoli fedeli vi è un profondo e vitale
rapporto, come ha chiaramente riaffermato il Concilio Vaticano II. Ora una
finalità importante della preghiera della Chiesa domestica è di costituire per
i figli, la naturale introduzione alla preghiera liturgica propria dell'intera
Chiesa, nel senso sia di preparare ad essa, sia di estenderla nell'ambito della
vita personale, familiare e sociale. Di qui la necessità di una progressiva
partecipazione di tutti i membri della famiglia cristiana all'Eucaristia,
soprattutto domenicale e festiva, e agli altri sacramenti, in particolare quelli
dell'iniziazione cristiana dei figli. Le direttive conciliari hanno aperto una
nuova possibilità alla famiglia cristiana, che è stata annoverata tra i gruppi
ai quali si raccomanda la celebrazione comunitaria dell'Ufficio divino. Così
pure sarà cura della famiglia cristiana celebrare, anche nella casa e in forma
adatta ai suoi membri, i tempi e le festività dell'anno liturgico. Per
preparare e prolungare nella casa il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia
cristiana ricorre alla preghiera privata, che presenta una grande varietà di
forme: questa varietà, mentre testimonia la straordinaria ricchezza secondo cui
lo Spirito anima la preghiera cristiana, viene incontro alle diverse esigenze e
situazioni di vita di chi si rivolge al Signore. Oltre alle preghiere del
mattino e della sera, sono espressamente da consigliare, seguendo anche le
indicazioni dei Padri Sinodali: la lettura e la meditazione della Parola di Dio,
la preparazione ai sacramenti, la devozione e consacrazione al Cuore di Gesù,
le varie forme di culto alla Vergine Santissima, la benedizione della mensa,
l'osservanza della pietà popolare. Nel rispetto della libertà dei figli di
Dio, la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli alcune pratiche di
pietà con una particolare sollecitudine ed insistenza. Tra queste è da
ricordare la recita del Rosario: «Vogliamo ora, in continuità con i nostri
Predecessori, raccomandare vivamente la recita del santo Rosario in famiglia...
Non v'è dubbio che la Corona della beata Vergine Maria sia da ritenere come una
delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famiglia cristiana
è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo
che, quando l'incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia
espressione frequente e gradita». Così l'autentica devozione mariana, che si
esprime nel vincolo sincero e nella generosa sequela degli atteggiamenti
spirituali della Vergine Santissima, costituisce uno strumento privilegiato per
alimentare la comunione d'amore della famiglia e per sviluppare la spiritualità
coniugale e familiare. Lei, la Madre di Cristo e della Chiesa, è infatti in
maniera speciale anche la Madre delle famiglie cristiane, delle Chiese
domestiche.
62.
Preghiera e vita
Non
si dovrà mai dimenticare che la preghiera è parte costitutiva essenziale della
vita cristiana, colta nella sua integralità e centralità, anzi appartiene alla
nostra stessa«umanità»: è «la prima espressione della verità interiore
dell'uomo, la prima condizione dell'autentica libertà dello spirito». Per
questo la preghiera non rappresenta affatto un'evasione dall'impegno quotidiano,
ma costituisce la spinta più forte perché la famiglia cristiana assuma ed
assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e fondamentale
della società umana. In tal senso, l'effettiva partecipazione alla vita e
missione della Chiesa nel mondo è proporzionale alla fedeltà e all'intensità
della preghiera con la quale la famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda,
che è Cristo Signore. Dall'unione vitale con Cristo, alimentata dalla Liturgia,
dall'offerta di sé e dalla preghiera, deriva pure la fecondità della famiglia
cristiana nel suo specifico servizio di promozione umana, che di per sé non può
non portare alla trasformazione del mondo.
3)
La famiglia cristiana, comunità al servizio dell'uomo
63.
Il comandamento nuovo dell'amore
La
Chiesa, popolo profetico-sacerdotale-regale, ha la missione di portare tutti gli
uomini ad accogliere nella fede la Parola di Dio, e celebrarla e professarla nei
sacramenti e nella preghiera, ed infine a manifestarla nella concretezza della
vita secondo il dono e il comandamento nuovo dell'amore. La vita cristiana trova
la sua legge non in un codice scritto, ma nell'azione personale dello Spirito
Santo che anima e guida il cristiano, cioè nella «legge dello Spirito che dà
vita in Cristo Gesù»: «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Ciò ha valore anche per la
coppia e per la famiglia cristiana: loro guida e norma è lo Spirito di Gesù,
diffuso nei cuori con la celebrazione del sacramento del matrimonio. In
continuità col battesimo nell'acqua e nello Spirito, il matrimonio ripropone la
legge evangelica dell'amore e col dono dello Spirito la incide più a fondo nel
cuore dei coniugi cristiani: il loro amore, purificato e salvato, è frutto
dello Spirito, che agisce nel cuore dei credenti, e si pone, nello stesso tempo,
come il comandamento fondamentale della vita morale richiesta alla loro libertà
responsabile. La famiglia cristiana viene così animata e guidata con la legge
nuova dello Spirito ed in intima comunione con la Chiesa, popolo regale, è
chiamata a vivere il suo «servizio» d'amore a Dio e ai fratelli. Come Cristo
esercita la sua potestà regale ponendosi al servizio degli uomini, così il
cristiano trova il senso autentico della sua partecipazione alla regalità del
suo Signore nel condividerne lo spirito e il comportamento di servizio nei
confronti dell'uomo: «Questa potestà Egli (Cristo) l'ha comunicata ai
discepoli, perché anch'essi siano costituiti nella libertà regale e con
l'abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato (cfr.
Rm 6, 12), anzi, servendo a Cristo negli altri, con umiltà e pazienza conducano
i loro fratelli al Re, servire al quale è regnare. Il Signore infatti desidera
dilatare il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici, il regno cioè
"della verità e della vita, il regno della santità e della grazia, il
regno della giustizia, dell'amore e della pace"; e in questo regno anche le
stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per
partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio (cfr. Rm 8 21)»
64.
Scoprire in ogni fratello l'immagine di Dio
Animata
e sostenuta dal comandamento nuovo dell'amore, la famiglia cristiana vive
l'accoglienza, il rispetto, il servizio verso ogni uomo, considerato sempre
nella sua dignità di persona e di figlio di Dio. Ciò deve avvenire, anzitutto,
all'interno e a favore della coppia e della famiglia, mediante il quotidiano
impegno a promuovere un'autentica comunità di persone, fondata e alimentata
dall'interiore comunione di amore. Ciò deve poi svilupparsi entro la più vasta
cerchia della comunità ecclesiale, entro cui la famiglia cristiana è inserita:
grazie alla carità della famiglia, la Chiesa può e deve assumere una
dimensione più domestica, cioè più familiare, adottando uno stile più umano
e fraterno di rapporti. La carità va oltre i propri fratelli di fede, perché
«ogni uomo è mio fratello»: in ciascuno, soprattutto se povero. debole,
sofferente e ingiustamente trattato, la carità sa scoprire il volto di Cristo
e un fratello da amare e da servire. Perché il servizio dell'uomo sia
vissuto dalla famiglia secondo lo stile evangelico, occorrerà attuare con
premura quanto scrive il Concilio Vaticano II: «Affinché tale esercizio di
carità possa essere al di sopra di ogni sospetto e manifestarsi tale, si
consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e Cristo
Signore al quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso». La famiglia
cristiana, mentre nella carità edifica la Chiesa, si pone al servizio dell'uomo
e del mondo, attuando veramente quella «promozione umana», il cui contenuto è
stato sintetizzato nel Messaggio del Sinodo alle famiglie: «Un altro compito
della famiglia è quello di formare gli uomini all'amore e di praticare l'amore
in ogni rapporto con gli altri, cosicché essa non si chiuda in se stessa, bensì
rimanga aperta alla comunità, essendo mossa dal senso della giustizia e dalla
sollecitudine verso gli altri, nonché dal dovere della propria responsabilità
verso la società intera».
PARTE QUARTA
LA
PASTORALE FAMILIARE: TEMPI, STRUTTURE, OPERATORI E SITUAZIONI
I
- I TEMPI DELLA PASTORALE FAMILIARE
65.
La Chiesa accompagna la famiglia cristiana nel suo cammino
Come
ogni realtà vivente, anche la famiglia è chiamata a svilupparsi e a crescere.
Dopo la preparazione del fidanzamento e la celebrazione sacramentale del
matrimonio, la coppia inizia il cammino quotidiano verso la progressiva
attuazione dei valori e dei doveri del matrimonio stesso. Alla luce della fede e
in virtù della speranza, anche la famiglia cristiana partecipa, in comunione
con la Chiesa, all'esperienza del pellegrinaggio terreno verso la piena
rivelazione e realizzazione del Regno di Dio. Perciò è da sottolineare una
volta di più l'urgenza dell'intervento pastorale della Chiesa a sostegno della
famiglia. Bisogna fare ogni sforzo perché la pastorale della famiglia si
affermi e si sviluppi, dedicandosi a un settore veramente prioritario, con la
certezza che l'evangelizzazione, in futuro, dipende in gran parte dalla Chiesa
domestica. La sollecitudine pastorale della Chiesa non si limiterà soltanto
alle famiglie cristiane più vicine, ma, allargando i propri orizzonti sulla
misura del Cuore di Cristo, si mostrerà ancor più viva per l'insieme delle
famiglie in genere, e per quelle, in particolare, che si trovano in situazioni
difficili o irregolari. Per tutte la Chiesa avrà una parola di verità, di bontà,
di comprensione, di speranza, di viva partecipazione alle loro difficoltà a
volte drammatiche; a tutte offrirà il suo aiuto disinteressato affinché
possano avvicinarsi al modello di famiglia, che il Creatore ha voluto fin dal «principio»
e che Cristo ha rinnovato con la sua grazia redentrice. L'azione pastorale della
Chiesa deve essere progressiva, anche nel senso che deve seguire la famiglia,
accompagnandola passo passo nelle diverse tappe della sua formazione e del suo
sviluppo.
66.
La preparazione
Più
che mai necessaria ai nostri giorni è la preparazione dei giovani al matrimonio
e alla vita familiare. In alcuni Paesi sono ancora le famiglie stesse che,
secondo antiche usanze, si riservano di trasmettere ai giovani i valori
riguardanti la vita matrimoniale e familiare, mediante una progressiva opera di
educazione o iniziazione. Ma i mutamenti sopravvenuti in seno a quasi tutte le
società moderne esigono che non solo la famiglia, ma anche la società e la
Chiesa siano impegnate nello sforzo di preparare adeguatamente i giovani alle
responsabilità del loro domani. Molti fenomeni negativi che oggi si lamentano
nella vita familiare derivano dal fatto che, nelle nuove situazioni, i giovani
non solo perdono di vista la giusta gerarchia dei valori, ma, non possedendo più
criteri sicuri di comportamento, non sanno come affrontare e risolvere le nuove
difficoltà. L'esperienza però insegna che i giovani ben preparati alla vita
familiare, in genere riescono meglio degli altri. Ciò vale ancor più per il
matrimonio cristiano, il cui influsso si estende sulla santità di tanti uomini
e donne. Per questo la Chiesa deve promuovere migliori e più intensi programmi
di preparazione al matrimonio, per eliminare, il più possibile, le difficoltà
in cui si dibattono tante coppie e ancor più per favorire positivamente il
sorgere e il maturare dei matrimoni riusciti. La preparazione al matrimonio va
vista e attuata come un processo graduale e continuo. Essa, infatti, comporta
tre principali momenti: una preparazione remota, una prossima e una immediata.
La preparazione remota ha inizio fin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia
familiare, orientata a condurre i fanciulli a scoprire se stessi come esseri
dotati di una ricca e complessa psicologia e di una personalità particolare con
le proprie forze e debolezze. È il periodo in cui va istillata la stima per
ogni autentico valore umano, sia nei rapporti interpersonali, sia in quelli
sociali, con quel che ciò significa per la formazione del carattere, per il
dominio ed il retto uso delle proprie inclinazioni, per il modo di considerare e
incontrare le persone dell'altro sesso, e così via. È richiesta, inoltre,
specialmente per i cristiani, una solida formazione spirituale e catechetica,
che sappia mostrare nel matrimonio una vera vocazione e missione, senza
escludere la possibilità del dono totale di sé a Dio nella vocazione alla vita
sacerdotale o religiosa. Su questa base in seguito si imposterà, a largo
respiro, la preparazione prossima, la quale--dall'età opportuna e con adeguata
catechesi, come in un cammino catecumenale--comporta una più specifica
preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. Questa rinnovata
catechesi di quanti si preparano al matrimonio cristiano è del tutto
necessaria, affinché il sacramento sia celebrato e vissuto con le dovute
disposizioni morali e spirituali. La formazione religiosa dei giovani dovrà
essere integrata, al momento conveniente e secondo le varie esigenze concrete,
da una preparazione alla vita a due che, presentando il matrimonio come un
rapporto interpersonale dell'uomo e della donna da svilupparsi continuamente,
stimoli ad approfondire i problemi della sessualità coniugale e della paternità
responsabile, con le conoscenze medico-biologiche essenziali che vi sono
connesse, ed avvii alla familiarità con retti metodi di educazione dei figli,
favorendo l'acquisizione degli elementi di base per un'ordinata conduzione della
famiglia (lavoro stabile, sufficiente disponibilità finanziaria, saggia
amministrazione, nozioni di economia domestica ecc.). Infine non si dovrà
tralasciare la preparazione all'apostolato familiare, alla fraternità e
collaborazione con le altre famiglie, all'inserimento attivo in gruppi,
associazioni, movimenti e iniziative che hanno per finalità il bene umano e
cristiano della famiglia. La preparazione immediata a celebrare il sacramento
del matrimonio deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che precedono le
nozze quasi a dare un nuovo significato, nuovo contenuto e forma nuova al
cosiddetto esame prematrimoniale richiesto dal diritto canonico. Sempre
necessaria in ogni caso, tale preparazione si impone con maggior urgenza per
quei fidanzati che ancora presentassero carenze e difficoltà nella dottrina e
nella pratica cristiana. Tra gli elementi da comunicare in questo cammino di
fede, analogo al catecumenato, ci deve essere anche una conoscenza approfondita
del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e di
responsabilità del matrimonio cristiano, nonché la preparazione a prendere
parte attiva e consapevole ai riti della liturgia nuziale. Alle diverse fasi
della preparazione al matrimonio--che abbiamo descritto solo a grandi linee
indicative--devono sentirsi impegnate la famiglia cristiana e tutta la comunità
ecclesiale. È auspicabile che le conferenze episcopali, come sono interessate
ad opportune iniziative per aiutare i futuri sposi ad essere più consapevoli
della serietà della loro scelta e i pastori d'anime ad accertarsi delle loro
convenienti disposizioni, così curino che sia emanato un Direttorio per la
pastorale della famiglia. In esso si dovranno stabilire, anzitutto, gli elementi
minimi di contenuto, di durata e di metodo dei «Corsi di preparazione»,
equilibrando fra loro i diversi aspetti--dottrinali, pedagogici, legali e
medici--che interessano il matrimonio, e strutturandoli in modo che quanti si
preparano al matrimonio, al di là di un approfondimento intellettuale, si
sentano spinti ad inserirsi vitalmente nella comunità ecclesiale. Benché il
carattere di necessità e di obbligatorietà della preparazione immediata al
matrimonio non sia da sottovalutare--ciò che succederebbe qualora se ne
concedesse facilmente la dispensa--tuttavia, tale preparazione deve essere
sempre proposta e attuata in modo che la sua eventuale omissione non sia di
impedimento per la celebrazione delle nozze.
67.
La celebrazione
Il
matrimonio cristiano richiede di norma una celebrazione liturgica, che esprima
in forma sociale e comunitaria la natura essenzialmente ecclesiale e
sacramentale del patto coniugale fra i battezzati. In quanto gesto sacramentale
di santificazione, la celebrazione del matrimonio--inserita nella liturgia,
culmine di tutta l'azione della Chiesa e fonte della sua forza santificatrice
deve essere per sé valida, degna e fruttuosa. Si apre qui un vasto campo alla
sollecitudine pastorale, affinché siano pienamente assolte le esigenze
derivanti dalla natura del patto coniugale elevato a sacramento, e sia altresì
fedelmente osservata la disciplina della Chiesa per quanto riguarda il libero
consenso, gli impedimenti, la forma canonica e il rito stesso della
celebrazione. Quest'ultimo dev'essere semplice e dignitoso, secondo le norme
delle competenti autorità della Chiesa alle quali spetta pure--secondo le
concrete circostanze di tempo e di luogo e in conformità con le norme impartite
dalla Sede Apostolica--di assumere eventualmente nella celebrazione liturgica
quegli elementi propri di ciascuna cultura, che meglio valgono ad esprimere il
profondo significato umano e religioso del patto coniugale, purché nulla
contengano di meno confacente con la fede e la morale cristiana. In quanto
segno, la celebrazione liturgica deve svolgersi in modo da costituire, anche
nella sua realtà esteriore, una proclamazione della Parola di Dio e una
professione di fede della comunità dei credenti. L'impegno pastorale si
esprimerà qui con la cura intelligente e diligente della «Liturgia della
Parola» e con l'educazione alla fede dei partecipanti alla celebrazione e, in
primo luogo, dei nubendi. In quanto gesto sacramentale della Chiesa, la
celebrazione liturgica del matrimonio deve coinvolgere la comunità cristiana,
con la partecipazione piena, attiva e responsabile di tutti i presenti, secondo
il posto e il compito di ciascuno: gli sposi, il sacerdote, i testimoni, i
parenti, gli amici, gli altri fedeli, tutti membri di un'assemblea che manifesta
e vive il mistero di Cristo e della sua Chiesa. Per la celebrazione del
matrimonio cristiano nell'ambito delle culture o tradizioni ancestrali, si
seguano i principi qui sopra enunziati.
68.
Celebrazione del matrimonio ed evangelizzazione dei battezzati non
credenti
Proprio
perché nella celebrazione del sacramento un'attenzione tutta speciale va
riservata alle disposizioni morali e spirituali dei nubendi, in particolare alla
loro fede, va qui affrontata una difficoltà non infrequente, nella quale
possono trovarsi i pastori della Chiesa nel contesto della nostra società
secolarizzata. La fede, infatti, di chi domanda alla Chiesa di sposarsi può
esistere in gradi diversi ed è dovere primario dei pastori di farla riscoprire,
di nutrirla e di renderla matura. Ma essi devono anche comprendere le ragioni
che consigliano alla Chiesa di ammettere alla celebrazione anche chi è
imperfettamente disposto. Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico
fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste
nell'economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal
Creatore «al principio». La decisione dunque dell'uomo e della donna di
sposarsi secondo questo progetto divino, la decisione cioè di impegnare nel
loro irrevocabile consenso coniugale tutta la loro vita in un amore
indissolubile ed in una fedeltà incondizionata, implica realmente, anche se non
in modo pienamente consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza alla
volontà di Dio, che non può darsi senza la sua grazia. Essi sono già,
pertanto, inseriti in un vero e proprio cammino di salvezza, che la celebrazione
del sacramento e l'immediata preparazione alla medesima possono completare e
portare a termine, data la rettitudine della loro intenzione. È vero, d'altra
parte, che, in alcuni territori motivi di carattere più sociale che non
autenticamente religioso spingono i fidanzati a chiedere di sposarsi in chiesa.
La cosa non desta meraviglia. Il matrimonio, infatti, non è un avvenimento che
riguarda solo chi si sposa. Esso è per sua stessa natura un fatto anche
sociale, che impegna gli sposi davanti alla società. E da sempre la sua
celebrazione è stata una festa, che unisce famiglie ed amici. Va da sé,
dunque, che motivi sociali entrino, assieme a quelli personali, nella richiesta
di sposarsi in chiesa. Tuttavia, non si deve dimenticare che questi fidanzati,
in forza del loro battesimo, sono realmente già inseriti nell'Alleanza sponsale
di Cristo con la Chiesa e che, per la loro retta intenzione, hanno accolto il
progetto di Dio sul matrimonio e, quindi, almeno implicitamente, acconsentono a
ciò che la Chiesa intende fare quando celebra il matrimonio. E, dunque, il solo
fatto che in questa richiesta entrino anche motivi di carattere sociale non
giustifica un eventuale rifiuto da parte dei pastori. Del resto, come ha
insegnato il Concilio Vaticano Il, i sacramenti con le parole e gli elementi
rituali nutrono ed irrobustiscono la fede: quella fede verso cui i fidanzati già
sono incamminati in forza della rettitudine della loro intenzione, che la grazia
di Cristo non manca certo di favorire e di sostenere. Voler stabilire ulteriori
criteri di ammissione alla celebrazione ecclesiale del matrimonio, che
dovrebbero riguardare il grado di fede dei nubendi, comporta oltre tutto gravi
rischi. Quello, anzitutto, di pronunciare giudizi infondati e discriminatori; il
rischio, poi, di sollevare dubbi sulla validità di matrimoni già celebrati,
con grave danno per le comunità cristiane, e di nuove ingiustificate
inquietudini per la coscienza degli sposi; si cadrebbe nel pericolo di
contestare o di mettere in dubbio la sacramentalità di molti matrimoni di
fratelli separati dalla piena comunione con la Chiesa cattolica, contraddicendo
così la tradizione ecclesiale. Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo
fatto, i nubendi mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la
Chiesa intende compiere quando si celebra il matrimonio dei battezzati, il
pastore d'anime non può ammetterli alla celebrazione. Anche se a malincuore,
egli ha il dovere di prendere atto della situazione e di far comprendere agli
interessati che, stando così le cose, non è la Chiesa, ma sono essi stessi ad
impedire quella celebrazione che pure domandano. Ancora una volta appare in
tutta la sua urgenza la necessità di una evangelizzazione e catechesi pre e
post-matrimoniale, messe in atto da tutta la comunità cristiana, perché ogni
uomo ed ogni donna che si sposano, celebrino il sacramento del matrimonio non
solo validamente ma anche fruttuosamente.
69.
Pastorale post-matrimoniale
La
cura pastorale della famiglia regolarmente costituita significa, in concreto,
l'impegno di tutte le componenti della comunità ecclesiale locale nell'aiutare
la coppia a scoprire e a vivere la sua nuova vocazione e missione. Perché la
famiglia divenga sempre più una vera comunità di amore, è necessario che
tutti i suoi membri siano aiutati e formati alle loro responsabilità di fronte
ai nuovi problemi che si presentano, al servizio reciproco, alla
compartecipazione attiva alla vita di famiglia. Ciò vale soprattutto per le
giovani famiglie, le quali, trovandosi in un contesto di nuovi valori e di nuove
responsabilità, sono più esposte, specialmente nei primi anni di matrimonio,
ad eventuali difficoltà, come quelle create dall'adattamento alla vita in
comune o dalla nascita di figli. I giovani coniugi sappiano accogliere
cordialmente e valorizzare intelligentemente l'aiuto discreto, delicato e
generoso di altre coppie, che già da tempo vanno facendo l'esperienza del
matrimonio e della famiglia. Così in seno alla comunità ecclesiale --grande
famiglia formata da famiglie cristiane--si attuerà un mutuo scambio di presenza
e di aiuto fra tutte le famiglie, ciascuna mettendo a servizio delle altre la
propria esperienza umana, come pure i doni di fede e di grazia. Animato da vero
spirito apostolico, questo aiuto da famiglia a famiglia costituirà uno dei modi
più semplici, più efficaci e alla portata di tutti per trasfondere
capillarmente quei valori cristiani, che sono il punto di partenza e di arrivo
di ogni cura pastorale. In tal modo le giovani famiglie non si limiteranno solo
a ricevere, ma a loro volta, così aiutate, diverranno fonte di arricchimento
per le altre famiglie, già da tempo costituite, con la loro testimonianza di
vita e il loro contributo fattivo. Nell'azione pastorale verso le giovani
famiglie, poi, la Chiesa dovrà riservare una specifica attenzione per educarle
a vivere responsabilmente l'amore coniugale in rapporto alle sue esigenze di
comunione e di servizio alla vita, come pure a conciliare l'intimità della vita
di casa con la comune e generosa opera per edificare la Chiesa e la società
umana. Quando, con l'avvento dei figli, la coppia diventa in senso pieno e
specifico una famiglia, la Chiesa sarà ancora vicina ai genitori perché
accolgano i loro figli e li amino come dono ricevuto dal Signore della vita,
assumendo con gioia la fatica di servirli nella loro crescita umana e cristiana.
II - STRUTTURE DELLA PASTORALE FAMILIARE
L'azione
pastorale è sempre espressione dinamica della realtà della Chiesa, impegnata
nella sua missione di salvezza. Anche la pastorale familiare--forma particolare
e specifica della pastorale--ha come suo principio operativo e come protagonista
responsabile la Chiesa stessa, attraverso le sue strutture e i suoi operatori.
70.
La comunità ecclesiale e in particolare la parrocchia
Comunità
al tempo stesso salvata e salvante, la Chiesa deve essere qui considerata nella
sua duplice dimensione universale e particolare: questa si esprime e si attua
nella comunità diocesana, pastoralmente divisa in comunità minori fra cui si
distingue, per la sua peculiare importanza, la parrocchia. La comunione con la
Chiesa universale non mortifica, ma garantisce e promuove la consistenza e
l'originalità delle diverse Chiese particolari; queste ultime restano il
soggetto operativo più immediato e più efficace per l'attuazione della
pastorale familiare. In tal senso ogni Chiesa locale e, in termini più
particolari, ogni comunità parrocchiale deve prendere più viva coscienza della
grazia e della responsabilità che riceve dal Signore in ordine a promuovere la
pastorale della famiglia. Ogni piano di pastorale organica, ad ogni livello, non
deve mai prescindere dal prendere in considerazione la pastorale della famiglia.
Alla luce di tale responsabilità va compresa anche l'importanza di un'adeguata
preparazione da parte di quanti verranno più specificamente impegnati in questo
genere di apostolato. I sacerdoti, i religiosi e le religiose, fin dal tempo
della loro formazione, vengano orientati e formati in maniera progressiva e
adeguata ai rispettivi compiti. Fra le altre iniziative mi compiaccio di
sottolineare la recente creazione a Roma, presso la Pontificia Università
Lateranense, di un Istituto Superiore consacrato allo studio dei problemi della
famiglia. Anche in alcune diocesi sono stati fondati Istituti di questo genere;
i Vescovi s'impegnino affinché il più gran numero possibile di sacerdoti,
prima di assumere responsabilità parrocchiali, vi frequentino corsi
specializzati. Altrove corsi di formazione vengono periodicamente tenuti presso
Istituti Superiori di studi teologici e pastorali. Tali iniziative vanno
incoraggiate, sostenute, moltiplicate ed aperte, ovviamente, anche ai laici che
presteranno la loro opera professionale (medica, legale. psicologica, sociale,
educativa) in aiuto della famiglia.
71.
La famiglia
Ma
soprattutto dev'essere riconosciuto il posto singolare che, in questo campo,
spetta alla missione dei coniugi e delle famiglie cristiane. in forza della
grazia ricevuta nel sacramento. Tale missione dev'essere posta a servizio
dell'edificazione della Chiesa, della costruzione del Regno di Dio nella storia.
Ciò è richiesto come atto di docile obbedienza a Cristo Signore. Egli,
infatti, in forza del matrimonio dei battezzati elevato a sacramento, conferisce
agli sposi cristiani una peculiare missione di apostoli, inviandoli come operai
nella sua vigna, e, in modo tutto speciale, in questo campo della famiglia. In
questa attività essi operano in comunione e collaborazione con gli altri membri
della Chiesa, che pure s'impegnano a favore della famiglia, mettendo a frutto i
loro doni e ministeri. Tale apostolato si svolgerà anzitutto in seno alla
propria famiglia, con la testimonianza della vita vissuta in conformità della
legge divina in tutti i suoi aspetti, con la formazione cristiana dei figli, con
l'aiuto dato alla loro maturazione nella fede, con l'educazione alla castità,
con la preparazione alla vita, con la vigilanza per preservarli dai pericoli
ideologici e morali da cui spesso sono minacciati, col loro graduale e
responsabile inserimento nella comunità ecclesiale e in quella civile, con
l'assistenza e il consiglio nella scelta della vocazione, col mutuo aiuto tra i
membri della famiglia per la comune crescita umana e cristiana, e così via.
L'apostolato della famiglia, poi, si irradierà con opere di carità spirituale
e materiale verso le altre famiglie, specialmente quelle più bisognose di aiuto
e di sostegno, verso i poveri, i malati, gli anziani, gli handicappati, gli
orfani, le vedove, i coniugi abbandonati, le madri nubili e quelle che, in
situazioni difficili, sono tentate di disfarsi del frutto del loro seno, ecc.
72.
Le associazioni di famiglie per le famiglie
Sempre
nell'ambito della Chiesa, soggetto responsabile della pastorale familiare, sono
da ricordare i diversi raggruppamenti di fedeli, nei quali si manifesta e si
vive in qualche misura il mistero della Chiesa di Cristo. Sono perciò da
riconoscere e valorizzare--ciascuna in rapporto alle caratteristiche, finalità,
incidenze e metodi propri--le diverse comunità ecclesiali, i vari gruppi e i
numerosi movimenti impegnati in vario modo, a diverso titolo e a diverso
livello, nella pastorale familiare . Per tale motivo il Sinodo ha espressamente
riconosciuto l'utile apporto di tali associazioni di spiritualità, di
formazione e di apostolato. Sarà loro compito suscitare nei fedeli un vivo
senso di solidarietà, favorire una condotta di vita ispirata al Vangelo e alla
fede della Chiesa, formare le coscienze secondo i valori cristiani e non sui
parametri della pubblica opinione, stimolare alle opere di carità vicendevole e
verso gli altri con uno spirito di apertura, che faccia delle famiglie cristiane
una vera sorgente di luce e un sano fermento per le altre. Similmente è
desiderabile che, con vivo senso del bene comune, le famiglie cristiane si
impegnino attivamente a ogni livello anche in altre associazioni non ecclesiali.
Alcune di tali associazioni si propongono la preservazione, trasmissione e
tutela dei sani valori etici e culturali dei rispettivi popoli, lo sviluppo
della persona umana, la protezione medica, giuridica e sociale della maternità
e dell'infanzia, la giusta promozione della donna e la lotta a quanto mortifica
la sua dignità, l'incremento della mutua solidarietà, la conoscenza dei
problemi connessi con la responsabile regolazione della fecondità secondo i
metodi naturali conformi alla dignità umana e alla dottrina della Chiesa. Altre
mirano alla costruzione di un mondo più giusto e più umano, alla promozione di
leggi giuste che favoriscano il retto ordine sociale nel pieno rispetto della
dignità e di ogni legittima libertà dell'individuo e della famiglia, a livello
sia nazionale sia internazionale, alla collaborazione con la scuola e con le
altre istituzioni che completano l'educazione dei figli, e così via.
III - OPERATORI DELLA PASTORALE FAMILIARE
Oltre
che la famiglia--oggetto, ma anzitutto soggetto essa stessa della pastorale
familiare--vanno ricordati anche gli altri principali operatori in questo
particolare settore.
73.
I vescovi ed i presbiteri
Il
primo responsabile della pastorale familiare nella diocesi è il vescovo. Come
Padre e Pastore egli dev'essere particolarmente sollecito di questo settore,
senza dubbio prioritario, della pastorale. Ad esso deve consacrare
interessamento, sollecitudine, tempo, personale, risorse; soprattutto, però,
appoggio personale alle famiglie ed a quanti, nelle diverse strutture diocesane,
lo aiutano nella pastorale della famiglia. Avrà particolarmente a cuore il
proposito di far sì che la propria diocesi sia sempre più una vera «famiglia
diocesana», modello e sorgente di speranza per tante famiglie che vi
appartengono. La creazione del Pontificio Consiglio per la Famiglia va vista in
questo contesto: essere un segno dell'importanza che attribuisco alla pastorale
della famiglia nel mondo, e al tempo stesso uno strumento efficace per aiutare a
promuoverla ad ogni livello. I vescovi si valgono in modo particolare dei
presbiteri, il cui compito--come ha espressamente sottolineato il Sinodo
--costituisce parte essenziale del ministero della Chiesa verso il matrimonio e
la famiglia. Lo stesso si dica di quei diaconi, ai quali eventualmente venga
affidata la cura di questo settore pastorale. La loro responsabilità si estende
non solo ai problemi morali e liturgici, ma anche a quelli di carattere
personale e sociale. Essi devono sostenere la famiglia nelle sue difficoltà e
sofferenze, affiancandosi ai membri di essa, aiutandoli a vedere la loro vita
alla luce del Vangelo. Non è superfluo notare che da tale missione, se
esercitata col dovuto discernimento e con vero spirito apostolico, il ministro
della Chiesa attinge nuovi stimoli ed energie spirituali anche per la propria
vocazione e per l'esercizio stesso del ministero. Tempestivamente e seriamente
preparati a tale apostolato, il sacerdote o il diacono devono comportarsi
costantemente, nei riguardi delle famiglie, come padre, fratello, pastore e
maestro, aiutandole coi sussidi della grazia e illuminandole con la luce della
verità. Il loro insegnamento e i loro consigli, quindi, dovranno essere sempre
in piena consonanza col Magistero autentico della Chiesa, in modo da aiutare il
Popolo di Dio a formarsi un retto senso della fede da applicare, poi, alla vita
concreta. Tale fedeltà al Magistero consentirà pure ai sacerdoti di curare con
ogni impegno l'unità nei loro giudizi, per evitare ai fedeli ansietà di
coscienza. Pastori e laici partecipano, nella Chiesa, alla missione profetica di
Cristo: i laici, testimoniando la fede con le parole e con la vita cristiana; i
pastori, discernendo in tale testimonianza ciò che è espressione di fede
genuina da ciò che è meno rispondente alla luce della fede; la famiglia, in
quanto comunità cristiana, con la sua peculiare partecipazione e testimonianza
di fede. Si avvia così un dialogo anche tra i pastori e le famiglie. I teologi
e gli esperti di problemi familiari possono essere di grande aiuto a tale
dialogo, spiegando esattamente il contenuto del Magistero della Chiesa e quello
dell'esperienza della vita di famiglia. In tal modo l'insegnamento del Magistero
viene meglio compreso e si spiana la strada al suo progressivo sviluppo. Giova
tuttavia ricordare che la norma prossima e obbligatoria nella dottrina della
fede-- anche circa i problemi della famiglia--compete al Magistero gerarchico.
Rapporti chiari tra i teologi, gli esperti di problemi familiari e il Magistero
giovano non poco alla retta intelligenza della fede ed a promuovere--entro i
confini di essa-- il legittimo pluralismo.
74.
Religiosi e religiose
Il
contributo che i religiosi e le religiose, e le anime consacrate in genere,
possono dare all'apostolato della famiglia trova la sua prima, fondamentale e
originale espressione proprio nella loro consacrazione a Dio, che li rende «davanti
a tutti i fedeli ... richiamo di quel mirabile connubio operato da Dio c che si
manifesterà pienamente nel secolo futuro, per cui la Chiesa ha Cristo come
unico sposo», e testimoni di quella carità universale che, per mezzo della
castità abbracciata per il Regno dei cieli, li rende sempre più disponibili
per dedicarsi generosamente al servizio divino e alle opere di apostolato. Di
qui la possibilità che religiosi e religiose, membri di Istituti secolari e di
altri Istituti di perfezione, singolarmente o associati, sviluppino un loro
servizio alle famiglie, con particolare sollecitudine verso i bambini.
specialmente se abbandonati, indesiderati, orfani, poveri o handicappati;
visitando le famiglie e prendendosi cura dei malati; coltivando rapporti di
rispetto e di carità con famiglie incomplete, in difficoltà o disgregate;
offrendo la propria opera di insegnamento e di consulenza nella preparazione dei
giovani al matrimonio e nell'aiuto alle coppie per una procreazione veramente
responsabile; aprendo le proprie case all'ospitalità semplice e cordiale,
affinché le famiglie possano trovarvi il senso di Dio, il gusto della preghiera
e del raccoglimento, l'esempio concreto di una vita vissuta in carità e letizia
fraterna come membri della più grande famiglia di Dio. Vorrei aggiungere
l'esortazione più pressante ai responsabili degli Istituti di vita consacrata,
a voler considerare -- sempre nel sostanziale rispetto del carisma proprio ed
originario--l'apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti prioritari,
resi più urgenti dall'odierno stato di cose.
75.
Laici specializzati
Non
poco giovamento possono recare alle famiglie quei laici specializzati (medici,
uomini di legge, psicologi, assistenti sociali, consulenti, ecc.) che sia
individualmente sia impegnati in diverse associazioni e iniziative, prestano la
loro opera di illuminazione, di consiglio, di orientamento, di sostegno. Ad essi
possono bene applicarsi le esortazioni che ebbi occasione di rivolgere alla
Confederazione dei Consultori familiari di ispirazione cristiana: «È un
impegno il vostro, che ben merita la qualifica di missione. tanto nobili sono le
finalità che persegue e tanto determinanti, per il bene della società e della
stessa comunità cristiana, sono i risultati che ne derivano... Tutto quello che
riuscirete a fare a sostegno della famiglia è destinato ad avere un'efficacia
che, travalicando il suo ambito proprio, raggiunge anche altre persone ed incide
sulla società. Il futuro del mondo e della Chiesa passa attraverso la famiglia».
76.
Recettori e operatori della Comunicazione sociale
Una
parola a parte è da riservare a questa categoria tanto importante nella vita
moderna. È risaputo che gli strumenti della comunicazione sociale «incidono, e
spesso profondamente, sia sotto l'aspetto affettivo e intellettuale, sia sotto
l'aspetto morale e religioso, nell'ambito di quanti li usano», specialmente se
giovani. Essi, perciò, possono esercitare un benefico influsso sulla vita e sui
costumi della famiglia e sulla educazione dei figli, ma al tempo stesso
nascondono anche «insidie e pericoli non trascurabili», e potrebbero diventare
veicolo--a volte abilmente e sistematicamente manovrato, come purtroppo accade
in diversi Paesi del mondo--di ideologie disgregatrici e di visioni deformate
della vita, della famiglia, della religione, della moralità, non rispettose
della vera dignità e del destino dell'uomo. Pericolo tanto più reale, in
quanto «l'odierno modo di vivere--specialmente nelle nazioni più
industrializzate--porta assai spesso le famiglie a scaricarsi delle loro
responsabilità educative, trovando nella facilità di evasione (rappresentata,
in casa, specialmente dalla televisione e da certe pubblicazioni), il modo di
tenere occupati tempo ed attività dei bambini e dei ragazzi». Di qui «il
dovere ... di proteggere specialmente i bambini e ragazzi dalle
"aggressioni" che subiscono dai mass-media», procurando che l'uso di
questi in famiglia sia accuratamente regolato. Così pure dovrebbe stare
altrettanto a cuore alla famiglia cercare, per i propri figli, anche altri
diversivi più sani, più utili e formativi fisicamente, moralmente e
spiritualmente, «per potenziare e valorizzare il tempo libero dei ragazzi e
indirizzarne le energie». Poiché, poi, gli strumenti della comunicazione
sociale--al pari della scuola e dell'ambiente--incidono spesso anche in notevole
misura sulla formazione dei figli, i genitori, in quanto recettori, devono farsi
parte attiva nell'uso moderato, critico, vigile e prudente di essi, individuando
quale influsso esercitano sui figli, e nella mediazione orientativa che consenta
«di educare la coscienza dei figli ad esprimere giudizi sereni ed oggettivi,
che poi la guidano nella scelta e nel rifiuto dei programmi proposti». Con
eguale impegno i genitori cercheranno di influire sulla scelta e preparazione
dei programmi stessi, mantenendosi in contatto--con opportune iniziative--con i
responsabili dei vari momenti della produzione e della trasmissione, per
assicurarsi che non siano abusivamente trascurati o espressamente conculcati
quei valori umani fondamentali che fanno parte del vero bene comune della società,
ma, al contrario, vengano diffusi programmi atti a presentare, nella loro giusta
luce, i problemi della famiglia e la loro adeguata soluzione. A tal proposito il
mio predecessore di v.m., Paolo VI, scriveva: «I produttori devono conoscere e
rispettare le esigenze della famiglia, e questo suppone, a volte, in essi un
vero coraggio, e sempre un alto senso di responsabilità. Essi, infatti, sono
tenuti ad evitare tutto ciò che può ledere la famiglia nella sua stessa
esistenza, nella sua stabilità, nel suo equilibrio, nella sua felicità. Ogni
offesa ai valori fondamentali della famiglia --si tratti di erotismo o di
violenza, di apologia del divorzio o di atteggiamenti antisociali dei giovani--è
un'offesa al vero bene dell'uomo». Ed io stesso, in analoga occasione, facevo
rilevare che le íamiglie «devono poter contare in non piccola misura sulla
buona volontà, sulla rettitudine e sul senso di responsabilità dei
professionisti dei media: editori, scrittori, produttori, direttori,
drammaturghi, informatori, commentatori ed attori». Perciò è doveroso che
anche da parte della Chiesa si continui a dedicare ogni cura a queste categorie
di operatori, incoraggiando e sostenendo, nello stesso tempo, quei cattolici che
vi si sentono chiamati e ne hanno le doti, ad impegnarsi in questi delicati
settori.
IV - LA PASTORALE FAMILIARE NEI CASI DIFFICILI
77.
Circostanze particolari
Un
impegno pastorale ancor più generoso, intelligente e prudente, sull'esempio del
Buon Pastore, è richiesto nei confronti di quelle famiglie che--spesso
indipendentemente dalla propria volontà o premute da altre esigenze di diversa
natura--si trovano ad affrontare situazioni obiettivamente difficili. A questo
proposito è necessario richiamare specialmente l'attenzione su alcune categorie
particolari, che maggiormente abbisognano non solo di assistenza, ma di
un'azione più incisiva sulla pubblica opinione e soprattutto sulle strutture
culturali, economiche e giuridiche, al fine di eliminare al massimo le cause
profonde dei loro disagi. Tali sono, ad esempio, le famiglie dei migranti per
motivi di lavoro; le famiglie di quanti sono costretti a lunghe assenze, quali,
ad esempio, i militari, i naviganti, gli itineranti d'ogni tipo; le famiglie dei
carcerati, dei profughi e degli esiliati: le famiglie che nelle grandi città
vivono praticamente emarginate; quelle che non hanno casa; quelle incomplete o
monoparentali; le famiglie con figli handicappati o drogati; le famiglie di
alcoolizzati; quelle sradicate dal loro ambiente culturale e sociale o in
rischio di perderlo; quelle discriminate per motivi politici o per altre
ragioni; le famiglie ideologicamente divise; quelle che non riescono ad avere
facilmente un contatto con la parrocchia; quelle che subiscono violenza o
ingiusti trattamenti a motivo della propria fede; quelle composte da coniugi
minorenni; gli anziani, non raramente costretti a vivere in solitudine e senza
adeguati mezzi di sussistenza. Le famiglie dei migranti, specialmente
trattandosi di operai e di contadini, devono poter trovare dappertutto, nella
Chiesa, la loro patria. È questo un compito connaturale alla Chiesa, essendo
segno di unità nella diversità. Per quanto è possibile siano assistiti da
sacerdoti del loro stesso rito, cultura e idioma. Spetta pure alla Chiesa fare
appello alla coscienza pubblica e a quanti hanno autorità nella vita sociale,
economica e politica, affinché gli operai trovino lavoro nella propria regione
e patria, siano retribuiti con giusto salario, le famiglie vengano al più
presto riunite, siano prese in considerazione nella loro identità culturale,
trattate al pari delle altre, ed ai loro figli sia data l'opportunità della
formazione professionale e dell'esercizio della professione, come pure del
possesso della terra necessaria per lavorare e vivere. Un problema difficile è
quello delle famiglie ideologicamente divise. In questi casi si richiede una
particolare cura pastorale. Anzitutto bisogna, con discrezione, mantenere un
contatto personale con tali famiglie. I credenti devono essere fortificati nella
fede e sostenuti nella vita cristiana. Anche se la parte fedele al cattolicesimo
non può cedere, tuttavia bisogna sempre mantenere vivo il dialogo con l'altra
parte. Devono essere moltiplicate le manifestazioni di amore e di rispetto,
nella ferma speranza di mantenere salda l'unità. Molto dipende anche dai
rapporti tra genitori e figli. Le ideologie estranee alla fede possono, del
resto, stimolare i membri credenti della famiglia a crescere nella fede e nella
testimonianza di amore. Altri momenti difficili, nei quali la famiglia ha
bisogno dell'aiuto della comunità ecclesiale e dei suoi pastori, possono
essere: l'adolescenza irrequieta contestatrice ed a volte tempestosa dei figli;
il loro matrimonio, che li stacca dalla famiglia di origine; l'incomprensione o
la mancanza di amore da parte delle persone più care; l'abbandono da parte del
coniuge o la sua perdita, che apre la dolorosa esperienza della vedovanza, della
morte di un familiare che mutila e trasforma in profondità il nucleo originario
della famiglia. Similmente non può essere trascurato dalla Chiesa il momento
dell'età anziana, con tutti i suoi contenuti positivi e negativi: di possibile
approfondimento dell'amore coniugale sempre più purificato e nobilitato dalla
lunga e ininterrotta fedeltà; di disponibilità a porre a servizio degli altri,
in forma nuova, la bontà e la saggezza accumulata e le energie rimaste; di
pesante solitudine, più spesso psicologica e affettiva che non fisica; per
l'eventuale abbandono o per una insufficiente attenzione da parte dei figli e
dei parenti; di sofferenza per la malattia, per il progressivo declino delle
forze, per l'umiliazione di dover dipendere da altri, per l'amarezza di sentirsi
forse di peso ai propri cari, per l'avvicinarsi degli ultimi momenti della vita.
Sono queste le occasioni nelle quali--come hanno insinuato i Padri Sinodali--più
facilmente si possono far comprendere e vivere quegli elevati aspetti della
spiritualità matrimoniale e familiare, che si ispirano al valore della Croce e
risurrezione di Cristo, fonte di santificazione e di profonda letizia nella vita
quotidiana, nella prospettiva delle grandi realtà escatologiche della vita
eterna. In tutte queste diverse situazioni non sia mai trascurata la preghiera,
sorgente di luce e di forza ed alimento della speranza cristiana.
78.
Matrimoni misti
Il
numero crescente dei matrimoni fra cattolici ed altri battezzati richiede pure
una peculiare attenzione pastorale alla luce degli orientamenti e delle norme,
contenute nei più recenti documenti della Santa Sede e in quelli elaborati
dalle Conferenze episcopali, per consentirne l'applicazione concreta alle
diverse situazioni. Le coppie che vivono in matrimonio misto presentano
peculiari esigenze, le quali possono ridursi a tre capi principali. Vanno,
anzitutto, tenuti presenti gli obblighi della parte cattolica derivanti dalla
fede, per quanto concerne il libero esercizio di essa e il conseguente obbligo
di provvedere, secondo le proprie forze, a battezzare e ad educare i figli nella
fede cattolica. Bisogna tenere presenti le particolari difficoltà inerenti ai
rapporti tra marito e moglie, per quanto riguarda il rispetto della libertà
religiosa: questa può essere violata sia mediante pressioni indebite per
ottenere il cambiamento delle convinzioni religiose della comparte, sia mediante
impedimenti frapposti alla libera manifestazione di esse nella pratica
religiosa. Per quanto riguarda la forma liturgica e canonica del matrimonio, gli
Ordinari possono largamente far uso delle loro facoltà per varie necessità.
Nel trattare di queste speciali esigenze bisogna tener presenti i punti
seguenti:
--nell'apposita
preparazione a questo tipo di matrimonio, deve essere compiuto ogni ragionevole
sforzo per far ben comprendere la dottrina cattolica sulle qualità ed esigenze
del matrimonio, come pure per assicurarsi che in futuro non abbiano a
verificarsi le pressioni e gli ostacoli, di cui si è parlato sopra;
--è
di somma importanza che, con l'appoggio della comunità, la parte cattolica
venga fortificata nella sua fede e positivamente aiutata a maturare nella
comprensione e nella pratica di essa, in modo da diventare vera testimone
credibile in seno alla famiglia, attraverso la vita stessa e la qualità
dell'amore dimostrato all'altro coniuge e ai figli.
I
matrimoni fra cattolici ed altri battezzati presentano, pur nella loro
particolare fisionomia, numerosi elementi che è bene valorizzare e sviluppare,
sia per il loro intrinseco valore, sia per l'apporto che possono dare al
movimento ecumenico. Ciò è particolarmente vero quando ambedue i coniugi sono
fedeli ai loro impegni religiosi. Il comune battesimo e il dinamismo della
grazia forniscono agli sposi, in questi matrimoni, la base e la motivazione per
esprimere la loro unità nella sfera dei valori morali e spirituali. A tal fine,
anche per mettere in evidenza l'importanza ecumenica di un tale matrimonio
misto, vissuto pienamente nella fede dei due coniugi cristiani, va
ricercata--anche se non sempre ciò si rivela facile--una cordiale
collaborazione tra il ministro cattolico e quello non cattolico, fin dal tempo
della preparazione al matrimonio e delle nozze. Quanto alla partecipazione del
coniuge non cattolico alla comunione eucaristica, si seguano le norme impartite
dal Segretariato per l'unione dei cristiani. In varie parti del mondo si
registra, oggi, un crescente numero di matrimoni fra cattolici e non battezzati.
In molti di essi il coniuge non battezzato professa un'altra religione e le sue
convinzioni devono essere trattate con rispetto, secondo i principi della
Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II circa le
relazioni con le religioni non cristiane; ma in non pochi altri, particolarmente
nelle società secolarizzate, la persona non battezzata non professa alcuna
religione. Per questi matrimoni è necessario che le conferenze episcopali ed i
singoli vescovi prendano misure pastorali adeguate, dirette a garantire la
difesa della fede del coniuge cattolico e la tutela del libero esercizio di
essa, soprattutto per quanto concerne il dovere di fare quanto è in suo potere
perché i figli siano battezzati ed educati cattolicamente. Il coniuge cattolico
deve essere, altresì, sostenuto in ogni modo nell'impegno di offrire
all'interno della famiglia una genuina testimonianza di fede e di vita
cattolica.
79.
Azione pastorale di fronte ad alcune situazioni irregolari
Nella
sua sollecitudine di tutelare la famiglia in ogni sua dimensione, non soltanto
in quella religiosa, il Sinodo dei Vescovi non ha tralasciato di prendere in
attenta considerazione alcune situazioni religiosamente e spesso anche
civilmente irregolari, che--negli odierni rapidi mutamenti delle culture --vanno
purtroppo diffondendosi anche tra i cattolici, con non lieve danno dello stesso
istituto familiare e della società, di cui esso costituisce la cellula
fondamentale.
a)
Il matrimonio per esperimento
80.
Una prima situazione irregolare è data da quello che chiamano «matrimonio per
esperimento», che molti oggi vorrebbero giustificare, attribuendo ad esso un
certo valore. Già la stessa ragione umana insinua la sua inaccettabilità,
mostrando quanto sia poco convincente che si faccia un «esperimento» nei
riguardi di persone umane, la cui dignità esige che siano sempre e solo il
termine dell'amore di donazione senza alcun limite né di tempo né di altra
circostanza. Dal canto suo, la Chiesa non può ammettere un tale tipo di unione
per ulteriori, originali motivi, derivanti dalla fede. Da una parte, infatti, il
dono del corpo nel rapporto sessuale è il simbolo reale della donazione di
tutta la persona: una tale donazione, peraltro, nell'attuale economia non può
attuarsi con verità piena senza il concorso dell'amore di carità, dato da
Cristo. Dall'altra parte, poi, il matrimonio fra due battezzati è il simbolo
reale dell'unione di Cristo con la Chiesa, una unione non temporanea o «ad
esperimento», ma eternamente fedele; tra due battezzati, pertanto, non può
esistere che un matrimonio indissolubile. Tale situazione ordinariamente non può
essere superata, se la persona umana, fin dall'infanzia, con l'aiuto della
grazia di Cristo e senza timori, non è stata educata a dominare la nascente
concupiscenza e ad instaurare con gli altri rapporti di amore genuino. Ciò non
si ottiene senza una vera educazione all'amore autentico e al retto uso della
sessualità, tale che .introduca la persona umana secondo ogni sua dimensione, e
perciò anche in quella che riguarda il proprio corpo, nella pienezza del
mistero di Cristo. Sarà molto utile indagare sulle cause di questo fenomeno,
anche nel suo aspetto psicologico e sociologico, per giungere a trovare
un'adeguata terapia.
b)
Unioni libere di fatto
81.
Si tratta di unioni senza alcun vincolo istituzionale pubblicamente
riconosciuto, né civile né religioso. Questo fenomeno - esso pure sempre più
frequente--non può non attirare l'attenzione dei pastori d'anime, anche perché
alla sua base possono esserci elementi molto diversi fra loro, agendo sui quali
sarà forse possibile limitarne le conseguenze. Alcuni, infatti, vi si
considerano quasi costretti da situazioni difficili--economiche, culturali e
religiose--in quanto, contraendo regolare matrimonio, verrebbero esposti ad un
danno, alla perdita di vantaggi economici, a discriminazioni, ecc. In altri,
invece, si riscontra un atteggiamento di disprezzo, di contestazione o di
rigetto della società, dell'istituto familiare, dell'ordinamento
socio-politico, o di sola ricerca del piacere. Altri, infine, vi sono spinti
dall'estrema ignoranza e povertà, talvolta da condizionamenti dovuti a
situazioni di vera ingiustizia, o anche da una certa immaturità psicologica,
che li rende incerti e timorosi di contrarre un vincolo stabile e definitivo. In
alcuni Paesi le consuetudini tradizionali prevedono il matrimonio vero e proprio
solo dopo un periodo di coabitazione e dopo la nascita del primo figlio. Ognuno
di questi elementi pone alla Chiesa ardui problemi pastorali, per le gravi
conseguenze che ne derivano, sia religiose e morali (perdita del senso religioso
del matrimonio, visto alla luce dell'Alleanza di Dio con il suo popolo;
privazione della grazia del sacramento; grave scandalo), sia anche sociali
(distruzione del concetto di famiglia, indebolimento del senso di fedeltà anche
verso la società, possibili traumi psicologici nei figli; affermazione
dell'egoismo). Sarà cura dei pastori e della comunità ecclesiale conoscere
tali situazioni e le loro cause concrete, caso per caso; avvicinare i conviventi
con discrezione e rispetto; adoperarsi con una azione di paziente illuminazione,
di caritatevole correzione, di testimonianza familiare cristiana, che possa
spianare loro la strada verso la regolarizzazione della situazione. Soprattutto,
però, sia fatta opera di prevenzione, coltivando il senso della fedeltà in
tutta l'educazione morale e religiosa dei giovani, istruendoli circa le
condizioni e le strutture che favoriscono tale fedeltà, senza la quale non si dà
vera libertà aiutandoli a maturare spiritualmente, facendo loro comprendere la
ricca realtà umana e soprannaturale del matrimonio-sacramento. Il Popolo di Dio
si adoperi anche presso le pubbliche autorità affinché, resistendo a queste
tendenze disgregatrici della stessa società e dannose per la dignità,
sicurezza e benessere dei singoli cittadini, si adoperino perché l'opinione
pubblica non sia indotta a sottovalutare l'importanza istituzionale del
matrimonio e della famiglia. E poiché in molte regioni, per l'estrema povertà
derivante da strutture socio-economiche ingiuste o inadeguate, i giovani non
sono in condizione di sposarsi come si conviene, la società e le pubbliche
autorità favoriscano il matrimonio legittimo mediante una serie di interventi
sociali e politici, garantendo il salario familiare, emanando disposizioni per
un'abitazione adatta alla vita familiare, creando adeguate possibilità di
lavoro e di vita.
c)
Cattolici uniti col solo matrimonio civile
82.
È sempre più diffuso il caso di cattolici che, per motivi ideologici e
pratici, preferiscono contrarre il solo matrimonio civile, rifiutando o almeno
rimandando quello religioso. La loro situazione non può equipararsi senz'altro
a quella dei semplici conviventi senza alcun vincolo, in quanto vi si riscontra
almeno un certo impegno a un preciso e probabilmente stabile stato di vita,
anche se spesso non è estranea a questo passo la prospettiva di un eventuale
divorzio. Ricercando il pubblico riconoscimento del vincolo da parte dello
Stato, tali coppie mostrano di essere disposte ad assumersene, con i vantaggi,
anche gli obblighi. Ciò nonostante, neppure questa situazione è accettabile da
parte della Chiesa. L'azione pastorale tenderà a far comprendere la necessità
della coerenza tra la scelta di vita e la fede che si professa, e cercherà di
far quanto è possibile per indurre tali persone a regolare la propria
situazione alla luce dei principi cristiani. Pur trattandole con grande carità,
e interessandole alla vita delle rispettive comunità, i pastori della Chiesa
non potranno purtroppo ammetterle ai sacramenti.
d)
Separati e divorziati non risposati
83.
Motivi diversi, quali incomprensioni reciproche, incapacità di aprirsi a
rapporti interpersonali, ecc. possono dolorosamente condurre il matrimonio
valido a una frattura spesso irreparabile. Ovviamente la separazione deve essere
considerata come estremo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si
sia dimostrato vano. La solitudine e altre difficoltà sono spesso retaggio del
coniuge separato, specialmente se innocente. In tal caso la comunità ecclesiale
deve più che mai sostenerlo; prodigargli stima, solidarietà, comprensione ed
aiuto concreto in modo che gli sia possibile conservare la fedeltà anche nella
difficile situazione in cui si trova; aiutarlo a coltivare l'esigenza del
perdono propria dell'amore cristiano e la disponibilità all'eventuale ripresa
della vita coniugale anteriore. Analogo è il caso del coniuge che ha subito
divorzio, ma che--ben conoscendo l'indissolubilità del vincolo matrimoniale
valido--non si lascia coinvolgere in una nuova unione, impegnandosi invece
unicamente nell'adempimento dei suoi doveri di famiglia e delle responsabilità
della vita cristiana. In tal caso il suo esempio di fedeltà e di coerenza
cristiana assume un particolare valore di testimonianza di fronte al mondo e
alla Chiesa, rendendo ancor più necessaria, da parte di questa, un'azione
continua di amore e di aiuto, senza che vi sia alcun ostacolo per l'ammissione
ai sacramenti.
e)
I divorziati risposati
84.
L'esperienza quotidiana mostra, purtroppo, che chi ha fatto ricorso al divorzio
ha per lo più in vista il passaggio ad una nuova unione, ovviamente non col
rito religioso cattolico. Poiché si tratta di una piaga che va, al pari delle
altre, intaccando sempre più largamente anche gli ambienti cattolici, il
problema dev'essere affrontato con premura indilazionabile. I Padri Sinodali
l'hanno espressamente studiato. La Chiesa, infatti, istituita per condurre a
salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se
stessi coloro che --già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale-- hanno
cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di
mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza. Sappiano i pastori che,
per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C'è
infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo
matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro
grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine
coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell'educazione dei
figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente
matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido. Insieme col
Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché
aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino
separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare
alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il
sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle
opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a
educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di
penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa
preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li
sostenga nella fede e nella speranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua
prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione
eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal
momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono
oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e
attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale; se si
ammettessero queste persone all'Eucarestia, i fedeli rimarrebbero indotti in
errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del
matrimonio. La riconciliazione nel sacramento della penitenza--che aprirebbe la
strada al sacramento eucaristico--può essere accordata solo a quelli che,
pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono
sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con
l'indissolubilità del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l'uomo
e la donna, per seri motivi--quali, ad esempio, l'educazione dei figli--non
possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere
in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi».
Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi
coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad
ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto,
a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste,
infatti, darebbero l'impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali
valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l'indissolubilità del
matrimonio validamente contratto. Agendo in tal modo, la Chiesa professa la
propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con
animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro
colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo. Con ferma fiducia essa
crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in
tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione
e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e
nella carità.
85.
I senza - famiglia
Ancora
una parola desidero aggiungere per una categoria di persone che, per la concreta
condizione in cui si trovano a vivere--e spesso non per loro deliberata volontà--io
considero particolarmente vicine al Cuore di Cristo e degne dell'affetto e della
sollecitudine fattiva della Chiesa e dei pastori. Esistono al mondo moltissime
persone le quali, disgraziatamente, non possono riferirsi in alcun modo a ciò
che si potrebbe definire in senso proprio una famiglia. Grandi settori
dell'umanità vivono in condizioni di enorme povertà, in cui la promiscuità,
la carenza di abitazioni, l'irregolarità ed instabilità dei rapporti,
l'estrema mancanza di cultura non consentono praticamente di poter parlare di
vera famiglia. Ci sono altre persone che, per motivi diversi, sono rimaste sole
al mondo. Eppure per tutti costoro esiste un «buon annunzio della famiglia».
In favore di quanti vivono in estrema povertà, già ho parlato dell'urgente
necessità di lavorare coraggiosamente per trovare soluzioni, anche a livello
politico, che consentano di aiutarli a superare questa inumana condizione di
prostrazione. È un compito che incombe, solidarmente, all'intera società, ma
in maniera speciale alle autorità in forza della loro carica e delle
conseguenti responsabilità, nonché alle famiglie, che devono dimostrare grande
comprensione e volontà di aiuto. A coloro che non hanno una famiglia naturale
bisogna aprire ancor più le porte della grande famiglia della Chiesa, la quale
~i concretizza a sua volta nella famiglia diocesana e parrocchiale, nelle
comunità ecclesiali di base o nei movimenti apostolici. Nessuno è privo della
famiglia in questo mondo: la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente
per quanti sono «affaticati e oppressi».
CONCLUSIONE
86.
A voi sposi, a voi padri e madri di famiglia; a voi giovani e ragazze che siete
il futuro e la speranza della Chiesa e del mondo, e sarete il nucleo portante e
dinamico della famiglia nel terzo millennio che si avvicina; a voi venerabili e
cari Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, diletti figli religiosi e
religiose, anime consacrate al Signore, che agli sposi testimoniate la realtà
ultima dell'amore di Dio; a voi, uomini tutti di retto sentire, che a qualsiasi
titolo siete pensierosi delle sorti della famiglia, si rivolge con trepida
sollecitudine il mio animo al termine di questa Esortazione Apostolica.
L'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia! È, dunque.
indispensabile ed urgente che ogni uomo di buona volontà si impegni a salvare
ed a promuovere i valori e le esigenze della famiglia. Un particolare sforzo a
questo riguardo sento di dover chiedere ai figli della Chiesa. Essi, che nella
fede conoscono pienamente il meraviglioso disegno di Dio, hanno una ragione in
più per prendersi a cuore la realtà della famiglia in questo nostro tempo di
prova e di grazia. Essi devono amare in modo particolare la famiglia. È questa
una consegna concreta ed esigente. Amare la famiglia significa saperne stimare i
valori e le possibilità promuovendoli sempre. Amare la famiglia significa
individuare i pericoli cd i mali che la minacciano, pel poterli superare. Amare
la famiglia significa adoperarsi per crearle un ambiente che favorisca il suo
sviluppo. E, ancora è forma eminente di amore ridare alla famiglia cristiana di
oggi, spesso tentata dallo sconforto e angosciata per le accresciute difficoltà,
ragioni di fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze di natura e di grazia,
nella missione che Dio le ha affidato. «Bisogna che le famiglie del nostro
tempo riprendano quota! Bisogna che seguano Cristo! »
Spetta altresì ai cristiani il compito di annunciare con gioia e
convinzione la «buona» novella sulla famiglia, la quale ha un assoluto bisogno
di ascoltare sempre di nuovo e di comprendere sempre più a fondo le parole
autentiche che le rivelano la sua identità, le sue risorse interiori,
l'importanza della sua missione nella Città degli uomini e in quella di Dio. La
Chiesa conosce la via sulla quale la famiglia può giungere al cuore della sua
verità profonda. Questa via, che la Chiesa ha imparato alla scuola di Cristo e
a quella della storia, interpretata nella luce dello Spirito, essa non la
impone, ma sente in sé l'insopprimibile esigenza di proporla a tutti senza
timore, anzi con grande fiducia e speranza, pur sapendo che la «buona novella»
conosce il linguaggio della Croce. Ma è attraverso la Croce che la famiglia può
giungere alla pienezza del suo essere e alla perfezione del suo amore. Desidero,
infine, invitare tutti i cristiani a collaborare, cordialmente e
coraggiosamente, con tutti gli uomini di buona volontà, che vivono la loro
responsabilità al servizio della famiglia. Quanti si consacrano al suo bene in
seno alla Chiesa, nel suo nome e da essa ispirati, siano essi individui o
gruppi, movimenti o associazioni, trovano spesso al loro fianco persone e
istituzioni diverse che operano per il medesimo ideale. Nella fedeltà ai valori
del Vangelo e dell'uomo e nel rispetto di un legittimo pluralismo di iniziative,
questa collaborazione potrà favorire una più rapida ed integrale promozione
della famiglia. Ed ora, concludendo questo messaggio pastorale, che intende
sollecitare l'attenzione di tutti sui compiti gravosi ma affascinanti della
famiglia cristiana, desidero invocare la protezione della santa Famiglia di
Nazaret. Per misterioso disegno di Dio, in essa è vissuto nascosto per lunghi
anni il Figlio di Dio: essa è dunque prototipo ed esempio di tutte le famiglie
cristiane. E quella Famiglia, unica al mondo, che ha trascorso un'esistenza
anonima e silenziosa in un piccolo borgo della Palestina; che è stata provata
dalla povertà, dalla persecuzione, dall'esilio; che ha glorificato Dio in modo
incomparabilmente alto e puro, non mancherà di assistere le famiglie cristiane,
anzi tutte le famiglie del mondo, nella fedeltà ai loro doveri quotidiani, nel
sopportare le ansie e le tribolazioni della vita, nella generosa apertura verso
le necessità degli altri, nell'adempimento gioioso del piano di Dio nei loro
riguardi. Che San Giuseppe, «uomo giusto», lavoratore instancabile, custode
integerrimo dei pegni a Lui affidati, le custodisca, le protegga, le illumini
sempre. Che la Vergine Maria, come è Madre della Chiesa, così anche sia la
Madre della «Chiesa domestica», e, grazie al suo aiuto materno, ogni famiglia
cristiana possa diventare veramente una «piccola Chiesa», nella quale si
rispecchi e riviva il mistero della Chiesa di Cristo. Sia Lei, l'Ancella del
Signore, l'esempio di accoglienza umile e generosa della volontà di Dio; sia
Lei, Madre Addolorata ai piedi della Croce, a confortare le sofferenze e ad
asciugare le lacrime di quanti soffrono per le difficoltà delle loro famiglie.
E Cristo Signore, Re dell'universo, Re delle famiglie, sia presente, come a Cana,
in ogni focolare cristiano a donare luce, gioia, serenità, fortezza. A Lui, nel
giorno dedicato alla sua Regalità, chiedo che ogni famiglia sappia
generosamente portare il suo originale contributo all'avvento nel mondo del suo
Regno, «Regno di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di
amore e di pace» verso il quale è in cammino la storia. A Lui, a Maria, a
Giuseppe affido ogni famiglia. Alle loro mani e al loro cuore presento questa
esortazione: siano Essi a porgerla a Voi, venerati Fratelli e diletti figli, e
ad aprire i vostri cuori alla luce che il Vangelo irradia su ogni famiglia. A
tutti, e a ciascuno, assicurando la mia costante preghiera, imparto di cuore
l'Apostolica Benedizione, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Dato
a Roma, presso S. Pietro, il 22 novembre, Solennità di N. S. Gesù Cristo Re
dell'universo, dell'anno 1981, quarto del Pontificato.