LA PREPARAZIONE DEI FIDANZATI AL MATRIMONIO E ALLA FAMIGLIA.
PRESENTAZIONE
I
responsabili delle Commissioni regionali di pastorale familiare e i
rappresentanti delle associazioni familiari e dei movimenti ecclesiali hanno
messo allo studio due anni or sono, nel quadro delle attività più opportune
per il coordinamento nazionale della pastorale familiare, una verifica e un
rilancio delle iniziative di preparazione dei fidanzati al matrimonio. Il tema
è stato posto all'ordine del giorno in una riunione tenuta a Roma nel mese di
novembre 1987. In seguito è diventato oggetto di riflessione nelle sedi
regionali e diocesane, grazie anche a una bozza ciclostilata del settembre 1988.
Da molte sedi sono venute osservazioni e proposte. Attraverso questi momenti di
riflessione e di elaborazione è stato preparato il presente sussidio,
pubblicato con l'approvazione della Commissione episcopale per il laicato e la
famiglia.
Il titolo e la struttura
Il
riferimento ai fidanzati indica l'area pastorale e gli obiettivi più specifici.
Questi fogli si riferiscono soprattutto alle iniziative di preparazione prossima
e immediata dei nubendi (colloqui, incontri, corsi, ecc.) nelle diocesi, ai
livelli anche zonali e parrocchiali, mentre non contiene indicazioni-se non in
termini di istanze generali-sulla preparazione remota che l'evangelizzazione del
matrimonio di fatto richiede. Non si può infatti prescindere «da una catechesi
e da una formazione permanente alla mentalità di fede e all'impegno vocazionale»
lungo l'adolescenza almeno e l'età giovanile (cfr. Deliberazione XII Assemblea
Generale CEI, 1975, n. 3, in Ench CEI/2, 2232). Il duplice riferimento «al
matrimonio e alla famiglia» esprime la scelta di formare congiuntamente al
matrimonio sacramentale e alla vita familiare. Si vuole ricordare che il cammino
di formazione e di preparazione immediata al matrimonio richiede nello stesso
tempo iniziative pastorali a sostegno della vita di fede delle giovani famiglie.
La struttura del sussidio è elementare, comprende due parti e un'appendice.
Nella prima parte si richiamano alcune linee e indirizzi da privilegiare, scelte
che s'impongono sia per riguardo al magistero pastorale sia alla luce di
esperienze condotte da almeno tre lustri in tante chiese locali e in differenti
circostanze. Le pagine di questa prima parte tendono a far progredire
l'esistente, a promuovere e far evolvere, non a mortificare, indicando con
chiarezza ciò che è meglio non fare e ciò che è bene are. La seconda parte
illustra i contenuti essenziali di un itinerario di fede per introdurre i
giovani nel mistero cristiano del matrimonio. Un itinerario che muove dalla
realtà umana dei fidanzati per illuminarla del senso cristiano della vita,
dell'amore e del matrimonio. In riferimento sempre alle linee pastorali della
diocesi e al vescovo, primo responsabile di ogni iniziativa e solidarietà
ecclesiale in preparazione alla vita coniugale, gli operatori della pastorale
prematrimoniale trovano in queste pagine proposte concrete e suggestioni sulle
competenze da sviluppare (sacerdoti, coppie animatrici, esperti, consultori
familiari), e inoltre raccomandazioni su alcuni contenuti irrinunciabili della
preparazione al matrimonio, sui criteri di impostazione e sulla partecipazione
da suscitare nella celebrazione della liturgia nuziale. In appendice, il
sussidio comprende una scheda sul contesto socio-culturale e le attese dei
giovani e sulle iniziative pastorali che normalmente si propongono. Sono appunti
tendenti a evidenziare alcune caratteristiche dell'universo culturale e
spirituale dei giovani-quelle almeno che più da vicino interessano la sfera
affettiva, la libertà e la responsabilità del patto coniugale, la futura vita
familiare-e a promuovere una valutazione delle più consuete proposte pastorali.
Le fonti
La
prima parte è redatta senza citazioni numerose per non appesantirne la lettura,
ma estesamente si riferisce alle indicazioni del magistero di Giovanni Paolo II
(cfr. Familiaris consortio, parte IV) e alle deliberazioni della XII Assemblea
Generale della CEI (Evangelizazione e sacramento del matrimonio e deliberazioni
contestuali, in Ench CEI/2, 2091-2239). La seconda parte rimanda il lettore
anche ad altre fonti, in primo luogo ai documenti del Concilio e al magistero
pontificio, in particolare Humanae vitae, Familiaris consortio e le Catechesi
del mercoledì di Giovanni Paolo II (1979-1984) sull'amore umano; al Codice di
diritto canonico; inoltre ad alcuni degli atti pastorali delI'Episcopato
italiano: Matrimonio e famiglia oggi in Italia, 1969; il documento citato su
evangelizzazione e matrimonio, la nota su La pastorale dei divorziati risposati
e delle situazioni matrimoniali irregolari 1979; il documento Comunione e
comunità nella chiesa domestica, attraverso un «Direttorio per la pastorale
della famiglia» che la Conferenza Episcopale Italiana dovrà predisporre (cfr.
Familiaris consortio, n. 66). In attesa di un vero e proprio direttorio, la Commissione episcopale per il laicato e la famiglia ha
raccomandato la pubblicazione del presente sussidio, affinché lo stesso decreto
generale sul matrimonio trovi sacerdoti e operatori di pastorale familiare più
solleciti nel coinvolgere le comunità in iniziative che dispongano i fidanzati
alla santità e ai doveri del loro nuovo stato.
L'ufficio
nazionale per la pastorale della famiglia
PARTE
I
LA
PREPARAZIONE AL MATRIMONIO IMPEGNO ORGANICO
Molte
e diverse sono le iniziative che la preparazione al matrimonio presenta nelle
singole chiese particolari. Tutte vanno valorizzate, integrate e, se necessario,
gradualmente trasformate in modo tale che alle comunità cristiane, e agli
stessi fidanzati, sia più evidente la forte rilevanza che la chiesa dà al
sacramento del matrimonio e alla sua preparazione. Le delibere pastorali
dell'Episcopato italiano del 1975 valgono tuttora anche se richiedono di essere
attuate nel modo più adeguato al presente. Per aiutare le chiese particolari e,
in esse, tutti coloro che operano pastoralmente, a valutare i passi da fare
nelle situazioni concrete, indichiamo le linee di rinnovamento fondamentali nel
quadro di prospettive in atto e dei passaggi da compiere.
1.
Linee di rinnovamento
Le
prospettive fondamentali della chiesa italiana per il matrimonio emergono alla
luce di:
-«evangelizzazione
e sacramenti»: un'evangelizzazione più esplicita e impegnata si impone come
servizio prioritario a coloro che chiedono di celebrare un sacramento della fede
qual è il matrimonio. Si tratta di aiutare i fidanzati a illuminare la loro
esperienza con la Rivelazione e a prepararsi nella fede alla celebrazione della
liturgia nuziale;
-«evangelizzazione
e promozione umana»: si tratta di promuovere un umanesimo coniugale e
familiare, quale scaturisce dall'esperienza e dalla grazia degli sposi a fronte
di una diffusa cultura individualistica o collettivistica;
-«comunione
e comunità»: richiede di sviluppare maggiormente l'esperienza primaria di
comunione fra gli sposi quale segno profetico e rappresentazione reale del «mistero
grande» di Cristo e della chiesa. Sollecita, soprattutto ai nostri giorni, un
impegno più attento perché la famiglia diventi ciò che è: una «intima
comunità di vita e di amore» consapevole della sua missione nella chiesa e nel
mondo. Ma la prospettiva pastorale di «comunione e comunità» impegna anche i
fidanzati a un progetto di famiglia aperta alla solidarietà e al suo
inserimento nella vita della comunità ecclesiale più grande. Dalle prospettive
indicate conseguono alcuni passaggi o svolte che sono già in atto, per molti
versi, ma chiedono anche di essere esplicitamente e in tanti modi promossi.
Valorizzare
il fidanzamento, tempo di grazia
Da
iniziative occasionali, nel tempo che precede immediatamente la celebrazione del
matrimonio, è necessario passare a iniziative che valorizzino il tempo del
fidanzamento. Questa stagione della vita, andata in silenzio in questi ultimi
anni, va riscoperta e ripresentata come un importante tirocinio della coppia di
fidanzati nella maturazione spirituale del rapporto affettivo. È anche una
prima chiarificazione nel discernimento della chiamata personale a sposare
quella persona. È una decisione che lascia spazio a ulteriori verifiche in
ordine al consenso per il patto nuziale. Il fidanzamento si presenta pertanto
come un tempo di grazia che, se anche non può dirsi sacramentale, trae forza
dal battesimo e dalla stessa vocazione coniugale che attende di essere
concretizzata. È un tempo di formazione caratterizzato da una propria
spiritualità. È tempo infine di testimonianza e azione ecclesiale, con le
caratteristiche di una specifica solidarietà.
Iniziative organiche e complementari nella chiesa locale
Da
esperienze esemplari ma esclusive ed elitarie, ascrivibili alla sensibilità
personale di qualche presbitero, gruppo di sposi o associazione, si richiede di
passare a una vera e propria pastorale prematrimoniale promossa dalla chiesa
particolare che valorizzi organicamente ogni carisma, capacità e ministero.
Accanto al presbitero, le famiglie e gli sposi cristiani hanno speciali doni di
grazia e titoli di esperienza per concorrere a formare i futuri sposi che si
preparano a celebrare le nozze nel Signore e a edificare la «chiesa domestica».
Inoltre, mentre le iniziative singolarmente proposte sono determinate spesso
dalle convinzioni e sensibilità personali dei promotori, bisogna tendere verso
iniziative volutamente differenziate e inserite in un progetto pastorale di
chiesa locale. Ciò anche allo scopo di offrire a ogni coppia quanto meglio si
adatta alle sue esigenze e al suo grado di maturazione nella fede.
Catechesi comunitaria
Da
una preparazione al matrimonio identificabile nei soli colloqui con il parroco o
con un presbitero urge arrivare alla proposta motivata di un periodo prolungato
di catechesi comunitaria. I colloqui con il parroco restano sempre necessari e
insostituibili. Le catechesi comunitarie sono per se stesse segno: nella fede si
cresce insieme e il sacramento del matrimonio fonda una famiglia destinata a
sodalizzare con le altre famiglie per edificare la più ampia famiglia della
chiesa locale.
Itinerari educativi per la maturità cristiana delle persone
Da
cicli di conferenze tenute da esperti di differenti discipline sui problemi
della coppia e della vita coniugale e familiare, occorre puntare a iniziative più
organiche e unitarie, attente cioè all'unità interiore delle persone e ai
differenti livelli di crescita spirituale, umana e cristiana: per rilevare
carenze e ritardi, possibilità ed esigenze di sviluppo; per assicurare un
programma educativo che metta armonicamente in esercizio le facoltà umane e
spirituali e la coscienza morale di ciascuno; per preparare le persone a
maturare la decisione libera per il consenso nel patto coniugale davanti al
Signore e nella chiesa cattolica.
Formare ai compiti sociali ed ecclesiali
Dalla
preoccupazione di preparare bene il matrimonio in modo da prevenire la
destabilizzazione delle famiglie e con riguardo privilegiato ai problemi della
coppia e del suo benessere interno, è necessario passare alla preoccupazione
pastorale di edificare e dilatare la comunità ecclesiale attraverso la
fondazione di nuove chiese domestiche. Questo chiede di preparare gli sposi alla
famiglia e non solo alla vita di coppia, e a riconoscersi soggetti sociali,
titolari di diritti e di doveri nella società e nella chiesa. Si tratta di
verificare che la preparazione al matrimonio non avalli un'immagine intimistica
e privatistica della vita coniugale.
Lavorare insieme
Dall'identificazione
riduttiva della pastorale prematrimoniale con i corsi e itinerari di fede
bisogna andare oltre, nella consapevolezza che la preparazione alla vita
coniugale e familiare ha contenuti e orizzonti più ampi delle iniziative
preparatorie al momento rituale e celebrativo delle nozze. Essa rimanda a
momenti educativi remoti, prossimi e immediati; coinvolge realtà ed esperienze
diverse in momenti diversi. Esige sintonia e capacità di lavorare insieme,
nella diocesi e nelle parrocchie, con chi si occupa della pastorale giovanile e
della scuola. Sollecita anche a proporre ai fidanzati iniziative diverse, quali
campi scuola, esercizi e ritiri spirituali, esperienze caritative e missionarie.
Un'azione concorde e proposte articolate
Da
iniziative delegate esclusivamente ai consultori familiari e a operatori
consultoriali occorre arrivare a programmi articolati e differenziati, di cui si
fa carico la chiesa particolare attraverso la sua struttura diocesana, zonale e
parrocchiale, con i suoi ministri, i coniugi e i collaboratori pastorali. Ciò
non esclude, anzi, richiede la specifica collaborazione dei consultori. Sotto la
guida e la responsabilità del vescovo tutte le strutture e le risorse
disponibili sono in azione per la preparazione remota e prossima dei giovani al
matrimonio. Nel quadro di queste linee di rinnovamento, sviluppiamo ora alcuni
criteri e aspetti fondamentali del servi zio organico e permanente della chiesa
locale per il matrimonio.
2.
La chiesa particolare e la pastorale prematrimoniale
La
pastorale familiare e in particolare la pastorale prematrimoniale è sempre una
forma particolare dell'unica missione di salvezza della chiesa. Ha perciò, come
suo principio operativo e come protagonista responsabile, la chiesa particolare,
anzi la diocesi. Gli orientamenti e le deliberazioni in tal senso della CEI del
1975, nonché le indicazioni normative della Familiaris consortio (IV parte)
sono ora confermate dalla legge della chiesa. Il Codice di diritto canonico
infatti fa obbligo ai pastori «di provvedere che la propria comunità
ecclesiale presti ai fedeli quella assistenza mediante la quale lo stato di vita
matrimoniale perseveri nello spirito cristiano e progredisca in perfezione».
Stabilisce in particolare che tale assistenza sia prestata con la predicazione e
la catechesi ai minori, ai giovani e agli adulti, con la preparazione e la
fruttuosa celebrazione liturgica del matrimonio e infine «offrendo aiuto agli
sposi perché questi, osservando e custodendo con fedeltà il patto coniugale
giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa»
(can. 1063; si veda anche il canone 1064). Ciò comporta dunque:
-per
adolescenti e giovani: iniziative pastorali e itinerari di catechesi che
sviluppino la dimensione vocazionale della vita e formino alla risposta
cristiana al Dio dell'amore nelle due grandi prospettive del matrimonio e della
verginità; nell'età giovanile, in particolare, si presenti il fidanzamento
come tempo di grazia e di responsabilità;
-per
tutte le coppie di fidanzati: iniziative varie di preparazione al matrimonio con
adatte opportunità per tutti di un cammino personale di conversione e di
itinerari di fede, tanto più esigenti per le coppie spiritualmente più
generose;
-quando
si avvicina il tempo del matrimonio: una preparazione immediata, per tutte le
coppie dei nubendi, comprendente i colloqui personali con il parroco (almeno
tre, di solito) per una valida e più fruttuosa celebrazione del sacramento;
-per
le giovani coppie di sposi: proposte che nascano da un'autentica ispirazione
pastorale di accoglienza nella
parrocchia e dalla doverosa attenzione alle reali esigenze delle giovani
famiglie.
Tocca
alla chiesa diocesana stabilire orientamenti normativi nel contesto della
programmazione pastorale, riuscendo anche a coinvolgere i Consigli presbiterali
e pastorali, diocesani e parrocchiali. L'organismo diocesano preposto per la
pastorale familiare, in collaborazione con l'Ufficio catechistico e liturgico,
predisponga dei servizi, esprima criteri di discernimento sulle varie iniziative
o sui sussidi, coordini e, se necessario, promuova direttamente iniziative al
riguardo, perché nella chiesa locale ogni coppia di fidanzati divenga
consapevole del proprio diritto-dovere di prepararsi bene al sacramento e trovi
gli aiuti a cui come battezzati hanno diritto. Si superi la settorializzazione e
la disorganicità delle competenze, coinvolgendo-soprattutto nelle parrocchie i
responsabili della pastorale giovanile, e si valorizzino i gruppi, le
associazioni, i movimenti che hanno singolare esperienza nel campo della
formazione giovanile, coniugale e familiare. Ci si avvalga dei consultori e
anche di ogni specifica competenza nelle scienze umane affinché l'opera di
evangelizzazione sia adeguata alle situazioni personali e non sia disgiunta
dalla promozione umana.
3.
I fidanzati come protagonisti
I
fidanzati sono oggetto della cura pastorale della chiesa e al tempo stesso sono
e desiderano essere considerati soggetti attivi del loro cammino di preparazione
al matrimonio. Ogni coppia, quando domanda il matrimonio, si presenta con un
proprio profilo spirituale, con una storia alle spalle, con un cammino o non
cammino di fede dopo il battesimo, a volte senza neppure aver portato a termine
con la cresima l'itinerario di iniziazione cristiana. Il tenere in
considerazione tutto ciò è rispetto della persona e risponde a una precisa
esigenza dell'evangelizzazione: non a tutti si può dare «cibo solido ma solo
latte» come scrive un apostolo (Ebrei 5,12). Inoltre non si avrà mai
abbastanza attenzione per tutto ciò che di positivo portano nella loro
esperienza, anche se bisognoso di purificazione e trasformazione. È essenziale
che le parole che ascoltano giungano a loro cariche di significato, pertinenti
alla loro vicenda umana e al tempo stesso eco della Parola di Dio che li apre a
nuovi orizzonti. Sono di utilità le forme di verifica periodica, all'interno
delle comunità, sul grado di accoglienza da parte dei fidanzati e sui messaggi
realmente percepiti. I fidanzati si lasciano coinvolgere in profondità quando
sono persuasi di non trovarsi di fronte a formalità burocratiche. Altrimenti
tentano tutte le astuzie possibili per scansarle. È doveroso programmare
iniziative comunitarie e queste richiedono necessariamente un calendario fisso.
Tuttavia non si possono eludere le difficoltà materiali e anche morali delle
singole coppie a partecipare a ciò che è stato programmato. L'obbligatorietà
della preparazione al matrimonio è da presentarsi come un dovere di coscienza
di ciascun fidanzato di prepararsi umanamente e spiritualmente alla vita
coniugale e familiare. La consapevolezza dell'obbligatorietà della preparazione
è da inculcarsi ancor più fortemente nelle coppie più impegnate
ecclesialmente. Quanto più hanno coscienza di essere chiamate a seguire Cristo
nello stato di vita coniugale, tanto più si chiede loro un discepolato
esigente. In ogni caso, quando si richiede come obbligatoria la partecipazione a
un corso, bisognerà prima accertarsi della reale praticabilità di quella
iniziativa. Già nelle Deliberazioni della CEI del 1975 si prendeva in
considerazione la situazione degli immigrati, dei pendolari, di chi ha turni di
lavoro non programmabili secondo il calendario dei corsi e degli itinerari. C'è
da domandarsi quando e come i fidanzati possono avere notizia della necessità e
dell'obbligatorietà di partecipare a queste iniziative. Non basta una minuscola
locandina alla porta della chiesa o l'avvertimento formale del parroco a
consenso e pubblicazioni avvenute e a data del matrimonio già fissata. Solo se
diventa notizia comune a tutti, costume e tradizione, i fidanzati entreranno
nell'idea di presentarsi al parroco molto tempo prima di aver fissato la data
del matrimonio. Le pubblicazioni potrebbero così trasformarsi in una
domanda-candidatura: in questa prospettiva esse andrebbero richieste dopo la
partecipazione a un corso o a un itinerario di fede che ha reso i fidanzati più
consapevoli di ciò che si apprestano a fare nella fede della chiesa.
4.
La formazione degli operatori
Il
ministero di evangelizzazione, catechesi e formazione dei futuri coniugi non si
improvvisa: né da parte dei presbiteri, né da parte dei fedeli laici, sposati
o no. La responsabilità della chiesa locale si manifesta anche nell'individuare
presbiteri, coniugi e laici idonei e nel«chiamarli» esplicitamente a svolgere
dei servizi nell'ambito di questo ministero. Ovviamente è necessario metterli
in condizione di svolgere i compiti loro affidati a nome della chiesa, con la
necessaria disponibilità di tempo, nel migliore dei modi e con una adeguata
formazione spirituale e catechetica. Ne deriva l'urgenza che in ogni diocesi (o
più diocesi insieme) si promuovano vere e proprie Scuole per operatori della
pastorale familiare: animatori, coordinatori, relatori, esperti. All'interno dei
loro programmi si darà spazio all'approfondimento dei vari aspetti teologici e
antropologici del matrimonio, della coppia e della famiglia, alla metodologia e
alla didattica della formazione. Indirizzi formativi e programmi per coloro che
si dedicano all'apostolato familiare possono essere accolti nei piani di studio
degli Istituti di scienze religiose e nelle Scuole di teologia per laici.
Iniziative analoghe di formazione possono essere promosse anche in maniera
autonoma dalle parrocchie o più parrocchie insieme, da associazioni e
movimenti. Tuttavia, per il ruolo ecclesiale cui sono ordinate esigono sempre
che si svolgano d'intesa con il vescovo e in collegamento con gli organismi
diocesani preposti alla pastorale familiare. I tempi e i modi concreti
dell'organizzazione sono ovviamente diversi per ogni comunità ecclesiale.
I programmi daranno spazio:
-alla
conoscenza della Rivelazione cristiana sull'uomo e la donna, sull'affettività e
sulla sessualità, sull'amore coniugale e sulla famiglia, alla luce della
Scrittura, della tradizione viva della chiesa e del magistero;
-alla
conoscenza dell'affettività e sessualità nelle dimensioni antropologiche e
psicologiche, valorizzando anche i contributi della sociologia e del diritto, ma
sempre in un quadro coerente con la concezione cristiana del matrimonio;
-alla
conoscenza della dottrina sociale della chiesa con riferimento al matrimonio e
alla famiglia e, in particolare, alla Carta dei diritti della famiglia;
-a
strumenti di conoscenza del mondo giovanile e delle sue problematiche;
-ai
fondamenti della comunicazione catechetica, ai modelli e alle metodologie dei
corsi e degli itinerari di fede, ai programmi di formazione spirituale dei
fidanzati e di spiritualità della famiglia.
Nel
progettare e condurre queste «scuole» di formazione, sempre si ricordi che
animatori, coordinatori, relatori, operatori sono prima di tutto dei testimoni
Parlano di ciò in cui credono, annunciano Colui al quale hanno consacrato la
loro esistenza e dal quale per mezzo della chiesa sono «mandati» a insegnare
ai fratelli tutto ciò che lui ha insegnato loro. Non c'è missione senza
discepolato. Non si può fare apostolato senza prima essere discepoli. Per
questa ragione non possono bastare la buona volontà e tanti anni di esperienza
coniugale per partecipare all'opera di evangelizzazione e promozione umana del
matrimonio e della famiglia. Si richiede anche una formazione nella vita di
fede, di preghiera, di carità. Si richiede specialmente la viva capacità di «sentire
con la Chiesa»: diocesana, nazionale e universale, e di farsi corresponsabili
della comunione nella concreta comunità ecclesiale e nella parrocchia di cui
sono parte.
5.
Importanti competenze dei consultori familiari
I
consultori di ispirazione cristiana hanno svolto un ruolo fondamentale,
storicamente anticipatore, nell'iniziare un'esperienza di preparazione al
matrimonio e alla famiglia. Rientra infatti negli scopi statutari di questi
organismi porre in atto servizi di consulenza, di informazione e formazione a
favore della vita di coppia e di famiglia. In questa prospettiva molti
consultori hanno programmato e tuttora programmano attività per la preparazione
al matrimonio che si caratterizzano in termini preminenti di promozione umana.
Le metodiche adottate rispondono a precisi criteri di professionalità. Le
comunità ecclesiali hanno il dovere di sostenerli e di riconoscere gli spazi
legittimi e originali loro propri anche nella preparazione della persona «coniugale».
Particolarmente oggi, a fronte di tante crisi coniugali improvvise e di tante
richieste di nullità di matrimonio, occorrerà sempre più aiutare i fidanzati
a maturare una capacità di relazione e di discernimento delle motivazioni che
li spingono a sposarsi. Tanto più che il Codice di diritto canonico fa
avvertiti che sono incapaci di consenso coloro che mancano di sufficiente uso di
ragione; coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i
diritti e doveri matrimoniali da dare e accettare reciprocamente; coloro che,
per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del
matrimonio (can. 1095). Diocesi, zone pastorali, parrocchie, associazioni e
movimenti fanno bene ad accogliere e sollecitare la collaborazione dei
consultori di ispirazione cristiana nel contesto di una multiforme
programmazione di pastorale prematrimoniale. In questo contesto è opportuno
indirizzare al consultorio familiare, per colloqui personali o di coppia, i
giovani quando nella loro relazione sentimentale affiorassero difficoltà.
All'inizio della stagione del fidanzamento la partecipazione a uno dei corsi
organizzati dal consultorio può colmare eventuali lacune della loro educazione
di base, specie per quanto riguarda una visione corretta della sessualità e le
modalità di una relazione interpersonale uomo-donna. Così pure, preziosa ed
efficace può dimostrarsi la collaborazione degli esperti del consultorio per la
preparazione degli animatori e operatori della pastorale prematrimoniale e
familiare. Infatti dal punto di vista antropologico e psicologico urge acquisire
le conoscenze e il linguaggio capaci di tradurre la «buona notizia del
matrimonio cristiano» in termini culturalmente compatibili con le nuove
generazioni. I consultori di ispirazione cristiana sono preziosi per dare un
supporto competente alla prevenzione dell'aborto volontario, per promuovere la
cultura della vita e per incoraggiare e sostenere, con la consulenza, una
procreazione responsabile che si affidi allo stile dei metodi naturali. Tuttavia
occorre anche riaffermare che la comunità ecclesiale e i suoi pastori non
possono mai delegare ai consultori ciò che loro compete per missione, carismi e
responsabilità, in ordine all'evangelizzazione e alla catechesi. II matrimonio
è sacramento della chiesa per edificare la chiesa.
6.
Il ruolo del presbitero
Il
presbitero è padre ed educatore nella fede dei battezzati. Pertanto è suo
precipuo compito curare che ciascun fedele sia condotto nello Spirito Santo a
sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo e a praticare in
essa la carità sincera e operosa. La
chiamata dell'uomo e della donna a «sposarsi nel Signore» è vocazione
personale a seguire Cristo nello stato di vita coniugale e familiare. Con
riguardo ai giovani che si preparano al matrimonio e alla famiglia, il
presbitero esercita questa cura quando:
-sa
accogliere con animo lieto i fidanzati che si presentano a chiedere di celebrare
il matrimonio;
-formula
con loro un programma articolato perché maturino nella fede la loro decisione
di sposarsi, e accompagna e sostiene le coppie spiritualmente nel tempo del
fidanzamento;
-orienta
i fidanzati a partecipare a itinerari comunitari di catechesi prenuziale,
parrocchiali, zonali o diocesani, sollecitandoli nel cammino di conversione
permanente anche mediante il sacramento della riconciliazione;
-conduce
i fidanzati a celebrare attivamente con fede e nella grazia la liturgia nuziale,
culmine della loro preparazione e fonte della novità della loro vita coniugale.
Particolari responsabilità sono affidate al presbitero che è parroco o
collaboratore del parroco.
Il
parroco ha la responsabilità di accertarsi della validità della celebrazione e
anche di predisporre i fidanzati a una ricezione fruttuosa della grazia del
sacramento. Perciò i suoi colloqui personali con le coppie sono molto più che
adempimenti formali. Le stesse coppie s'attendono di più. L'atteggiamento
richiesto al presbitero è quello di un discernimento sapienziale
dell'autenticità della domanda religiosa del matrimonio e della maturazione in
entrambi della volontà di celebrare un patto coniugale come lo intende la
chiesa. Pertanto questi colloqui non sono mai sostituibili con la partecipazione
della coppia a itinerari di catechesi organizzati comunitariamente. Potrebbe
invece riscontrarsi l'opportunità di non inviare subito la coppia ai corsi o
itinerari organizzati, ma di affidarli invece a qualche coppia di sposi per una
catechesi più personalizzata. Questa soluzione si rende ancor più opportuna
quando i fidanzati non hanno ancora ricevuto tutti i sacramenti dell'iniziazione
cristiana. Il presbitero incaricato di organizzare o di farsi responsabile di un
corso o di un itinerario di fede prematrimoniale, chiami una o due coppie di
sposi, adeguatamente preparate, ad assumere la conduzione e moderazione di
queste iniziative, ma assicuri sempre la sua presenza. Una presenza discreta da
ministro della Parola, da esperto di preghiera e in umanità. I suoi interventi
facciano risuonare con accenti personalizzati e motivanti il vangelo di Gesù e
il magistero della chiesa sul matrimonio, per risvegliare nei giovani la domanda
di verità e di valori, e il desiderio, più che di avere e di «consumare»
amore, di ritrovarsi e di essere se stessi nell'amore che si coltiva nella
castità coniugale. Il presbitero che presiederà alla celebrazione nuziale
tenga presente che tutto ciò che per lui o i suoi collaboratori può essere di
routine, è invece per i due nubendi un evento unico e irrepetibile, atteso con
trepidazione, da preparare con cura sul piano umano e di grazia.
7.
Messaggi e valori da annunciare
Nel
contesto socio-culturale di oggi indichiamo alcune verità e valori sull'amore e
sul matrimonio da tradurre in messaggi capaci di giungere al cuore delle
persone. Le linee fondamentali di un itinerario sistematico sugli aspetti
antropologici, teologici e spirituali del matrimonio sono esposte nella seconda
parte. Qui si richiamano alcune priorità con riferimento ai problemi di vita e
alle domande da non disattendere negli incontri e itinerari di fede dei
fidanzati e da aver sempre presenti nella integralità della visione del
matrimonio, nei suoi aspetti naturali e di grazia.
La sacra Scrittura al primo posto
La
comunicazione catechistica è tanto più efficace se ha carattere biblico e
personalistico. Prima della coppia e del matrimonio ci sono l'uomo e la donna
chiamati all'esistenza dalla Parola di Dio che li ha creati a sua immagine e
somiglianza: «Non avete letto come il Creatore da principio li creò maschio e
femmina?» (Matteo, 19, 4). Lo stesso carattere istituzionale del matrimonio è
iscritto nel disegno originale della creazione e risponde a esigenze profonde di
promozione della personalità di entrambi i coniugi.
Parità e reciprocità dell'uomo e della donna
Le
trasformazioni della condizione femminile pongono seri problemi alla
ridefinizione della coppia nel superamento dei ruoli tradizionali. Anche con
l'aiuto della lettera apostolica Mulieris dignitatem, occorre rivisitare la
Scrittura per una conversione che riguarda l'uomo e la donna e la loro relazione
nella luce della Parola del «principio» della creazione. «Non è bene che
l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Genesi, 2, 18):
fin dall'inizio l'uomo e la donna sono chiamati a esistere reciprocamente l'uno
per l'altro, l'uno affidato all'aiuto dell'altro. Nella parità e nella
reciprocità, nella consapevole differenza di identità e di vocazione, si
afferma la sottomissione «reciproca nel timore del Signore», illuminando il
senso e il contenuto di questa sottomissione, che esclude la passività e la
dipendenza dell'uno o dell'altro.
Necessità della conversione
Il
Vangelo è liberante e salva dall'illusione di una innocenza, «in natura», del
rapporto interpersonale uomo-donna. La relazione uomo-donna è ferita dalla
concupiscenza, ma riscattata e trasfigurata nella redenzione di Cristo. La sua
grazia vince il peccato, radice di ogni dominio e seduzione (cfr. Genesi 3, 16)
e restituisce all'uomo e alla donna il linguaggio sponsale del corpo nella sua
trasparenza, secondo il disegno del principio: «erano tutti e due nudi, ma non
ne provavano vergogna» (Genesi 2, 25). La sessualità non è identificabile con
la lussuria che ne è invece la deformazione patologica. Tutte le passioni umane
possono condizionare e alterare le espressioni della relazione sessuale. Per
vivere bene la relazione sessuale occorre la conversione del cuore.
«Si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola» (Efesini
5, 31; Matteo 19, 10)
Si
tratta di illuminare il mistero che si compie attraverso il sacramento nuziale:
il diventare «uno», per l'azione dello Spirito, conformandosi a Cristo nel suo
rapporto con la chiesa. In questa prospettiva la catechesi ripresenta le note
caratteristiche del matrimonio: l'unità intesa come impegno di comunione,
riflesso della comunione trinitaria; la fedeltà e la indissolubilità, come
impegno a essere per l'altro, in modo singolare, tutto ciò che implica il
titolo di «sposo, sposa», nel vincolo della solidarietà più profonda e
indissolubile; la fecondità, come apertura nella comunione d'amore ai figli e,
più generalmente, al prossimo.
«Quello che Dio ha congiunto l'uomo non lo separi» (Matteo 19, 10)
Oggi
si tende a fruire della sessualità prima o al di fuori del matrimonio, e a
equiparare il matrimonio a qualsiasi convivenza anche temporanea. Pertanto nella
catechesi è necessario inculcare che il matrimonio è costituito dal patto
coniugale manifestato, nella chiesa, come patto irrevocabile, con decisione
libera e responsabile. Il contenuto di questo patto è il darsi e l'accogliersi
come sposi per sempre in tutto ciò che si è per natura e per grazia, così che
non è lecito l'esercizio della sessualità al di fuori del matrimonio.
Significato dell'atto coniugale e procrezione responsabile
La
cultura odierna dissocia la sessualità dall'amore, l'amore dalla fecondità, la
fecondità dalla sessualità. Occorre pertanto annunciare con forza, alla luce
della Rivelazione e del magistero, il duplice e inscindibile significato unitivo
e procreativo dell'atto coniugale. Il patto di alleanza coniugale comporta il
darsi e l'accogliersi nella totalità del proprio essere, compresa la fertilità.
La chiesa intende in senso positivo il termine «procreazione
responsabile» e non negativo. L'essere sposi è responsabilità davanti a Dio e
a se stessi, e responsabilità dinanzi alla società, specialmente nelle
circostanze presenti di preoccupante denatalità. L'essere sposi e genitori è
un ministero ecclesiale: richiede la libertà interiore di dare risposta alla
chiamata di Dio per entrare nella benedizione del Creatore, il quale «li
benedisse e disse loro: Siate fecondi...» (Genesi 1, 28).
Urge soprattutto annunciare il valore del figlio come persona, in dialogo
con Dio fin dal concepimento, e la gravità dell'aborto volontario, in quanto
uccide una vita umana. Questa consapevolezza domanda anche forme nuove e
capillari di solidarietà verso ogni donna e ogni coppia tentata di rifiutare la
maternità.
Siate premurosi nella ospitalità (Romani 12,2)
Non
avallare col silenzio l'idea che il sacramento del matrimonio è compatibile con
qualsiasi stile di vita coniugale intimista e protesa solo al proprio benessere.
Oggi la catechesi prenuziale non può eludere il tema della famiglia aperta alla
solidarietà, all'accoglienza della vita -a partire dalla vita del bambino non
ancora nato- all'affisso familiare e alla ospitalità.
Siate artefici di umanesimo
familiare (Giovanni Paolo II)
La
società di oggi attende dalle famiglie dei cristiani una presenza che sia
costruttiva anche di una rilevanza sociale e politica della famiglia fondata sul
matrimonio. Un itinerario catechetico centrato esclusivamente sulla vita interna
alla coppia, accentua la diffusa concezione privatistica del matrimonio e della
famiglia.
Apostoli
e guide di altri sposi (Paolo VI)
La
catechesi, anche se prenuziale, non può riferirsi solo al tempo che prepara la
celebrazione, ma aiuta a guardare oltre. Il
ministero coniugale chiede di essere illustrato come specificazione della
vocazione battesimale e della grazia della cresima e perciò come impegno
missionario e di apostolato nella chiesa e nella società. Così è opportuno
presentare ai fidanzati gruppi, servizi e modalità per continuare una
formazione permanente da sposi.
8.
Per dare un volto e uno stile agli
itinerari di fede
Si
suggeriscono indicazioni e criteri a partire anche da esperienze raccolte a
livello nazionale.
Indicazioni
generali
I termini cammino e itinerario evocano esperienze continuate nel
tempo e dinamiche, ma definite. Pertanto è bene che ci siano un segno iniziale,
un segno conclusivo e tappe intermedie. Il tutto con modalità unitarie e
organiche, graduali e progressive. È rilevante che tali esperienze siano
proposte come destinate a tutti e a tutti accessibili, fugando l'impressione che
si tratti di «cenacoli» riservati. Per creare tradizione nella comunità
ecclesiale e nella mentalità della gente, occorre assicurare una certa stabilità
e consuetudine di esperienze. Questo richiede che una medesima impostazione sia
ripetuta in luoghi diversi e con persone diverse. Poiché queste iniziative
pastorali sono per il bene spirituale delle persone in tempi e contesti
culturali differenti, occorre coniugare insieme «tradizione» e «aggiornamento»
con un dinamismo che nasce da periodiche verifiche. Tali verifiche sono
effettive e vantaggiose quando coinvolgono sia gli operatori pastorali che i
fidanzati.
Indicazioni
specifiche
L'accoglienza. È fondamentale che i fidanzati possano incontrare subito
un ambiente accogliente. La sua immagine è data dallo stile delle persone e da
un insieme di piccole cose. Vi concorrono anche alcuni segni, come la cordialità
e la decorosità, pur nella povertà, del luogo dell'incontro. In una parola:
un'atmosfera di famiglia.
Gli animatori. I fidanzati si rendono più facilmente
conto del dono proprio degli sposi, nel loro stato di vita e nel loro
ordine in mezzo al popolo di Dio, quando sono gli sposi (una o due coppie) che
conducono e animano gli incontri insieme al presbitero.
Essi non si identificano necessariamente con i relatori. Loro compito è
condurre l'incontro, raccordare l'argomento della serata con quelli precedenti e
inquadrarlo nel contesto dell'itinerario. Per far ciò si rende necessario che
siano presenti a tutti gli incontri. Queste coppie, significative sotto ogni
aspetto umano e di grazia, vanno adeguatamente preparate e il loro servizio
apostolico sia riconosciuto dalla comunità ecclesiale. Anzi è bene sia loro
espressamente richiesto, eventualmente esonerandoli da altri impegni ecclesiali.
Il
metodo.
Un itinerario di fede non si riduce a un ciclo di conferenze-dibattito
su temi non concatenati tra loro. È un cammino sistematico e organico. Si
richiede che quelli che lo conducono operino insieme collegialmente, sappiano
esattamente che cosa dire, come dirlo, come iniziare e concludere l'incontro,
con quali accorgimenti far partecipare i fidanzati. E pur nella flessibilità
delle circostanze, non si improvvisi mai.
Contenuti e linguaggio siano catechistici. Ciò comporta l'esposizione
esatta della dottrina e la sua presentazione come messaggio, che interpreta la
condizione spirituale delle persone e annuncia la parola che la assume, la
purifica e la trasforma. È bene curare la precisione di ciò che si dice, con
profonda fedeltà alla tradizione biblica ed ecclesiale. Ciò che si comunica e
si consegna è al tempo stesso testimonianza della verità del Signore
professata nella fede. L'argomento dell'incontro va introdotto in modo
essenziale e compiuto, così da poter essere compreso anche da chi ha scarsa
preparazione. La successione degli argomenti sia il più possibile lineare. Non
si lasci intendere che solo il presbitero può presentare i temi della fede,
mentre i laici al massimo portano l'esperienza delle cose pratiche di famiglia a
conferma di ciò che ha spiegato il presbitero.
Il
tempo.
I tempi forti dell'anno liturgico sono sempre da privilegiare nella
programmazione di questi itinerari di fede. Quando le circostanze lo consentono,
caldeggiare la partecipazione a un itinerario programmato nel periodo
quaresimale diventa un segno pasquale. Si tratta di catechesi per la
conversione, in vista di un sacramento della fede che ripresenta e attualizza le
nozze di Cristo nella pasqua con la chiesa. Anche al di fuori di questi tempi
forti, il prolungare per più settimane la durata dell'itinerario è più
significativo dello stesso numero degli incontri. L'incontrarsi insieme, per un
mese e mezzo e oltre, settimanalmente, facilita familiarità e ravvicinamento
alla realtà ecclesiale, favorisce il ritorno a una fruttuosa pratica
sacramentale.
La
preghiera.
Un itinerario di fede, in vista del matrimonio, non può non essere
anche un'esperienza graduale e progressiva di preghiera. L'iniziativa di
formazione proposta, quale che sia la sua struttura e pur avendo presente la
realtà dei partecipanti, deve consentire a tutti, con la grazia di Dio, di
ritrovare il gusto della preghiera personale, insieme con un metodo, tempi e
contenuti della preghiera comune della coppia.
La benedizione dei fidanzati, può opportunamente diventare il segno
iniziale dell'itinerario, posto a conclusione del primo incontro. Una sorta di
«traditio», cui può far riscontro una forma di «redditio» a fine itinerario
con la rinnovazione della professione di fede battesimale. Aiuterebbe a
comprendere che il matrimonio è radicato nel battesimo e li consacra ministri
di santificazione nella famiglia e di edificazione della chiesa. È molto
opportuno prevedere e offrire dei momenti più intensi di spiritualità
(giornata di ritiro, esercizi spirituali). Ci sia sempre, a sostegno spirituale
la preghiera della comunità, nei modi e nelle forme che localmente si ritengono
più adatte: a es. nella preghiera domenicale dei fedeli.
La
vita di fede della famiglia.
L'itinerario di preparazione al matrimonio intende motivare nei
fidanzati la rilevanza della vita di fede nella famiglia che stanno per formare,
e proporre loro i momenti essenziali di preghiera che dovranno scandire le loro
giornate e le settimane, con riguardo specialmente alla preghiera quotidiana e
fatta insieme in famiglia, al perdono reciproco e al valore della
riconciliazione sacramentale, alla celebrazione del Giorno del Signore e alle
opere di misericordia corporale e spirituale. Si tratta di formare famiglie che
vivano di fede, con una spiritualità autentica e una fede incarnata.
La
verifica.
Utilizzando le circostanze più favorevoli si proponga una verifica del
cammino compiuto, con attenzione sia alle persone e alle loro esigenze sia al
cammino d'insieme.
L'attestato di partecipazione sia un segno-ricordo e non solo un
documento d'ufficio.
9. Verso una celebrazione
esemplare del sacramento
La celebrazione liturgica del sacramento è forma eminente con cui la
chiesa evangelizza il matrimonio cristiano. Pertanto è cosa buona che i
fidanzati abbiano in mano il rito del matrimonio fin dall'inizio della loro
preparazione, e che si dedichi tempo alla spiegazione dei singoli gesti e riti.
È molto opportuno invitare i fidanzati a leggere, personalmente e in coppia,
almeno le pagine della Scrittura proposte nel libro liturgico del Rito del
matrimonio. È un esercizio di ascolto della Parola di Dio e di riflessione, con
la guida anche del presbitero e delle coppie animatrici. I fidanzati potranno
anche scegliere per la celebrazione del rito le letture più consone alla loro
situazione spirituale. Nel tempo più vicino alla celebrazione delle nozze si
invitino gli amici e parenti a collaborare con la proclamazione delle letture,
la preghiera dei fedeli, il canto... Possibilmente si prepari un sussidio che
permetta all'assemblea presente al rito nuziale di seguirlo con maggior
attenzione e partecipazione.
Alcune
coppie alla vigilia delle nozze invitano i familiari e gli amici a una veglia di
preghiera.
In alcune celebrazioni gli sposi, d'accordo con il presbitero che
presiede l'eucaristia e la benedizione nuziale, accentuano sobriamente alcuni
momenti e segni del rito che:
-annunciano l'impegno del matrimonio a servizio dell'edificazione della
chiesa;
-testimoniano l'invocazione dello Spirito per il consenso nuziale;
-evidenziano il rapporto fra il sacramento e la fede del battesimo.
A tutti la comunità ecclesiale offra pari possibilità- di un rito
festoso e dignitoso, che si caratterizzi a un tempo per la solennità
dell'evento e la semplicità dei gesti. Le nozze sono incontro di famiglia e di
amici e occasione giustamente di festa. Ma
la festa non è il lusso, come l'abbondanza che anche Gesù ha portato nelle
nozze non significa spreco; perciò non dovrebbe essere offensiva e umiliante
per i poveri. È molto opportuno suggerire agli sposi, in occasione del
matrimonio un'opera di misericordia spirituale o corporale verso i poveri, o una
persona inferma o malata. Il gesto è molto più espressivo della parola per
dichiarare che la nuova famiglia vorrà essere casa in cui abita la carità.
PARTE II
IL VANGELO DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA
Queste pagine tracciano un itinerario di fondo per introdurre i
giovani nella conoscenza del mistero cristiano del matrimonio. L'itinerario
muove dalla realtà umana che vivono i fidanzati, per lumeggiarla con l'annuncio
che dà senso cristiano alla vita, all'amore e alla famiglia. Gli aspetti
antropologici e di scienze umane sono rilevanti nella preparazione al
matrimonio. Ecco perciò i capisaldi sui quali articolare la illustrazione del
mistero sacramentale come «buona notizia»: la vocazione all'amore dell'uomo e
della donna, il matrimonio come vocazione radicata nel battesimo, la rivelazione
nel matrimonio del mistero trinitario e dell'alleanza pasquale di Cristo, i
valori e i segni che fanno del matrimonio e della famiglia la «intima comunità
di vita e di amore», la «chiesa domestica», profezia vivente della civiltà
dell'amore e del regno che viene ogni giorno. Questo testo non contiene, però,
i contenuti delle catechesi da svolgere e non si sostituisce pertanto ai
catechismi e ai sussidi disponibili in libreria. Mira invece a evidenziare
circostanze di fondo, avvertenze e inavvertenze più rilevanti, impostazioni
bisognose di una caratura più aggiornata, perché le molte strutture e le varie
iniziative pastorali che vengono poste in atto non disattendano le finalità
pastorali ed educative che si propongono. Le proposte catechistiche che si
evincono dal testo possono sembrare incomplete per coloro che sono già attivi
nell'impegno ecclesiale, e sovrabbondanti per altri che vivono di «religiosità
senza credenza». Di fatto sollecitano ad avere riguardo al cammino di fede dei
singoli, quale che sia la loro statura spirituale, per promuoverli con rispetto
e con fiducia a una tappa di più matura preparazione al matrimonio nella verità
e nella carità.
1. Matrimonio e famiglia, realtà
umane
La Chiesa conosce la via sulla quale la famiglia può giungere al cuore
della sua verità più profonda. È una via imparata alla scuola di Cristo e nel
tirocinio della storia interpretata nella luce dello Spirito.
La Chiesa è profondamente convinta che solo con l'accoglienza del
Vangelo trova piena realizzazione ogni speranza che l'uomo legittimamente pone
nel matrimonio e nella famiglia (cfr. Familiaris consortio, nn. 3 e 86).
La preparazione al matrimonio e alla famiglia è occasione
privilegiata nella crescita della persona nella fede di Cristo e della chiesa.
È tempo di un cammino di fede nella comunità cristiana e comporta anzitutto
che le persone si sentano accolte, come persone e come coppie. L'accoglienza si
esprime come riguardo da avere nello stile e nelle forme degli incontri, e ancor
più nei contenuti della catechesi che viene loro proposta e nel discorso che
con loro si intreccia. Non si tratta solo di tecnica delle relazioni umane.
L'attenzione alle persone e alle loro vicende umane risponde a un criterio di
fedeltà al Verbo che si è fatto carne e ha assunto tutta intera la realtà
umana per purificarla dal peccato e farla strumento di salvezza. Risponde a una
esigenza della pedagogia cristiana, che raccomanda di muovere dai problemi umani
e dai valori che appartengono all'esperienza delle persone, per tenerli presenti
nell'esporre il messaggio cristiano (cfr. Il rinnovamento della catechesi,
abbrev.: RdC 77 e 173). Il piacere e il desiderio di amarsi e la realtà umana
che le coppie portano con sé sono intensi e carichi di interrogativi: sulla
verità profonda che dà senso all'amare e allo sposarsi, alla fedeltà e
all'unità dell'amore, alla fecondità della coppia umana e al fare famiglia.
Sono domande spesso sopite o rimosse, a volte temute. Sono interrogativi da far
emergere e rendere consapevoli, perché questo è promozione dell'uomo e
servizio di carità. Può sembrare strano che per rispondere a essi si debba
partire da lontano, da domande fondamentali: chi è l'uomo? chi è Dio... Si è
in presenza infatti di una vicenda umana che nasce dal cuore delle persone e che
precede in qualche misura altre scelte ispirate dalla fede e dalla religione.
Matrimonio e famiglia sono anzitutto realtà umane che hanno radici profonde
nell'essere delle persone e rimandano perciò a Dio, perché a immagine e
somiglianza di Dio la persona è creata (cfr. Genesi 1, 26). Se si cerca il
senso ultimo dell'amore umano, del matrimonio e della famiglia, non si può
prescindere da Dio. Perché l'uomo e Dio non possono essere scissi tra loro. E
Dio vuole che non vi siano sposi senza amore.
2. La vita dell'uomo,
vocazione all'amore
La rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la
vocazione della persona umana, nella sua interezza, all'amore: il matrimonio e
la verginità. Sia l'uno che l'altro, nella forma loro propria, sono una
concretizzazione della verità più profonda dell'uomo, del suo «essere ad
immagine di Dio» (Familiaris consortio, n.11). La preparazione al matrimonio e
alla famiglia non si può intendere se non in una visione della vita come
vocazione. Dio è amore ( 1 Giovanni 4, 7-8) e ha creato l'uomo a sua immagine e
somiglianza, chiamandolo all'esistenza per amore e all'amore. «Creandola a sua
immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità
dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità,
dell'amore e della comunione» (FC, 11). La persona umana diventa ciò che è,
simile a Dio, nella misura in cui diventa uomo/donna che ama, scegliendo le vie
del matrimonio o della verginità. Ambedue sono forme per realizzare la
vocazione all'amore e tra loro non esiste contrasto bensì complementarietà e
reciproca conferma. L'uomo/donna è chiamato all'amore nella sua totalità
unificata di corpo e spirito. Di conseguenza, la sessualità, mediante la quale
l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi
degli sposi, non è mai realtà puramente biologica, ma riguarda l'intimo nucleo
della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se
è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente
l'uno verso l'altro fino alla morte. Senza la conoscenza e l'accoglienza del
disegno di Dio sulla vocazione umana, sull'amore e sulla sessualità, la persona
umana è come incapace di attingere la verità primordiale del suo io e del suo
destino. Rischia di andare a tentoni, cercando se mai arrivi a trovarla, benché
Dio non sia lontano da ciascuno di noi (cfr. Atti 17, 27).
3.
Dal battesimo al matrimonio
Mediante
il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella nuova ed
eterna alleanza, nell'alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. È in ragione
di questo indistruttibile inserimento che l'intima comunità di vita e di amore
coniugale viene elevata e assunta nella carità sponsale di Cristo, sostenuta e
arricchita dalla sua forza redentrice (Familiaris consortio, n.13).
Contrariamente alla esperienza immediata dei nubendi, la loro preparazione al
matrimonio è cominciata da lontano. La vocazione al matrimonio ha la sua radice
nella vocazione del battesimo. Nel segno dell'acqua battesimale, grazie alla
fede della chiesa e all'opera educativa dei genitori, è iniziato un cammino che
dovrebbe avere inserito sempre più intimamente l'uno e l'altro dei fidanzati
nel corpo mistico di Cristo che è la chiesa. L'essersi incontrati e l'essersi
ri-conosciuti vivi l'uno per l'altro è un segno, nella fede, dell'amore
preveniente di Dio che si rivela, e di Cristo che chiama a vivere nel suo
comandamento: «Amatevi come io vi ho amati» (Giovanni 13, 34). Le occasioni
d'incontro in preparazione al matrimonio devono consentire a ciascuno di
prendere coscienza del proprio itinerario di conversione, di abbandono alla
volontà di Dio, di solidarietà nella chiesa e conformazione a Cristo, di vita
nuova nel mondo (cfr. RdC 17). Se sono credenti, è facile per i due fidanzati
condividere quanto viene detto e mettere in comune con gli altri la gioia di
credere. Se hanno qualche dubbio di fede, hanno l'occasione di riflettere e
maturare una fede, ferma forse a lontani ricordi dell'infanzia. Se non credono,
eppure chiedono di sposarsi in chiesa, è giusto e doveroso che conoscano il
vero significato di ciò che stanno per fare, per apprezzare se possibile
l'orizzonte che la fede apre loro sul matrimonio cristiano. Quando decidono di
sposarsi «nel Signore», un uomo e una donna decidono di portare a compimento
il loro amore sul fondamento della vita nuova in cui il battesimo li ha immersi.
Essi risponderanno in solido della salvezza e assumeranno la responsabilità
congiunta di guidare alla salvezza di Cristo tutta la propria famiglia. Il
sacramento del matrimonio specifica il loro battesimo e, in qualche misura, lo
porta a compimento, così che non sono singoli battezzati ma unità, non sono
due ma un solo essere. Il matrimonio è in realtà, come sottolinea la
tradizione orientale, un battesimo coniugale e la vita coniugale è sempre
un'esistenza battesimale.
4. Il
matrimonio, patto d'amore che esalta e salva la libertà della coppia
È dall'atto
umano con il quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche
davanti alla società, l'istituto del matrimonio, che ha stabilità per
ordinamento divino. Questo vincolo sacro, in vista del bene sia dei coniugi e
della prole, che della società, non dipende dall'arbitrio dell'uomo (Gaudium et
spes, n. 48). La preparazione al matrimonio ha da fare i conti oggi con una
mentalità soggettivistica diffusa che rischia di pensare il matrimonio e di
sceglierlo come una «esperienza» affidata puramente alla buona volontà e
all'intesa privata dei due, destinata a cessare quando l'intesa venga meno. È
necessario pertanto presentare il matrimonio quale è rivelato nel disegno di
Dio creatore: «intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal
Creatore e strutturata con leggi proprie, stabilita dal patto coniugale, ossia
dall'irrevocabile consenso personale» (GS 48).
Il matrimonio è istituzione.
Lo è non solo
perché organizzato in forme particolari e come tale è riconosciuto.
Lo è perché
è istituito da Dio creatore e inserito nella struttura profonda della persona
umana; e perché è dotato di una struttura e di finalità sociali che devono
esser riconosciute e stabilmente protette dalla società. Lo è come esigenza
interiore del patto d'amore coniugale che pubblicamente si mostra come unico ed
esclusivo. Come istituzione, il matrimonio connette mirabilmente tra loro Dio e
uomo, affetti e aspirazioni delle persone e storia, individui e istituzioni. La
fedeltà di Dio è la garanzia ultima di fondamento stabile, di continuità
perseverante, di lotta vittoriosa sulle debolezze umane. È sua la parola
creatrice e la benedizione, che pone la coppia al principio della storia e la
proietta nel tempo: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra»
(Genesi 1, 27-28). Il matrimonio non è, dunque, una vicenda privata e intima di
due persone. Appartiene agli sposi e insieme alla comunità umana. Il matrimonio
non è neppure mera esperienza e momento puramente soggettivo di
autorealizzazione degli individui. Anche se è vicenda di due persone in un dato
tempo e luogo, è destinato a divenire cerniera di generazioni, interfaccia tra
passato e futuro, tra memoria e speranza; ed è anello di comunicazione e di
relazioni tra famiglie e famiglie, tra tradizioni differenti e compresenti, di
fatto anche tra cristiani e non.
5. La
novità cristiana del matrimonio: sposi nel Signore
Gli sposi sono
il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce: sono
l'uno per l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento
li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni
sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia (Familiaris consortio, n.
13). Le scienze umane, la psicologia, la sociologia, sono soccorso prezioso
nella preparazione al matrimonio cristiano per la intelligenza della vicenda
umana di ciascuna coppia. Ignorarne il contributo sarebbe grande errore. Ma la
preparazione al matrimonio e alla famiglia richiede, come in ogni cammino di
fede, che i discorsi si basino soprattutto sulla manifestazione dello Spirito e
della sua potenza, come scrive san Paolo: «parliamo di una sapienza divina,
misteriosa, che è rimasta nascosta e che Dio ha preordinato prima dei secoli
per la nostra gloria» (cfr. 1 Corinzi 2, 7). Si propone una traccia elementare
di temi, che si possono considerare essenziali come oggetto di annuncio nel
cammino di fede in preparazione al matrimonio e sono motivo perciò anche di
invocazione e preghiera.
I) Da sempre,
fin «dal principio», la storia umana dell'amore e dell'unione coniugale tra
uomo e donna riflette come in uno specchio la verità profonda di Dio che ama il
suo popolo, lo educa e lo salva: l'unione coniugale è simbolo del patto d'amore
tra Dio e il suo popolo.
2) Con l'incarnazione, Gesù Cristo ha confermato la dignità della
istituzione del matrimonio e l'ha ricondotta anzi alla verità del principio
della creazione (Matteo 19,4-6). Con la sua morte e risurrezione il matrimonio
umano viene sanato nelle sue alienazioni, restituito a tutta la sua dignità e
alle sue valenze iniziali, santificato come stato di vita e inserito nel mistero
d'amore che unisce Cristo redentore e sposo alla sua chiesa, nuovo popolo di
Dio, sposa eletta.
3) Ora il disegno è compiuto. Il matrimonio è «simbolo reale della
nuova ed eterna alleanza sancita dal sangue di Cristo» (FC n. 13). È
sacramento, uno dei sette segni che la chiesa sente attivi nel suo seno con sue
proprie modalità. II dono della creazione, che è il patto degli sposi, è
elevato a segno e strumento della pienezza d'amore e della solidarietà radicale
di Gesù Cristo sposo della sua chiesa.
4) Benché il titolo di Gesù, «sposo» per eccellenza, sia
ordinariamente trascurato dalla cristologia, esso deve trovare tutto il suo
significato. Allo stesso modo che Gesù è la vita, la verità, la via, la luce,
la porta, il pastore, l'agnello, la vigna e perfino l'uomo, poiché riceve dal
Padre «il primato su tutte le cose» (Colossesi 1, 18), con la stessa verità e
a buon diritto, è anche lo sposo per eccellenza, vale a dire «il maestro e il
Signore», quando si tratta di amare l'altro come la propria carne. Perciò la
cristologia del matrimonio si deve iniziare da questo titolo di sposo e del
mistero che esso richiama. In questo campo, come in ogni altro, «nessuno può
porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo»
(Commissione Teologica Internazionale, Tesi cristologiche, n.4,1977).
5) Nello Spirito Santo, i coniugi cristiani acquisiscono coscienza e
responsabilità che il loro matrimonio è radicato e vissuto «nel Signore» (1
Corinzi 7, 39). L'amore supremo e il dono del Signore fino al suo sangue-come
pure l'adesione fedele e irrevocabile, la solidarietà radicale della chiesa,
sua sposa-diventano modello ed esempio per il matrimonio cristiano. Anzi, dal
Cristo, nello Spirito Santo, viene il dono di una vera partecipazione degli
sposi al rapporto di amore tra Cristo e la chiesa. Nella vita coniugale e
familiare Cristo è presente, rimane con gli sposi perché possano amarsi l'un
l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione, come egli ha amato (cfr. GS
48).
6) Dal canto loro, gli sposi cristiani rappresentano o meglio,
ripresentano efficacemente, in forza della grazia di Cristo, la chiesa del
Signore nel mondo e, specialmente con la dimensione familiare, edificano «la
chiesa domestica» (LG 11). Gli sposi sono addirittura i ministri di un
sacramento che li riguarda al massimo. Essi sono abilitati al ministero
coniugale, ministero originale e specifico di santificazione, di annuncio della
Parola e di carità operosa, un servizio umile e prezioso a dimensione regale,
profetica, sacerdotale.
7) La famiglia cristiana ha dal sacramento del matrimonio la sua
sorgente, la sua consistenza e la sua profezia, così da «rendere a tutti
manifesta la viva presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della
chiesa» (GS 48).1 figli sono il riflesso vivente dell'amore degli sposi, dono e
segno permanente dell'unità coniugale, sintesi del loro essere padre e madre,
benedizione per l'umanità. La preparazione al matrimonio è anche occasione per
mettere in questione un linguaggio ed espressioni che non sono cristiane; «pericolo
di gravidanza», «paura del figlio», «fare un figlio», tradiscono una
mentalità che non consente di guardare con animo sereno alla gravidanza, che
non è di per sé un pericolo, e che pensa al figlio come al prodotto biologico
di volontà soltanto umane.
6. Valori e fini del matrimonio
cristiano
È Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e
fini, tutti quanti di somma importanza per la continuità del genere umano, il
progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia,
per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e
di tutta la società umana. Per sua indole naturale, l'istituto stesso del
matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione
della prole e in queste trovano il loro coronamento (Gaudium et spes, n. 48). La
cultura contemporanea consente ai giovani di maturare un senso spiccato per
alcuni valori e di formarsi però una consapevolezza inadeguata della natura del
matrimonio, dei suoi fini essenziali e della responsabilità che comporta. In
questo ambito in modo particolare si impone la necessità di proporre la verità
cristiana sul matrimonio nella sua integrità. È in gioco la riuscita stessa
del matrimonio, la felicità o la infelicità di un vincolo che non dipende
dall'arbitrio dell'uomo e sul quale guarda invece benevolmente e con fiducia il
Signore. È un disegno stupendo quello cui guardano i nubendi con aspirazione
massima e cui, sovente senza saperlo, pongono per primi ostacolo. Può essere in
gioco la validità stessa del matrimonio. Vanno riproposti in particolare i
valori della unità, fedeltà, indissolubilità e fecondità del matrimonio, ben
sapendo che spesso i nubendi possono manifestare assenso ai concetti che hanno
compreso prima ancora di essere in grado di assumerne nel vissuto personale i
contenuti. Unità dice intima comunione di vita che vincola, nella distinzione
delle due personalità, un solo uomo e una sola donna con esclusione di tutti
gli altri. Significa perciò fare una famiglia e costituirla come «comunità»,
come Cristo fa una sola cosa con la chiesa e la chiesa una sola cosa in Cristo.
Fedeltà e indissolubilità sono due dimensioni di un medesimo impegno a donarsi
in modo esclusivo e incondizionato, per sempre. Indissolubilità non è
soggiogare l'altro o imbrigliarlo giuridicamente perché non scappi, ma volontà
di coltivare l'altro in modo che non gli manchi nulla, anzi volontà di vivere
una solidarietà radicale, a oltranza, in una adesione piena, dinamica e
quotidiana per il bene superiore della famiglia. Fedeltà è, in modo dinamico,
una sorta di promozione umana dell'altro. Non è solo esclusione del tradimento
e dell'adulterio, ma essere fedele a lui/lei così come è nella sua personalità
e storia (investire per lei, a esempio, in modo che cresca anche come donna). Un
modo coniugale di coltivarsi che non è né paternalismo, né assistenza, né
controllo, né ricatto; è coniugale invece, è un modo preciso di amare sul
modello di Cristo, sposo della chiesa. Infine fecondità non come via di
semplice realizzazione di sé o compensazione di bisogni insoddisfatti, ma come
speciale partecipazione all'opera creatrice di Dio Padre e come ricchezza
personale da portare in dono all'altro, vita da dare, per trasmettere nella
generazione l'immagine divina da uomo a uomo (cfr. FC 28). Essa poi si allarga a
produrre anche altri frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il
padre e la madre sono chiamati a donare con l'opera educativa ai figli e,
mediante i figli, alla chiesa e al mondo. La dottrina della chiesa, e in
particolare, della Gaudium et spes (cfr. n.50) sul compito di procreare con
generosa, umana e cristiana responsabilità, deve essere compresa e rimotivata.
La preoccupazione di illustrare i metodi di regolazione naturale della fertilità
non deve sembrare implicito avallo della decisione di rimandare negli anni il
servizio alla vita. Tale illustrazione perciò deve accompagnare e seguire una
positiva presentazione della procreazione responsabile nei suoi valori e quindi
nei suoi criteri etici (cfr. Gaudium et spes 50; Humanae vitae 10 ss.). I metodi
naturali sono da insegnare e apprendere anzitutto come strumenti di conoscenza
della fertilità, come motivo nuovo di stupore dinanzi alla fisiologia e ai
ritmi impressi nella creatura e dal Creatore stesso affidati alla responsabilità
consapevole della coppia. Nel presentare i metodi naturali, la parte tecnica
deve essere inserita in un contesto più ampio. La scelta che le coppie fanno
dei metodi naturali viene incoraggiata quando soprattutto si presenta quale via
per un modo più pieno di accogliersi, di essere coniugi e di volersi bene. Gli
operatori di più consumata esperienza avvertono che non bisogna farsi prendere
dalla voglia di insegnare, ma occorre usare saggiamente l'arte di educare. La
fecondità dell'amore coniugale si esprime poi in altre forme molteplici di
servizio alla vita, come amore che va oltre i vincoli della carne e del sangue,
spalancando gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e sofferenze
della nostra società: «Con le famiglie e per mezzo loro, il Signore Gesù
continua ad avere "compassione" delle folle» (FC 41).
7. Un cammino nella fede per un
matrimonio fruttuoso nella grazia
Come «ministri» gli sposi, se hanno l'intenzione di fare quanto
intende fare Cristo e la Chiesa, celebrano validamente il sacramento. Come «destinatari»
del sacramento, gli sposi non possono ricevere la grazia dell'amore nuovo di
Cristo per la Chiesa se non sono ad essa disponibili: e la fede è la prima e
fondamentale disposizione. Nella sua azione pastorale la Chiesa perciò deve non
solo assicurarsi della validità dei gesti sacramentali, ma anche impegnarsi in
una continua evangelizzazione e catechesi (cfr. Evangelizzazione e sacramento
del matrimonio, nn. 54-56). La novità, che comprende tutte le altre, da
introdurre nella prassi prematrimoniale è un rinnovamento della realtà e
spiritualità battesimale, una formazione di coscienza «cristiana» che inizia
dalla presa di coscienza. Occorre suscitare e maturare la coscienza dell'unità
essenziale e dell'articolazione dinamica di tutti gli elementi del battesimo e
delle sue dimensioni: la fede e la confessione della fede, l'incorporazione a
Cristo e alla chiesa, le conseguenze morali, la partecipazione alla vita della
comunità ecclesiale, la responsabilità di essere testimoni attivi e
coraggiosi. Non basta promuovere le condizioni per un matrimonio valido. La
preparazione al matrimonio è occasione per preparare un matrimonio lecito e
fruttuoso: perché i nubendi acquisiscono nell'orizzonte della fede la verità
dei valori e dei fini del matrimonio; perché sono invitati a fare un cammino di
conversione nella verità dell'amore casto e fedele di Cristo e perché si
dispongono a celebrare nella grazia di Dio il sacramento nuziale, possibilmente
celebrando prima la riconciliazione sacramentale.
Perché in definitiva sposarsi in chiesa? Rischia di non avere senso il
sacramento del matrimonio se non trova le sue motivazioni al di là della «obbligazione
sociologica» (le abitudini, le emozioni, una vaga nostalgia...). Non si vede
altrimenti dove vada a finire il cammino di una fede libera, consapevole e
gioiosa. Il senso del matrimonio «in chiesa» è che la coppia riconosce nel
proprio amore il segno e la presenza di un dono più grande, l'amore di Dio che
salva. Il sacramento del matrimonio rivela e offre in dono la novità portata da
Cristo. È bene, è necessario che i nubendi verifichino se in loro trovano
accoglienza le proposte che la comunità ecclesiale offre con amore e con verità.
1) L'amore coniugale non è estraneo all'amore di Dio, dice la presenza
amante del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Due battezzati non possono
suggellarlo senza celebrarne il sacramento con gratitudine al Signore che ama
per primo e invita a condividere il suo dono d'amore per comunicarlo ad altri.
Questa gratitudine avviene nella fede in Gesù Cristo venuto a manifestare e a
comunicare l'amore del Padre nella carne degli sposi.
2) Il patto d'amore coniugale trova nel sacramento come un'apertura a
nuove dimensioni: gli sposi diventano l'uno per l'altro dono e comunicazione di
Dio; la sessualità viene vissuta come appello iscritto nel profondo -nel cuore
e nella carne-a una generosità senza confini, al superamento di sé nell'amore
per l'altro, nella diversità che rimane ed evoca il Totalmente Altro; la
procreazione e i figli sono frutto di una sovrabbondanza d'amore che può essere
condivisa, e sollecita ad amarsi oltre se stessi; la vita coniugale è mettersi
insieme sulla via di Cristo; «seguite la strada dell'amore sull'esempio di
Cristo che ci ha amato e si è dato per noi» (Cfr. Efesini 5, 2).
3) Tutta la comunità ecclesiale celebra l'amore degli sposi e ringrazia
il Signore. E gli sposi diventano, come coppia coniugale, una cellula della
chiesa, una «chiesa domestica», profezia vivente della civiltà dell'amore e
segno del regno che viene ogni giorno.
8. Presentazione della morale
sessuale in termini motivanti
Il sacramento del matrimonio, effondendo il dono dello Spirito che
trasforma l'amore sponsale, diventa la legge nuova della coppia cristiana. Il
Vangelo della grazia diventa comandamento per la libertà, il dono di Dio si fa
compito per l'uomo. La grazia di Cristo, donata alla coppia è un germe che ha
in sé l'urgenza e il dinamismo della crescita (cfr. Evangelizzazione e
sacramento del matrimonio, nn. 49 e 52). È spesso difficile per la coscienza
contemporanea accogliere la legge morale cristiana come vangelo, legge di libertà.
Ancora più difficile da accogliere è la dottrina morale sull'esercizio della
sessualità, le relazioni di coppia, la paternità e maternità responsabile;
essa trova non poche barriere nella mentalità corrente e nella coscienza
soggettiva delle persone. Qualcuno potrà obiettare che è tardi parlarne a
breve distanza dal matrimonio, che questa educazione deve essere anticipata alla
prima adolescenza. È vero. Ma non è mai tardi per risvegliare nelle coscienze
nostalgia di valori autentici e per presentare il messaggio cristiano come via
di libertà. La preparazione al matrimonio è occasione per riproporre in
termini positivi e in modo motivante i valori fondamentali della visione etica
umana e cristiana: la vita come splendido dono del Dio della bontà dinanzi a
cui trasalire nel cosmo, l'amore come capacità di uscire da sé, come gratuità
per una crescita integrale, la corporeità e la sessualità come linguaggio,
comunicazione e trasparenza dell'essere più profondo della persona; la fedeltà,
l'unità, la castità nel fidanzamento, con il tirocinio spirituale e di
autocontrollo che esse comportano. In materia di paternità responsabile, la
prima e più rilevante decisione morale è quella per cui i coniugi dicono sì o
no alla loro vocazione di «cooperatori dell'amore di Dio creatore e quasi suoi
interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla» (GS 50).
Questa vocazione chiama a un atteggiamento dialogico e interpersonale tra gli
sposi e il Padre, frutto dello Spirito, grazia di Cristo, la cui immagine si
riflette nella natura e nella dignità della persona umana. Non può essere
causa di paura, ma è motivo di fiducia. Dio è il Signore della vita e la vita
non nasce perciò dal gioco impersonale del caso ma dalla sua volontà e dalla
sua sapienza. Dio è in rapporto di alleanza con l'uomo e non di rivalità o di
soggezione. Dio non vuole per le persone e per la coppia che il pieno sviluppo
per esse concretamente possibile. È in questa prospettiva di fiducia che
occorre illustrare i criteri che devono guidare i coniugi a non procedere a loro
arbitrio, ma a formarsi una coscienza retta, un «retto giudizio», sul compito
loro proprio di procreare «con generosa, umana e cristiana responsabilità»
(vedi GS 50).
La illustrazione dei valori e delle esigenze inerenti alla conoscenza
della corporeità e dei ritmi naturali della fertilità deve motivare e
incoraggiare, verso un incessante impegno morale conforme al disegno sapiente e
amoroso di Dio, sia le persone che le coppie, in quanto si costruiscono
spiritualmente giorno per giorno.
La presentazione della dottrina del magistero morale deve essere dunque
conforme alla pedagogia della chiesa (vedi HV 29; FC 33-34): mentre non esiste
una gradualità della legge, esiste per la persona umana la legge della
gradualità, in quanto è essere storico che si costruisce con le sue libere
scelte, secondo tappe di crescita non senza la coscienza del peccato e il
ricorso alla misericordia di Dio. «Non sminuire in nulla la salutare dottrina
di Cristo» è eminente forma di carità verso le anime. Ma ciò deve
accompagnarsi sempre con la pazienza e la bontà di cui il Redentore stesso ha
dato l'esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare, ma per
salvare, egli fu certo intransigente con il male, ma paziente e misericordioso
verso i peccatori» (Humanae vitae, n. 29). Tanta fedeltà alla verità di Dio e
tanto amore verso le persone richiedono di inculcare in tutti i fidanzati il
valore sacro dell'essere umano fin dal suo concepimento. A partire da questo
momento l'essere è già dotato di una sua individualità genetica; soprattutto
è già in dialogo con Dio, è termine di un suo pensiero di amore, soggetto di
relazioni sempre più forti con la madre prima e con la coppia dei genitori.
Toglierlo di mezzo, anche se è legale, è sempre uccidere. Se anche sembrasse
malato o bisognoso di cure, il bene della madre e il bene suo domanda che di lui
ci si prenda cura. Nel grembo materno il bambino è già un soggetto. Come Gesù
che per primo ha segnalato a un altro bambino non ancora nato la sua presenza e
che ha ottenuto per sua Madre il dono del saluto profetico: «Benedetta tu fra
le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!»
(Luca 1, 42).
APPENDICE
IL CONTESTO SOCIO CULTURALE E LE ATTESE DEI GIOVANI:
1. Soggettività ed esperienza
La cultura e la storia occidentale contemporanea esalta
enormemente l'individuo, come criterio di valore assoluto. Ne consegue perciò
l'esaltazione della singolarità irripetibile di ciascuno. Agli occhi della
nuova generazione questa appare una conquista del nostro tempo e tra le più
significative. Il riconoscimento del valore della singolarità irripetibile
dell'individuo si incontra con la tradizione cristiana. Essa infatti mette al
centro di ogni problema la persona umana con i diritti e doveri a essa
ascrivibili. Non vi possono essere quindi ragionevoli dubbi sull'importanza di
questa acquisizione. Tuttavia è necessario riconoscere anche le ambiguità che
essa porta con sé. Ne annotiamo alcune:
-porta un risveglio della coscienza individuale, ma in nome della
coscienza chiede le più ampie libertà di autorealizzazione e il rifiuto di
qualsiasi riferimento trascendente a Dio;
-tende a ridurre la complessità dell'esistenza alla
considerazione della semplice esperienza concreta;
-ricerca la realizzazione personale nel quotidiano a tutti i costi
e pertanto non accetta norme morali permanenti nel tempo e nello spazio, cioè
significative per tutti, ma afferma il relativismo morale vanificando la
possibilità di una base oggettiva di comunione tra persona e persona e di
dialogo;
-sviluppa un'eccitante creatività, nella più totale autonomia,
non condizionata dalla ripetitività del passato; e così sradicata perde
dimensione storica e valenza sociale. Inoltre si priva di una pur minima
progettualità sul futuro. La struttura sociale, politica ed economica esistente
appare per molti aspetti omogenea e in posizione di reciproca influenza rispetto
a tali orientamenti culturali, qui semplicemente richiamati nelle loro
dimensioni caratterizzanti ed estreme.
2. In rapporto con le istituzioni
L'esaltazione della soggettività si traduce anche in
comportamenti soggettivi nei confronti di ogni proposta proveniente dall'esterno
e, in modo particolare, da istituzioni pubbliche, sia sociali che religiose. Nel
rapporto con esse prevale dunque il criterio di prendere di volta in volta ciò
che sembra utile alla soggettività di ciascuno, in quel dato momento, ma
sottraendosi a ogni coinvolgimento personale e corresponsabile. Si costata
quindi la caduta in verticale del senso di appartenenza e di militanza. Anche
questi fenomeni richiedono un'analisi attenta ed equilibrata. Accanto a
inevitabili contraccolpi negativi, infatti, essi aprono la strada a una presenza
più critica e consapevole entro la società e la stessa chiesa e impongono
continue verifiche e miglioramenti delle proposte e dei servizi offerti.
3. Paura degli altri e del futuro
L'uomo
contemporaneo sembra avere di fronte agli altri e al futuro un diffuso senso
d'angoscia. In realtà le possibilità di garantirsi un minimo di controllo sul
futuro sono poco più che nulle. La memoria del rapporto con gli altri finisce
per registrare solo delle emotività passeggere oppure una conflittualità
inarrestabile. Tutto ciò ha riflessi profondi nella vita affettiva,
matrimoniale e familiare. Nella adolescenza, il bisogno di sicurezza e ricerca
di comunicazione immediata trovano risposta facile nei gesti dell'intimità e
dell'avventura amorosa. C'è una carica sincera di sentimenti ma ancora
nell'incapacità di dedizione totale e di progetti durevoli o definitivi.
Nell'adulto, l'ineducazione alla progettazione e alla proiezione di sé nel
futuro, induce, a esempio, un reale spavento di fronte a un matrimonio
indissolubile, destinato a durare quaranta o cinquanta anni e più. Ugualmente
la paura di perdere la propria libertà e soggettività chiude di fronte al
discorso procreativo: avere un figlio significa dover affrontare responsabilità
di lunga durata, rischiare di farsi rinchiudere nel ruolo di genitori e
affrontare quesiti di fondo anche su se stessi.
4.
La condizione femminile
All'interno
della condizione giovanile, le donne sembrano essere le più segnate da una
particolare fatica a riconoscere la propria vocazione personale rispetto alla
vita di coppia e a quella sociale. Il desiderio di realizzarsi con identità
propria e autonoma dall'uomo è vissuto spesso in termini conflittuali.
L'aspirazione a una sicurezza affettiva e matrimoniale coesiste con
l'aspirazione a un'attività professionale, che però si realizza solo a prezzo
di grandi sacrifici personali. La maternità, anche quando è desiderata, viene
rinviata e temuta sia a motivo delle circostanze e dei condizionamenti economici
e sociali sia a motivo della specifica percezione soggettiva del tempo di vita
nella donna nel cui vissuto il «tempo della famiglia» si trova a avere un peso
diverso che per l'uomo. Le coppie di fidanzati, interrogati su questi problemi,
molto spesso affermano di aver maturato atteggiamenti di emancipazione e comune
senso di responsabilità su tali questioni.
Tuttavia ciò non significa che sappiano valutare i costi che comporterà
per entrambi la necessità per la donna di comporre insieme il ruolo che essa
stessa si riconosce e quello che la società tende ad attribuirle, il duplice
impegno di casalinga e di lavoratrice fuori casa. Non significa neppure che
entrambi abbiano piena consapevolezza che essere coppia e mettere su famiglia
costituisce una vita nuova, in cui realizzare ciascuno compiutamente se stesso,
e comporta confrontare ogni giorno le aspirazioni proprie con quelle dell'altro
e insieme con il bene comune della realtà coniugale e familiare.
5.
Vittime o fruitori della soggettività?
L'accentuazione
della soggettività, in generale, da un lato pare bloccare in partenza ogni
possibile riferimento al senso della vita a due e quindi ai valori etici e
religiosi; dall'altro però conduce a interrogarsi sul significato reale della
condizione umana. Solo che il contesto sociale spinge a avvalorare e a «consumare»
le esperienze individuali anche momentanee e impedisce che gli interrogativi di
fondo non solo vengano risolti, ma almeno emergano consapevolmente.
6.
Le attese dei giovani
I
giovani che vivono l'innamoramento e l'amore e, in prospettiva, si incamminano
verso il matrimonio e la famiglia, sono ovviamente condizionati dai caratteri
culturali diffusi. Tuttavia va notato che oggi la condizione giovanile appare
meno caratterizzata in senso ideologico rispetto a un recente passato e meno
dotata quindi, di caratteri culturali specifici. La società attuale rende
infatti sempre più facili le relazioni interpersonali e favorisce la diffusione
di modelli uniformi. Qualcuno parla in proposito di tendenziale superamento
della questione giovanile, nel senso almeno che molti modelli e comportamenti
apparentemente legati all'età giovanile vengono invece adottati anche dalle
generazioni più mature.
7.
I giovani e la sessualità
In
un contesto come quello attuale, la sessualità viene molto spesso banalizzata e
ridotta a mera genitalità. È tuttavia innegabile la presenza in molti giovani
di esigenze più profonde: voglia di dialogo, tenerezza, sostegno reciproco,
comprensione... Mancando spesso una maturazione umana più solida, queste
esigenze vengono facilmente confuse e convogliate nell'esercizio della sessualità.
In altre parole, il rapporto fisico sostituisce quelle parole e quella
comunicazione che si desidera e che non si riesce altrimenti a trovare. Ciò
spiega sia il ricorso a rapporti affettivi e sessuali molteplici (ricercando
continuamente ciò che non si trova) sia il crescente desiderio di stabilità,
che pure è diffuso tra i giovani.
8.
Il matrimonio come esperienza rassicurante
L'atteggiamento
dei giovani verso l'amore e il matrimonio sembra pertanto oscillare tra estremi
diversi: mantenersi liberi e desiderare una stabilità affettiva, non bloccare
la propria soggettiva autorealizzazione e avere finalmente un'esperiennza
rassicurante e unificante. Al tempo stesso c'è chi pensa a una convivenza
provvisoria, e questo forse più per rinviare una decisione finale che per
precise scelte ideologicamente e razionalmente motivate. Non si possono comunque
negare le attese e le esigenze che i giovani di oggi manifestano verso relazioni
significative e il matrimonio. II bisogno di un coinvolgimento emotivo in
qualcosa di unificante tradisce il desiderio più profondo di avere rapporti
sociali non occasionali e banali. Così il matrimonio a cui arriva la
maggioranza dei giovani, anche se concepito e inteso in modo ambiguo, sancisce
l'importanza che a esso viene attribuito.
9.
Una domanda religiosa diffusa e differenziata
Sulla
base di queste rapide annotazioni sembra legittimo sostenere che le generazioni
più giovani mostrano:
-bisogno
di comunicazione, di senso e di forte affettività;
-esigenze
di stabilità e di riferimenti sicuri, ma non definitivi;
-indifferenza
religiosa appariscente sul piano sociale e collettivo che maschera spesso
bisogni inquietanti sul piano personale e al tempo stesso ricerca di certezze
assolute, come di valori morali e significativi.
La
maggioranza delle giovani coppie che chiedono la celebrazione del matrimonio
manifestano una religiosità naturale. Si tratta cioè di persone religiose ma
poco fedeli, praticanti saltuariamente e non impegnate nell'attività
ecclesiale. La loro religiosità è troppo secolarizzata perché possa avere la
conoscenza di elementi specifici di dottrina cattolica-e forse per accettarli-ed
è troppo alla ricerca di senso per adattarsi a vivere in un'epoca che sembra
senza Dio.
10.
Alcune conseguenze pastorali
Tale
maggioranza interpella fortemente la comunità ecclesiale perché non si ponga,
nei loro confronti, nella prospettiva di selezionare alcuni «eletti» senza
offrire a tutti ampie opportunità di annuncio cristiano e di catechesi
organica. Una catechesi che dia priorità all'annuncio del Signore Gesù e alla
concezione di vita da lui rivelata. È pure evidente un palese disagio di fronte
a ogni forma istituzionale. Occorre quindi promuovere anzitutto i valori insiti
nella vita coniugale e familiare intesa cristianamente, ma al tempo stesso
motivare il valore dell'istituto del matrimonio e della famiglia fondata su di
esso. Va annotato anche che c'è una minoranza di giovani coppie dotate di una
forte tensione spirituale e religiosa, che non possono essere disattese nelle
loro aspirazioni. Esse rappresentano un segno dei tempi. Questa minoranza,
mentre ha la tipologia psicologica e fenomenologica dei propri coetanei,
tuttavia, per la formazione spirituale ricevuta, per le esperienze fatte, ha
intuito la portata vocazionale e ministeriale del matrimonio ed esige dalla
comunità ecclesiale «un di più» di formazione spirituale.
11.
Iniziative e proposte delle chiese locali, di fatto, in vista del
matrimonio
La
chiesa offre ai fidanzati ed esige almeno tre-quattro incontri con il parroco.
Sempre più diffusamente tali colloqui sono preparati o seguiti da iniziative
pastorali più impegnative. A esempio: un minimo di accoglienza e di
testimonianza da parte di una coppia di sposi o di un gruppo di coppie; «corsi
per fidanzati» di vario genere e differenti impostazioni: da semplici
conversazioni o conferenze, tenute da esperti in scienze umane, sugli aspetti
medici e giuridici, sulla morale cristiana... a iniziative più organiche, ove
è assicurata la presenza continuativa di una coppia e di un sacerdote e con un
più preciso lavoro di équipe, e più precise caratterizzazioni di annuncio
della parola di Dio e di «cammino di fede». Occorre tentare una verifica a un
livello più profondo. Occorre chiedersi cioè come la pastorale prematrimoniale
risponda al quadro socio-culturale e spirituale più sopra richiamato a grandi
linee. Le iniziative attuali hanno-generalmente parlando -una seria potenzialità
che bisogna tener presente. Esse consentono di presentare ai giovani possibilità
d'incontro reale con la comunità cristiana e, soprattutto, con coppie concrete
di altri fidanzati e sposi (possibili «punti di riferimento»). Esse possono
inoltre sollecitare una domanda, trasformando in esplicito e consapevole ciò
che è ancora implicito e inconsapevole. Possono ancora aiutare a dare
un'immagine di chiesa non chiusa, attenta alle esigenze soggettive e oggettive
delle persone. Non pare proficua una impostazione basata sulla sola
comunicazione di esperienze: essa infatti non soddisfa alle esigenze educative sopra richiamate rischia di non presentare l'integro
fondamento dottrinale del matrimonio e neppure garantisce un reale dialogo con i
giovani. In questi casi è ancor più grande il pericolo di proporre univoci
modelli di coppia e di famiglia-quelli vissuti dalle coppie
animatrici-mortificando la esperienza di modelli ugualmente e magari più
validi. Pesa soprattutto sulla pastorale attuale la grave latitanza della
proposta cristiana durante il tempo del fidanzamento. Le iniziative comunque
arrivano troppo tardi, in un momento che raramente è favorevole. Non potrebbe
sembrare patetico tanto impegno di fissare l'obbligo di partecipazione ai corsi
a tre o sei mesi prima delle nozze, cioè proprio nel momento in cui
inevitabilmente affiora lo stress per la preparazione della casa, la scelta dei
mobili o la distribuzione dei confetti...? Già in partenza, dunque, la proposta
si scontra con problemi concreti. In più essa non risponde a quesiti che, se
eventualmente posti, sono già stati risolti: a esempio sulla castità e
sull'esercizio della sessualità (e quindi sulla regolazione della fecondità) e
persino sull'aborto, sull'unità e sulla fedeltà. Soprattutto non si valorizza
l'esperienza del fidanzamento che, dunque, appare come tempo cristianamente «morto»
o comunque «indifferente». Bene o male, la comunità cristiana oggi tenta di
valorizzare l'iniziazione sacramentale e la fanciullezza, la famiglia, la vita
sociale ed ecclesiale, ecc.; l'area del fidanzamento sembra che non trovi invece
interesse pastorale e opportunità di evangelizzazione, che vadano oltre i corsi
di «preparazione immediata». Si registra inoltre una distanza piuttosto
generalizzata dalla pastorale prematrimoniale di coloro che si occupano in modo
specifico della pastorale giovanile. Molto spesso i preti o le religiose o i
dirigenti laici di movimenti e associazioni sono assenti o distanti dalla
pastorale prematrimoniale. Ciò non favorisce certo il superamento dei
comportamenti stagni esistenti nella chiesa e tanto meno aiuta la costruzione di
un'integrazione educativa. La pastorale prematrimoniale si trova insomma di
fronte a una necessità storica che non può essere sottovalutata. Essa è
chiamata a un confronto chiaro e puntuale con la realtà e a una scelta: o
rinnovarsi profondamente o rendersi sempre più ininfluente e marginale. I
rilievi critici qui registrati non disconoscono ovviamente i frutti che la
pastorale prematrimoniale produce in Italia, ma intendono piuttosto risvegliare
risorse e indirizzi nuovi, stimolando crescente sensibilità, più piena
informazione intraecclesiale, criteri metodologici più precisi.
Roma,24
giugno 1989.
Natività di S. Giovanni Battista.