La torre dei venti, progettata nel 1986 da Toyo Ito per la città di
Yokohama in Giappone, ha ricevuto l’Edwin F. Guth Memorial Award of Exellence
1987 dall’America’s Illumination Engineering Society: questo prestigioso
riconoscimento va considerato al di là dello specifico settore dal premio,
poiché la torre dei venti, oltre ad essere un’opera straordinaria di
illuminotecnica, è soprattutto un elemento urbano che interagisce con
l’ambiente circostante descrivendo con sapienza la città contemporanea.
Al centro della piazza pentagonale della stazione ferroviaria di
Nishi-guchi di Yokohama, in una grande aiuola circondata dal traffico veicolare,
si innalzava una torre in cemento armato che fungeva da serbatoio dell’acqua
per l’impianto di condizionamento del sottostante centro commerciale,
costruita alla fine degli anni ’60. Per il trentesimo anniversario della
stazione si pensò di ristrutturarla, bandendo un concorso ad inviti con dieci
progetti in concorso, presentati rispettivamente da sette artisti e tre
architetti, tra i quali risultò vincitore quello proposto da Toyo Ito. Il
progetto presentato da Toyo Ito prevedeva di trasformare la preesistente torre
in un’architettura di luci senza modificare la preesistenza, bensì
rivestendone semplicemente la superficie con lastre riflettenti in materiale
acrilico e inglobandola in un cilindro in alluminio perforato a pianta
ellissoidale: all’interno del cilindro, nello spazio fra i pannelli di
alluminio perforato e la superficie rivestita della preesistenza, furono
collocate una serie di luci. L’involucro ellissoidale ha uno sviluppo in
pianta di 6 metri per 9 metri con un’altezza complessiva di 21 metri: i
pannelli di alluminio sono montati su anelli posti a intervalli di 1,5 metri e
sorretti da colonne metalliche. Il peso della nuova struttura grava sulle
colonne mentre il nucleo resistente rimane quello della vecchia torre: la
soluzione venne adottata per alleggerire il peso gravante sul sottostante centro
commerciale e per rendere meno ingombranti le colonne.
I pannelli in alluminio perforato riflettono la luce diurna sottolineando
il volume puro e slanciato della costruzione e lasciano intravedere il telaio e
la sagoma riflettente se visti in controluce. Di notte le 1280 luci
dell’intercapedine, i 12 anelli al neon posizionati dietro i pannelli di
alluminio, i 30 riflettori posizionati alla base (6 esterni e 24 interni),
creano uno straordinario spettacolo trasformando la torre in una sorta di
caleidoscopio: le luci si riflettono sulle superfici specchianti del
rivestimento interno e penetrano nell’alluminio perforato per poi uscire
nell’ambiente circostante sotto forma di infiniti effetti luminosi. Il sistema
di illuminazione, studiato da Toyo Ito stesso in collaborazione con il TL
Yamagiwa Laboratori, è controllato da 2 computer installati ai piedi della
torre che provvedono a variare l’intensità, la direzione e la tipologia delle
sorgenti luminose (minilampade, neon o riflettori), in base all’orario e ad
alcuni parametri ambientali rilevati nella piazza: gli anelli al neon si
accendono sovrapponendosi l’uno all’altro per segnare approssivamente
l’orario; la luce dei riflettori, alla base, varia in intensità e flusso
luminoso in base alla direzione e alla velocità dl vento; le minilampade si
accendono tracciando disegni differenti in risposta, in tempo reale,
all’intensità dei rumori che provengono dalla piazza. In certi intervalli
tutte le luci si accendono in sincronia per produrre uno spettacolo luminoso che
rispecchia la musicalità dell’ambiente circostante: uno splendido esempio di
architettura ambientale che interpreta in luce il suono prodotto
dall’ambiente. L’involucro è un semplice supporto per un’archittettura di
luce che ora è pellicola trasparente ma acquista un’astratta matericità
quando viene investita dai fasci luminosi. Generalmente l’architettura si
spegne al calare del sole, annullata dalle intense luci che trasfigurano
l’ambiente e annullano le forme e il significato dell’architettura nel
contesto urbano: Toyo Ito con questa opera è riuscito a conservare anche dopo
il tramonto il rapporto e il dialogo attivo con la città e la vita circostante,
introducendo questo nuovo modo di interazione che ritroveremo in opere
successive come la mediateca di Sendai.