Pomarance
Localizzazione, struttura e monumenti di Pomarance
Situato sulla sommità di un colle, a 375 m sul livello del mare ,dominante il
bacino del fiume Cecina, Pomarance è posto geograficamente in una delle zone
dell'Alta Maremma Toscana denominata "Colline Metallifere". Il suo territorio
comunale è circoscritto approssimativamente a Nord Nord Est dalla vallata del
fiume Cecina, a Sud dalla vallata del fiume Cornea, a Ovest Nord Ovest dalla
valle del fiume Trossa.
La superficie del territorio comunale è di Ha 22.754
e comprende ben 8 frazioni, già Borghi Medioevali: Larderello, Montecerboli,
Lustignano, Libbiano, Micciano, Montegemoli, San Dalmazio e Serrazzano.
La struttura urbanistica di Pomarance è da ritenersi articolata in 3
direttrici fondamentali rispetto al polo centrale di piazza Sant'Anna dove ha
sede il Municipio: il Centro Storico ad Est, lo sviluppo post bellico a Nord
Ovest (Parco della Rimembranza, Parterre), le nuove costruzioni a Sud Sud Ovest
(zona Gelso, Gallerone, San Piero).
Lo sviluppo urbano è caratterizzato da
nuove residenze che ben si integrano tra gli spazi verdi ed i nuovi impianti
sportivi (Stadio Comunale, Palestra Polivalente, Campi da tennis, Centro Ippico
di Santa Barbara).
Sicuramente la parte più interessante dal punto di vista storico artistico è
quella del Centro Storico che conserva ancora, seppur rimaneggiata nei secoli,
l'antica morfologia di "Curtes" fortificata con le Mura Castellane, le Porte
(porta Massetana o Orciolina e porta di Casole), i palazzi Medioevali e
Rinascimentali, l'antica chiesa romanica di San Giovanni Battista, l'antica
piazza Cavour, già del Vicariato, dove è visibile la Torre Civica, il Marzocco,
il palazzo Vicariale con stemmi dei Vicari, il Loggiato del Comune e il palazzo
Pretorio.
In Piazza Sant'Anna si possono notare due opere più recenti
realizzate dallo scultore Mino Trafeli (L'Albero della Ragione (1986) ed il
Partigiano (1954)).
Inoltre alcune tombe etrusche (V-IV sec. A.C.) sono
state rinvenute nel 1969 presso il podere Santa Barbara in località "San Piero".
Notizie storiche
Il territorio di Pomarance fu certamente abitato fin dalla preistoria: in
particolare nell'epoca eneolitica, che corrisponde alla fase finale del periodo
neolitico, durante la quale continuò l'uso della pietra e cominciò anche ad
essere impiegato il bronzo. Sono stati ritrovati, infatti, a Poggio Arenicci
numerose tombe del terzo millennio a.C contenenti diversi oggetti.
La zona
fu abitata anche in periodo etrusco come attestano i ritrovamenti archeologici:
una stele funeraria del IV sec.a.C., trovata nel 1894 poco distante da
Pomarance, ed una tomba, scoperta, nel 1934, sotto la chiesa di S. Giovanni
Battista a Pomarance, dopo che era già stata saccheggiata.
Le prime notizie
leggendarie risalgono al X sec., quando il Castello di Pomarance (già
Ripomarance) fu offerto in dono da Ottone I ad Engheramo Inghirami. Dopo il
1000, e per tre secoli, Pomarance fu, quindi, oggetto di controversie fra il
Comune ed i Vescovi di Volterra.
Il castello passò sotto la giurisdizione
del Comune di Volterra, che però gli abitanti di Pomarance non sopportarono di
buon grado tanto che nel, 1427, i maggiori oppositori locali furono fatti
decapitare dal Podestà di Volterra, Battista Arnolfi. Pomarance dovette anche
subire, nel corso del XV sec., due gravi, invasioni, in seguito alle quali la
città fu pesantemente danneggiata. La prima invasione, nel 1431, fu causata
dalle truppe lombarde di Niccolò Piccinino, la seconda dall'esercito di Alfonso
d'Aragona nel 1447.
Coinvolta nella guerra tra Volterra e Firenze, del 1472,
Pomarance seguì le sorti del comune vicino, finché, insieme, entrarono a far
parte dello Stato Mediceo.
Dal 1522 al 1528, Pomarance fu contagiato dalla
peste che afflisse tutta l'Italia.
Nel XVI sec. si sviluppò in Pomarance una
importante manifattura di Maioliche per la produzione di stoviglie, boccali e
oggetti quotidiani che venivano esportati anche al di fuori del contado
volterrano e che durò fino al XVIII sec..
Nel XVII sec. si sviluppò una
importante coltura di Gelsi per la produzione del baco da seta, mentre nel XVIII
sec. fiorì l'arte della concia di pellame iniziata da antiche famiglie tra cui i
Fantacci che si tramandarono il mestiere di padre in figlio. In seguito si ebbe
anche lo sfruttamento a livello industriale di prodotti minerali e naturali come
l'Antimonio, la Lignite, il Rame, lo Zolfo o le Acque Termali presenti nel
territorio, che incrementarono nell'ottocento nuove risorse economiche,
soprattutto ad opera di società economiche francesi od inglesi. Questo provocò
un aumento della popolazione che determinò una sostanziale trasformazione
urbanistica all'interno del centro storico. Vennero infatti abbattute alcune
parti delle mura medioevali, per dare spazio alle nuove residenze nobiliari.
Infine nel 1818 una società francese guidata da Francesco De Lardarel
credette nello sfruttamento dei soffioni boraciferi, da cui si poteva ricavare
l'acido borico. Questo fu una vera fortuna per questa dinastia che ha legato il
suo nome a questa terra con l'impianto industriale di Larderello, ancora oggi
l'attività più importante di questa zona.
L'origine del nome di Pomarance
Ignota è l'etimologia del nome Pomarance che nei più antichi documenti troviamo citato come Ripamaranci, Ripomarancie, Ripomaranci ed in seguito Le Pomarancie fino all'attuale denominazione. Alcuni storici farebbero derivare il suo nome da un antica cultura di aranci seccati nel gelido inverno del 1306; secondo Cursio Ingrami avrebbe preso dal nome dal legionario Romanu Marancio Pomario; altri lo farebbero derivare da "Ripa Marazza" (altura sulla palude) o da Ripa Marrancia, cioè rupe mancina o rupe sulla sinistra del fiume Cecina; potrebbe anche derivare dalla denominazione degli Etruschi, a noi sconosciuta ipotizzata dal compianto del prof. Fiumi. Ripamaranci è citato per la prima volta in un racconto di un gruppo di cristiani guidati da San Regolo i quali provenenti dall'Africa e sbarcati a Populonia (515 d.C.), si diressero vero Volterra facendo sosta a Pomarance. La leggenda vuole che uno di essi, San Giusto lasciasse la propria impronta in una roccia di gabbro, posto lungo la via vecchia Volterrana e denominato ancora oggi "Masso di San Giusto".