Amore

 

                 Nome che si dà a tutte le inclinazioni verso qualsiasi tipo di bene. Dell’amore S. Tommaso presenta varie divisioni. Anzitutto la divisio­ne dell’amore in naturale, sensitivo e razionale. L'amore naturale è quello di tutti gli enti in quanto "tendono alle cose conformi alla loro natura non mediante la propria conoscenza, ma in forza di quella di colui che ha istituito la natura. Ma c’è un altro appetito che procede dalla conoscenza dello stesso soggetto appetente, però la segue per necessità e non in forza di un libero giudizio. E' l'appetito sensitivo dell’animale, che però nell'uomo partecipa un riflesso di libertà, in quanto obbedisce alla ragione. C'è poi un terzo appeti­to che segue la conoscenza del soggetto ap­petente, dietro un libero giudizio. Ed esso è l’appetito razionale o intellettivo, denomina­to volontà. In ciascuno di codesti appetiti l’amore sta a indicare il principio del moto tendente al fine amato" (I-II, q. 26. a. 1).

 

                        Viene poi la divisione dell’amore  razionale in amore di concupiscenza e amore di amicizia o dilezione. Nel primo caso, la cosa o persona che viene amata, non è amata per se stessa, ma è amata per un altro. Nel secondo caso, è amata direttamente per se stessa. S. Tommaso non esclude la legittimità dell'amore di concupiscenza, ma lo subordina all’amore di amicizia. La ra­gione che egli adduce a giustificazione di questa tesi è la seguente: "L' amore col quale si ama un essere, volendo ad esso il bene, è un amore in senso pieno e assoluto (est amor simpliciter)" invece l’amore col quale si ama una cosa per ricavare del bene a vantaggio di terzi (ut sit honum alterius), è un amore secundum quid" (I-II, q. 26, a. 4; cfr. III Sent., d. 29, q. 1, a. 3).

 

        Come per ogni altra attività umana an­che nel caso dell’amore, la sorgente ultima, la causa primaria è l’oggetto, che nella fatti­specie è il bene. Dove manca il bene o un’apparenza di bene non ci può essere amore, così come dove manca il colore non ci può essere visione. "Propriamente, causa dell'amore è l’oggetto dell’amore. Ma oggetto proprio dell’amore è il bene: poiché l’amore comporta una connaturalità o compiacenza dell’amante rispetto all’amato, e per ciascun essere è bene quanto ad esso è connaturale o proporzionato. Perciò si deve concludere che il bene è la causa propria dell’amore" (III, q. 27, a. 1). Il male si ama soltanto se si presenta come bene. L’amore razionale suppone la conoscenza, pertanto causa prossima di questa specie di amore è la conoscenza del bene. "Per questo il Filosofo scrive che la visione corporea è principio dell’amore sensitivo. E così la contemplazione della bellezza e della bontà spirituale è principio dell’amore spiri­tuale" (I-II, q. 27, a. 2).

 

                        L’amore ha come effetto proprio l’unione: es­so tende all’unione reale ed è già in se stesso unione affettiva con la cosa amata. L’unione reale che è richiesta dall’amore non è una unione sostanziale: "L’amore non unisce sempre realmente (secundum rem), ma è una unio­ne degli affetti, e questa unione si può avere anche con cose assenti, e persino per cose inesistenti" (III Sent., d. 32, q. l,a. 3, ad 3). L'amore non è una unione sostanziale (es­sentialiter) delle cose, ma degli affetti. Per questo non è sconveniente che ciò che è meno unito di fatto (secundum rem), sia più fortemente unito affettivamente; mentre, vi­ceversa. molte cose che ci sono realmente vicine, ci dispiacciono, e discordano profon­damente con i nostri affetti. Però, di per sé, l’amore induce all’unione con le cose amate, nel limite del possibile; e, così l'amore divino (l’amore verso Dio) fa si che l’uomo viva la vita di Dio e non la propria, per quanto è possibile" (III Sent., d. 29, q. 1, a. 3, ad 1).

 

         S. Tommaso non si stanca di ripetere che effetto proprio dell’amore è l’unione, una unione che pure se rimane sul piano affettivo, tuttavia è una unione intima, profonda, una unione che immedesima e trasforma. E una virtus unitiva, un nexus, grazie a cui "l’amante vie­ne trasformato nell’amato e in certo qual modo convertito in esso" (III Sent., d. 27, q. I, a. 1). "E per il fatto che l’amore trasforma l’amante nell’amato, fa si che l’amante pe­netri nell’intimità (in interiora) dell’amato, e viceversa, cosicché nulla di ciò che appartie­ne all’amato rimanga disgiunto (non uni­tum) dall’amante" (ibid., ad 4).

 

        Dato il carattere fondamentale dell'amore nella vita umana (sia per quanto riguarda la genesi dell’agire sia per quanto concerne gli effetti: tutto l’agire procede dall’amore, e gli ef­fetti maggiormente umanizzanti o disuma­nizzanti dipendono dall’amore), S. Tommaso pone giu­stamente l’amore alla base della sua vastissima trattazione dell’etica. Lo aveva già fatto Agostino prima di lui, ponendo l’amore a fonda­mento delle due Città, la Città di Dio (fon­data sull’amore di Dio) e la Città dell’uomo (fondata sull’amore dell’uomo). Nella Somma Teologica come nelle altre sue opere mag­giori, non proponendosi obiettivi politici bensì etici, S. Tommaso pone l’amore a fondamento del­la vita morale. E' l’amore che decide ultimamen­te della qualità delle azioni e della persona stessa che le compie. L’amore del bene autenti­co, che si identifica in pratica con Dio, unico supremo bene, rende l’uomo buono e, un po' alla volta, lo conduce alla perfezione fa­cendogli vivere la stessa vita divina: "Amor divinus facit hominem, secundurn quod pos­sibile est, non sua vita sed Dei vivere" (III Sent., d. 29, q. 1, a. 3, ad 1). Mentre l’amore di ciò che è solo bene apparente (sesso, alcool, droga ecc.) ma in realtà è male, degrada l’uomo, lo disgrega interiormente (non lo unifica) lo corrompe spiritualmente e spesso anche fisicamente, lo rovina. Quindi l’amore, avendo per oggetto il bene, per sé è conser­vativo e perfettivo; ma riesce lesivo alla per­sona quando l’oggetto è cattivo (cfr. I-II, q. 28, a. 5).

 

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