Bibbia
E la raccolta dei libri ispirati da Dio,
altrimenti detti anche S. Scrittura o S. Scritture. Si tratta di 73 libri,
divisi in due grandi sezioni quella dell’Antico Testamento che comprende 46
scritti; e quella del Nuovo Testamento che ne comprende 27.
S.
Tommaso è sommo teologo e sommo esegeta, pertanto il suo rapporto con Ia B.
è assiduo, costante, profondo. La Sacra Pagina è il centro dei suoi pensieri
e dei suoi affetti. Da essa egli trae il suo nutrimento spirituale e
intellettuale. Quando lavora come esegeta la sua attenzione è volta
direttamente at testo sacro, di cui si preoccupa di cogliere soprattutto
il senso letterale e storico, senza però tralasciare i sensi allegorici.
Quando lavora come teologo, egli trae dalla Bibbia i princìpi, ossia le
verità rivelate su cui riflettere al fine di acquisire una migliore
comprensione della fede (fides quaerens intellectum).
Della
Bibbia S. Tommaso ha commentato i Seguenti libri: Expositio in Job; in
Psalmos Davidis lectura; Expos. in Cantica canticorum; Expos. in Jeremiam
prophetam; Expos. in Threnos Jeremiae prophetae; Catena aurea super quattuor
Evangelia; Expos. in Ev. s. Matthaei; Expos. in Ev. s. Joannis; Expos. in s.
Pauli apostoli epistolas.
1.
L' IMPORTANZA DELLA BIBBIA PER LA TEOLOGIA
In
teologia la Bibbia (o S. Scrittura) rappresenta la fonte pnimaria,
principale e fondamentale. S. Tommaso lo dimostra studiando la natura di
questa scienza, la quale si basa primariamente non sulla ragione bensì sull’autorità:
anzitutto sull’autorità divina (di Dio) e quindi sull’autorità dei suoi
inviati: i profeti, gli apostoli, Gesù Cristo. Ora è nella S. Scrittura
che sono stati conservati gli oracoli di Dio. La
teologia desume direttamente dalla Bibbia i suoi principi: "I suoi princìpi
non li prende dalle scienze filosofiche, ma immediatamente da Dio per
rivelazione. E perciò non mutua dalle altre scienze come se fossero
superiori, ma si serve di esse come di inferiori e di ancelle"(I, q.
1, a. 5, ad 2). Pertanto "della autorità della Scrittura canonica la teologia
si serve come di argomenti propri e rigorosi" (I, q. 1, a. 8, ad 2).
E' sulla base sicura e
indeclinabile della S. Scrittura che la teologia compie il suo lavoro.
Aderendo alle verità che sono accolte per fede, essa passa ad altre verità,
come da altrettanti princìpi ad altrettante conclusioni.
Cosi il credente possiede la scienza di ciò che è concluso a partire dalla
fede"(De Ver., q. 14, a. 9, ad 3). E secondo S. Tommaso si tratta di vera
scienza, "perché anche se non rende evidenti (non facit apparere) le cose che crediamo, si serve
tuttavia di queste per rendere evidenti (facit
apparere) altre cose, e ciò con lo stesso tipo di
certezza nei due casi"(in De Trin., lect. 2, q. 2, a. 2, ad 6). Sulla stessa linea egli non
esita a scrivere commentando lo Pseudo
Dionigi: "Niente di ciò che può essere tratto (quaecumque
elici possunt) da ciò che è contenuto nella Scrittura è un corpo estraneo (non sunt aliena) nella dottrina di cui trattiamo (la
teologia), anche se non è allo stesso modo contenuto nelle
Scritture" (In Div. Nom., I,
lect. 1. n. 11). La teologia, perciò, non può limitarsi a ciò che è
espressamente contenuto nella
Scrittura, ma va oltre, pur senza uscire dalle virtualità
delle fonti della Rivelazione. La teologia si muove sempre nell’interno della Rivelazione stessa; e lo
sviluppo che prende la dottrina rivelata, per quanto vasto, non deve mai
alterarla. Nel suo lavoro la teologia si serve anche del ragionamento "ma
non già per dimostrare i dogmi, che altrimenti si perderebbe il merito
della fede; ma per chiarire alcuni punti del suo insegnamento" (I, q.
1, a. 8, ad 2).
2.
USO DELLA BIBBIA
Nelle sue opere S. Tommaso ricorre a tutti i libri della Bibbia,
maggiormente a quelli del N. T., ma fa ampio uso anche di quelli dell’A. T.,
soprattutto dei Salmi, della Sapienza e del Proverbi. Le testimonianze bibliche negli scritti del Dottore Angelico hanno sempre
carattere di accenno e richiamo, e ciò si spiega perché egli non vuole
allungare la lista delle citazioni. "Ma a
lui non si può davvero muovere il rimprovero di fare
il più crudele scempio delle testimonianze
bibliche e patristiche per trarle a sostegno delle sue ricerche e
affermazioni. Perché, specialmente per lui, è vero il contrario: le sue
affermazioni dottrinali egli le trae sempre dalle testimonianze bibliche, le
quali si presentano isolate e come scarnificate dalla triturazione metodologica, ma non sono né svuotate del loro contenuto proprio, né riempite
con un senso diverso da quello che hanno. Queste testimonianze, secondo la
struttura dell’articolo, o sono riportate nella prima
parte dove sono elencate le difficoltà
all’enunciato della ricerca che si inizia sempre col “Se” (utrum), nel quale bene si esprime il carattere scientifico dell’indagine teologica e il suo senso critico; o sono citate negli argomenti di opposizione globale alle difficoltà precedenti; o sono richiamate nel corpo dell’articolo per
mettere in rilievo che l’affermazione teologica traduce bene il pensiero biblico; o sono riferite nella risposta alle
difficoltà per far vedere che, nel contesto, le parole hanno un senso perfettamente conforme all’insegnamento dato; oppure, in un luogo parallelo, si chiarisce quello che altrove
era rimasto oscuro, si determina quel che si presentava un poco vago o appena
delineato, si sviluppa quel che prima era semplicemente accennato e
presentato germinalmente"(C. Pera).
Quanto al testo usato da S. Tommaso, si
tratta della Bibbia
Parisiensis, un’ottima edizione della Vulgata, curata dall’università di Parigi agli inizi del sec.
XIII. Essa aveva l’ordine dei libri sacri come nelle moderne edizioni e la
divisione in capitoli
introdotta da Stefano Langton nel 1214, come la nostra.
(Vedi: TEOLOGIA, AUTORITA',
FILOSOFIA)
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