Corpo umano

 

        Nei confronti del corpo umano, prima di S. Tommaso, la filosofia, sia quella greca sia quella cristiana, aveva assunto due posizioni diametralmente opposte:

a)      alcuni l’avevano escluso dalla definizione e quindi dall’essenza dell’uomo e ne avevano fatto o una prigione (Pitagora, Platone) o uno strumento (Plotino, Agosti­no) dell’anima;

b)      altri (Aristotele, Aver­roè) ne avevano fatto un elemento essenzia­le dell’uomo e quindi l’avevano considerato sostanzialmente unito all’anima. Ai tempi di S. Tommaso l’indirizzo imperante nelle scuole e nelle università era quello platonico-agostinia­no e così quasi tutti gli autori, pur attenuando il dualismo.dei maestri, continuavano a vedere nell’anima e nel corpo due sostanze complete, unite tra loro in maniera pura­mente accidentale, e assumevano un atteg­giamento piuttosto manicheo nei confronti del corpo.

   S.  Tommaso, schierandosi per l’indirizzo aristo­telico, non esitò a sposare anche le principali tesi antropologiche dello Stagirita, ma le ri­toccò profondamente su due punti di capita­le importanza: la ragione dell’unione sostan­ziale tra l’anima e il corpo, dovuta a un unico atto d’essere (actus essendi), e l’autonomia on­tologica dell’anima rispetto al corpo. Ma ecco l’insegnamento completo di S. Tommaso per quanto attiene il corpo umano.

 

      1. IMPORTANZA DELLA DIMENSIONE SOMATICA

 

La dimensione somatica, ossia il corpo, non è affatto un fenomeno trascurabile, se­condario, accidentale, ma un elemento es­senziale, fondamentale, principale dell’esse­re umano. Senza il corpo l’uomo non è più uo­mo. S. Tommaso lo dimostra facendo vedere che l’anima da sola non può svolgere alcune atti­vità che sono proprie dell’essere umano, co­me il sentire, il vedere, il parlare, il lavorare ecc. Si potrebbe dire che ”l’anima è l’uomo” se si potesse ammettere che “l’anima sensiti­va compie le sue operazioni senza il corpo; poiché in tal caso tutte le operazioni che si attribuiscono all’uomo sarebbero esclusive dell’anima; perché ogni cosa si identifica con il soggetto che svolge le operazioni della me­desima. Perciò l’uomo sarà quell’essere che svolge le operazioni dell’uomo. Ma il sentire non è un’operazione dell’anima soltanto (come è già stato provato). Essendo dunque il sentire un’operazione dell’uomo, sebbene non sia la sua operazione più propria e spe­cifica, è chiaro che l’uomo non è soltanto anima ma un insieme, che risulta composto di anima e di corpo” (I, q. 75, a. 4). D’al­tronde non è affatto vero, come pretendeva­no i platonici, che sia innaturale per l’anima essere unita al corpo; è vero invece il contra­rio. Infatti “è naturale all’anima essere unita al corpo umano, in quanto essendo infima nell’ordine delle sostanze intellettuali, come la materia prima è infima nell’ordine delle cose sensibili, l’anima non ha per natura in­nate le specie intenzionali con le quali possa svolgere l’azione sua propria, cioè l’intende­re, come hanno invece le sostanze intellet­tuali superiori; ma è in potenza ad esse, es­sendo una tavoletta pulita, un foglio bianco, in cui non c’è ancora scritto niente, come di­ce Aristotele. Perciò deve ricevere le specie intenzionali dalle cose esteriori, mediante le potenze sensitive, le quali non possono ave­re operazioni proprie senza gli organi corpo­rei. Perciô i’anima umana dev’essere unita al corpo (...). Pertanto Ia disposizione del corpo a cui è unita l’anima razionale dev’es­sere un complesso molto armonioso. E se uno volesse considerare anche le disposizio­ni particolari del corpo umano, le troverà ordinate in modo che l’uomo abbia un otti­mo senso. E poiché per un buon funziona­mento delle potenze sensitive interiori (im­maginazione e memoria) e della virtù cogita­tiva è necessaria una buona disposizione del cervello, l’uomo fu fatto con un cervello più grande tra tutti gli animali; e perché la sua operazione sia più libera ha il capo posto in alto, mentre gli altri animali procedono curvi; e per avere e conservare tale rettitudine fu necessaria un’abbondanza di calore nel cuore, per cui sono generati molti spiriti vi­tali, in modo che per abbondanza di calore e di spiriti vitali, il corpo possa tenersi diritto; tant’è che nella vecchiaia l’uomo si incurva venendo meno il calore naturale” (De An., a. 8).

 

    2. UNIONE SOSTANZIALE TRA ANIMA E CORPO

 

        Costituendo una parte sostanziale del­l’uomo, il corpo non può essere unito all’a­nima accidentalmente ma sostanzialmente. E poiché nell’uomo il corpo è la parte meno nobile e l’anima la più nobile, e comportan­dosi rispetto all’anima in modo passivo, il suo rapporto con l’anima è quello della potenza rispetto all’atto e della materia rispet­to alla forma. Perciò l’anima è la forma so­stanziale del corpo. Ma è una forma del tut­to speciale. Infatti, in quanto forma spiritua­le l’anima dispone di un proprio atto d’esse­re, e in quanto forma del corpo, comunica il suo atto d’essere al corpo (v. ANIMA). “Si può però obbiettare che la sostanza intellet­tuale non può comunicare alla materia cor­porea il suo essere, cosicché l’essere della sostanza intellettuale e della materia corpo­rea sia uno solo, poiché diverso è il modo di essere di generi diversi, e più nobile è l’esse­re che appartiene a una sostanza più nobile. Ma ciò si direbbe giustamente se quell’esse­re della materia fosse alla stessa maniera che l’essere della sostanza intellettuale. Ma non è così: poiché l’essere della materia corpo­rea è come quello di chi riceve (potenza) ed è come un substrato innalzato a un grado più alto; invece quello della sostanza intellettua­le è come quello di un vero principio, e cor­risponde alla sua propria natura. Niente quindi proibisce che la sostanza intellettuale sia forma del corpo umano, com’è l’anima umana” (C. G., II, q. 68).

Contro Avicebron, Bonaventura e molti altri scolastici suoi contemporanei, i quali assegnavano al corpo una propria forma (la forma corporeitatis) S. Tommaso fa vedere che ciò non è affatto necessario e che occorre am­mettere che l’unica forma del corpo è l’ani­ma. Infatti “tra forma sostanziale e materia non può esserci una forma sostanziale intermedia, come sostennero alcuni, i quali am­misero un ordine diverso di forme nella ma­teria, secondo l’ordine dei generi, dei quali uno è ordinato all’altro. Così la materia sa­rebbe sostanza secondo una forma, sarebbe corpo secondo un’altra forma, corpo anima­to secondo una terza, e cosi via. Ma in tale ipotesi solo la prima forma, che farebbe esi­stere la sostanza in atto, sarebbe sostanziale, e tutte le altre accidentali. Dunque dobbia­mo dire che la medesima forma, una di nu­mero, è quella che fa essere una cosa sostan­za, e la fa essere nell’ultima specie specialis­sima e in tutti i generi intermedi (...). Per­tanto essendo l’anima forma sostanziale, che costituisce l’uomo in una determinata specie di sostanza, non c’è un’altra forma sostan­ziale intermedia tra l’anima e la materia pri­ma, ma l’uomo è perfezionato dalla stessa anima razionale secondo i diversi gradi di perfezione, in modo da essere corpo, corpo animato e animate razionale. Però la mate­ria che riceve dall’anima razionale le perfe­zioni di grado inferiore (es. corpo, corpo animato, animale) va intesa simultaneamen­te con le disposizioni convenienti, e quindi come materia propria dell’anima razionale, che dà l’ultima perfezione. Pertanto l’ani­ma, in quanto è forma che dà l’essere, non ha nulla di intermedio tra sé e la materia pri­ma” (De An., a. 9).

 

    3. IL CORPO, COSTITUTIVO ESSENZIALE DELLA PERSONA

 

I platonici cristiani, identificando l’uomo con l’anima, potevano sostenere che l’anima è persona. Per S. Tommaso questa tesi è inammissi­bile. Infatti, per definizione, “la persona è un sussistente razionale oppure intellettua­le” (C. G., IV, corpo 35, n. 3725). ”Perciò il concetto di persona comporta che si tratti di qualcosa di distinto, sussistente e compren­dente tutto ciò che c’è nella cosa; invece il concetto di natura abbraccia solo gli elemen­ti essenziali” (III Sent., d. 5, q. 1, a. 3). Ora, come s’è visto, il corpo fa parte dell’essenza stessa dell’uomo, perciò anche il corpo è un costitutivo essenziale della persona. Certo l’uomo è persona grazie all’anima, perché la persona è essenzialmente un fatto spirituale: solo chi è dotato di spirito (di natura intellet­tuale o razionale, come dice S. Tommaso) è perso­na. Ma l’uomo non è uno spirito puro, bensì uno spirito incarnato; ed è quindi persona soltanto nella unione col corpo. Perciò il corpo è essenziale perché l’uomo sia perso­na. Solo grazie al corpo l’anima guadagna quella individualità e quel dinamismo che sono indispensabili per la perfezione della persona. Pertanto bisogna escludere che l’a­nima da sola sia persona: “Da tutto quanto si è detto risulta che l’anima, essendo soltan­to una parte dell’uomo e, come tale, quando è separata, pur ritenendo la capacità di riu­nirsi al corpo, non può essere detta una so­stanza individua come l’ipostasi o la sostanza prima; e così è della mano o di qualsiasi altra parte dell’uomo. Perciò non le conviene né la definizione né il nome di persona” (I, q. 29, a. 1, ad 5).

 

    4. LA DISCIPLINA DEL CORPO

 

L’uomo è un essere culturale. S. Tommaso non ha sviluppato nessuna filosofia della cultura in senso moderno (v. CULTURA), ma ha det­to cose egregie intorno alla educazione (v. EDUCAZIONE). In un’interessantissima pagi­na della Summa Theologiae egli dimostra la necessità della disciplina (ossia della educa­zione, o coltivazione). A coloro che sosten­gono che non c’è bisogno di disciplina (edu­cazione) perché l’uomo sarebbe già munito dalla natura di tutto ciò che gli occorre, l’A­quinate replica: certamente “per natura l’uomo ha una certa attitudine alla virtù; ma la perfezione di codesta virtù viene da lui raggiunta mediante la disciplina. Del resto vediamo che l’uomo fa fronte anche alle sue necessità di cibo e di vestiario mediante l’in­dustria personale di cui la natura offre i pri­mi elementi, cioè la ragione e le mani, non però il completo sviluppo, come negli altri animali, ai quali la natura già offre completo il rivestimento e il cibo. Ora, l’uomo non risulta facilmente preparato in se stesso a tale disciplina; poiché la perfezione della virtù consiste principalmente nel ritrarre l’uomo dai piaceri illeciti, che attirano di più spe­cialmente i giovani, sui quali la disciplina (educazione) è chiamata ad agire maggior­mente. Perciò è necessario che gli uomini siano applicati da altri a codesta disciplina, per raggiungere la virtù“ (I-II, q. 95, a. 1).

C’è un’educazione non soltanto dell’ani­ma ma anche del corpo, e la stessa disciplina dell’anima è fortemente condizionata dalla disciplina del corpo. D’altronde S. Tommaso sotto­linea continuamente la dipendenza dell’ani­ma dal corpo sia nell’ordine conoscitivo (l’intelletto dipende dai sensi e dalla fanta­sia), sia nell’ordine affettivo (la volontà su­bisce molto spesso l’impulso degli appetiti e delle passioni). L’uomo esercita la disciplina del corpo mediante la virtù della temperan­za (v. TEMPERANZA).

 

    5. RISURREZIONE DEL CORPO

 

La risurrezione della carne e la vita eterna è l’ultimo articolo del Credo. Si tratta di un ar­ticolo di fede. Tuttavia, soprattutto nell’antro­pologia di S. Tommaso, è una verità profondamente conforme alle attese del cuore umano. Esisto­no infatti notevoli ragioni di convenienza a favore del dogma della risurrezione dei corpi. “Abbiamo visto che le anime degli uomini sono immortali; quindi restano separate dai cor­pi dopo la morte. Ma sappiamo pure che l’ani­ma ha la tendenza naturale a stare col corpo, poiché di suo è forma del corpo; perciò lo star­ne divisa è contro la sua natura. Ora niente che è contrario alla natura può durare in perpetuo; quindi l’anima non resterà sempre divisa dal corpo. Essa infatti è immortale, e per questa prerogativa dovrà un giorno ricongiungersi al suo corpo. Questo non è altro che la risurrezio­ne. Si è pure dimostrato che l’uomo, per natu­rale desiderio, tende alla felicità, che è l’ultima perfezione dell’uomo. Ma chiunque è privo di una cosa appartenente alla sua perfezione, non ha ancora la felicità perfetta, perché il suo desi­derio non è del tutto appagato. Infatti ogni es­sere imperfetto brama naturalmente di acqui­stare la perfezione che gli manca. Ora l’anima separata dal corpo è in certo modo imperfetta, come è imperfetta ogni parte che è fuori del suo tutto, essendo naturalmente l’anima parte della natura umana. Quindi non può l’uomo conseguire la felicità ultima se l’anima sua non si ricongiunge al corpo; tanto più che abbiamo dimostrato come l’uomo non possa in questa vita raggiungere la felicità ultima” (C. G., IV, q. 79).

 

(Vedi: ANTROPOLOGIA, UOMO, ANIMA, RISUR­REZIONE)

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