Esperienza

 

Termine usato in filosofia e in teologia (in particolare nella teologia mistica) per de­signare una forma di conoscenza immediata della realtà, che si può conseguire o quanto meno registrare mediante l'apporto dei sensi e della memoria. S. Tommaso adopera i termini ex­perientia ed experimentum come sinonimi e tale doveva essere l’uso al suo tempo, per­ché nella traduzione latina della Metafisica di Aristotele il termine greco empeiria viene reso sia con experientia sia con experimen­tum (cfr. Metafisica, I, c. 1).

 

Le migliori considerazioni di S. Tommaso relati­ve a questo tema si trovano nel suo com­mento al primo capitolo del Primo Libro della Metafisica dove in alcuni paragrafi uni­versalmente noti Aristotele traccia la diffe­renza che intercorre tra la esperienza (empeiria) da una parte, e l’arte (techne) e la scienza (epi­steme) dall’altra. L’esperienza, spiega Aristotele, pur essendo il risultato di varie percezioni e di molti ricordi, tuttavia rimane ancora ferma al particolare, non conosce ancora il perché delle cose ma soltanto il fatto; invece sia l’arte sia la scienza hanno il potere di attin­gere l’universale: "L’esperienza è cognizio­ne dei particolari, mentre l’arte è degli uni­versali". Quanto alla pratica, osserva Ari­stotele, l’esperienza può essere più utile della scienza perché "se si possiede la scienza ma non l’e­sperienza e si conosce l’universale ma se ne ignorano i particolari, spesso si sbaglierà la medicina, perché ciò che si cura è l’indivi­duo"(Metafisica, I, c. 1, n. 981a, 21-22).

 

S. Tommaso nel suo commento segue alla lette­ra e ribadisce in pieno l’insegnamento dello Stagirita: "Da vari ricordi si forma nell’uo­mo l’esperienza (experimentum) e ciò av­viene nel modo seguente: da molti ricordi che riguardano la stessa cosa l’uomo acquisi­sce esperienza (experimentum) di qualcosa e grazie a tale esperienza può agire facilmente e bene"(1 Met., lect. 1, n. 17). Seguendo Aristotele S. Tommaso spiega che l'esperienza si distingue dalla scienza in quanto questa attinge l’uni­versale mentre l’esperienza si ferma al particolare. E tuttavia anche S. Tommaso riconosce che "gli esper­ti nella pratica sono più bravi dei teorici che conoscono le regole universali dell’arte ma sono privi di esperienza" (ibid., n. 20).

 

S. Tommaso lega il concetto di esperienza alla esperienza sensiti­va però non esclude che analogicamente si possa parlare di esperienza anche con riferimento al­la conoscenza intellettiva (I, q. 54, a. 5, ad 2).L’Angelico parla anche di una cognitio experimentalis, che è chiaramente di indole intellettiva (e non sensitiva), ma non ha ca­rattere concettuale bensì fattuale (conosce il che, ma non il perché come esige il concetto stesso di experientia). E' in questo modo che l’uomo acquista conoscenza di sé stesso at­traverso le proprie operazioni: "Le cose che si trovano nell’anima per la loro essenza sono conosciute con una conoscenza speri­mentale (experimentali cognitione) in quan­to l’uomo attraverso le operazioni esperi­menta i loro princìpi interiori. E così che noi volendo conosciamo la volontà, e conoscia­mo la vita dalle operazioni vitali"(I-II, q. 112, a. 5, ad 1). In altre parole abbiamo co­scienza (esperienza) della volontà in quanto vogliamo, e abbiamo conoscenza della vita in quanto viviamo.

 

(Vedi: CONOSCENZA, SCIENZA)

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