Giustizia originale

 

 

Con questa espressione si designa lo sta­to di innocenza dei progenitori, uno stato ca­ratterizzato oltre che dalla comunione con Dio anche da altri speciali privilegi che con­sentivano ad Adamo di avere un rapporto di profonda armonia sia con se stesso sia col mondo.

 

S. Tommaso dedica un ampio studio alla giustizia ori­ginale (I, qq. 94-102) in cui esamina accura­tamente, sulla scorta della S. Scrittura e dei Padri, ciò che essa comportava per l’intellet­to, per la volontà, per il corpo, per il domi­nio delle cose esterne, per la conservazione della specie, per la prole e per il luogo.

 

Per quanto concerne il rapporto con Dio, S. Tommaso esclude che la giustizia originale consen­tisse ad Adamo di vedere Dio quale è in se stesso, a meno che non fosse rapito in estasi. "Eccone la ragione. L’essenza divina si iden­tifica con la beatitudine; pertanto chi con­templa l’essenza divina viene a trovarsi con Dio nello stesso rapporto in cui si trova l’uomo rispetto alla felicità. Ora, è evidente che nessun uomo può con la sua volontà rinun­ziare alla beatitudine, perché l’uomo, natu­ralmente e necessariamente, ricerca la felici­tà e fugge l'infelicità. Nessuno quindi che veda Dio per essenza, può allontanarsi vo­lontariamente da Dio, cioè peccare. Perciò tutti coloro che vedono Dio per essenza, sono così confermati nell'amore di Dio, da non poter più peccare. Ma siccome Adamo peccò, è chiaro che non vedeva Dio per es­senza"(I, q. 94. a. 1). Adamo aveva però di Dio una scienza più perfetta della nostra. Le creature sono specchio di Dio e Dio tanto meglio si vede quanto più terso è lo specchio e quanto più sano è l’occhio che dentro vi ri­mira. Per Adamo. prima che peccasse, le creature erano specchio tersissimo e il suo intelletto nel rimirarvi non era per nulla of­fuscato (ibid.).

 

Ad Adamo Dio concesse la scienza di tulle le cose necessarie alla vita: la scienza non solo di quelle che si possono conoscere per via naturale ma anche di quelle che ecce­dono la conoscenza naturale e che sono ne­cessarie per raggiungere il fine soprannatu­rale(I, q. 94, a. 3). Ancora più cospicuo fu il dono della santità. La santità di Adamo rag­giungeva tale livello da eccellere in tutte le virtù: "L’uomo nello stato di innocenza pos­sedeva in qualche modo tutte le virtù. Infatti la perfezione dello stato primitivo era tale da implicare la subordinazione della ragione a Dio e delle potenze inferiori alla ragione. Perciò la perfezione dello stato primitivo (primi status) esigeva che l’uomo possedesse in qualche modo tutte le virtù"(I. q. 95. a. 3).

 

Ma più che sui privilegi preternaturali, S. Tommaso  insiste sul dono soprannaturale della grazia (supernaturale donum gratiae), che Dio concesse ai progenitori sin dal momento della creazione: "quella iniziale (prima) sot­tomissione grazie alla quale La ragione era soggetta a Dio, non era secondo l’ordine na­turale. ma era frutto del dono soprannatura­le della grazia: infatti non può esserci effetto superiore alla causa"" (I. q. 95, a. 1). La giustizia originale consisteva essenzialmente in que­sta rettitudine (rectitudo), in forza della quale "la ragione era soggetta a Dio, le forze in­feriori alla ragione, e il corpo all’anima" (ibid.).

 

Singolare privilegio della giustizia originale era l’immortalità. Questa veniva concessa all’uomo non per natura ma per grazia. Infatti "il corpo di Adamo non era indissolubile in forza di un suo intrinseco vigore di immorta­lità; ma vi era nell’anima una virtù conferita da Dio in maniera soprannaturale, con la quale l’anima poteva preservare il corpo im­mune da ogni corruzione, finché essa fosse rimasta sottoposta a Dio. E la cosa era ra­gionevole. Infatti. come l’anima trascende i limiti della materia corporea, così era conve­niente che le fosse conferita inizialmente, per conservare il corpo, una virtù che tra­scendeva le capacità naturali della materia corporea"(I, q. 97, a. 1).

 

Attenendosi fedelmente alla tradizione S. Tommaso insegna che gli stessi doni e privilegi di cui godevano i progenitori sarebbero stati condivisi anche dai loro discendenti. qualora questi fossero venuti alla luce nello stato di giustizia originale. I bambini sarebbero nati nella giustizia originale, essendo allora questa un dono di natura; tale giustizia originale non sarebbe però stata trasmessa dai genitori. ma sarebbe sta­ta conferita da Dio a ogni nuovo soggetto che fosse sorto nella natura umana. Tuttavia i bambini non sarebbero stati confermati in grazia, ma sarebbero rimasti nella possibilità di peccare come i genitori (I. q. 100. aa. 1-2).

 

Abbastanza sobrie, rispetto alle strava­ganti elucubrazioni di altri teologi medioe­vali, sono le tesi di S. Tommaso attinenti al luogo in cui fu posto l’uomo nello stato di giustizia origina­le. Secondo il Dottore Angelico, il paradiso terrestre sarebbe stato un luogo reale, altri­menti la Scrittura non ne avrebbe fatto una narrazione storica, ed un luogo conveniente all’uomo innocente, che era per grazia im­mortale. Adamo fu posto nel paradiso terre­stre perché lo custodisse e lo lavorasse con un lavoro non faticoso ma dilettevole. "L’uomo doveva lavorare e custodire il pa­radiso. Quel lavoro tuttavia non sarebbe sta­to gravoso, come lo è stato dopo il peccato; ma piacevole, poiché permetteva di speri­mentare le forze della natura. Anche la cu­stodia non aveva per oggetto gli invasori: suo scopo era che l’uomo custodisse per sé il paradiso, evitando di perderlo col peccato. Il paradiso era perciò ordinato al bene del­l’uomo e non viceversa" (I, q. 102, a. 3).

 

   (V.  ANTROPOLOGIA, UOMO, GRAZIA)

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