Sostanza

 

  Dal latino substantia; è un termine che in filosofia e teologia ha un significato tecnico ben preciso; secondo la definizione classica che ne ha dato Aristotele la sostanza "è ciò che è in se e non in un'altra cosa" (Metaf. 1046a. 26). In questo sta la singolarità della sostanza: l’esistere in se stessa, e non in qualche altro soggetto, come invece accade all’accidente.

 

  Il discorso sulla sostanza era già iniziato con i Presocratici e con Platone, ma il grande teorico della sostanza e Aristotele. La sua è essenzialmente una metafisica della sostanza, infatti pur definendo la metafisica come studio dell’ente in quanto ente e delle sue proprietà trascendentali di fatto poi questo studio si risolve nello studio della sostanza. perché ente autentico, ente nel senso pieno del termine è soltanto la sostanza. Questa, secondo Aristotele gode di una priorità assoluta su tutte le altre categorie. Essa è prima nell’ordine logico, poiché il concetto di sostanza è implicato nel concetto delle altre categorie. E prima nell’ordine gnoseologico, infatti noi giudichiamo di conoscere qualcosa tanto più quando conosciamo che cosa essa sia, piuttosto che quando ne cono sciamo soltanto le qualità o la quantità o il luogo (ad es. dell’uomo, o del fuoco). E prima nell’ordine cronologico, perché l’essere della sostanza precede quello degli accidenti; ed è quindi prima anche nell’ordine ontologico, perché l’essere degli accidenti dipende dall'essere della sostanza (Metaf. 1028a). La sostanza è essenza (ousia) in quanto distinta da ogni elemento aggiunto, da ogni accidente (symbebekos), costituisce l’essere proprio di una realtà, l'essere per il quale necessariamente una cosa è quella che è (Metaf., 1007a, 21-27). In quanto funge da soggetto (sustrato) degli accidenti la sostanza è detta anche hypokeimenon. In quanto poi è "principio primo del moto e della quiete" la sostanza è meglio detta physis (natura) (Fisica 192b, 20 ss.). Propria mente parlando sostanza è soltanto l’individuo: non la materia o la forma, che sono parti della sostanza. L’individuo è detto anche sostanza prima: mentre i generi e le specie sono soltanto "sostanze seconde" (deuterai ousiai) (Categ. 5, 2h).

 

  I latini tradussero il termine ousia con substantia; tra gli scrittori cristiani Tertulliano è il primo a fare uso di questo termine. Nella sua dottrina trinitaria, Tertulliano distingue tra substantia o natura e persona.

 

  Lo stesso linguaggio viene ripreso da S. Agostino, il quale parla anche di essentia per mettere in rilievo ciò che è comune alle tre divine persone. Boezio si avvale del concetto di sostanza per definire la persona: "Persona est rationalis naturae individua substantia".

 

  S. Tommaso accoglie, nell’essenziale, il concetto aristotelico di sostanza in generale, sostanza è ciò che sta sotto. il fondamento, il sostegno. Il termine sostanza si spiega partendo dal verbo substare: "Nome enim substantiae imponitur a substando" (I Sent., d. 8, q. 4, a. 2). I vari sensi con cui questo termine può essere usato sono indicati espressamente da S. Tommaso nella Summa: "Secondo il Filosofo, il termine sostanza si può prendere in due sensi.

 

  Primo si dice sostanza la quiddità di una cosa (quidditas rei) espressa dalla definizione, difatti diciamo che la definizione esprime la sostanza delle cose; e questa sostanza che i greci dicono ousia, noi possiamo chiamarla essenza (essentiam).

 

  Secondo, si dice sostanza il soggetto o supposito che sussiste nel predicamento della sostanza (subiectum vel suppositum quod subsistit in genere substantiae). E prendendola in generale si può indicare come un nome che ne esprime la funzione logica e allora si chiama soggetto o supposito.

 

  La sostanza viene designata anche con altri tre nomi che esprimono la realtà concreta, e cioè realtà naturale, sussistenza e ipostasi (res naturae, subsistentia et hypostasis). Secondo tre diversi aspetti che la sostanza può assumere quale realtà concreta. Cioè, in quanto esiste in se stessa e non in un altro soggetto si dice sussistenza (secundum quod per se existit et non in alio, vocatur subsistentia): infatti diciamo sussistenti quelle cose che sussistono in se e non in altri. In quanto fa da supposito a una natura presa nella sua universalità, si chiama realtà naturale (res naturae); e in tal senso quest’uomo (hic homo) è la realtà naturale della natura umana. In quanto infine fa da supposto agli accidenti. si dice ipostasi o sostanza (hypostasis vel substantia).

 

  Quello poi che questi tre nomi significano universalmente per tutti i generi di sostanze, il termine persona (persona) lo significa nel genere delle sostanze ragionevoli" (I. q. 28, a. 2).

 

  L’autonomia della sostanza, spiega l’Angelico, è caratterizzata più precisamente dall’essere per sé (esse per se). Perciò S. Tommaso dice che col termine substantia si deve intendere la essentia cui competit per se esse, in cui l’esse non è l’essentia stessa (I, q. 3, a. 5, ad 1). Substantia prima è l’essere individuo come realmente esiste (individuum in genere substantiae) (I Sent., d. 25, q. 1, ad 7); substantia secunda, invece, è la categoria in senso logico, la quale esprime la presenza dell’universale nello stesso esistente.

 

  Le più importanti divisioni della sostanza sono: substantia prima e secunda: particularis (singularis) e universalis; comnpleta e incompleta (l’anima umana è una substantia incompleta pur possedendo un proprio atto d’essere); comnposita (di materia e forma) e simplex; corporalis e spiritualis. Commentando Aristotele, S. Tommaso formula la distinzione tra le sostanze nel modo seguente: "Le sostanze sono di tre tipi. Una è quella sensibile che si divide in due generi: infatti alcune sostanze sensibili sono sempiterne, cioè i corpi celesti: altre invece sono corruttibili (...). Il terzo genere è quello della sostanza immobile, che non è sensibile (...). Fra questi tre generi di sostanze, la differenza è che le sostanze sensibili. sia corruttibili che perpetue, sono oggetto della filosofia naturale (fisica)... Invece la sostanza separabile e immobile è oggetto di un'altra scienza (la metafisica)" (XIL Met.. lect. 5).

 

  La costituzione metafisica dell’essere singolo è data, per Aristotele, da materia e forma, o da atto e potenza; per S.  Tommaso inoltre da essentia e actus essendi. Infatti dopo la scoperta dell’actus essendi (e del concetto intensivo dell’essere) S. Tommaso si è visto costretto a completare il discorso di Aristotele su questo punto: l’ente sostanziale concreto esige oltre all’essentia (che negli enti materiali comprende due elementi: la materia e la forma) anche l’actus essendi. La differenza tra la dottrina aristotelica e quella tomistica della sostanza è da vedere nel fatto che in S. Tommaso l’esse diventa determinante. La sostanza esiste perché ha l'esse. Un’essenza è in actu perché è attualizzata dall’essere. La sostanza va quindi chiarita più che a partire dall’essenza, partendo dall’essere. In questo modo, la metafisica di S. Tommaso chiarifica ulteriormente la dottrina aristotelica della sostanza.

 

  Essendo correlativo di accidente, propriamente il termine sostanza non si può applicare a Dio (in quanto in Dio non ci sono accidenti), ma se spogliato dell’aspetto della correlazione e ristretto nel suo significato a ciò che è maggiormente positivo (autonomia dell’essere, consistenza ontologica). il termine si addice anche a Dio: "Substantia convenit Deo secundum quod significat existere per se" (I, q. 29. a. 3. ad 4). S. Tommaso mette inoltre esplicitamente in rilievo che Dio non cade sotto il predicamento della sostanza (non est in genere substantiae (I, q. 3, a. 5) e riallacciandosi allo Pseudo-Dionigi parla della essentia divina come di substantia supersubstantialis (In Div. Nom.. c. 1, lect. 1; c. 5. lect. 1). Anche qui è chiaro che l’Angelico ha ulteriormente sviluppato la dottrina aristotelica, mostrando che l’essere sostanziale finito di pende totalmente dal puro essere infinito di Dio.

 

(Vedi: ARISTOTELE, METAFISICA, CATEGORIA)

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