Temperanza
In greco sophrosyne,
in latino temperantia; è
una delle quattro virtù cardinali. Essa controlla, come spiega Platone
nella Repubblica, l’appetito
concupiscibile e consiste essenzialmente (come chiarisce Aristotele nell’Etica
Nicomachea)
in una
moderazione dei piaceri sensibili conformemente alle esigenze della
"retta ragione".
Della temperanza
tratta frequentemente la S. Scrittura. Contro la sregolatezza nel
mangiare e nel bere, nel gioco e nel divertimento, scaglia severe sentenze il Qoelet
(2, 3 ss.). Molto insiste sulla temperanza S.
Paolo nelle sue lettere. Ai Romani raccomanda il controllo della propria
carne (Rm 1); ai Corinti di
essere temperanti nei cibi e nelle bevande (1
Cor 6, 19). Nella lettera a Tito e nelle due lettere a Timoteo egli
insiste molto sulla necessità che tutti siano sobri e temperanti nella
comunità cristiana, in modo che la Chiesa sia costituita da persone che vivono
nell’amore e nella temperanza. (Tt 2, 2-6; 1 Tm 3. 2; 2 Tm 1, 7).
Alla
temperanza S.Tommaso dedica
un’ampia questione della Secunda Secundae
(q. 141) in
cui si pone otto quesiti:
1.
Se la temperanza sia una virtù:
2.
Se sia una virtù speciale:
3.
Se abbia per oggetto solo la concupiscenza e i piaceri;
4.
Se riguardi solo i piaceri del tatto;
5.
Se riguardi
anche i piaceri del gusto come
tale;
6.
Quale sia la norma della temperanza;
7.
Se la temperanza
sia una virtù
cardinale;
8.
Se sia la virtù più importante.
Secondo l’Angelico "il termine temperanza (temperantia)
può indicare due cose. Primo, nel senso generico del suo significato,
la temperanza
non è una virtù speciale. ma generale, poiché il termine
temperanza indica una certa ternperatezza (temperies)
o moderazione, posta negli atti e nelle passioni umane dalla ragione; e
questo è comune a tutte le virtù
morali (...). Ma
se col termine temperanza si intende la disposizione
a trattenere l’appetito dalle cose che più attraggono l’uomo, allora essa è
una virtù speciale, dotata di speciale materia come la fortezza" (II-II,
q. 141, a. 2). "Così la temperanza che implica moderazione consiste principalmente nel regolare le passioni che
tendono ai beni sensibili. e cioè le concupiscenze e i
piaceri. e indirettamente a regolare le tristezze e i dolori che
derivano dall’assenza di questi piaceri. Infatti come l’audacia suppone i
pericoli. così la tristezza deriva dalla mancanza di questi piaceri" (II-II,
q. 141. a. 3). La temperanza non tende ad annullare i piaceri bensì a moderarne l’uso, ponendo così
in essi una
giusta misura o regola, conforme a retta ragione. in modo tale che anche i
piaceri siano finalizzati all’attuazione di quel progetto di piena
umanità a cui ogni persona aspira e verso cui deve convogliare tutte le risorse
del proprio essere, compresi i piaceri sensibili (II-II. q. 141, a. 4). La temperanza
e una
virtù cardinale perché la moderazione. che è la regola comune delle virtù,
si apprezza maggiormente nella temperanza di
quei piaceri per i quali, venendo essi da operazioni che sono le più naturali e
da oggetti che sono i più
necessari alla vita, è più difficile l’astensione e il freno (II-II, q. 141,
a. 7).
S.Tommaso fa vedere che la temperanza è inferiore alla giustizia, perché mentre questa
ha di mira il bene comune, quella ha per oggetto solo il bene privato.
"Come nota il Filosofo nell’Etica
Nicomachea (I. c. 2) “il bene del popolo e più divino che il bene di un solo uomo”. Perciò quanto
più una virtù riguarda il bene comune. tanto più è superiore. Ora la giustizia
e la fortezza riguardano il bene comune più della temperanza: poiché la
giustizia ha per oggetto i rapporti reciproci. e la fortezza si esercita nei
pericoli di guerra, affrontati per il bene comune; mentre la temperanza regola
solo le concupiscenze e i piaceri individuali. Dunque è
evidente che
la giustizia e la fortezza sono virtù superiori alla temperanza: sebbene
siano ancora più importanti di esse la prudenza e le virtù teologali" (II-II.
q. 141, a. 8).
(Vedi, VIRTU')
_____________________________________________________