Timore
Dal
latino timor; l’uso che la S. Scrittura fa di questo termine non coincide
con quello della teologia: nella Scrittura esso designa quasi sempre una
virtù; invece in teologia come pure in filosofia può riguardare sia una passione
sia una virtù.
Nell’A. T. si parla del timore di
Dio come dell’atteggiamento caratteristico dell’uomo di fronte a Dio (Gdc 13,
22) ed è il sentimento che tiene l’uomo lontano dal male (Gn 20, 11; Es 20, 20; Pr8, 13). Secondo Pr 1, 7 è l’inizio
della saggezza. Net N. T. è l’equivalente della pietà (Lc 23,
40; Ef 5, 21; Co13,
22). Si tratta per il cristiano di un timore reverenziale, di un sentimento
filiale pieno di rispetto (Fil 2, 12; 2 Cor 5, 11).
S.
Tommaso si occupa del timore sia come passione sia come dono dello Spirito
Santo.
1. LA PASSIONE DEL TIMORE
Inteso
come passione, il timore designa quel particolare sentimento che si avverte di
fronte a un male futuro a cui risulta difficile sottrarsi: "Timor
est de futuro malo, quod excedit potestatem timentis, ut scilicet ei resisti
non possit"(I-II, q. 41, a. 4). Secondo S. Tommaso è una passione
speciale, perché il suo oggetto, cioè un male futuro difficile a evitarsi,
è un oggetto speciale. Il bene è oggetto indiretto del timore, in quanto
se ne teme la privazione: oggetto diretto è il male (I-II, q. 42, a. 1). Le
cose repentine si temono di più, perché mancano i pronti rimedi. Le cose poi
contro le quali non c’è rimedio sono quelle che maggiormente si temono,
perché si reputano più durature (I-II, q. 42, aa. 5 e 6).
Tra
le cause del timore, S. Tommaso annovera anzitutto la forza dell’oggetto
che può nuocere, una forza a cui risulta difficile opporsi; altra causa è
l’amore del bene di cui si teme la perdita. Rientra tra le cause del timore
anche la fragilità e debolezza del soggetto, che può lasciarsi intimorire
anche da meri fantasmi (I-II, q. 43, aa. 1 e 2).
S.
Tommaso fa poi vedere che gli effetti del timore sono sia fisici che psichici:
1)
1)
fisici: il
timore stringe il cuore e trattiene il respiro, fa tremare e impallidire,
toglie anche le forze del corpo;
2)
2)
psichici: può
rendere riflessivi, benché come ogni passione impedisca di bene riflettere;
perciò quanto alle forze dell’anima, se non è eccessivo, le sollecita (I-II,
q. 44, aa. 1-4).
2.
IL DONO DEL TIMORE
S.
Tommaso spiega che il timore di Dio che fa parte del doni dello Spirito Santo
non è il timore servile (che fa compiere un’azione per scongiurare i mali
che ne deriverebbero omettendola) bensì il timore filiale
e casto, frutto della carità perfetta. Infatti "i doni dello Spirito
Santo sono alcune perfezioni abituali delle potenze dell’anima, che rendono
docili alle mozioni dello Spirito Santo; come le virtù morali rendono docili
alla ragione le potenze appetitive. Ora, perché una cosa ben si presti a
essere mossa, si richiede anzitutto che senza contrasto si assoggetti a chi la
muove. Ciò fa appunto il timore filiale o casto, poiché per esso noi abbiamo
riverenza di Dio e rifuggiamo dal sottrarci a lui: quindi il timore filiale
tra i doni dello Spirito Santo tiene il primo luogo salendo in alto e
l’ultimo discendendo (II-II, q. 19, a. 9).
(Vedi:
PASSIONE, DONO)
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