«Eleonora
forse non era bella ma sublime sì. E quel fascino insolito, fatto di
ombre e di barbagli, lei amava ammantare con stoffe impalpabili: velluti,
ma anche rasi e taffetà. Tessuti reinventati dalla
fantasia liberty di Fortuny, drappeggiati in fogge orientali da
Poiret, scolpiti in morbidi
strascichi da Worth. Modelli suggeriti da lei, che
attinge all'arte: spedisce in sartoria la foto dell'affresco dei
Luini nel monastero di San
Maurizio a Milano, perché si tragga ispirazione dalla veste della
Madonna. Per Cleopatra
appare fasciata da catene e lustrini. Per la
Signora delle camelie pretende una mise tutta bianca. Spregiudicata nelle fogge, originale nei colori. Pur se attrice, prediligeva il colore più temuto in teatro, il viola. Che arditamente abbinava col nero e i rossi melograno. Nel 1904 spende duemila lire (circa 13 milioni di oggi) per un mantello di scena. Le serve per Monna Vanna di Maurice Meterlink. –“Vorrei - scrive al costumista Caramba - un mantello di velluto bleu, ma non precisamente bleu, ossia di un bleu che io so ma che non posso completamente spiegare. Cercate di comprendermi, voi che siete un grande figurinaio, un artista. Quello che io vorrei è un bleu color dei lago di Pallanza (oh, ricordate?) alle quattro del pomeriggio”». (Giuseppina Manin, La Duse degli italiani, in “IO donna” - 29 settembre 2001- in occasione della mostra: Divina Eleonora, Venezia, Fondazione Cini 1/10/01- 6/01/02) |
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1:3) abiti attribuiti al
genio di Fortuny tra 1907 e 1915
4) soprabito della sartoria Magugliani di Milano (1910) |
1:2) abiti della Maison
Worth (1905-1922)
3) abito di Paul Poiret (1903-1906) 4) abito di alta sartoria italiana 1910 circa |
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un fatto di abitudine |
Quant'Altro |
vedere per non credere |
un sarto anglo-francese
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decisamente un artista |
un sarto-restauratore
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