(1880 ?) |
Il
menage Checchi – Duse non fu “sbilanciato”, il marito tradito da una
parte e la moglie fedifraga dall’altra: entrambi ce la misero tutta per
non restare indietro. Secondo
Ciro Galvani,
Eleonora avrebbe “ceduto” a Flavio
Andò dopo aver
scoperto che Teobaldo si “era fatto” la giovanissima attrice Irma
Grammatica (Orio
Vergani, Misure del tempo, Milano, Leonardo, 1990) Durante lo
stesso tour sudamericano, pare inoltre che la Duse, perché arrabbiata a
causa del comportamento del marito, nel corso di una scena passionale
sia rimasta a seno nudo di fronte al pubblico e al
consorte stupefatti. |
(1885) |
Ecco
la versione completa sul matrimonio di Teobaldo, raccolta in una lettera
da Rio de Janeiro a Francesco D'Arcais (27 agosto 1885): «Quasi
cinque anni fa quando la Duse venne scritturata da Rossi, ed entrò nella
nostra compagnia, io mi presi subito d'affezione per lei, vedendola così
sola, triste, con un padre impossibile, lottando contro l'indigenza, le
feci la corte e me ne innamorai seriamente, proprio per la prima volta in
vita mia. Le proposi di sposarla, ed ella accettò con entusiasmo, pagai
tutti i debiti che aveva, le feci un vestiario da signora, e cominciai per
lei quel lavoro continuo, assiduo, indefesso, che doveva, come accadde,
portarla in breve al posto che ora occupa [ ... ].
Ella non aveva da preoccuparsi che della sua arte, tutti i fastidi,
tutti i grattacapi erano per me, tutto quello che umanamente si può fare,
onde rendere una donna felice, fu da me fatto, e fatto con amore, perché,
come vi ho detto ne ero innamorato. Questa in poche parole è la storia
del mio matrimonio. Quando in compagnia si. seppe questa mia idea, cioè
che volevo sposare la Duse... tutti, nessuno eccettuato, mi
sconsigliarono, ed oggi vedo che avevano ragione [ ... ] lo la sposai lo
stesso, e quando i comici videro che piega prendeva Ella nell'arte allora
voltarono la frittata, e dissero che l'avevo sposata per interesse, e che
io ero un furbo matricolato che avevo capito che di quella se se mi ero
mangiato quei pochi soldi che avevo, lo avevo fatto sapendo dopo di
raccogliere il mille per cento. Da un pezzo mi ero accorto che Leonora non
era più la stessa con me, ma io l'attribuivo al suo stato malaticcio, a,
suoi nervi, e, francamente, non pensavo che la malignità di quella
canaglia [i comici] fosse arrivata ad impressionarla. Arrivati in America,
a Montevideo: parlando io dei giornalisti e delle visite che volevo far
loro, le scappò un gesto d'impazienza, e le venne di dire queste parole:
«Ma lascia stare i giornalisti e lascia che io mi guadagni i loro
suffragi e quelli del pubblico, altrimenti diranno che anche qui sei tu
che mi fai piacere e battere le mani!». Rimasi di stucco a queste parole
e soprattutto per la stizza con cui vennero dette, ma fu avviso per me, e
cominciai ad osservarla. lo non andai dai giornalisti i quali naturalmente parlarono pochissimo dell'andata in scena, ed allora io ne tornai a discorrere con lei, facendole capire il torto che aveva a trascurare queste cose, di più, voi la conoscete benissimo, stizzita di questo, quando gliene venne presentato qualcuno, lo ricevette con quei bei modi che sapete, fu allora che io non credendo mai che il male fosse tanto avanzato, feci a modo mio, ed andai a trovare quei signori, portai le lettere che avevo, fui presentato al Club Orientale insomma, entrai nella società uruguaiana, e fui benissimo accolto, ben ricevuto, festeggiato. Le cose cambiarono, i giornali cominciarono a cantare inni, le signore cominciarono a venire in casa, insomma ricominciò la solita vita di ricevimenti, visite, pranzi, etc. Io però avevo capito di che si trattava, un giorno scherzando le dissi: «Vedi che vuol dire a mischiarmene io: queste son cose che le donne non possono né devono fare». Se aveste veduto come mi guardò [ ... ]» (Leonardo Vergani, Eleonora Duse, Milano, Martello, 1958) |
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