COGNOME e NOME: | CATEGORIA di RELAZIONE : |
ZACCONI ERMETE | collega, amico - nemico |
Nella
sua autobiografia "Ricordi e battaglie" (edizione
Garzanti, Milano, 1946) offre
un'immagine della divina .... "non allineata": il “fenomeno
Eleonora Duse” non è un evento unico ed eccezionale, ma il frutto di un
duro lavoro da impiegati: «Vollero
chiamarla un "miracolo arcano". In sostanza, invece, Eleonora
Duse, discendente da una stirpe di guitti, fu soltanto il riassunto, il
logico naturale prodotto di quasi tre secoli d'arte, durante i quali con
paziente, silenzioso lavoro intere famiglie di "cabotins"cercarono
di avvicinare l'arte alla verità e per generazioni acuirono i cervelli,
raffinarono la sensibilità, provarono sempre più vivo nel loro povero
cuore il dolore di tutti gl'infelici. |
Ermete Zacconi in una caricatura di Onorato |
Da essi nacque la fanciullina dalla mente più ricca, dall'anima più generosa che, cresciuta e tempratasi nelle dure necessità e nell'amorevole pietà, fu la grande interprete del pensiero e dello spasimo umani». |
La Duse e Zacconi si "mettono insieme" (solo artisticamente per carità) per alcuni mesi del 1899, in un improvvisato tentativo comune di intervento rinnovatore del teatro italiano, presentando un repertorio composto da opere "nuove" ("La Gioconda", "La Gloria", entrambe di Gabriele D'Annunzio), assieme a quello abituale di Dumas & C. |
Nel 1920 a Firenze nasce il secondo sodalizio Zacconi-Duse, nella sua autobiografia Ermete Zacconi ne dà un improbabile resoconto: |
«Un giorno venne a casa mia moglie [l'attrice Ines Cristina], con gli occhi pieni di lacrime, perché aveva riconosciuto la Duse in una signora modestamente vestita di nero, che camminava guardandosi intorno timorosa di essere veduta da qualcuno. Mia moglie l'aveva fermata perché quell'impulso era stato più forte di lei; essa aveva fatto i suoi primi passi in Arte accanto alla grande artista e la sua devozione, il suo amore per lei erano infiniti. La loro conversazione aveva sconvolto mia moglie. La Duse aveva depositato ogni suo avere in una banca germanica. Dopo la guerra, per il crollo del marco, della sua sostanza non le rimaneva quasi più niente. “Mi resta forse un po' di pane, ma non ho più il companatico, e allora sono andata a Milano, ho parlato con Praga (allora direttore della Società Autori). Ho fatto intendere il mio bisogno di lavoro, ma mi hanno presentato un contratto con vincoli di lavoro così duri, che non avrei potuto accettare neanche se avessi avuto trent'anni. Sono stata allora a Roma da Rosadi (allora ministro della pubblica istruzione), mi ha accolto festosamente, mi ha fatto mille promesse di occuparsi di me, ma tanto tempo è passato e nessuno si fa vivo... e non so come fare”. Era Eleonora Duse che parlava cosi, la grande Eleonora Duse, sola ormai, quasi vecchia, triste, stanca, preoccupata e abbandonata dal suo paese». (Ermete Zacconi, Ricordi e battaglie, Milano, Garzanti, 1946) |
«Certo la guerra aveva impoverito la Duse. Ma dalle lettere che scrive a Zacconi e ad altri non traspare un così gran bisogno, bensì un gran desiderio di trovare un modo opportuno per rientrare. Nel caso Zacconi … molto probabilmente la Duse era sfavorevolmente disposta dalla fama di attore ormai “vecchio” e baluardo della tradizione che circondava Zacconi, e favorevolmente disposta, invece, dalla fiducia personale che le ispirava, dalla solidità della sua impresa, dalla sua disponibilità … La Duse, essendo rimasta estranea davvero al teatro per tutti gli anni dei ritiro, aveva probabilmente un gran bisogno proprio di queste piccole informazione «di retroscena». Di Zacconi dunque “sa” che è ancora uno degli attori più importanti, e uno dei più sicuri dal punto di vista economico e dell'autorità capocomicale». (Mirella Schino, Il teatro di Eleonora Duse, Bologna , Il Mulino, 1992) Ermete in "Spettri" |
Eleonora nel 1920 |