OGM in agricoltura
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La volontà di migliorare le specie è antica e, nella loro ricerca, l'allevatore e l'agricoltore applicano un metodo ben collaudato. Con molta cura selezionano una varietà animale o vegetale di cui apprezzano le qualità; tentano poi di migliorarla ulteriormente aggiungendo uno o più caratteri supplementari presenti in un'altra varietà.
Nell'agricoltura classica si incrociano due individui di specie date, attenendo
pazientemente la discendenza e selezionando l'esemplare dotato di tutte le
qualità desiderate. Se si tratta di qualità riguardanti, per
esempio, il latte, allevatore potrà giudicare il risultato solo dopo
la prima gravidanza dell'animale! Seguirà poi un buon numero di incroci
destinati a stabilire la nuova razza: essa infatti dovrà perpetuare
senza eccezioni la combinazione di qualità ricercata.
Nel
metodo classico, l'incrocio di due individui consiste nel mescolare due scatole
nere, continenti ciascuna un insieme di elementi noti, di cui si desidera
la riproduzione di elementi sconosciuti potenzialmente indesiderabili; è
impossibile prevedere i difetti che la lotteria dell'ereditarietà aggiungerà
alle qualità sperate del risultato che si otterrà.
Le tecniche di ingegneria genetica consentono invece di manipolare a piacere
(o quasi) il contenuto delle scatole. L'uomo di laboratorio si sostituisce
alla cieca ruota della lotteria dell'ereditarietà; egli estrae da una
delle scatole l'elemento che determina la qualità richiesta: il "gene
d'interesse", e questo solo viene introdotto nell'altra scatola la quale
acquista così la potenzialità sperata e, almeno in linea di
principio, essa sola. Né la barriera inter-specifica né quella
naturalmente eretta tra regno vegetale e regno animale oppongono resistenza
ai disegni dei manipolatori.
Grazie all'ingegneria genetica, è possibile dare alle piante la possibilità di difendersi da sole contro gli insetti. Rispetto agli insetticidi tradizionali questa tecnica presenta numerosi vantaggi: non c'è più il rischio del dilavamento dell'insetticida dovuto alla pioggia; vengono distrutti solo gli insetti che attaccano la pianta e questa è protetta fino alle radici. Da una trentina d'anni si utilizzato con successo proteine insetticide derivanti da spore di batteri, come quelle del Bacillus thuringiensis. Queste sostanze permettono di lottare contro i bruchi dei lepidotteri (acari e farfalle). Le diverse tossine provenienti dal B. thuringiensis non sarebbero tossiche per i mammiferi e tuttavia impediscono agli insetti di alimentarsi e riprodursi. I geni codificanti queste endotossine sono stati utilizzati per trasformare piante come il cotone, il pomodoro e la patata; il metodo è stato esteso ad altri insetti, come le dorifore che devastano le piante di patata. Se si tenta di proteggere le piante contro le aggressioni biologiche -batteri, virus o funghi- le si aiuta anche a difendersi dallo stress ambientale; è possibile ottenere resistenze ai metalli pesanti, all'acidità del suolo, ai sali, al gelo, all'eccesso di luce, alla radiazione ultravioletta, alla siccità. L'introduzione di un gene codificante la proteina del pesce, ricca di alanina detta "antigelo", per esempio, rende meno sensibili al freddo piante come le fragole e il tabacco.