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..........in preparazione..........

MALGA CALDEA - PUNTA DEL VENEROCOLO


da m 1584 s.l.m. a m 3323

tempo di percorrenza: 6 ore in salita

dislivello: m 1739

riporto integralmente l'ottima descrizione che viene fatta nel volume: S.Frattini C. Contino - ESCURSIONI NEL PARCO DELL'ADAMELLO - CIERRE edizioni - 1995 -


dicembre'86:Benedetto e Avio


da cima Plem 1995


da punta Venerocolo: pian di neve agosto 2000


dicembre 1988:Benedetto e Avio


estate 1995: Benedetto e Avio


estate 1995: Benedetto e Avio


estate 1995: Benedetto e Avio


estate 1995: Benedetto e Avio


estate 1995: Benedetto e Avio


Benedetto e Avio


Benedetto e Avio


Benedetto e Avio


diga Avio


Benedetto e Avio


diga Benedetto


Venerocolo


Adamello 1994

Parcheggiata l’auto poco dopo Malga Caldea, si prosegue a piedi passando alla base dell’al­to gradino roccioso che sbarra la valle, per poi risalire sul fianco opposto lungo la strada che, da un po’ di anni, ha sostituito la storica, aspra mulattiera, detta “la Segosta”.

La nuova strada, che si inerpica ad ampi zig-zag, è ri­servata ai mezzi di servizio che salgono agli impianti idroelettrici dei laghi d’Avio, le ac­que dei quali, se fossero libere di scendere nel fondovalle, precipiterebbero per ben 300 m.
Se ciò dovesse avvenire si tornerebbe ad ammirare, dopo tanto tempo, quella “... serie di spettacolari cascate, ciascuna delle quali in un altro paese potrebbe diventare famosa,” che Douglas William Freshfield ricorda nel suo bellissimo "ltalian Alps" del 1875.

La vegetazione che ricopre il pendio che fiancheg­gia il salto di rocce dell’antica cascata è per lo più costituita da un cespuglieto alto e rado, con preva­lenza di ontano di monte e presenza significativa di lampone, sambuco rosso e della non comune Loni­cera nigra.

Qua e là si incontrano inoltre sparsi lari­ci, abeti rossi, salici appendicolati e betulle di due specie molto simili: la “solita” Betula pendula e la rara Betula pubescens, diffusa peraltro anche più avanti, fino a Malga Lavedole.

Tra le tante specie er­bacee si notano invece per la loro appariscenza A­conitum vulparia, Epilobium angustfolium, Senecio fuchsii, Digitalis grandiflora, Cirsiurn erisithales, Campanula spicata, Dianthus sylvestris e le grandi ombrellifere Heracleum sphondilium, Angelica syl­vestris e Laserpitium krapfii ssp. gaudinii.

Raggiunta “la Palazzina” (1904 m; ore 0.50) nei pressi del Laghetto dell’Avio si prosegue alla base del Corno di Mezzodì lungo la stra­da sterrata pianeggiante che costeggia la sponda occidentale dei laghi artificiali creati nel fondovalle tra le due guerre. Il panorama è decisamente mutato: la vallata, specialmen­te verso la testata, si amplia in una vastissima conca contornata da alti monti.

Tra essi spic­cano: la Cima Plem, sotto la quale si nota la grande diga del Lago Pantano, l’Adamello, con le sue vertiginose pareti nord e ovest e, sull’opposto fianco della valle, le cime dei Frati, della Calotta e di Salimmo.

Ancora nel Settecento il Laghetto d’Avio veniva a­bilmente sfruttato per portare a valle il legname. Si legge infatti nella Guida alpina della Provincia di Brescia del 1889 che al suo “.... sbocco sta il vano d’una porta formata nella nuda roccia, in parte dal­la natura, ed in parte dall’uomo, e che ha ai lati an­cora giganteschi cardini. Nel secolo scorso veniva chiusa per rialzare il lago, immettervi i superbi larici e farli poscia, aprendo la diga, precipitare lungo la valle nell’Oglio sotto Temù”.

Poi, tra le due guerre, iniziò lo sfruttamento idroe­lettrico della valle. Con la costruzione delle dighe fu aumentata la capacità del Laghetto dell’Avio e del Lago d’Avio.

Venne inoltre creato il Lago Be­nedetto, sommergendo il vasto pianoro paludoso e pascolivo di Malga di Mezzo, che ci piace ricorda­re ricorrendo ancora una volta alle parole di D. W. Freshfield "entrammo su uno di quei ripiani tanto frequenti nel gruppo". (nota mia: mi permetto, umilmente, di correggere l'autore perchè Freshfield si riferiva alla malga Lavedole e non alla malga di Mezzo).

"La sua liscia distesa pra­tiva brulicava di vacche e capre, riunite per la notte intorno alla capanna del pastore. Due torrenti, uno grigio figlio di ghiacciai, l’altro chiaro nato da una sorgente, si lanciavano giù, dietro a noi, in splendi­de cascate. In fondo l’Adamello alzava il suo corno di ghiaccio”.

Con la comoda strada sterrata pianeggiante si percorre prima la sponda occidentale del Laghetto dell’Avio (1869 m) e poi quella del ben più vasto Lago d’Avio (1900 m).
Si risale quindi il breve gradino che porta al Lago Be­nedetto (1929 m) e si continua in piano, in­contrando subito dopo la Malga di Mezzo e il bivio con il sentiero n. 35.

La vegetazione dei pendii che fiancheggiano i baci­ni è in prevalenza formata da folti cespuglieti di Alnuss viridis, con presenza rilevante di Pinus mugo, Pinus uncinata e Salix appendiculata, a cui si alter­nano minuscoli lembi di lariceto rado.

Sul breve pendio che dal Lago d’Avio sale al Lago Benedetto i larici (Larix decidua) si infittiscono e compaiono anche i primi cembri (Pinus cembra) che si ricolle­gano al cospicuo popolamento localizzato sulle ru­pi sovrastanti.
Assieme agli sparuti lembi di lariceto già ricordati rappresentano i resti dei vasti boschi di lanci, pecci e cembri che si estendevano, diversi secoli or sono, attorno ai laghi, come è stato recen­temente dimostrato da Giuseppe Berruti e Ornello Valetti con uno studio basato su documenti storici.

Dei tre laghi artificiali il primo che si incontra, il Laghetto dell’Avio, è lungo 360 m, largo 160 m profondo 14 m; contiene 370.000 m’ di acqua.

Il Lago d’Avio, che è il secondo, raggiunge invece la profondità di 79 m, è lungo 985 m, largo 570 m e contiene ben 25.350.000 m di acqua. Il terzo, il Lago Benedetto, è profondo 46 m, lungo 795 m e largo 580 m; ha una capacità di 7.710.000 m. Il colore delle sue acque, ancor più di quelle del La­go d’Avio, è grigiastro per la presenza di molto li­mo in sospensione, al quale in gran parte si deve il naturale interramento dell’antico lago di escavazio­ne glaciale.
Quando, tra il 1935 e il 1940, venne realizzato il lago artificiale (che prende il nome dall’ingegnere Fernando Benedetto, artefice dell’impianto) qui si estendeva infatti, ormai da se­coli, un vasto pianoro erboso e paludoso che già Freshfield ebbe a ricordare.

I laghi della Valle dell’Avio (escluso il Laghetto, og­gi non più utilizzato) alimentano la centrale idroe­lettrica di Edolo, una delle più potenti in Italia (1000 MW).
Nei periodi di surplus energetico (ad esempio di notte) essa è anche in grado di ripom­pare quassù l’acqua raccolta nel vascone di fondo-valle.
In questo modo la stessa acqua può nuova­mente essere impiegata per produrre energia elettri­ca nei momenti di maggiore richiesta, I due serba­toi di alta quota (Lago Venerocolo e Lago Pantano), prima di immettere le loro acque nel Lago Benedet­to, alimentano però la centrale idroelettrica situata sulla sponda orientale di quest’ultimo.
Fin verso il 1980, prima della costruzione della centrale di E-dolo, il sistema idroelettrico dell’Avio alimentava invece la centrale di Temù, ora non più utilizzata.

Dalla Malga di Mezzo si prosegue ancora lungo la sponda del Lago Benedetto, si conti­nua quindi con il sentiero che risale il fianco del gradino che sbarra la valle alla testata del lago.
La salita a zig-zag offre scorci panoramici sui bacini appena costeggiati e, in qualche punto, anche sulla spumeggiante cascata for­mata dal ruscello che scende dal pianoro so­vrastante, su cui si trova Malga Lavedole (2044 m; ore 1,40).

Nei pressi di Malga Lavedole si estende un’ampia zona paludosa, detta anticamente “Lavizol”, che vedremo meglio dall’alto, al ritorno, quando in questo punto chiuderemo il percorso ad anello che ora inizia con la salita verso il Rifugio Garibaldi.
Il pianoro di Malga Lavedole è dominato dalla vetta dell’Adamello e dal vicino, imponente massiccio del Baitone.
Volgendo lo sguardo a valle, al di là dei laghi artificiali e al di là dei monti che formano il fianco opposto della Valcamonica, emergono sul­lo sfondo le bianche cime del Gruppo dell’Ortles-­Cevedale.

Attorno al pianoro sono molto evidenti le rocce “montonate” dagli antichi ghiacciai e diversi archi morenici tardiglaciali. Ancora 12.000 anni fa nella zona di Malga Lavedole confluivano le lingue dei ghiacciai del Venerocolo, dell’Avio e di quello che scendeva dal versante Est del Baitone.
Continuando lungo il sentiero n° 11, segnato con tratto bianco e rosso, ci si inoltra nell’am­pio ripiano, lasciando sulla destra Malga La­vedole, e poco più avanti si attraversa il tor­rente che scende dalla Val di Venerocolo.
Le sue acque sono lattiginose perchè ricchissime di limi in sospensione prodotti dall’usura delle rocce per l’abrasione esercitata dai ghiacciai. Sul greto, tra ghiaie silicee e sabbie fini, vivono alcune specie pioniere come Cardamine resedifolia, Achillea mo­schata, Leucanthemopsis alpina, Lotus alpinus. Oxyria digyna e Epilobium fleischeri, piante che al­meno in parte rivedremo più in alto, sulle morene.
Si riprende a salire, per lo più tra cespuglieti di rododendro ferrugineo con radi larici e cembri; poi, guadagnato un centinaio di metri di dislivello, si prosegue per un buon tratto in piano fino all’inizio del cosiddetto “Calvario”. Significativo nome della ripida, assolata mu­lattiera di guerra che si inerpica a zig-zag sul fianco della VaI di Venerocolo verso il Rifu­gio Garibaldi.
Il paesaggio, con i suoi diversi toni di verde, offre la possibilità di individuare a distanza le principali ti­pologie vegetazionali: in basso, i radi lariceti misti a cembro che sfumano verso l’alto, poi gli scuri ce­spuglieti a rododendro e a ontano di monte e le praterie di un verde più chiaro. Ancora più su do­mina il grigio delle pietraie e delle rocce, regno della vegetazione pioniera d’alta quota.

L’Adamello, intanto, è sempre più vicino e maesto­so con le sue superbe pareti, alte quasi 1000 metri, e sempre più ampio è il panorama sulla testata del­la valle, dove spicca la grande diga del Lago Panta­no.
Oltre all’Adamello coronano il vastissimo anfi­teatro la Cima Plem e il massiccio del Baitone, che si protende verso nord con la rupestre catena di ci­me che termina con il Monte Avio e il Corno di Mezzodì. Continuando la risalita del Calvario com­pare, in alto, la diga del Lago Venerocolo, mentre contro il cielo si delinea il profilo del Corno Bianco e del profondo intaglio del Passo Brizio: è la porta per i grandi ghiacciai e per la vetta dell’Adamello.
Quando il pendio si attenua ci si affaccia alla Conca del Venerocolo dove sorge la chieset­ta della Madonnina dell’Adamello, eretta du­rante la prima guerra mondiale, e dove si tro­va il lago artificiale del Venerocolo.
Con la costruzione della diga del Venerocolo (tra il 1956 e il 1959) si è creato un invaso lungo 860 m, largo 305 m, profondo 28 m, con una capacità di 2.500.000 mq che ha sommerso il preesistente laghetto naturale dalle acque poco profonde, ricchis­sime di limo glaciale in sospensione. Le sue spon­de, in parte sassose e in parte sabbioso-limose, era­no caratterizzate da una vegetazione a Eriophorum angustifolium, Eriophorum vaginatum e Carex fusca e anche a muschi acquatici che formavano comu­nità estese e di notevole interesse. Poco più in alto si estendeva invece un pianoro umido per lo più con vegetazione a Trichophorum caespitosum e anche a Sphagnum compactum, che probabilmente formava lo sfagneto a più alta quota del territorio dell’attuale Parco dell’Adamello.

(qui termina la descrizione tratta dal volume citato)


Immediatamente prima del rifugio Garibaldi, sulla nostra sinistra troviamo il bivio del sentiero n° 42 che conduce verso il passo Venerocolo.

Il sentiero transita dietro il rifugio, sale in diagonale in direzione del passo, è ben segnalato, si svolge prevalentemente fra pietraie e chiazze di verde; si sposta poi a sinistra per superare il gradone glaciale che contorna il lago Venerocolo, supera un tratto morenico ripido con dei tornanti, per poi proseguire, per un breve tratto, proprio sull'estremo del gradone glaciale.

Gira quindi a sinistra affrontando la grossa morena che ricopre tutto il canalone che scende dal passo; per un lungo tratto si transita a sinistra del vallone, nel tratto in cui si fa più ripida la salita ci si sposta sulla nostra destra, e superato un gradino si segue poi al centro fino a raggiungere il passo.

Se dal passo ci inoltriamo qualche centinaio di metri nel ghiacciaio possiamo ammirare il la valle del Pisgana che scende verso la val Sozzine di Ponte di Legno, e le montagne che lq circondano: il monte Bedole, Mandrone, Venezia, Narcanello e la punta del Venerocolo che si erge sulla nostra destra.

Dal passo proseguiamo sulla nostra destra secondo la linea di massima pendenza, fino a raggiungere lo spartiacque del monte Venerocolo verso la val d'Avio; seguiamo quindi lo stesso spartiacque.
Dobbiamo porre qualche particolare attenzione nel tratto in cui ci sono ancora i residui di un baraccamento poichè in quel tratto lo spartiacque è molto stretto in quanto verso il Venerocolo c'è un canalone; proseguiamo poi fino a raggiungere lo spiazzo esistente sulla sommità della Punta del Venerocolo.

La vista da qui è affascinante: si domina la parte alta del ghiacciao del Mandrone, si è di fronte alla catena di monti che vanno dalle Lobbie al monte Fumo e al corno di Adamè, si intravede la vedretta di Adamé; si ha proprio di fronte sia il monte Bianco che l'Adamello, del quale si può ammirare la parete Nord ed il ghiacciaio del Venerocolo.

Dalla parte opposta, si domina il ghiacciaio del Pisgana, la catena di monti che vanno dal corno di Bedole al monte Narcanello da una parte e da cima Salimmo alla Calotta dalla parte opposta.


Laghetto d'Avio in inverno


Avio


Corno Bianco e Adamello


laghi vuoti aprile 1997


laghi di Venerocolo e Pantno


Rifugio Garibaldi


lago del Venerocolo


diga di Pantano (lato monte)


lago di Pantano


lago Pantano vuoto 1994


da Pantano: Val d'Avio 1985


da Venerocolo: Val d'Avio


lago Pantano


Venerocolo e Pantano


Centrale di Pantano 4 aprile 84


Venerocolo e passo del lunedì


da Venerocolo a Pantano

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