Capitolo
VIII
Avventure
sul monte Orih
I
ricordi portano i nostri eroi ad un anno prima, quando Antony e Quack avevano
passato la notte nella foresta. Al mattino partirono molto presto, anche perché
Antony era molto ansioso di trovare il fabbro mitologico. Né Antony né Quack
sapevano dove fosse il monte Orih, quindi cominciarono a chiedere informazioni
nei villaggi che incontravano; alla fine in un piccolo villaggio di agricoltori
un vecchio seppe dire loro che il monte che stavano cercando era nelle vicinanze
delle montagne del Diavolo (posto che loro avevano già visitato). Il vecchio
consegnò loro una mappa con indicato il luogo esatto del monte e loro partirono
subito. Le montagne ricordavano ad Antony il momento in cui egli scoprì di
essere il prescelto di Kanti; Quack non era ancora nel gruppo quando loro
affrontarono Katodom, re dell’isola, ma si era fatto raccontare tutto.
Arrivarono nel villaggio dei golem in un mese, allenandosi lungo la strada a
fare magie e a combattere. Quando arrivarono videro che tutto era andato
distrutto dal momento della loro partenza, ma andando più avanti scoprirono che
i giganti si erano solo trasferiti in un’altra città più rigogliosa che non
gli ricordasse Flagg. Anche Antony e Quack andarono in quella città, dove tutti
riconobbero Antony come il loro salvatore, e subito cercarono qualcuno che li
potesse aiutare a decifrare la mappa. Un golem particolarmente generoso si offrì
volontario per aiutare Antony, guardò la mappa e condusse i due nel posto
indicato; IL NULLA…………nessun indizio sulla casa del fabbro. Il golem si
offrì di ospitare il gruppo nella sua dimora e così fece. Mentre erano tutti
attorno al tavolo a parlare Quack fece un movimento brusco e fece cadere la
candela sulla mappa, a cui venne subito bruciato l’angolo. Antony spense la
mappa appena in tempo e vedendo se era tutta integra si accorse che nella parte
che era stata vicino al calore era apparso un disegno. Avvicinò con cautela il
resto della mappa e notò che nel retro della mappa vi era una scritta fatta con
inchiostro che appariva solo se riscaldato. Nessuno in quella casa riuscì a
capire cosa vi fosse disegnato ma un golem forse poteva saperlo: il vecchio
Horus, il più vecchio tra i golem. Andarono a letto e dormirono profondamente.
La mattina dopo, il golem li condusse da Horus che, guardando la mappa, disse
che quello era il vecchio linguaggio dei golem, non usato più da molti secoli e
che lui avrebbe avuto bisogno di un po’ di tempo per tradurlo. Così Antony
restò al villaggio allenandosi con i golem; ben presto imparò a misurare la
forza dei suoi colpi magici e grazie ai golem riuscì anche ad aumentare la sua
resistenza fisica. Quack nel mentre faceva esperienza leggendo i libri della
biblioteca dei golem, in cui lesse la storia della vecchia popolazione abitante
quelle montagne. Dopo circa due mesi, Horus chiamò nella sua casa Antony e
Quack e disse loro che dopo estenuanti ricerche era arrivato alla conclusione
che quelli nella mappa erano versi che avrebbero condotto dal fabbro; i versi
dicevano:
Tu
che miri al grande Fabbro
Tu
che miri al metallo magico
Leggi
attentamente questo libro
Tu
che miri al grande Fabbro
Uccidi
l’uccello mitico
E
il suo sangue versa nel monte Orih
Dopo
aver letto quei versi, Horus spiegò che l’uccello a cui si riferiva la poesia
era probabilmente il mitico “Egnune”: l’uccello dalle piume dorate e
argentate che si pensa estinto da secoli. Era proprio un bel problema; come
avrebbe fatto Antony a trovare un uccello che si pensava fosse estinto? Antony
cominciò subito le ricerche; Se la poesia diceva di trovare un Egnune lui
l’avrebbe trovato. Passo i tre mesi successi a perlustrare ogni centimetro di
quei monti senza alcun risultato, ma intanto continuava ad allenarsi contro i
golem e contro i mostri che incontrava per strada. Quack invece aveva fatto
amicizia con i golem e si era trasferito in quel villaggio. Durante una delle
sue ricerche, Antony vide volare una grossa aquila sopra la sua testa, tutto gli
sembrò normale ma poi notò che quell’aquila lasciava una strana scia dorata.
Provò a lanciare una magia d’acqua sul volatile e si accorse che l’uccello
era dipinto. L’uccello si posò per terra e diede spettacolo con il suo
piumato dorato. Antony ne rimane meravigliato, non aveva mai visto delle piume
così belle: era un vero peccato ucciderlo. Si fece coraggio, impugnò la spada
e si mise dietro l’Egnune, guardò l’uccello e si preparò a sferrare il
colpo. Ma, poco prima di colpire pensò che probabilmente quello era l’ultimo
esemplare allora decise di
rinunciare alla spada. Avrebbe trovato un altro modo per trovare il fabbro.
<<Non me la sento di uccidere un così bell’uccello soltanto per una
spada>>disse e in quel momento il paesaggio intorno a lui cominciò a
cambiare. Tutto diventava molto simile alla mappa che aveva trovato e dalla
casa, apparsa dal nulla, uscì un omino che disse: <<bravo, quella dell’Egnune
era solo una prova per vedere quanto era grande la tua volontà e quanto era
puro il tuo cuore. Hai dimostrato di essere degno di una spada di Orihalcon.
Come la vuoi?>>, <<vorrei che fosse abbastanza grande ma leggera; e
poi deve resistere alle magie più potenti>>. Il fabbro annuì e invito
Antony ad entrare nella sua casetta. Entrati dentro Antony vide una grande
quantità di armi fatte tutte di
orihalcon; ne vide una che gli piacque particolarmente: