E' stato il genio del dribbling, Manoel
Dos Santos detto Garrincha, forse la più imprevedibile e fantasiosa ala del
calcio mondiale.
Caratterizzato da un doppiopasso micidiale (dovuto ad una gamba più corta
dell'altra, frutto degli stenti patiti da bambino), "l'uccellino"
riusciva a saltare gli avversari come birilli dando vita ad azioni tuttora
ritenute tra le più spettacolari del gioco del calcio.
Spiegare Garrincha da un punto di vista strettamente tecnico non è difficile:
un giocoliere col pallone tra i piedi, passaggio di rara precisione, tiro
devastante da fermo e in corsa.
Un autentico fenomeno, ha vinto due mondiali nei quali è stato il giocatore
chiave della nazionale brasiliana, eppure di quelli del 58 l'immagine che rimane
è quella di un Pelè adolescente che piange durante la premiazione.
Tutti piangono. Tutti meno Garrincha, che ingenuamente domanda al proprio
capitano "Cosa è successo?" e quando gli dicono che il brasile ha
battuto la Svezia ed è campione del mondo, replica "ma la partita di
ritorno quando la giochiamo?".
Ecco, l'anima da bambino ingenuo e senza malizia emerge da queste poche
battute.... da una visione inguaribilmente allegra e leggera della vita e del
calcio.
Ma la vita non è stata affatto gentile nei confronti do questo eterno bambino,
felice solo con la palla tra i piedi.
Garrincha muore il 21 gennaio del 1983, povero, alcolizzato e dimenticato da
tutti.
Muore a 49 anni e il Brasile intero si rende conto di aver dato troppo poco a
uno dei suoi figli che invece a fatto molto per la sua nazione.
C'è un bell'aforisma che ci fa capire cosa sia stato Garrincha per i suoi
connazionali: se parli di Pelè a un vecchio brasiliano questi si toglie il
cappello per un senso di devota gratitudine.
Se gli parli di Garrincha, il vecchio si mette a piangere.
Mentre Pelè rappresenta ciò che ogni Brasiliano di colore vorrebbe essere ( il
nero integrato, di successo, l'icona di successo e fortuna), Garrincha è stato
lo specchio di quello che sono.
Certo, in un paese razzista e classista come il Brasile è Pelè l'esempio da
seguire, non Garrincha: lui è l'alcolista da dimenticare, da seppellire, da
rimuovere dalla coscienza.
Come al solito, dopo la sua morte si sono levati cori di dispiacere, e di
condanna verso chi lo avrebbe abbandonato.
A noi fa piacere ricordarlo così: al ritorno dai mondiali del 58 con il titolo
di campioni del mondo, i calciatori della selecao furono accolti dal governatore
di Rio.
Egli li riunii nello stadio per farli celebrare come eroi e c'era una colomba in
una gabbia.
Al termine della cerimonia il governatore annunciò che c'era una villetta sulla
spiaggia come premio per ogni calciatore.
Mentre si congratulava con gli atleti, Garrincha gli si avvicinò e disse
"A me non interessa la villetta, ho un altro desiderio...".
Invitato a parlare dal Governatore, Garrincha guardò la colomba e ne chiese la
liberazione.
Il tutto, immaginiamo noi, con quegli occhi da bambino felice, ingenuo forse, ma
allegro.