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Grecia (storia) La penetrazione di popolazioni elleniche nella penisola greca avvenne nel II millennio a. C.; primi vi giunsero gli Ioni, cui seguirono gli Eoli e i Dori. Dal loro contatto con i popoli egei sorse la civiltà micenea (Atene, Sparta, Argo, Micene, Pilo), durante la quale ebbe luogo la prima espansione coloniale nelle isole dell’Egeo, a Creta (distruzione della civiltà minoica) e sulle coste dell’Asia Minore. Una seconda espansione avvenne nell’VIII e VII sec. a. C., quando nei piccoli reami micenei il potere era già passato alla classe aristocratica e centro della vita politica era diventata la città: colonie furono fondate sulle coste di tutto il Mediterraneo dal Mar Nero al Tirreno, in particolare nell’Italia meridionale e in Sicilia (Taranto, Reggio, Crotone; Siracusa, Agrigento). Lo sviluppo economico e il crescere di nuovi ceti aprirono un periodo di lotte sociali e politiche che, dopo la tirannide (VII-VI sec.), portarono a ordinamenti democratici, come in Atene; a Sparta invece si consolidò la costituzione oligarchica. La natura del suolo e il particolarismo proprio dei Greci non permisero la formazione di uno Stato nazionale; tuttavia il popolo greco sentì sempre profondamente la propria unità etnica e spirituale, che ebbe espressione soprattutto nelle feste religiose. Uniti i Greci si trovarono, sotto la guida di Atene e Sparta, per ricacciare l’invasione persiana (490-479), mentre non meno importanti successi le colonie ottenevano sui Cartaginesi in Sicilia e sugli Etruschi in Campania. La potenza raggiunta da Atene sotto la guida di Pericle (460-429) suscitò i timori e le ostilità di Sparta, che alla Lega di Delo, capeggiata da Atene, contrappose la Lega peloponnesiaca. La rivalità portò alla guerra del Peloponneso (431-404), che segnò la rovina di Atene e l’inizio dell’egemonia spartana, basata sull’appoggio persiano e durata sino alla ribellione di Tebe, che con la vittoria di Leuttra (371), affermò la propria supremazia che fu però di breve durata. Le divisioni interne della Grecia permisero infatti a Filippo II di attuare il progetto di unificare gli Stati greci sotto la Macedonia: dopo aver vinto le forze alleate di Tebe e di Atene a Cheronea (338), egli costituì una lega ellenica di cui si fece eleggere stratego per condurre la guerra contro la Persia. L’impresa fu portata a termine dal figlio Alessandro Magno (336-323); dopo la sua morte la Grecia si trovò coinvolta nelle lotte tra i diadochi e poi tra le monarchie ellenistiche e alternò fino alla conquista romana (146) periodi di libertà a periodi di soggezione alla Macedonia. Ridotta a provincia romana col nome di Acaia, nel 395 d. C. entrò a far parte dell’Impero d’Oriente; invasa dai barbari che vi si insediarono con numerose colonie, fu soggetta alle incursioni degli Arabi (IX-X sec.) e dei Normanni (X-XI sec.); durante la IV crociata fu occupata (1204-1205) dai nobili franchi, che vi fondarono effimeri Stati feudali, mentre i Veneziani si impadronivano delle isole (Impero latino d’Oriente). Caduta nel XV sec. in mano ai Turchi, che sottrassero successivamente anche le isole a Venezia (XVI-XVII sec.), fu sottoposta a dura oppressione e a iniquo sfruttamento. Il movimento nazionale d’indipendenza prese forma solo sul finire del sec. XVIII: organizzatosi nella setta segreta della Eteria, trovò nello stato di anarchia dell’impero turco e nell’appoggio russo impulso all’azione insurrezionale (1821-1829). L’intervento diretto anglo-franco-russo determinò il successo degli insorti e al congresso di Londra del 1830 fu riconosciuta l’indipendenza del nuovo Stato, dai cui confini tuttavia rimasero escluse la Tessaglia, la Macedonia e Creta. La corona del regno andò a Ottone (I) di Baviera (1832) e, dopo la sua deposizione (1863), a Giorgio (I) di Danimarca, che la mantenne sino al 1913. Nel 1881 la Grecia acquisì la Tessaglia e parte dell’Epiro e dopo il conflitto con la Turchia del 1896-1897 ottenne il riconoscimento dell’autonomia di Creta. Con azione diplomatica e militare guidata dal ministro Venizèlos intervenne nella crisi balcanica del 1912-1913; in forza dei trattati di Londra e Bucarest ebbe Creta, le isole dell’Egeo, escluso il Dodecaneso, Giannina e Salonicco. Nel 1917, deposto il re Costantino I, filotedesco, con l’appoggio dell’Intesa, Venizèlos portò la Grecia in guerra contro gli Imperi Centrali; ottenuti col trattato di Sèvres (1920) i territori di Adrianopoli e di Smirne, i Greci ne furono ricacciati dall’azione di Kemal Pascià (trattato di Losanna, 1923). La sconfitta causò instabilità interna; Giorgio II dovette lasciare il trono (1924) e il regime repubblicano durò sino al 1935, quando il generale Kondylis restaurò la monarchia; nel 1936 iniziò il periodo della dittatura di Metaxás. Durante il secondo conflitto mondiale la Grecia fu attaccata e occupata dalle forze dell’Asse, contro cui reparti partigiani dell’EAM e dell’ELAS condussero la guerriglia sino allo sbarco degli Alleati (1944). Annesso il Dodecaneso al termine della guerra, i contrasti politici interni sfociarono nella guerra civile (1947), terminata nel 1950 con la sconfitta dei comunisti. Nel 1951 la Grecia entrò a far parte della NATO. In seguito alla successione del liberale Papandréu al conservatore Karamanlís (1963), nell’aprile 1967 una giunta di colonnelli assunse il potere con un colpo di Stato instaurando un regime autoritario (regime dei colonnelli Papadópulos, Pattakos e Makarezos). Nel 1969 la Grecia si ritirò dal Consiglio d’Europa poiché era stata accusata di violare la carta europea dei diritti dell’uomo. Nel 1974, i fatti di Cipro portarono la Grecia sull’orlo di uno scontro militare con la Turchia. Mentre la giunta prendeva tempo, lo stesso generale Ghizikis, capo dello Stato, richiamò Karamanlís, e gli affidò il governo del Paese. Le elezioni del novembre del 1975 confermarono la fiducia popolare a Karamanlís e l’8 dicembre un referendum abolì la monarchia. Dopo essere stata votata una nuova Carta costituzionale (7 giugno 1975), fu eletto alla presidenza della Repubblica C. Tsatsos. Dalle elezioni del novembre 1977 è emerso vincitore K. Karamanlís che nel maggio 1980 ha assunto la presidenza della Repubblica, riconfermata nel 1990 dopo 5 anni di presidenza di C. Sartzetakis. Dal gennaio 1981 la Grecia è entrata a far parte della CEE. Lo stesso anno vide l’avvento al potere del Partito socialista di Papandreu, travolto nel 1989 da un’ondata di scandali politico-finanziari. La fase politica successiva si è caratterizzata per l’estremo grado di instabilità del quadro di governo, con una frammentazione dei partiti e gravi difficoltà al formarsi di solide maggioranze. Nel 1993 è tornato al governo Papandreu, nel difficile quadro della situazione balcanica dopo la disintegrazione della Iugoslavia e con tensioni con la Macedonia ex iugoslava, resasi indipendente. Pesantemente criticato per una gestione nepotistica del potere Papandreu alla fine del 1995 è stato colpito da una polmonite virale che lo ha costretto ad allontanarsi dalla gestione attiva del potere a partire dal gennaio 1996 pur mantenendo la guida del partito. La sua morte in giugno ha rimesso in discussione la leadership del governo. In politica estera la Grecia ha assunto una posizione di totale chiusura nei confronti della Turchia a proposito della questione cipriota, minacciando di estendere le proprie acque territoriali così da impedirle l’accesso diretto all’Egeo. Il tempio di Atena Nike sull'Acropoli di Atene |