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Nikolaj Lenin Pseudonimo dello statista sovietico Vladimir Ilic Ulianov (1870-1924). Fondò a Pietroburgo il primo nucleo operaio socialdemocratico e venne condannato nel 1886 a tre anni di esilio in Siberia. Rifugiatosi in Svizzera nel 1900 fondò il giornale marxista Iskra (La scintilla). Nel 1903 divenne capo della frazione di sinistra del Partito socialdemocratico, divenuta maggioritaria (bolscevica) al congresso di Londra. Rientrato in patria durante la rivoluzione del 1905, fu costretto nuovamente all’esilio, che trascorse soprattutto in Svizzera. All’estero egli continuò la lotta contro i revisionisti russi e stranieri, elaborando i punti fondamentali della sua dottrina nelle opere Materialismo ed empiriocriticismo (1909) e L’imperialismo fase suprema del capitalismo (1916). Oppositore dalle tendenze nazionalistiche emerse nella II Internazionale allo scoppio della prima guerra mondiale, sostenne la necessità di sfruttare l’evento per innescare il processo rivoluzionario. Allo scoppio della rivoluzione (marzo 1917), rientrò in Russia, dove si oppose al governo Kerenskij. Con la rivoluzione d’Ottobre Lenin divenne capo del nuovo governo sovietico e riuscì a imporre la sua autorità al partito. Sotto la sua guida il nuovo Stato sovietico tentò di tradurre in pratica i principi dell’economia socialista, anche se con l’introduzione della jmp NEPtext NEP fu necessario ricorrere a una parziale e provvisoria ripresa dell’iniziativa capitalistica. In questo periodo Lenin si preoccupò di dare un fondamento teorico all’esperienza del movimento operaio internazionale con gli scritti Stato e rivoluzione (1917), La dittatura del proletariato e il rinnegato Kautsky (1919) ed Estremismo, malattia infantile del comunismo (1920), nei quali elaborò i concetti di dittatura del proletariato come fase di passaggio dal capitalismo al socialismo e di rivoluzione come distruzione della società e dello Stato borghese, cui si richiamarono tutti i partiti comunisti dell’Internazionale.
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