Continuo il discorso condotto dall'amico Mauro sull'Ottuplice Sentiero, accennando dapprima al posto che Rudolf Steiner assegna a questa serie di discipline interiori nell'ambito delle pratiche che, se eseguite con regolarità, pazienza e instancabile perseveranza, conducono dalla preparazione all'illuminazione ed infine all'iniziazione, cioè l'esperienza cosciente del mondo spirituale. Infatti Steiner, proprio nel suo libro "Iniziazione Come si consegue la conoscenza dei Mondi Superiori", nel capitolo denominato "Alcuni effetti dell'iniziazione" descrive come si sviluppano i fiori di loto, dal sanscrito chakrams (ruote). Si riferisce con questa denominazione alle sedi interiori dei sensi spirituali, cioè quelle facoltà sviluppate le quali inizia la reale percezione del mondo spirituale. Ciascuno di questi fiori di loto ha un suo particolare numero di petali ed è riferibile ad una determinata zona del corpo umano. Questi petali sono sempre in numero pari e nell'uomo comune (allo stato attuale si può dire in quasi tutti noi) sono per così dire atrofizzati e fermi. L'esercizio di determinate qualità interiori comincia dapprima a farli vibrare e gradatamente a farli muovere fino a dar vita alla rotazione del fiore di loto. Da questo punto in avanti, e solo da questo particolare momento, si ha la veggenza spirituale. Ognuno però dei fiori di loto sottende ad una particolare facoltà. Il fiore di loto a 16 petali, riferibile alla zona della laringe, una volta sviluppato, conduce alla percezione dei pensieri delle altre anime e permette di accedere ai segreti connessi con determinati fenomeni naturali. Ognuna delle 8 qualità ed atteggiamenti che costituiscono l'Ottuplice Sentiero portato dal Buddha all'umanità è in relazione allo sviluppo di uno dei petali del fiore di loto a 16 petali. Sviluppati questi 8 petali anche gli altri 8 si "risveglieranno". In ogni fiore di loto infatti la metà dei suoi petali era stata in attività in epoche remote quando tutti gli uomini erano chiaroveggenti naturali. Questa atavica chiaroveggenza si andò gradatamente oscurando per fare posto all'attuale coscienza di veglia, basata sulla percezione netta del mondo sensibile ed sul pensiero logico ad essa correlato. Da questo stato di coscienza oggi bisogna partire per riconquistare consapevolmente la Luce Spirituale. Uno dei mezzi è appunto l'Ottuplice Sentiero.
* * *
Anche se il Vangelo di Giovanni contiene le idee più
profonde e sublimi sul Cristianesimo è comunque lontano
dall'esaurirlo nella sua totalità. Partendo da punti di
vista diversi gli altri Vangeli rivelano aspetti di questa immensa
corrente spirituale che non si possono trovare nel Vangelo di
Giovanni. Il Vangelo di Luca poi, contrariamente a quello di Giovanni,
parla un linguaggio comprensibile anche ai cuori più semplici.
Per l'Antroposofia i Vangeli sono il risultato dell'indagine spirituale
condotta tramite le facoltà superiori di chiaroveggenti
e iniziati. Dalla differenza esistente fra la facoltà della
chiaroveggenza (Immaginazione o Coscienza Immaginativa) rispetto
alla possibilità di percepire la Parola Interiore (Ispirazione
o Coscienza Ispirativa) e di portarsi a vivere nell'interiorità
di un'altra entità spirituale (Intuizione o Coscienza Intuitiva)
prende in un certo modo le mosse RS nel suo ciclo di conferenze
sul Vangelo di Luca.
Scrive RS: "A ciascun grado della conoscenza soprasensibile
ci si presentano i grandi segreti connessi con quello che chiamiamo
l'Evento del Cristo; cosicché tanto la conoscenza immaginativa,
quanto l'ispirazione e l'intuizione hanno molte, infinite cose
da dire intorno a quell'evento grandioso".
Il Vangelo di Luca è secondo RS il risultato dell'indagine
spirituale di chiaroveggenti, contemporanei all'evento del Golgota,
in grado di indagare in tutta la sua profondità e vastità
il mondo immaginativo, guidati da "possessori della Parola".
In questo senso questi chiaroveggenti furono "testimoni oculari
e ministri della Parola" così come riportato nelle
prime pagine del Vangelo di Luca. Questa guida era necessaria
poiché un chiaroveggente, in grado di immergersi nel mare
immaginativo, rischia di perdersi in esso se non è orientato
da un iniziato.
Un tempo, diversamente da quanto avviene oggi, era ancora possibile
che un iniziato (possessore della Parola Interiore) non fosse
al tempo stesso anche chiaroveggente e viceversa. Così
si stabiliva talvolta una collaborazione tra chi era in grado
di "vedere" e chi invece di ascoltare la Parola, ossia
il linguaggio, i moti interiori delle entità spirituali.
La differenza è la stessa che corre tra vedere una persona
senza potere capire quello che dice ed ascoltarne la voce senza
poterla vedere.
Steiner sottolinea che questa è la vera fonte del discepolo
della Scienza dello spirito: il risultato dell'indagine spirituale.
Perciò egli non terrà per vera una rivelazione in
quanto attinta da un libro, pur se d'importanza immensa. Piuttosto
se essa invece proviene da una verifica ed un'indagine diretta
del mondo spirituale. Richiama quindi all'attenzione la sostanza
dell'Akasha, cioè quella regione spirituale nella quale
rimane impressa indelebilmente la sostanza spirituale di tutto
quanto avviene nel corso dell'evoluzione umana. Attraverso di
essa, leggendo una scrittura soprasensibile, ci si trova spettatori
di avvenimenti, anche accaduti da secoli o millenni.
* * *
Il Vangelo di Luca passa attraverso i secoli come un libro di
edificazione. Esso fu sempre fonte di consolazione interiore per
tutti gli uomini oppressi dal dolore, perché ci parla del
grande consolatore, del grande benefattore dell'umanità,
del salvatore degli afflitti, di colui che non si vergogna di
mangiare con i peccatori. In esso, più che in qualsiasi
libro, è descritta la potenza e l'efficacia dell'amore.
Inoltre, tutto ciò che nell'anima umana rimane infantile
dalla più tenera età alla più tarda vecchiaia
si è sempre sentito attratto dal Vangelo di Luca. Dove
mai troviamo descritta questa infantilità se non nella
storia dell'infanzia di Gesù di Nazaret, come ce la racconta
Luca?
Per comprendere quanto sopra iniziamo da uno degli eventi più
significativi descritti nel libro. I pastori alzano gli occhi
al cielo e vedono un angelo scendere e annunciare la nascita del
Redentore del mondo; dopo quest'annuncio l'angelo risale al cielo
ed una moltitudine celeste appare ai pastori stessi. Il messaggio
di queste entità è il seguente. "Le entità
divine si manifestano dall'alto, affinché regni la pace
sulla Terra tra gli uomini compenetrati di buona volontà".
Queste parole contengono molti misteri del Cristianesimo.
Se un iniziato contemplando la precedente immagine volgesse il
suo sguardo spirituale a ritroso per scoprire da dove essa trae
origine e che cosa vi si manifesta, troverebbe che essa ha le
sue radici nel Buddhismo, nella dottrina della compassione e dell'amore
portata agli uomini dall'Illuminato Buddha, che ora confluisce
nell'evento della nascita del Bambino.
Possiamo infatti comprendere quello che il Vangelo di Luca ci
racconta se gettiamo lo sguardo a quello che fu il Buddha per
l'umanità e per la sua evoluzione.
L'entità che consegui l'Illuminazione sotto l'albero della
Bodhi si era già incarnata molte volte e apparteneva a
quella schiera di esseri eletti detti Bodhisattva (RS -
"L'Oriente alla luce dell'Occidente" "Gerarchie
Spirituali").
Il grado di Bodhisattva è dunque quello che precede quello
di Buddha nell'evoluzione spirituale.
La comprensione della natura di un Bodhisattva va di pari passo
con la comprensione del concetto di evoluzione spirituale dell'umanità,
con la comprensione cioè del fatto che le facoltà
di cui di epoca in epoca hanno potuto disporre gli uomini non
sono sempre state uguali, ed anzi sono sempre andate progredendo,
secondo leggi però che fanno capo allo spirito.
Mediatori presso gli uomini della trasmissione graduale di facoltà
dapprima operanti solo nel mondo spirituale furono da sempre gli
iniziati dei misteri, coloro cioè che di epoca in epoca
furono in grado di volgere il loro sguardo ai mondi superiori.
Per esempio, prima che gli uomini acquistassero la facoltà
di pensare logicamente, dovevano affidarsi ai loro maestri. Essi,
per il fatto di essere in rapporto con entità divino-spirituali,
erano in grado di insegnare ciò che è logico e morale,
non ancora però grazie a facoltà sviluppate nel
corpo fisico. I Bodhisatva sono appunto una categoria di esseri,
iniziati, bensì incarnati in un corpo fisico, anche se
solo parzialmente, ma in rapporto con entità divine, per
potere portare sulla Terra e comunicare agli uomini quanto da
esse imparato.
Ciascun Bodhisattva aveva una particolare missione presso gli
uomini, assunta ai primordi dell'evoluzione umana, da realizzarsi
nel susseguirsi delle incarnazioni, fino all'ultima, coincidente
con il conseguimento dell'illuminazione, del grado spirituale
di Buddha. L'illuminazione del Bodhisattva deve coincidere con
la sua capacità di avere sviluppato in sè, in un
corpo fisico, l'essenza della propria missione. Ciò che
prima il Bodhisattva attingeva dai mondi spirituali, ora come
Buddha può portare, ormai per forza propria, agli uomini.
Quella Forza, quel contenuto spirituale, grazie a un Buddha, ha
potuto per la prima volta nascere compiutamente sulla Terra è
ora a disposizione di tutti gli uomini. Tutta l'umanità
può gradualmente rendersi matura ad accoglierlo, a farlo
proprio. Prima che questo momento si verifichi il Bodhisattva
viene sempre ed ancora ricondotto sulla Terra.
* * *
All'essere che circa 600 anni prima della nascita di Cristo
s'incarnò in Gotama della stirpe degli Sakhya fu, fin da
principio, assegnata la missione di portare all'umanità
la Dottrina della compassione e dell'amore. In passato
un uomo non avrebbe potuto conseguire per forza propria ciò
che oggi arriva a conoscere fino ad un certo grado grazie alla
sua intelligenza, ossia il pensiero che si deve avere compassione
dei dolori di un altro uomo. Si può dire che oggi, grazie
all'azione del Buddha Gotama, il sano senso morale dell'uomo si
apre a questa cognizione, anche senza il supporto dell'atavica,
ormai perduta, chiaroveggenza; e gli uomini andranno sempre più
riconoscendo che la compassione è la virtù suprema
e che senza l'amore l'umanità non potrebbe progredire.
Quando il Bodhisattva s'incarnò in Gotama, guardò
chiaroveggentemente alle sue precedenti incarnazioni e fu in grado
di contemplare le esperienze fatte precedentemente dalla sua anima,
quando essa aveva contemplato gli sfondi che si celano dietro
le apparenze dei sensi. Quindi fin da fanciullo Gotama, poté
contemplare in profondità il mondo dello spirito e, tra
le altre cose, gli si presentò quanto è legato alle
passioni più basse dell'uomo, alla più cupida e
selvaggia sensualità. Gli fu da principio però risparmiata
la visione della sofferenza fisica, del decadere e dell'appassire
che porta con sé la vecchiaia e della morte stessa. Gotama
infatti visse la prima parte della sua vita nella dimora paterna,
circondato da quanto di meglio poteva offrire la vita di allora.
Questa segregazione forzata acuiva la sua capacità di visione
del mondo astrale. Quello che quindi gli era risparmiato sul piano
fisico, gli era in parte accessibile su quello spirituale. Col
tempo però sorse in lui il desiderio e l'esigenza di sperimentare
direttamente e compiutamente la realtà della vita. Cominciò
quindi ad avvertire in sé il bisogno di uscire, di andare
incontro al modo esterno, di sperimentare nella realtà
fisica ciò a cui alludevano le sue visioni spirituali.
Ogni singola immagine lo spingeva a conoscere il mondo, ad abbandonare
quella sua prigione. La sua missione urgeva dentro di lui. Per
salire da Bodhisattva a Buddha doveva rinunciare a tutte le facoltà
che gli venivano dalle sue incarnazioni precedenti e ed entrare
compiutamente nel mondo fisico, così come viene sperimentato
da tutti gli uomini, ed essere poi di esempio ad essi, suscitando
in loro le qualità che lui avrebbe conquistato e quindi
potuto portare a tutti color che avessero voluto seguirlo.
Quando infine uscì dal suo palazzo incontro un vecchio,
poi un malato e vide poi un cadavere. La leggenda racconta che
Gotama uscì dal palazzo reale con una carrozza trainata
dal suo cavallo. Questi soffrì tanto del fatto che Gotama
abbandonasse il suo ambiente da morirne di dolore ed entrò
nel mondo spirituale divenendone un'entità. In quest'immagine
è simboleggiato l'abbandono al mondo spirituale delle facoltà
che l'avevano fino a quel momento sorretto.
Una volta fatto questo passo Buddha cominciò a sperimentare
a fondo i mezzi di elevazione spirituale che venivano offerti
agli uomini di quel tempo. Le filosofie e le tecniche per mezzo
delle quali si poteva pensare di elevarsi ai mondi spirituali
erano il Sankya e lo Yoga. Il Buddha impara a conoscerli entrambi
e s'immerge nei loro insegnamenti. Dal Sankya poté accogliere
una sottile logica concezione del mondo fisico. Non ne fu però
soddisfatto poiché gli parve una trama priva di vita. Lo
Yoga proponeva l'unione con il divino attraverso l'uso di tecniche
che coinvolgevano determinati processi interiori. Anche questa
pratica gli diede un senso d'incompiutezza poiché basata
su retaggi e tradizioni antiche, che vedeva inadatte ai nuovi
bisogni dell'uomo: pervenire in se stessi ad uno sviluppo morale.
Lasciati i maestri Sankya e Yoga Gotama pervenne presso cinque
eremiti, che per l'elevazione di sé s'imponevano una severissima
disciplina, basata su dure privazioni e mortificazioni fisiche.
Si credeva che ciò, favorendo un'indipendenza della parte
spirituale da quella fisica, indebolita, conducesse rapidamente
al mondo soprasensibile. Il Buddha però vide che questa
è un illusione. Chi progredisca tramite lo Yoga o il Sankya,
senza possedere il senso morale, si trova di fronte la tentazione
dell'orgoglio, della vanità e dell'ambizione, incarnata
dal demone Mara, e soccombe ad essa. Gotama dovette subire tutto
ciò ma grazie al fatto di essere di essere un Bodhisattva,
al senso morale che lo pervadeva, riconobbe Mara e ne superò
la tentazione.
Chi utilizzi invece per progredire la tecnica della privazione
e della mortificazione del corpo viene tentato da quell'aspetto
di Mara che è "l'attrazione esercitata dal mondo e
le sue pompe", soccombendo anche in questo caso per mancanza
di forza morale.
Anche questa tentazione Gotama affrontò e vinse.
In questo modo però Gotama capì cosa sarebbe successo
se gli uomini avessero continuato a cercare di elevarsi allo spirito
senza conoscere la forza morale.
Lasciate quelle vie d'ascesi si diede dunque alla concentrazione
profonda: in sette giorni di meditazione profonda sotto l'albero
della Bodhi gli si dischiusero i quattro grandi insegnamenti che
egli dette all'umanità nelle cosiddette "Quattro nobili
verità".
Sotto l'albero della Bodi Gotama passò dal grado Bodhisattva
a quello superiore e divenne perciò Buddha. Solo allora
la Dottrina della compassione e dell'amore comparve per la prima
volta nell'umanità come facoltà propriamente umana.
E d'allora in poi tutti gli uomini furono in grado di svilupparle
nella propria interiorità. Quando Gotama diventò
Buddha ed abbandonò poi il suo corpo fisico non ebbe più
bisogno di discendere sulla Terra: da allora in poi egli fu un
entità spirituale, librata nel mondo spirituale, da cui
poi agì (ed agisce) in tutto quanto accadde sulla Terra.
La moltitudine celeste che appare ai pastori dopo che l'angelo
ha comunicato il suo messaggio è infatti il Buddha Gotama
glorificato, la figura che per millenni e millenni, d'incarnazione
in incarnazione, aveva portato all'uomo il messaggio della compassione
e dell'amore. Il Bambino, nato dalla linea sacerdotale di Davide
era prescelto ad accogliere in sé fin dalla nascita la
luce e la forza che il Buddha irraggiava dopo essersi innalzato
ad altezze spirituali.
Quando nell'antica India nacque Gotama, l'individualità
che, una volta divenuta Buddha avrebbe irradiato il Bambino della
sua forza e luce spirituale, un saggio contemplò questo
fatto in tutta la sua grandezza, ma pianse, alla presenza del
padre di questi, Suddhodana, poiché sapeva che in quella
sua incarnazione non avrebbe potuto vedere il Buddha illuminato.
Quel saggio aveva nome Asita. Quello stesso Asita, fu poi il Simeone
che, come descritto nel Vangelo di Luca, preso in braccio il Bambino,
poté infine contemplare nel Bambino il grado di evoluzione
superiore del Buddha nel Bambino stesso e disse poi a se stesso:
"ora non devi più piangere, perché vedi ciò
che allora non potesti vedere: vedi aleggiare su questo fanciullo
il tuo Salvatore glorificato. E adesso Signore fa pure morire
in pace il tuo Servo!" (Luca 2,25-32).
* * *
Come abbiamo visto nel Vangelo di Luca l'essenza del Buddhismo
ci viene incontro in modo tale che esso sia comprensibile anche
al più ingenuo e semplice degli animi umani. Questa è
una particolarità del Vangelo di Luca perché il
Buddhismo, diversamente avvicinato, è comprensibile solo
a coloro che abbiano affrontato una lunga preparazione e sappiano
elevarsi a sublimi altezze spirituali. Nel Vangelo di Luca incontriamo
il Buddhismo come innalzato rispetto alla forma nella quale fu
comunicato la prima volta ca. 600 anni prima della nascita di
Cristo. Vediamo in cosa consiste questa elevazione.
Sappiamo che dal Buddhismo ci viene la più pura dottrina
della compassione e dell'amore: esso ne è impregnato. Ma
dal Vangelo di Luca fluisce qualcosa che è ancora maggiore:
ci fluisce qualcosa che possiamo chiamare la trasmutazione di
quella compassione, di quell'amore in azione, nell'azione che
è necessaria all'anima. Il buddista è capace di
sentire con il malato le sue sofferenze, dal Vangelo di Luca giunge
all'uomo l'invito a intervenire, a sanare fin dov'è possibile
il male. Il Vangelo di Luca ci esorta a qualcosa di straordinario,
a non giudicare, a fare più di quanto venga fatto a noi.
Dare più di quanto no si riceva! Ecco quanto ci deve apparire
come un grado superiore al Buddhismo nel Vangelo di Luca.
Nel Vangelo di Luca viene presentato il Cristo come medico dell'anima
e questo anche in grazia del fatto che anche Luca era medico e
poteva perciò meglio comprendere questo lato dell'entità
del Cristo.
Un'altro fatto è importante nel Vangelo di Luca. Il Buddhismo,
quale frutto maturo dell'umanità, quando lo ritroviamo
nel Vangelo di Luca, ci si presenta ringiovanito, come un nuovo
fiore. Perché? Per potere comprendere questo è necessario
considerare con attenzione la Dottrina del Buddha ed esaminare
con le nostre facoltà spirituali e la nostra preparazione
antroposofica le esperienze interiori del Buddha stesso.
Il Buddha come sappiamo era stato un Bodhisattva ed aveva partecipato
all'evoluzione dell'umanità, trasfondendovi gli insegnamenti
attinti dal mondo spirituale, fin dall'epoca lemurica. Durante
la sua ultima incarnazione come Bodhisattva, come Gotama, egli
poté guardare indietro alle sue incarnazioni passate e
gradualmente (come abbiamo visto dovette lui pure anche
se brevemente ripercorrere le tappe della sua evoluzione,
riacquistando per gradi facoltà che già furono sue)
riconoscere le tappe percorse, le civiltà e le circostanze
entro le quali si era trovato a vivere e la sua opera presso l'umanità.
Il riconquistarsi quanto era già stato suo nelle passate
incarnazioni nei modi e nei termini caratteristici di quella attuale
aveva anche il senso di conformare la sua facoltà di conoscenza
alla sua discesa totale in un corpo fisico umano. Buddha sapeva
però che, quanto si stava riconquistando da un nuovo punto
di vista, cioè l'accesso cosciente al mondo spirituale,
non sarebbe stato appannaggio dell'umanità ancora per lungo
tempo. Gli fu chiara quindi l'esigenza di parlare agli uomini
di quello che essi avrebbero potuto sviluppare nella propria anima
a partire da quell'epoca.
Cerchiamo ora, seppur approssimativamente, di farci un'idea delle
profonde esperienze attraversate dal Buddha durante la sua lunga
meditazione sotto l'albero della Bodi. Egli rifletté dapprima
sui tempi antichi, quando gli uomini erano ancora dotati di un'ottusa
chiaroveggenza crepuscolare. Essa era basata su facoltà
residenti nel corpo eterico, andate poi gradualmente regredendo.
Quindi gli uomini dovettero imparare a basare pian piano la vita
cosciente sulla percezione sensibile e sul pensiero ad essa correlato,
sperimentando nel corpo astrale sentimenti, sensazioni ecc. trasmesse
dal corpo fisico. In questi profondi pensieri era dapprima immersa
l'anima del Buddha. Si disse inoltre il Buddha: "Se l'uomo
andasse per il mondo sperimentando solamente i suoni, le luci,
le sensazioni e i colori tratti dal mondo esterno non esisterebbe
per lui il dolore". S'avvide che l'uomo può sperimentare
il dolore e la sofferenza solo in determinate condizioni. Si dette
dunque ad investigare quali sono quelle condizioni. Dirigendo
la sua attenzione ai tempi antichi contemplò l'azione delle
entità luciferiche e arimaniche sull'uomo, che da esse
venne improntato. A questa azione delle due entità citate
è connessa la possibilità dell'uomo di conoscere
il Bene e il Male, di sviluppare la libertà. Insieme a
questi effetti positivi queste entità però hanno
favorito un'immersione dell'uomo nella materia, più profonda
di quanto avrebbe altrimenti dovuto avvenire. Gli influssi luciferici
e arimanici agiscono dunque nell'uomo., residuando da incarnazioni
passate. Nei tempi antichi l'uomo, quando ancora era chiaroveggente,
era in grado di discriminare gli impulsi provenienti dall'una
o dall'altra di quelle entità, ne conosceva gli influssi
perniciosi e ciò gli permetteva di difendersene. Con il
passare del tempo sappiamo che questa primitiva chiaroveggenza
andò spegnendosi fino al punto in cui l'uomo, con l'attenzione
verso il mondo sensibile perse finanche la cognizione dell'esistenza
di Lucifero e Ahrimane. Ciò non significa però che
essi non agiscano tuttora improntando l'azione dell'uomo e la
sua stessa vita in senso più generale. A questa prima conoscenza
pervenne il Buddha durante la sua lunga meditazione.
Come agiscono sull'uomo questi impulsi?Anche senza poterli riconoscere
egli li sente. C'è una forza, penetrata in lui nel susseguirsi
delle incarnazioni, la cui essenza egli non può riconoscere:
si tratta della brama di vita, della cupidigia dell'esistere.
Essa veicola gli impulsi arimanici e luciferici che attraverso
di lei si esprimono. Questa bramosia perpetua se stessa di incarnazione
in incarnazione. Questo vedeva Buddha e raccontava ai suoi discepoli.
Buddha vedeva anche quanto noi conosciamo quale risultato dell'antroposofia,
cioè che dopo la morte, quando una parte consistente del
corpo eterico si è dispersa nell'etere cosmico, ne permane
un'altra purificata, che però dopo i suoi passaggi nel
Kamaloka e nel Devachan si ricongiunge con il portato del Karma
che riconduce nell'incarnazione successiva. Questo portato karmico
è qualcosa che l'uomo non conosce per quel che è
poiché è avvolto nella tenebra dell'ignoranza ma
che quando egli rinasce di manifesta come brama, sete di esistenza.
Essa spinge l'uomo a peregrinare in un mondo sensibile che brama
intensamente. Ciò è quanto il Buddha chiamava Samskara,
la forza irresistibile che porta l'uomo di vita in vita.
A questo punto in Buddha si avvide di un fatto di speciale importanza
e cioè che, sotto l'influsso delle forze del Samskara si
forma il pensiero attuale; esse dominano il pensiero, al punto
che l'uomo dapprima non ha alcuna possibilità di pensare
obiettivamente. Buddha cominciava dunque ad operare una sottile
distinzione: quella tra il pensare ordinario, sottoposto a tutti
gli impulsi del Samskara, quali simpatia e antipatia, odio, passione
eccetera e il pensiero obiettivo, che si forma e si riempie del
solo contenuto obiettivo della percezione. Tutte le nostre tendenze
provenienti da un remoto passato e le verità di cui ci
appropriamo per effetto di queste tendenze, piuttosto che del
pensiero obiettivo, vanno a formare un organo del pensiero. Tutto
ciò è, secondo il Buddha quanto va a costituire
nel tempo attuale quella che chiamiamo l'individualità
dell'uomo. Ciò è in contrasto con quanto accadeva
anticamente, quando la chiaroveggenza forniva una visione obiettiva
dell'esperienza, identica per tutti. Quando però questa
facoltà venne meno e calò la tenebra dell'ignoranza
cominciarono ad affiorare in ciascuno disposizioni individuali
che lo distinguevano dagli altri. Ciascuno aveva ora la sua particolare
forma dell'anima e un nome.
Ciò che produsse dunque per ciascuno nome e forma,
che ha costruito l'individualità è ora nell'interiorità
dell'uomo il Manas - un senso interiore - e i suoi organi
di senso. Essi costituiscono ciò che mette l'uomo in contatto
con il mondo, attraverso la sensazione. Diceva Buddha: se il desiderio
non s'insinuasse dappertutto l'uomo starebbe di fronte al mondo
come un essere per così dire divino e lo lascerebbe agire
su di sé, senza mai chiedere più di quanto esso
spontaneamente gli offra, non farebbe alcuna distinzione tra se
stesso e il mondo esterno e si sentirebbe come una parte di esso.
L'unica ragione per cui l'uomo si sperimenta separato dal mondo
è il fatto che desidera più di quanto il mondo stesso
spontaneamente gli offre. Ciò crea in lui la coscienza
di essere qualcosa di diverso dal mondo esterno. Da ciò
nasce anche l'esperienza del dolore, come non corrispondenza del
mondo a quanto l'uomo brama.
Questa è la prima delle conoscenze che vanno a costituire
le 4 Nobili Verità.
Il Buddha dunque diceva:
Dalla Vita dell'Uomo è inseparabile il dolore
La causa del dolore è la sete di vita, che sorge dall'ignoranza
Per eliminare il dolore è necessario eliminare la sete
di vita
La sete di vita si estingue grazie a una nuova forma di conoscenza,
l'Ottuplice Sentiero
La conoscenza che il Buddha voleva dare è quella che non
ha nulla a che fare con il Samskara, che vuole destare nell'uomo
il pensiero che non dipende da quanto residua dalle precedenti
incarnazioni in termini di tendenze, inclinazioni, simpatie ed
antipatie, passioni e desideri, che si riflettono poi nella condotta
di vita degli uomini, creando altri legami ed altri debiti verso
le successive incarnazioni.
Questa Via di Conoscenza, questo Ottuplica Sentiero, viene così
riportato nel Vangelo di Luca di Rudolf Steiner:
Retta Opinione
L'uomo deve sforzarsi costantemente di formarsi opinioni sull'esperienza
che non derivino dal suo personale rapporto con i fatti. La sua
opinione non deve essere influenzata da simpatia o antipatia,
o dal piacere.
Retto Giudizio
E' quello che viene dato sulla base della Retta Opinione che
delle cose ci siamo formati.
Retta Parola
Anche quando comunichiamo con il mondo dobbiamo sforzarci
di esprimere solo quello che deriva dalla Retta Opinione e dal
Retto Giudizio che abbiamo dato sulle cose.
Retta Azione
La nostra azione nel mondo deve essere sempre più guidata
dalla Retta Opinione, dal Retto Giudizio e dalla Retta Parola
che gradualmente ci andiamo conquistando.
Retta Posizione
Molti uomini sono insoddisfatti del posto e del compito che
il mondo, nella sua economia generale, ha loro assegnato. L'uomo
però dovrebbe acquistare la capacità di trarre profitto
dalla situazione e dalle circostanze in cui il destino lo ha posto.
Chi non si sente pago del posto che occupa non può estrarre
da esso la forza che lo conduca a operare bene nel mondo.
Retta Abitudine
Nascendo e vivendo contraiamo delle abitudini che tendono
perpetuarsi. L'uomo deve però gradatamente sostituire ad
esse le abitudini che conseguono dall'esercizio della Retta Opinione,
Giudizio, Parola, Azione ecc.
Retta Memoria
L'uomo deve cercare di sviluppare la memoria, il ricordo delle
cose avvenute. Deve annodare il presente al passato, deve sempre
valorizzare quanto ha imparato.
Retta Contemplazione
Quest'ultima facoltà si sviluppa quando ci si abbandona
alla pura contemplazione delle cose, senza preferenza per l'una
o per l'altra.
Con ciò è possibile cogliere qualcosa dei principi
e dello spirito del Buddhismo. Il fatto che il Buddha sia vissuto
sulla Terra, sviluppando in un corpo nuovo, unico nel suo genere
le forze dell'Ottuplice Sentiero, ha dato alle future generazioni
di uomini la possibilità di sviluppare il pensiero obiettivo.
Ciò che il Buddha realizzò in sé fu donato
agli uomini come nutrimento spirituale.
Buddha, compiuta la sua missione e trasfusa tutta la sua forza
spirituale in quella corporeità che ultima lo ha rivestito
non si incarnerà più sulla terra. Egli però
non ha interrotto la sua azione sulla Terra per il fatto di non
vivervi in un corpo fisico. La sua influenza continua tramite
l'azione dei suoi corpi spirituali. Quando il Buddha apparve ai
pastori sotto forma di schiere celesti egli si manifestò
infatti sul piano astrale.
Il ringiovanimento del Buddhismo di cui abbiamo in precedenza
parlato è frutto invece di un'altra azione spirituale del
Buddha ormai disincarnato. Il suo congiungimento con la matrice
astrale di Gesù dodicenne, impregnata delle forze dell'infanzia
e della prima giovinezza, della freschezza della prima parte della
vita di una tale entità. Questo da all'essenza del Buddhismo,
per come la cogliamo dalla lettura del Vangelo di Luca, quel lato
ingenuo e infantile che permette anche alle anime più semplici
di coglierne il messaggio.
Bibliografia:
Iniziazione Rudolf Steiner
La scienza occulta Rudolf Steiner
Teosofia Rudolf Steiner
Il Vangelo di Luca Rudolf Steiner
L'Oriente alla luce dell'Occidente Rudolf Steiner
Gerarchie spirituali Rudolf Steiner
Milano, Soc. Antroposofica, 4 marzo 2003