L'INCONTRO TRA PARSIFAL E TREVRIZENT

di Alda Gallerano

 

Ed ecco, riconosce un posto, benché si stenda ovunque la neve dove allora stavano splendidi fiori; il posto è lì, davanti a quella parete di monte... Egli segue oltre, senza fermarsi, le orme: Funtane la Salvatsche ha nome quel luogo, meta del suo viaggio. Vi trova colui che ha lì la sua dimora e ne riceve buona accoglienza.

Volto a lui, l'eremita dice: "Ahi, ahi a voi, signore, poichè siete rivestito di un'armatura in questo tempo di devozione! Meglio vi starebbe un altro abito, se non foste superbo. Ora vogliate smontare da cavallo, signore, e scaldatevi al mio fuoco. Se l'avventura vi ha spinto nel mondo al soldo d'amore, se siete devoto del vero amore, allora amate come ora l'amore vuole, l'amore, dico, che si conviene a questo giorno".

Parsifal, il prode guerriero, smontò all'istante dal cavallo, e stette lì, davanti a lui, con grande rispetto, poi disse: "Signore, datemi il vostro consiglio: io sono un uomo che ha peccato".

Appena dette queste parole, il pio uomo, di rimando, disse: "Sono pronto a darvi consiglio. Ora ditemi chi vi mandò qui da me".

"Signore, nel bosco incontrai un vecchio venerando che mi rivolse cordiale saluto: lo stesso fece la sua gente. Appunto quest'uomo libero da falsità mi mandò a voi. Io me ne venni cavalcando finché non vi trovai. Ma quando vi vidi qui in piedi, davanti a me, e io cavalcavo verso di voi, non aveste un poco paura?"

"Quello rispose: "Signore, il mio cuore non fu mai debole, nè mai mi ritrassi quando per me era ancora il tempo di stare saldo in battaglia. Fui cavaliere come siete ora voi, anch'io mi battei per amore di una donna e condussi splendida vita, nella speranza che una donna mi concedesse il suo favore. Ora ho tutto dimenticato".

Poi l'eremita condusse Parsifal in una grotta: lì raramente penetrava la forza del vento. In terra c'erano, all'ospite assai gradita sorpresa, dei carboni ardenti. La mano del vecchio accese un cero. L'eroe allora si liberò delle armi. Era molto stanco del suo andare per i boschi, Perché aveva passato la notte avanti, come già altre volre, senza un asilo. Ora aveva trovato un ospite di cui poteva fidarsi . Il vecchio lo condusse con sé in un'altra caverna dove teneva i suoi libri e leggeva. Come è costume in quel giorno l'altare di pietra era del tutto spoglio; sopra vi era un reliquiario.

Parsifal, ricordando gli anni trascorsi, viene preso dalla tristezza e confessa al santo eremita: " Ecco, solo ora mi accorgo da quanto tempo vado errando senza guida. Per me la gioia è un sogno, porto il grave peso della tribolazione. Signore, vi dirò anche dell'altro: in tutto questo tempo mai nessuno mi vide in chiese o manasteri, dove si cantassero le lodi del Signore; altro non cercai che di combattere. Sì, io porto solo odio a Dio: perché da lui derivano tutte le mie pene, sepolta viva è la mia gioia. Se il mio cuore di cavaliere è ferito, il biasimo deve andare a Colui che ha il potere di soccorrere. Se il suo aiuto è così potente, perché non mi aiuta, Lui che dicono così pronto ad aiutare?"

Il vecchio sospirò e lo guardò, poi disse: " Signore, se avete senno, dovete aver fiducia in Dio. Egli vi aiuterà, perché sta a lui aiutare. Dio ci aiuti entrambi. Ora spiegatemi come iniziò la rabbia per cui Dio sofferse il vostro odio, ma prima ascoltate paziente che io vi parli della sua innocenza. Il suo soccorso é sempre pronto: Sebbene io fossi un laico, potei leggere nella Bibbia come l'uomo debba con reverenza stare in attesa dell'aiuto possente di Colui che mai si dispiacque di salvare le anime dalla perdizione. Siate fedele senza esitazione; Dio stesso è la fedeltà fatta persona. Siamogli grati di quello che ha fatto per noi, poiché il suo Figlio, così alto e nobile, prese figura umana per noi. Dio si chiama ed è verità: sempre la falsità lo offese. Pensate bene a questo: Egli non può venir meno alla fedeltà con nessuno. Ora controllate i vostri pensieri e guardatevi dal dubitare di Lui. Nulla otterrete da Lui con la rabbia: chi venga a sapere che Lo odiate, vi considererà un pazzo..".

Rispose Parsifal: " Signore, sempre lieto sarò degli insegnamenti che mi avete dato su Colui che non lascia seza ricompensa né virtù né cattiva azione. Ho passato nelle tribolazioni la mia giovinezza fino a oggi, ma la mia fedeltà non ha avuto altra ricompensa che l' angoscia".

Subito l'eremita disse di nuovo: "Se desiderate parlarne, volentieri apprenderò di quali angosce er errori soffrite. Se lasciate che io possa giudicarli, forse avrò per voi un consiglio che voi stesso non avete".

Parsifal rispose: " Mio primo tormento è il Graal e poi la mia donna: sulla terra mai creatura più bella succhiò a petto di madre. All'uno e all'altra io anelo con tutto il mio cuore".

L'eremita disse: " Signore, voi parlate bene. Degno tormento è quel che soffrite, se vi date pena per amore della vostra donna. Se sarete trovato a vivere secondo giustizia nel matrimonio, potrete anche patire le pene dell'inferno, ma il tormento avrà presto fine e sarete liberato coll'aiuto di Dio. Voi affermate che anelate al Graal. O semlice uomo che siete, in questo debbo compiangervi. Ma non sapete che nessuno può conquistare il Graal, se non colui che in cielo è conosciuto e al Graal predestinato? Questo io affermo del Graal, perché so e l'ho veduto io stesso".

Parsifal disse: "Voi foste là?"

L'eremita rispose: "Si, signore".

Parsifal gli tenne nascosto che anche lui vi era stato e gli chiese che mai fosse il Graal.

Disse l'eremita:" A Munsalwaesche, presso il Graal, sta una schiera armata di cavalieri; questi templari vanno in cerca di avventure in espiazione dei loro peccati... Ma voglio dirvi di come si nutrono. Essi vivono di una pietra, che è di una specie purissima. Non v'è sulla terra uomo tanto malato che il giorno stesso ch'egli vede la pietra, e poi tuta a settimana che viene, possa morire: il suo aspetto, da quel momento non cambia più, e non v'è chi non dica che colui, da che ha veduto la pietra, donna o uomo che sia, è, nell'aspetto, come quando cominciava il suo tempo migliore, e così resterebbe, purché vedesse la pietra, anche duecento anni, salvo che gli si farebbero i capelli bianchi. Tale forza dà all'uomo la pietra, che in lui carne e ossa ben presto rianno la giovinezza. La pietra è anche chiamata col nome di Graal.

"Oggi scende sopra la pietra un messaggero da cui viene la sua sublime virtù. Oggi è il Venerdì Santo, il giorno in cui immancabilmente si aspetta che una colomba si stacchi a volo dal cielo; e questa reca una piccola ostia e la lascia sopra la pietra. La colomba è chiarosplendente e subito fa ritorno in cielo. Così, sempre, tutti i Venerdì Santi, la colomba porta quel che vi ho detto sulla pietra, e questa riceve la facoltà di dispensare quanto di meglio profuma sulla terra, tra quante bevande e vivande, intendo, la terra può produrre... La virtù del Graal provvede di che vivere tutta quella compagnia di cavalieri.

"Ma ascoltate come si viene a conoscere il nome dei puri chiamati al Graal. All'orlo estremo della pietra una scritta in lettere dice il nome e la schiatta di colui cui tocca di fare quel viaggio fortunato, fanciulla o ragazzo che sia; nessuno poi ha bisigno di raschiar via la scritta, perché essa scompare da sé. Tutti sono venuti là ancora bambini, quelli che ora son grandi: beata la madre che ha generato quel figlio che attentederà a tanto servizio... Essi poi sono per sempre preservati dal peccato. Quando si estingue la vita quaggiù, verrà dato loro lassù il premio più alto. La pietra, dunque, è affidata a coloro che Dio le destinò. Ecco, signore, che cosa è il Graal". E poi aggiunse:" C'era una volta un re che si chiamava e si chiama ancora oggi Anfortas. Il male che è dentro il suo cuore dovrebbe muovere anche voi a pietà come me: quel male fu la ricompensa della sua superbia. Lì sta con una nobile compagnia di cavalieri, la quale bada a tenere lontane le genti di ogni paese, così che il Graal resti sconosciuto a tutti, tranne a quelli che son chiamati a ssere della schiera di Munsalwaesche. Solo uno, non chiamato, giunse fin là, ma era uno stolto e se ne tornò via con il peso di un nuovo peccato, perché non disse parola al signore del luogo né gli chiese del male di cui lo vide soffrire. Eppure era l'unico che potesse guarire il re; infatti, dopo mille cure tentate per farlo guarire, disperati ci gettammo in ginocchio dinanzi al Graal e vi vedemmo scritto che doveva venire a noi un cavaliere: se da lui si fosse udita la domanda, la nostra pena avrebbe avuto termine. E la scritta aggiungeva che se egli non avesse domandato la prima notte, la forza della sua domanda sarebbe svanita,in caso contrario egli avrebbe avuto il regno e da quel momento Anfortas sarebbe guarito".

Allora Parsifal fu sopraffatto dal dolore e, piangendo, confessò all'eremita: "Signore, piangete con me la mia stoltezza e soccorretemi col vostro consiglio. Colui che cavalcò a Munsalwaesche, che vide la grande sofferenza del re e non fece domanda alcuna, sono io; ecco, signore, l'errore che ho commesso".

Disse il sant'uomo: "Signore, che dite mai? Ora insieme dovremo cominciare un sincero lamento e lasciar cadere la gioia, poiché il vostro poco giudizio respinse una tale fortuna... Pure non voglio rifiutarvi un consiglio: non dovete piangere troppo ma in giusta misura e fate penitenza, così che i travagli di quaggiù vi acquistino lassù la pace dell'anima".

Parsifal si trattenne presso Trevrizent per quindici giorni, durante i quali il giovane eroe scoprì di essere nipote del santo eremita, in quanto questi era fratello di sua madre, e di appartenere alla stirpe dei re del Graal, poiché Trevrizent e sua madre erano fratelli del re Anfortas. Prima di partire l'eremita diede a Parsifal l'assoluzione dei peccati e si separarono con affetto e rimpianto.

 

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