ABC DELL'ANTROPOSOFIA
L'antroposofia (o Scienza dello
spirito), inaugurata dal pensatore austriaco Rudolf Steiner (1861-1925), si
presenta come la via spirituale più adatta al nostro tempo, in quanto capace
di conciliare le istanze della scienza con quelle della fede, gli impulsi
della conoscenza con quelli della religiosità. Il cammino di R. Steiner
ha inizio con lo studio e la cura editoriale delle opere scientifiche di J.W.
Goethe, grazie alle quali Steiner comprese l'importanza del pensiero puro,
libero da rappresentazioni sensibili, che animano la conoscenza riflessa,
incapace di connettersi al mondo ideale degli archetipi.
Sull'onda di questo tipo di pensiero
Goethe poté cogliere nell'ambito dell'osservazione scientifica il motivo del
Fenomeno archetipico: trovò così che il dinamismo vegetale, nelle sue alterne
fasi di contrazione ed espansione, segue il principio della pianta primordiale (Urpflanze).
La concezione goethiana del mondo, e
soprattutto la dimensione conoscitiva che essa suggerisce, è il primo
cardine dell'antroposofia, come tale identificato dallo Steiner nel testo La
filosofia della libertà.
Il secondo cardine è il principio del
cristocentrismo: Cristo come centro dell'universo, dell'evoluzione spirituale,
della biografia umana. R. Steiner distingue nettamente la personalità
storica del Gesù di Nazaret dalla dimensione cosmica e universale del Cristo:
in base a ciò egli descrive tutto il cammino evolutivo del cosmo, del nostro
pianeta e della storia delle civiltà umane, un cammino mirato al fatto che,
quanto più l'umanità si identificherà con l'impulso-Cristo deposto dal sacrificio
del Golgotha in ogni uomo (ovvero con il principio dell'Io spirituale), tanto
più la Terra compirà la sua missione di divenire il “Cosmo dell'amore”.
Il terzo cardine su cui poggia l'antroposofia
è una nuova concezione della storia recente ispirata a un evento che ha segnato
l'epoca moderna, iniziata nel xv
secolo e chiamata dall'antroposofia “epoca dell'anima cosciente”. Questo
evento, verificatosi, nel 1879 è coinciso – dice R. Steiner – con il fatto
che l'arcangelo Michele ha scacciato dai cieli gli “spiriti delle tenebre” e
li ha precipitati sulla Terra: qui essi inducono l'uomo all'egoismo
materialistico, ma Michele, l'arcangelo dell'intelligenza, li contrasta,
invitando l'uomo a quel pensare puro che è sintesi di scienza e fede: primo
gradino perché ogni essere umano scopra e viva l'esperienza dell'Io spirituale,
ovvero l'esperienza del “Cristo in noi”.
La proposta filosofica di R. Steiner è
che l'uomo del nostro tempo, se vuole davvero avere coscienza della vita
interiore e della vita del cosmo, deve sviluppare l'individualismo etico:
sviluppare la libertà interiore del pensiero, promuovere il pensare libero
dei sensi a vera e obiettiva guida della nostra vita dell'anima, accanto al
senso della fantasia morale ispirata dall'Io.
Come tante altre scienze, anche l'antroposofia,
o Scienza dello spirito, si esprime attraverso una serie di parole-chiavi, anzi
attraverso un particolare alfabeto. Questo alfabeto è costituito da tre
segni fondamentali e insostituibili - pensare, sentire, volere: tre segni che
ci dicono che l'essere umano è formato da tre parti, cioè che è
tripartito o triarticolato.
Ognuno di noi avverte in sé e
percepisce nella propria interiorità queste tre diverse facoltà - il
pensare, il sentire, il volere.
Il pensare
è l'attività razionale o sensitiva, che si esprime in noi attraverso il
polo neuro-sensoriale. Questo polo è lo strumento della sensibilità, del
pensiero, della coscienza. Di questa attività razionale siamo consapevoli, in
essa siamo desti, tant'è che quest'attività ci accompagna durante il cosiddetto
stato di veglia.
Il sentire
è l'attività emozionale dell'essere umano che si esprime attraverso il
sistema ritmico della zona mediana (ritmo cardio-respiratorio). In questa zona
siamo parzialmente desti, nel senso che solitamente non siamo padroni, non siamo
consapevoli e ben coscienti delle nostre emozioni, pur vivendole, perciò ci
poniamo di fronte a esse come in una condizione di sogno. Il nostro sentire
naturale fluttua come un sogno, lasciandosi spesso trascinare dagli stimoli
esterni. Questo polo è lo strumento del sentimento e dell'affettività.
Il volere
è l'attività delle nostre volizioni, delle nostre aspirazioni profonde,
dei nostri bisogni fisici (sete, fame, sonno eccetera). Il volere noi lo
percepiamo attraverso il movimento degli arti e attraverso il calore proveniente
dal metabolismo. Siamo però inconsapevoli di fronte al perché delle nostre
volizioni e per lo più le subiamo,
senza possederne la causa: viviamo nel volere come in una condizione di sonno
profondo. Questo polo è lo strumento del movimento e del metabolismo, lo
strumento delle volizioni.
L'uomo pertanto non è libero né nel
volere né nel sentire, è soltanto potenzialmente libero nel pensare: questo
è l'assunto di base della Filosofia della libertà
di R. Steiner.
Ma vediamo ora, più da vicino, come
questa tripartizione dell'uomo in pensare, sentire, volere si rifletta sul
piano fisico, sulla struttura, sull'architettura del corpo e come le diverse
parti ne risultino differenziate.
Il pensare si esprime nel polo neuro-sensoriale, nella testa, che ha forma sferica e ossa immobili
(tranne la mascella). Le ossa della testa sono esterne, mentre le parti molli
sono all'interno.
Il sentire si esprime nella zona mediana, nel torace:
qui i muscoli fasciano le ossa che a loro volta racchiudono le parti molli; le
ossa delle costole sono elastiche, quindi a metà fra l'immobilità e la
mobilità. La struttura del torace ha ancora qualcosa della sfericità
della testa ma è divisa dalle costole.
Il volere si esprime nel polo inferiore, che si identifica con l'addome e con gli arti,
costituiti da parti molli che racchiudono le ossa; le ossa qui sono mobili e
hanno una struttura raggiata: per esempio, un osso alla coscia, due alle
gambe, cinque alle estremità (femore, tibia-peròne, piede).
L'immobilità dunque connota la
struttura degli organi del pensare, l'elasticità quelli del sentire, la
mobilità quelli del volere. A sua volta il calore connota il metabolismo
della zona del volere, il ritmo cardiaco e respiratorio connota la zona
mediana, il freddo caratterizza il polo neuro-sensoriale.
La tripartizione ritorna poi anche
nelle singole parti del corpo, per esempio: nella testa il cranio ha forma
sferica immobile, il naso è elastico, mentre la mascella (elemento del
volere) è mobile; nel piede il tallone è in piccolo il polo cefalico, mentre
le dita sono la struttura raggiata. Occorre guardarsi tuttavia dall'eccessivo
schematismo tripartito, altrimenti si cadrebbe proprio nella trappola
che, nel Faust di Goethe,
Mefistofele tende al giovane studente, raccomandandogli proprio gli studi di
logica e il necessario procedere per sillogismi e rigide associazioni.
Queste tre facoltà - pensare, sentire,
volere - non sono che l'espressione soggettiva o interiore dei tre corpi base
che - secondo Rudolf Steiner - costituiscono l'architettura totale dell'essere
umano e sono gli stessi che formano i tre regni della natura, minerale,
vegetale, animale.
1. Il corpo fisico è la componente
materiale del corpo umano che condividiamo con il regno minerale. Per esso
valgono le categorie di numero, peso, misura. Nella morfologia umana questo
corpo si esprime elettivamente attraverso la forza strutturante del
sistema osteo-muscolare. Nell'essere umano il corpo fisico si sviluppa entro
l'arco dei primi sette anni: la seconda dentizione viene appunto a scandire il
termine di questo processo e l'inizio del successivo, cioè la formazione o
totale incarnazione del corpo eterico. Il bambino si identifica con l'attività
volitiva, con le volizioni, infatti è tutto un organo di percezione fisica. Da
ciò si comprende come l'elemento corrispondente al corpo fisico sia la Terra,
quindi la mineralità.
2. Il
corpo eterico è la componente vitale del corpo umano che condividiamo
con il regno vegetale. Le forze eteriche sono forze di crescita, di metamorfosi,
di ritmo: sono insomma forze formatrici. Nell'essere umano l'attività di
questo corpo si esprime elettivamente attraverso il sistema ghiandolare,
mentre nelle piante si esprime tramite la fotosintesi clorofilliana. Esso si
sviluppa completamente nel bambino nell'arco di tempo che va dai 7 ai 14 anni, e
termina con la pubertà, quando sbocciano le forze del corpo successivo, il
corpo astrale. Per questa sua vitalità l'elemento corrispondente al corpo
eterico è l'Acqua.
3. Il corpo astrale è la
componente neurosensoriale dell'essere umano che condividiamo con gli
animali; è la sede degli istinti, delle passioni, delle pulsioni, dei moti di
simpatia-antipatia: i tipici moti dell'astralità posseduti dagli animali, che
essi nutrono in risposta agli stimoli esterni. Le categorie dell'astrale sono
dunque movimento, sensibilità e vita interiore. La sua disarmonia è la
causa della malattia. Su piano organico l'astrale si esprime elettivamente
attraverso l'attività del sistema nervoso e il suo elemento è l'Aria.
Questo corpo si sviluppa particolarmente nel terzo settennio, fra i 14 e i 21
anni circa.
Com'è facile osservare, il vegetale,
in quanto esclusivamente animato dalle forze eterico-fisiche, ha per lo più una
crescita verticale, mentre l'animale, grazie al possesso del corpo astrale,
perde questa verticalità e diviene orizzontale. Rispetto al vegetale
l'animale ha compiuto una rotazione di 90 gradi, l'uomo invece ne compie una
di 180 gradi. Egli infatti recupera la verticalità e acquista la stazione
eretta. A consentirgli ciò è la presenza nell'uomo di un'ulteriore
componente - l'Io - che nel corso dell'evoluzione terrestre ha dato a lui
creatività spirituale e dimensione morale, l'uso del linguaggio e del
pensiero. L'essere umano avverte soggettivamente l'attività dell'Io attraverso
il calore e la pulsazione del sangue, pertanto il suo elemento è il Fuoco.
Quali sono, all'interno dell'essere
umano, i rapporti fra questi corpi? Nelle piante e negli animali inferiori corpo
fisico e corpo eterico non sono collegati: ledere il fisico non significa
ledere l'eterico, tant'è che se lediamo il tronco di una pianta stimoliamo la
sua vitalità a un'attività accentuata oppure se tagliamo un arto a un gambero
alla prima muta da esso ricresce un moncone o se tagliamo la coda alla lucertola
essa rispunta. Negli animali superiori eterico e fisico sono invece ben
collegati, tant'è che ledere il corpo fisico significa ledere anche il corpo
eterico.
Nell'essere umano questi rapporti fra i corpi sono regolati da
altri eventi, dal sonno e dalla morte. Durante il sonno, l'Io, insieme con
il corpo astrale, si distacca dal corpo eterico-fisico, che rimane disteso
nel letto. Con la morte invece anche il corpo eterico, insieme con il corpo
astrale e l'Io, si distacca dal corpo fisico.
Questo schema tripartito proposto dall'antroposofia
non si applica però soltanto all'essere umano, ma anche, per esempio, al
mondo vegetale, come è stato ben dimostrato dal botanico Wilhelm Pelikan,
assai noto in ambito antroposofico. La pianta, come abbiamo visto, possiede
soltanto un corpo fisico ed eterico, eppure nelle sue parti riflette il
principio della tripartizione:
* La radice della pianta è la parte più
minerale e corrisponde al polo neuro-sensoriale dell'uomo.
* Le foglie corrispondono alla zona
mediana o sistema ritmico.
* I fiori, in quanto sono organi della
riproduzione, corrispondono al polo metabolico dell'uomo, agli organi del
ricambio, del volere.
Ecco perché prima dicevamo che l'uomo,
rispetto alla pianta, ha compiuto una rotazione di 180 gradi: la radice
vegetale è infatti nell'uomo testa, mentre i fiori sono il polo inferiore. A
dire il vero, nell'uomo vi è perfino un albero rovesciato, l'albero
respiratorio, formato da trachea e bronchi.
Da ciò deriva, nella medicina
antroposofica, l'impiego delle singole parti della pianta utilizzate per curare
i corrispondenti disturbi delle singole parti del corpo. A ciò la botanica di
ispirazione antroposofica aggiunge un altro principio: le piante più curative
sono in genere quelle in cui una parte prevale sulle altre o è più sviluppata
rispetto alle altre, in cui le forze eteriche quasi si concentrano in una parte.
Ciò indica che la pianta cura nell'uomo i disturbi di quella zona con cui la
parte prevalente è in analogia. Questo è uno dei modi più visibili in cui
la pianta manifesta il suo potere di guarigione, gli altri modi sono quelli
chimici, relativi alla presenza di alcaloidi, tannini, amari, oli eterei
eccetera. Alcuni esempi: la grossa
radice della brionia o della mandragora, la grande espansione floreale del
sambuco, il frutto gigantesco della zucca.
Nel regno minerale, invece, dunque sul
piano fisico, l'idea tripartita si ritrova secondo Steiner nei tre elementi
chiave dell'alchimia:
* il sale corrisponde al pensare e al
polo neuro-sensoriale, freddo
* il mercurio corrisponde al sentire e
al sistema ritmico
* lo zolfo corrisponde al volere e al
polo metabolico, caldo.
Nel polo inferiore dell'essere umano,
nel polo del metabolismo e del movimento, dominano i processi eterico-fisici: le
cellule dell'intestino si rigenerano, le cellule dell'apparato riproduttivo si
moltiplicano. Ma non è così per il polo neuro-sensoriale: qui le cellule
nervose non si rigenerano. Perché? Per il fatto - sostiene l'antroposofia -
che il polo superiore ha sacrificato la sua vitalità eterico-fisica a favore
della vita conoscitiva, a favore della memoria, dell'immaginazione, della
fantasia, del senso logico. E qui troviamo un esempio di una grande legge dello
spirito: "il superiore vive grazie all'inferiore", i processi
coscienziali si sviluppano perché la vitalità fisica diminuisce, non si può
essere troppo vitali e coscienti insieme. E' la legge espressa nel Vangelo
di Giovanni dall'episodio della «lavanda dei piedi».
Che cosa succede invece quando
l'individuo si ammala? Succede che l'equilibrio fra i tre corpi o fra le tre
facoltà si sbilancia. Può capitare allora, se l'uomo si è troppo
identificato, per un certo periodo, con i bisogni fisici,
che il polo metabolico, il polo caldo del volere, prenda il sopravvento:
si crea allora un eccesso di calore, una infiammazione. Se invece predomina
troppo il polo neuro-sensoriale, freddo e minerale, se ci si intellettualizza
troppo, prevale allora l'indurimento, la sclerosi oppure il tumore. Allora
possiamo dire che ciò che nella pianta è deformazione di una parte,
nell'uomo è malattia, perché diviene squilibrio delle facoltà, del pensare,
sentire, volere.
L'infiammazione e la sclerosi sono le
due direzioni polari della malattia: i due archetipi.
Nella storia dell'Occidente degli
ultimi secoli ci sono state tre grandi malattie endemiche: la lue, la
tubercolosi e il cancro, tutte conseguenze della diffusione del materialismo.
La lue,
infatti, per le gravi conseguenze che la fase terziaria porta sul sistema
nervoso, fu l'esito di una prepotente invasione delle forze del volere sul
pensare: è il caso di Guy de Maupassant, scrittore naturalista, e
di Friedrich Nietzsche, filosofo della volontà di potenza. La stessa volontà
di potenza che percorse l'Europa nel XVI secolo, quando la sifilide mieté 20
milioni di morti.
La tubercolosi
è invece conseguenza di un'invasione del volere sulla zona mediana, sul
sentire: di qui la successiva nascita della forma mentis del tubercolotico,
spesso afflitto da tormenti sentimentali, paure dei fantasmi, fragilità
emotiva. Si pensi a Chopin, a Robert Louis Stevenson, a Edgar Allan Poe, a Kafka.
Il cancro,
per la frequenza di questa malattia negli organi del volere (ricambio e
apparato riproduttivo), è un eccesso del polo inferiore nella sua stessa
sede, con conseguente surplus di vita eterico-fisica che caoticamente si
riproduce. Questo caos cellulare è la diretta conseguenza della mancanza
delle forze dell'Io.
Il principio della tripartizione o
tricotomia - come si chiamava un tempo - non è però una scoperta dell'antroposofia,
perché era ben noto alle civiltà antiche: gli antichi Indiani seguaci della
filosofia Samkhya distinguevano infatti fra la coscienza luminosa e calma (sattva),
l'ambito umano delle passioni (rajas) e la zona oscura degli istinti (tamas).
I Greci, e in particolare Platone, distinguevano la personalità umana in nous,
psyche, soma. Anche il cristianesimo, almeno quello delle origini, come
ricorda Paolo in 1 Tessalonicesi 5,23, ammetteva la tripartizione
dell'uomo in spirito, anima, corpo (pneuma, psyche, soma), probabilmente
derivante dalla tripartizione dell'anima umana secondo gli antichi Ebrei in
bâsâr, nefeš, ruach.
Rudolf Steiner non attinge però la
concezione tripartita dal mondo antico, dalla letteratura religiosa d'Oriente
e d'Occidente, ma la riscopre con nuovi mezzi, con gli strumenti
scientifico-spirituali offerti appunto dall'antroposofia. E la espone
esattamente per la prima volta 80 anni fa, sul finire della Grande Guerra, nel
volume Gli enigmi dell'anima. Steiner riscopre la tripartizione dell'uomo e la
riformula autonomamente sul piano della logica e della filosofia della
scienza. Sotto questo aspetto il diretto predecessore di Steiner è Hegel, che
distinse i tre momenti dialettici di tesi, antitesi e sintesi (per esempio,
essere, essenza, concetto; arte, religione, filosofia), momenti che furono da
Hegel concepiti come tappe progressive dello spirito, gradi di un cammino
evolutivo che fa da perno a tutto il divenire storico tendente all'autocoscienza.
Da ciò possiamo comprendere la stessa
natura dell'antroposofia, che non è per nulla una via nostalgica dello spirito,
tesa al recupero di antiche verità esoteriche,
ma una nuova via spirituale che vuol comprendere il presente
dell'uomo, partendo dalle migliori forze di cui oggi l'uomo potenzialmente
dispone. Queste migliori forze sono appunto il pensiero libero, impersonale,
il pensare come trampolino verso la conoscenza del mondo spirituale e
verso la comprensione del senso del destino umano. Ha scritto Hegel: «Il
pensare fa sì che l'anima, di cui anche l'animale è dotato, divenga spirito»;
da questa citazione hegeliana parte Rudolf Steiner nella Filosofia della
libertà (p.21) per indicare il primato del pensare sulle restanti facoltà.
Il pensare è dunque il faro la cui
luce disegna nelle tenebre il cammino che l'uomo dovrà seguire per un
adeguato ampliamento della coscienza. Ma non è stato sempre così.
Non sempre il pensare è stato il faro,
non sempre è stato esso a indicare il percorso dell'evoluzione spirituale
dell'uomo. Per buona parte del Medioevo occidentale, per esempio, la facoltà
predominante dell'uomo era il sentire. L'«itinerario della mente a Dio» più
che un cammino di conoscenza era un percorso tutto animato dalla
devozione, costituito dalle tappe della fede, dalle verità della
rivelazione. Le pagine ascetiche di Bonaventura da Bagnoregio sulle «tre
vie» (meditazione, preghiera, contemplazione) o quelle del mistico
fiammingo Jan van Ruysbroeck sui tre tipi di vita (attiva, interiore e contemplativa)
sono un grande esempio di questa via spirituale del passato, di questa ricerca
di nuovi orizzonti interiori fondata sul sentire. Ciò non vuol dire che i medievali
ignorassero l'importanza del pensare, ma semplicemente che non ne avvertivano il
primato sulle altre facoltà, perché - come si soleva dire - philosòphia
ancilla theologiae.
Se facciamo ancora un passo indietro
nel tempo, se risaliamo al primo e al secondo millennio, all'apogeo della
civiltà egizia, mesopotamica e semitica in genere, vediamo che invece
l'uomo traeva le sue forze soprattutto dal volere: la saggezza che l'uomo di
questo periodo cerca e ottiene non è un particolare patrimonio di conoscenze
(sul tipo della saggezza greca) ma è ricchezza della volontà, ricchezza morale,
educazione dell'agire più che del pensare. Ma ricordiamo anche che la
civiltà babilonese è quella che ha creato l'astrologia e che la civiltà
egizia è quella che ha trasmesso all'Occidente la magia: ora, le arti
divinatorie e magiche, fondate su rituali prestabiliti, su tecniche sacre,
sono estranee alle conquiste del pensare e alle aperture del sentire,
piuttosto sono espressione della volontà, del fatto che l'uomo vuole elevarsi
al rango di Dio non seguendo la via della conoscenza o della devozione, ma
seguendo l'impulso della volontà.
Il pensiero, invece, il pensiero libero
dai sensi, come lo chiama Steiner, il pensiero vivente è il punto di partenza
della via spirituale dei nostri tempi, della via che conduce all'autocoscienza.
In un trattato alchemico (Gloria
Mundi del 1526) si legge che «la Pietra filosofale è familiare a tutti gli
uomini, giovani e vecchi, si trova in campagna, nei villaggi, in città, in
tutte le cose create da Dio e tuttavia è disprezzata da tutti. Ricchi e
poveri la maneggiano tutti i giorni... E tuttavia nessuno la apprezza, benché
sia, dopo l'anima, la cosa più meravigliosa e più preziosa della Terra...
Tuttavia è considerata la più vile e la più miserabile delle cose terrestri».
La Pietra filosofale degli alchimisti, il Lapis philosophorum, era appunto il
pensiero, secondo l'interpretazione antroposofica, il pensiero di cui ognuno
può disporre come prima espressione, come arto dell'Io.