LA TRADIZIONE SOLARE
di Massimo Scaligero
presentazione di Gabriele Burrini
Da
tempo l’uomo ha smarrito il senso della Tradizione, il legame di continuità
con il passato, con il sacro, con le consuetudini consolidate dalla storia e
pervase dalla fragranza dell’eternità. L’uomo d’oggi non si sente più
cittadino di una “comunità di valori”, non ha più una patria dello spirito
cui appellarsi nei momenti felici o bui dell’esistenza. Se per traditio
intendiamo il trasmettere, quindi il ricevere e l’accogliere, la nostra civiltà
ha ben poco da tramandare ai posteri che non sia la pura difesa di valori
contingenti alle sue sorti politiche e civili: l’umano, troppo umano, per
dirla con Nietzsche. Eppure mai come oggi l’uomo anela a ripercorrere le vie
della Tradizione: sgombrandoli dalla polvere dei secoli, riporta alla luce,
riesuma e indaga antichi testi religiosi, arcaiche costumanze, lontani rituali
utilizzati per sacralizzare il divenire del tempo, affinché essi parlino ancora
una volta all’anima umana. Esplora i più reconditi ambiti del pianeta per
confrontarsi con incontaminati modelli di società, con diversi stili di vita,
alla luce dei quali correggere o colmare il vuoto del presente.
Questa
rinnovata voglia di Tradizione, che dilaga nel mondo attuale, è il frutto
dell’“epoca di Michele”, della reggenza dell’Arcangelo, che dal 1879 -
secondo la Scienza dello spirito - presiede alle sorti dell’umanità, non per
risparmiarle l’esperienza del male, ma per far sì che l’uomo intraveda da sé,
nella dimensione autocosciente del pensare, la via del ritorno, del nostos
allo Spirito, cui ogni essere come ramingo Odisseo disperatamente aspira.
L’impulso dell’arcangelo Michele rompe le barriere, espande i confini,
dilata gli orizzonti: pone popoli a contatto con altri popoli, lingue con
lingue, tradizioni con tradizioni, affinché l’uomo edifichi quel villaggio
globale nel quale a ognuno sia offerto concretamente di poter perseguire il
cammino dell’evoluzione interiore.
La
grande barca che veleggia sulla via del nostos è il pensare vivente, lo
strumento per governarla - ci insegna Massimo Scaligero - è la concentrazione.
È d'obbligo però sottolineare la differenza fra la tecnica antica della
concentrazione, insegnata, per esempio, dallo yoga e quella moderna ampiamente
delucidata da Scaligero. Nel contesto hindu la concentrazione su un solo punto (ekāgratā)
è un esercizio statico di attenzione della mente che si fissa su un
punto del corpo, per lo più la zona sopracciliare, rifuggendo da ogni altra
osservazione dei moti del pensare, che anzi lo yoga ravvisa come devianti e
illusori. Secondo l'indiano Patañjali (Yogasūtra, 1,2) «lo yoga è
la soppressione dei movimenti del pensare», in quanto essi sono dovuti a
ignoranza, passione o avversione e
pertanto sono fonte di dolore.
Al contrario, la concentrazione additata da Scaligero è un processo dinamico,
in quanto, promovendo l'attività eidetica del pensare, si prefigge di
contemplare infine il suo potenziale e di far tesoro della sua forza
impersonale.
Senza il timone fornito dalla tecnica della
concentrazione l'anelito al nostos si infrangerebbe sugli scogli della Tradizione
lunare, ovvero di quelle tante antiche vie di liberazione che l'intelletto umano
oggi riscopre dialetticamente, illudendosi di riviverle spiritualmente. In realtà
le riesuma dal passato non con l'ausilio del pensiero cosciente – il solo che
possa ricreare lo spirito – ma del pensare riflesso o lunare: semplice
riflesso dei fatti e dei fenomeni che ogni giorno viviamo. Sennonché il
pensiero non fu dato all'uomo perché egli lo spendesse esclusivamente
nell'arido mondo dei fatti o perché se ne servisse utilitaristicamente come uno
specchio in cui osservare il quotidiano: fu dato invece perché egli ne
sperimentasse la vivente incorporeità.
Al timone della concentrazione, l'uomo evita gli
scogli della Tradizione lunare e si immette nelle acque limpide della Tradizione
solare. Questa Tradizione albeggiò nell'epoca assiale dell'umanità, quando Socrate in Grecia e il Buddha in India educarono
per primi l'umanità a coltivare la forza del concetto. Non a caso Scaligero –
che possedeva una solida preparazione orientalistica – parla di natura originaria del pensiero, riecheggiando la tradizione buddhista che ravvisa
in ogni essere umano una originaria natura buddhica (Mahāparinirvānasūtra, 12). E neppure a caso egli qualifica come estinzione
buddhica il grado di totale
annientamento del pensare riflesso e il conseguimento dell'impersonalità
dell'autocoscienza.
Dopo questi precedenti storici la Tradizione solare trovò il
suo rigoglio nel cuore dell'Europa cristiana, attraverso la corrente del Graal,
dando vita a una letteratura che cela nei suoi simboli le tappe del cammino di
trasformazione iniziatica più consono ai nostri tempi. Dal Medioevo la sua
vitalità non si è tuttavia spenta, anzi è rinverdita nel XX secolo grazie al
contributo della Scienza dello spirito fondata da Rudolf Steiner.
All'interno di questa via spirituale del nostro tempo – che
a buon diritto rivendica per sé il nome di «scienza del Graal»[1] – Massimo Scaligero conserva un ruolo precipuo: additarne
le strutture portanti, ovvero la dimensione superiore del pensiero puro e
l'apertura graalica del sentire, connesso al culto interiore della Vergine
Sophia. Che sono poi l'alfa e l'omega, il principio e il coronamento della
Tradizione solare.
[1] R. Steiner, La scienza occulta nelle sue linee generali, Editrice Antroposofica, Milano 1969, p. 330.