Dolce aria festiva
nel giardino racchiuso
fra siepi d'edera scura
dove la natura s'accende
dei colori silvestri
dei boschi e dei monti
in piccolo spazio
fra mura,
il gatto s'appropria
del luogo con mossa
sapiente e variata,
annusa la verde
muschiata sui sassi,
accarezza con cura
i rami contorti del rovo,
s'accascia sull'arido suolo
e volge il musino d'intorno
come se volesse prendere
a volo un volante
insetto nascosto.
Il sole ci bacia la faccia,
accende i gerani
nei vasi di coccio
disposti in ordine sparso
su tavole e seggiole accosto.
Le rose, or grandi or piccine
s'avvolgono intorno
a lor spine,
chi grande s'accascia
nell'ampio mantello
dei petali grassi e sapienti,
chi piccola fa dei mazzetti
il proprio onor di famiglia.
Son bianche, son rosa, son rosse,
di varia nascita e fama,
son rose di maggio gią volte
a farsi bacche e poi spine.
Il muro risplende di giallo,
riflette il sole festivo,
ci abbaglia, ci addorme
e si staglia
contro il cielo gią estivo.
Il fico ha gią la sua chioma
e tutto splende di gioia,
le panche e le seggiole vivono
come lumache dal rivo
della nostra presenza sovrana,
sovrastano con la loro arcana
esistenza di esseri muti
il cantico assente dei fati
che vive e non sa.
D'arancio vestita una donna
o forse una bimba o fanciulla,
s'assiede di morbido incanto
sul bianco splendore del canto
del giardino incantato.
Il gatto d'incanto
con un balzo distratto
in grembo le siede,
e fanno tutt'uno
nel biondo meriggio,
mentre bionda s'accende
la crocchia nel sole
e non vi sono parole
ma solo sussurri.