(Ispirata alle saghe nordiche, alla conversione dell'antica Inghilterra e al culto che i popoli nordici hanno per San Michele mescolato alle loro antiche leggende eroiche)
In qualche antro oscuro
si raccontava vivesse
terribile animale
dalla mole possente
e ferocia inaudita
che non temeva umani
ma con gagliarda sfida
rapiva e uccideva
chiunque fosse là giunto.
Fra i boschi e le capanne
e le navi possenti
che percorrevano i fiumi
e i mari e i laghi
si sparse la voce
di tale orrida cosa.
E ci fu chi
figlio di Re promise
di liberare il luogo
da tale pericolo
e terrore e flagello.
Fu dura lotta e prova
e pellegrinaggio
di molti lunghi anni
fra tribù di fratelli,
dove il coraggio
e lealtà e onore
eran virtù provate
che facevan primo
chi non temeva per se
sorte ingrata e crudele.
Ambito agli occhi
delle fanciulle in fiore
era colui che
a tal prove metteva
l'anima sua ardente
per il bene di tutti.
In tal modo furon molti prodi
giunti a noi nelle saghe
che raccontan loro gesta
e commuovon i nostri cuori,
antiche storie
di una vita diversa
ma spesa per il bene
che si chiamava tribù,
e fratelli e famiglia
e onore e lealtà.
Antiche storie
in una lingua assai strana
e antica e lontana
che un inglese ben colto
non riconoscerebbe per sua
e che un tedesco studioso
farebbe impazzire
nell'usare il dizionario,
pur che avesse
tempo e voglia di farlo.
La lingua di Alfredo
re coraggioso e fortunato
ci ha raccolto e portato
una di queste saghe
in cui ritroviamo la vena
degli uomini del Nord,
ma ecco che i noiosi filologi
che vanno spulciando
pezzo a pezzo le righe
non capendoci nulla se non
la rotazione delle consonanti
o altre inezie di nessun valore
che non toccano
il cuore degli uomini.
Per fortuna gli archeologi
si mettono in mezzo
con ipotesi tanto illuminanti
da essere contraddette
dopo pochi anni.
La gente comune
se ne disinteressa e fa bene
per non ammattire
visto che il mondo
è matto già ora com'è.
Ma torniamo al dunque
dei nostri prodi
che combattevano il mostro
o più mostri che fossero.
Vi racconto come
andarono le cose
o meglio facciamolo dire
a Verilulfo l'armaiolo
che vi ci si trovò:
"Giunsero dei tipi
tutti miti e senza armi
e venivano dal mare,
parlavano una lingua
sconosciuta e strana,
facevano lunghi canti
belli e incomprensibili
e misteriosi come un incantesimo,
meglio di un incantesimo
per mandare via il malocchio
o guarire le pustole
o altra robaccia che capitava
alla nostra gente da queste parti
e in questi aspri luoghi,
e curavano con i loro canti,
i loro oli e le loro preghiere
anche il cuore degli uomini,
mettevano l'accordo
fra le tribù rivali,
e dicevano di perdonare
e non portare su un pennone
la testa del nemico.
Tutti furono conquistati,
prima le donne, che si sa
si commuovono facile,
ma quel che più conta il Re
e se il Re ci crede
perché non crederci noi
i suoi sudditi fedeli?
Ci parlarono di Cristo
morto in croce in Palestina
terra lontana di là dal mare
e di un Principe degli Angeli
che si chiama Michele
che somiglia al figlio del Re
e ai nostri ragazzi combattenti
tanto coraggiosi e belli
e leali e forti.
Quando avemmo bisogno
pensammo bene
di rivolgerci a lui
che non si fece attendere
al nostro richiamo,
non sto qui a raccontarvi
dei fatti prodigiosi accaduti.
L'Arcangelo S.Michele
il protettore di Israele,
dove era nato il Cristo,
si mise a proteggere anche noi
e devo dire in verità
che da allora le cose
pur fra alti e bassi
sono andate molto meglio."