Gaber appare in scena introducendo il recital:

INTRODUZIONE

Oh mio Dio! Out o in? This is the problem!
Fuori o dentro? Questo č il problema!
Oh Dio mio! Fuori o dentro?
E’ pių facile dal di dentro riuscire a modifiacere l’ingranaggio opprimente, schiacciante del sistema e dell’incontrollata produzione oppure dal di fuori disinseriti e ribelli essere di esempio per il sovvertimento e per il sabotaggio del lavoro?
"Andate a lavorare!". E’ mio zio questo. Colonnello! Buono perō, mi ha educato lui, brava persona.
"Andate a lavorare!", "I giovani non han voglia di lavorare!". E’ vero!
"Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi!".
E’ un appassionato di proverbi.
"Rosso di sera bel tempo…". No quelli meteorologici non gli piacciono!
Lui c’ha proverbi solo per l’onesta.
"E’ pių facile che un cammello passi per la cruna di un ago che le multinazionali nel regno dei cieli".
Variante. Fantasioso per un colonnello.
Chissā cosa non inventa per la mia situazione.
"Tanto sta il compagno fuori che ci lascia lo zampino". Oh Dio mio!
Sembrerā strano ma in casa mi hanno un po’ contaminato con certe sane tradizioni.
Il lavoro nobilita l’uomo… ci ruba un ago… poi un bue… e si finisce per vendere la propria madre…
Non č mica facile liberarsi dall’onestā!
Ma ora la pentola bolle, ‘BLOO’, ‘BLOO’, ‘BLOO’… anche se quelle cose lė ce ne vuole per sbarazzarsene. Ti entrano dentro da piccolo e tornano a terrorizzarti… quando sta per rubare l’ago!
Che debolezze!
Per liberarsene si puō solo contare sull’urgenza delle cose e sulla voglia di rovesciare tutto.
E ora la pentola bolla! Tra poco solleverā il coperchio, il vaso di Pandora!
Per fortuna l’urgenza delle cose č enorme! Non si puō aspettare!
Bisogna vendere la propria madre, altro che collanine!

Gaber canta le canzoni "I reduci", "L'inserimento" e "Flash"

Gaber recita il monologo "Le carte"

Gaber canta la canzone "Il delirio"

Gaber recita il monologo "La cacca dei contadini"

Gaber canta la canzone "Il comportamento"

Gaber recita il monologo "Il dono"

Gaber recita e canta la canzone "Lona"

IL SOGNO DI GESU’

Quando si č un po’ filosofi non si sogna mai a caso.

Ero una specie di Diogene con una lampada in mano in un posto che poteva essere Roma.
Cercavo l’uomo in questo sgretolamento.
Sento cantare da lontano… Sarā Claudio Villa?
Non era Claudio Villa, si avvicina… pių moderno…
Era Gesų!
Cristo!
Bello, luminoso, stupendo, capelli un po’ lunghi… un filino di neon intorno che fa: ‘BSSSS’. L’avrei baciato… no, gli porta male!

G: "Maestro, maestro! Qui č un disastro! Manca lo spirito! Guardi, guardi lei che se ne intende."

Gesų: "Figliolo, non avete capito niente!"

Credevo fosse pių gentile…

Gesų: "Non č una questione di spirito, il segreto sta nel corpo!"

Com’č semplice, eh? Lapidario. Sempre stato! Si capisce tutto, altro che Hegel…

G: "Sė maestro d’accordo, via lo spirito… toh Hegel! Ma anche come corpo qui catastrofe! L’ha letto "L’io diviso", catastrofe!"

Gesų: "E io? Cosa credi abbia trovato ai miei tempi? La decadenza, lo sfasciamento… me ne intendo di sfaceli io!"

Spiritoso Gesų, sempre col dito alzato… ho capito da chi ha preso Montini!

G: "Ascolta Gesų, non riesco a farmi capire, forse sei un po’… insomma, sono passati diversi anni e poi tu non hai mai capito un granché di storia… non te ne fare una croce, voglio dire che anche noi si tenderebbe all’interezza. Sė, solo che le nostre condizioni storico-politiche… vabbe’ per te arabo… voglio dire la repressione, l’educazione…"

M’interrompe.

Gesų: "Ti capisco figliolo, ti capisco… anch’io c’ho avuto un padre autoritario! Mia madre mi lasciava far tutto e io mi sono sganciato, mi sono occupato dell’uomo mica astrazioni… ho fatto tutto un lavoro sul corpo. Guarda qui!"

G: "La Madonna! Cioč Gesų fatti vedere, non dal dottore, voglio dire fatti capire, tu non sei famoso per il corpo, sei famoso… insomma… sei un po’ evanescente eh?"

Gesų: "Ma che evanescente! Sono corporeo io, non c’ho niente di divino, non mi ha mai sfiorato l’idea. Io vivo, parlo anche poco non č vero quello che dicono, faccio delle cose semplici come respirare, un’energia naturale dentro di me, mica fuori, quella ce l’ha il mio babbo dicono. Non ho mai parlato di anima io, ho sempre "fisicizzato" tutto, basta guardare come mi muovo! Sono l’unico che sa camminare su un prato".

Oh mamma come si muove bene. Bello. Bello senz’anima… come noi…

Gesų: "Eh no! Voi siete brutti, stupidi, ideologici, mentali. Voi anche quando parlate di corpo siete distaccati, testacchioni… andate sempre di testa voi, sempre di testa… andate di corpo!"

G: "Sė, sė Gesų, ma anche noi ci siamo mossi. Cosa credi che io non ce l’abbia il problema di "fisicizzare" ?"

Gesų: "Ah, ah, ah,…! Le ho sentite le tue storielle: l’idea, l’idea, se potessi mangiare un’idea… E io? Cosa credi che abbia voluto dire con la comunione? L’idea che ti entra nel corpo! Non avete capito un’ostia! Le ho detto duemila anni fa quelle stupidate lė!"

G: "Sė, sė, Gesų, ma anche tu sei sicuro che un po’ di ideologia no? Sė, quando hai detto a San Pietro di mettere… sė, la pietra."

Gesų: "E sė! Lė ho fatto una cazzata! E’ per mio padre sai! E’ per mio padre, non c’ha mai avuto una casa. Perō bella eh, solida, un chiesone che non finisce mai… perché se uno fa le cazzate perlomeno che le faccia bene! Se penso a voi mi fate pena: ogni sei mesi una chiesettina, poi crolla, un’altra chiesettina, un’altra chiesettina… non vi dura niente la roba!"

Ero lė che lo aspettavo!

G: "Certo perché crediamo nel movimento, noi!"

Gesų: "Allora perché fate le chiesine?"

G: "Giā! E come si fa a non farle? Melo dica maestro, me lo dica lei?"

Gesų: "Figliolo, cerca di sognarti Marx, io c’ho il mio specifico!"

E sta per andarsene…

G: "Un momento maestro, un momento! Qui l’uomo muore!"

Gesų: "E be’! Che c’č di male! Tanto risorge no? La risoluzione del corpo. Semplice.
Buona Pasqua!"

L’UOMO MUORE (monologo)

Ecco, i riflettori si accendono, gli animatori prendono posto, tutto č pronto, l’azione sta per cominciare.
Uno spettacolo senza precedenti, un lavoro colossale, una rappresentazione drammatica e sconvolgente.

Non č una finzione scenica, lo bruciano davvero… iperrealismo… nemmeno Iacopetti.

Ecco, basta, piano, cosė, adagio, dissolvenza, perfetto, ‘Ssss…’, pianissimo, atmosfera, ecco cosė, bene, molto bene.
Via le masse adesso, adesso via le masse, mandate via le masse, piano, pianissimo.
Via le masse ho detto! Vogliono fare tutti i protagonisti, via, via, via.
Il vecchio č pronto? Ecco avanti il vecchio, fatemelo vedere, bello, cosė, figura intera, di pių, di pių, ecco perfetto…

Eh, eh, eh! E che fa? Cerca i pezzi! E li mette insieme… li incolla… č pazzo eh? Un restauratore! Ma dove siamo.
Uhč? Ma cosa ci fai con quei pezzi lė? L’uomo? E no, basta con i rimpianti. Chi l’ha detto che la morte non č allegra? Chi l’ha detto che bisogna ricostruirlo? E poi… con quei pezzi lė viene come prima, no?
Chi lo rivuole? Il pubblico? Ma siete matti, c’avete una strana idea della gente.
Ma certo, quando si parla a tutti si hanno delle responsabilitā umane e sociali, bello… e allora si fanno le indagini di mercato, si trovano gli ingredienti, un po’ di ottimismo, e dai con i contenuti umani e l’uomo, l’uomo, l’uomo! Ma quale uomo? Non raccontiamoci palle, contenuti umani! Non ci crede pių neanche il papa!
Certo quando si parla alle masse bisogna usare un linguaggio scadente, adatto a tutti. C’avete una strana idea delle masse. Non piace pių a nessuno il vostro uomo. E’ a voi che vi fa comodo. Siete voi che lo rivolete! Credete alla ricomposizione, ah, bella roba! Che vorrebbe dire riprendere tutti i pezzettini di prima, rimetterli insieme e alla fine viene fuori… mio zio! Ecco a chi assomigliate. Assomigliate allo zio, vi ho visto in televisione. No, lui č pių simpatico, ma anche lui parla sempre di contenuti umani… contenuti umani, non ci crede pių nessuno, non ci crede pių nessuno!
O ci crediamo tutti! Paurosi, resistenti, attaccati ai nostri pezzetti bruciati, vecchi, ammuffiti, putrefatti.
Chi l’ha detto che la morte non č allegra?

Gaber canta la canzone "La solitudine"

Gaber recita il monologo "La coscienza"

Gaber canta la canzone "La smorfia"

Gaber recita il monologo "I partiti"

Gaber canta la canzone "Le elezioni"

IL TENNIS

‘TOFF', TOFF’, ‘TOFF’, …

Il paese č in una fase delicata…

‘TOFF’, ‘TOFF’, …

…sė, in un periodo di transizione…

‘TOFF’.

‘BLIN-BLON’.
Oggi al Parlamento:
Una mozione. L’avversario si alza e mette lė la sua; una differenza… leggerissima e… ‘TA-TA-TATARATATATA-TA!"
Dopodiché tutti al tennis.

‘TOFF’, ‘TOFF’, …

Sė, giocano tutti al tennis… e qui mi incazzo! E sė, perché gli piacciono a tutti le stesse cose mica per altro. E i gusti sono tutto: c’č chi gioca al tennis e c’č chi gioca al calcio.
Certo la vera cortina di ferro č lė, nei gusti. Le questioni ideologiche? Roba da ridere fra gusti uguali. I gusti sono la vera sostanza politica. E loro hanno scelto il tennis.
Belli, puliti, tutti bianchi, impostati: il rovescio, bello, la volée… ma giocate al calcio deficienti! Ci cago io sulla vostra terra battuta! E’ la rivincita estetica del giocatore di calcio… tutte le notti me la sogno.
Chiudo gli occhi, un film: valle verde, meraviglioso, campi da tennis, sole… ‘TOFF’, ‘TOFF’, … ‘VRRRR’, un film, Boņuel regista, ‘VRRRR’. Si alza in volo un branco di mucche… ‘VRRRR’, … lui puō! E su quei bellissimi ragazzi abbronzati, dalle mandibole giuste e dai denti bianchi… ‘VRRRR’, su quelle signore assolutamente belle ma cosė assolutamente da non arrappare nessuno… ‘VRRRR’, su quei signori eleganti e raffinati, su quelle signore da piccoli cagnolini… ‘VRRRR’, sulle Adidas, sulle magliette col coccodrillino, sugli arbitri con la "r" francese: "QuaRanta a tRenta!", ‘TOFF’, ‘TOFF’, "PaRitā!", ‘TOFF’, ‘TOFF’, e le mucche: ‘PLAAAAAFFFFF!!!’
Paritā!!!
Niente, un sogno. Tutto pulito. I miracoli non li fa neanche Boņuel.
Il tennis avanza e i coccodrillini dilagano perché č giusto espandere le cose. Cosė si corre con la stessa maglietta e il tennis avanza e non risparmia nessuno.
E ora in tutte le fabbriche ci sono i campi da tennis e si capisce chiaramente che č la base che ha imposto i suoi gusti, praticamente la "proletarizzazione".

"Hop, bella palla!", "Grazie!", "Scusa!"… siamo anche educati… "Hop, scusa!", "Hop, scusa!"… ma giocate al calcio deficienti! Macché: "Hop, scusa!", "Hop, scusa!", "Bellissima la volée vincente del tornitore Brambilla!", "Hop, scusa!", "Hop, scusa!"… scusa un cazzo!!!
Intendiamoci, non ce l’ho mica con Guido Oddo io, ma perché i figli di Rizzoli non giocano al calcio, perché non abbiamo imposto i nostri gusti? Ecco Agnelli centravanti del Torino e Andreotti al Giro d’Italia questa č la "proletarizzazione"!
Devo aver detto una cazzata!
Sė lo so che nei gusti non c’č pių lo scontro frontale ma allora dov’č? Bisognerā pur decidere: o avere dei nemici o giocare a tennis!

Gaber canta la canzone "Quando le vedi anche"

L’AMERICA

A noi ci hanno insegnato tutti gli Americani. Se non c’erano gli Americani a quest’ora noi eravamo Europei. Vecchi, pesanti, sempre pensierosi, con gli abiti grigi e i taxi ancora neri.
Non c’č popolo che sia pieno di spunti nuovi come gli Americani. E generosi. Gli Americano non prendono mai. Danno, danno.
Non c’č popolo pių buono degli Americani. I Tedeschi sono cattivi. E’ per questo che le guerre gli vengono male. Ma non stanno mai fermi, ci riprovano, c’hanno il diavolo che li spinge: "Dai, dai!".
Intanto Dio fa il tifo per gli Americani e secondo me ci influisce, non č mica uno scalmanato qualsiasi Dio, ci influisce. E il diavolo si incazza. Stupido, prende sempre i cavalli cattivi. Giā, ma non puō tenere per gli Americani, per loro le guerre sono una missione. Non le fanno mica per prendere… per dare!
C’č sempre un premio per chi perde la guerra, quasi, quasi conviene: "Congratulazioni, Lei ha perso ancora!", e gių camion di caffč.
A loro gli basta regalare. Una volta gli invasori si prendevano tutto del popolo vinto: donne, religione, scienza, cultura. Loro no, non sono capaci.
Uno vince la guerra, conquista l’Europa, trova lė una lampada liberty che fa, il saccheggio č ammesso, la fa sua. Nooo! Civilizzano loro. E’ una passione. E te ne mettono lė una al quarzo, tutto bianco. E l’Europa con le sue lucine colorate, i suoi fiumi, le sue tradizioni, i violini, i walzer…

E poi luci e neon e colori e vita e poi ponti, autostrade, grattacieli, aerei… chewing-gum.
Non c’č popolo pių stupido degli Americani.

La cultura non li ha mai intaccati. Volutamente! Sė, perché hanno ragione di diffidare della nostra cultura, vecchia, elaborata, contorta. Certo, pių semplicitā, pių immediatezza, loro creano cosė… come cagare!

Non c’č popolo pių creativo degli Americani. Ogni anno ti buttano lė un film, bello anche, bellissimo, ma guai se manca quel minimo di superficialitā necessaria. Sotto, sotto c’č sempre il western… anche nei manicomi riescono a metterci gli Indiani! E questa č coerenza.
Gli Americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi. Chiarissime. Non per teoria, per esperienza… i buoni sono loro! E ti regalano una scatola di sigari, cassette di whisky, navi, sapone, libertā, computer, abiti usati, squali.
A me l’America non mi fa niente bene. Troppa libertā. Bisogna che glielo dica al dottore. A me l’America mi fa venir voglia di un dittatore. Ohhhhh!!! Sė, di un dittatore. Almeno si vede, si riconosce. Non ho mai visto qualcosa che sgretola l’individuo come quella libertā lė. Nemmeno una malattia ti mangia cosė bene dal di dentro.
Come sono geniali gli Americani, te la mettono lė. La libertā č alla portata di tutti come la chitarra. Ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertā.

IL SOGNO DI MARX

Quando si č un po’ filosofi non si sogna mai a caso.
Ero una specie di Diogene con una lampada da 2000 Watt in mano, una macchina fotografica e cercavo in un posto che poteva essere Milano.
Sento una voce nella nebbia che mi fa:

Marx: "Cosė non fotograferai mai niente!"

G: "Chi siete?"

E lui:

Marx: "Un tedesco di passaggio."

Ah, penso io, il solito pessimista della scuola di Francoforte.
Macché. Esce dalla nebbia un bel signore con la barba che mi fa:

Marx: "Piacere, Carlo Marx."

Ohhhhhh…

Marx: "Vedi ragazzo…"

Come ragazzo? Mi chiaman tutti compagno e arriva questo e cambia il vocabolario un’altra volta?

Marx: "…non basta una macchina fotografica con gli obiettivo giusti. Tu sbagli i tempi. Credimi, io ho una certa esperienza della roba che si muove."

E questo č vero!

Marx: "Dunque: come si muoveva il tutto ai miei tempi? Qui il capitale, qui le classi, qui la borghesia ecc., ecc."

E io:
‘FLASH’
Simpatico Marx quando si scalda eh? Perō mi permetto di dirgli:

G: "Anche noi, anche noi: capitale, classi, borghesia…" ‘FLASH’

Marx: "Bravi!"

G: "Grazie."

Ho capito dopo che per lui bravi voleva dir coglioni! Affettuosamente si intende! L’ho capito dal seguito.

Marx: "Bravi, la borghesia non c’č pių, o meglio, non conta, sbriciolata!"

E no eh? Qui mi incazzo! Un momento, non c’č pių. Oh Dio, non c’č pių la borghesia. Che detto da lui fa anche rabbia perché uno dice: allora c’ha preso per il culo fino adesso! No scusa!

G: "No scusa Marx i padroni eh? I capitalisti?"

E lui bello, con quegli occhi che vedono tutto:

Marx: "I padroni, i capitalisti non li vedo, nel senso che stanno diventando impersonali."

G: "Ma puttana miseria, io ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa, ho bisogno di punti fermi!"

Marx: "Allora dovevi sognarti Gesų!"

G: "Giā fatto grazie. Ma mi dica maestro la lotta di classe…"

Marx: "La lotta di classe…"

G: "Lasciami almeno la lotta di classe!"

E lui calmo:

Marx: "La lotta di classe…"

G: "Pių svelto maestro, dai!"

Marx: "La lotta di classe sarebbe ancora giusta…"

G: "Oh, meno male!"

Marx: "… se fossero chiare le classi!"

G: "Come non son chiare le classi? Uhč, allora non sei marxista? Eh? Scusa se mi incazzo Marx ma mi sembri un po’ spappolato eh? E l’imperialismo eh? L’imperialismo dai, dai, su? L’imperialismo?
Svelto dai, č l’etā, ma svelto su Marx."

Marx: "Ne parlavo col Lenin. E’ lassų che lo guarda, lui c’č fissato. Dice che ne ha un’immagine un po’ sfuocata… parla di pax, di pax americana. Dice che la pace č peggio della guerra."

G: "Sė, questo l’ha detto anche il mago delle carte prima, ma poi cosa guardi, cosa guardi ora se non c’č pių niente eh?"

Marx: "Non č vero che non c’č pių niente! I nemici ci sono pių di prima, solo che si presentano in un altro modo, č tutto pių… la vedi la produzione? Era cosė, una bambina. Com’č cresciuta eh? Che salute? Mela ricordo io, una bambina con i padri che: fai questo, fai quello! Roba da matti. Una donna, autonoma, va da sé, va da sé. Bisogna fare qualcosa…"

Tira fuori la sua Laica col soffietto e…
‘FLASH’

Marx: "…bisogna fare qualcosa… ‘FLASH’, …ah ho capito… ‘FLASH’, …č tutto pių… ‘FLASH’, …interessante… ‘FLASH’, …ho capito, č tutto pių… č tutto pių…"

E il vecchio se ne andō ancheggiando lasciandomi nell’angoscia pių totale…

G: "Il rullino! Il rullino! Non andare via, il rullino spediscimelo!"

Maledetto, testardo, fissato, anche con l’arteriosclerosi viene qui, vede che tutto si muove e scatta un cinquecentesimo… č una mania, una mania, c’avevo le idee cosė chiare, cosė precise…
Scrivimi, scrivimi qualcosa! Che sennō magari tra una decina d’anni uno si alza e senza saperlo una mattina si trova li davvero senza borghesia, senza classi, senza padroni… e nella merda pių di prima!!!

Gaber canta la canzone "Si puō"

Gaber canta la canzone "Il cancro" e recita "Il finale"