C'era una volta un ranocchio verdolino, abitava nel fosso del mulino, sguazzava nell'acqua fresca e un po' melmosa, sopra a cui fioriva una bella rosa. Il rannocchio era proprio felice, fra un sasso e un altro trovava il suo mangime e saltava a volte sul bordo del ruscello a prendere un raggio del sole che illuminava il prato. Un brutto giorno una vecchia strega, gelosa della sua felicità, con la bacchetta lo trasformò in un principe, giovane e bello con una piuma verde sul cappello. Il principe rientrò nel castello e tutti gli facevano grandi inchini come se fosse ritornato da un lungo viaggio perché era maggio. Il principe ranocchio sicuro del suo occhio signorile, si assise sul trono reale e trovò che non ci stava male. Vennero tutti i suoi a rendergli omaggio con doni di cacio formaggio. Venne anche una povera donna a chiedergli una nuova gonna che quella si era strappata mentre coglieva nell'orto l'insalata. Il principe Ranocchio le fece fare una gonna apuntino di un bellissimo lino. Tutti chiedevano qualcosa e lui dava a iosa prendendo l'oro del forziere che un tempo serviva per conservare le pere e che ora era sempre pieno di lucide monete sonanti.
Però il principe non era felice, gli mancava la principessa da amare, e a quanto si dice arrivò una signora dal Giappone proprio per fare conversazione. Parlarono a lungo, lungo il ruscello e lei lo trovava sempre più bello, era biondo alto e slanciato e per profilo molto delicato, lei invece era tozza e piccolina, sembrava una gattina con i bruni e candidi capelli e gli occhi verdi e belli.
Ma principe Ranocchio aveva il vizio di schizzare nell'acqua a precipizio, si bagnava il vestito d'oro e seta e doveva correre alla meta per cambiarsi tutto sennò era un pò brutto.
Un giorno la fanciulla si stufò e a grandi ceffoni lo pigliò. Miracolo!
Al principe fu rotta la malia e ritornò ranocchio nella gora, dove c'è ancora e sguazza, sguazza, sguazza e dalla gioia impazza.